mercoledì 30 dicembre 2020

Francesca Farina Casa Di Morti

 


Francesca Farina è nata in Sardegna e ha poi studiato a Siena e a Roma dove tutt'ora vive e organizza dal 2002 ogni mese la Maratona dei poeti ed ogni anno nel mese di giugno il "Leopardi's Day". Tra giugno e luglio coordina "L'isola dei Poeti" presso l'Isola Tiberina con Roberto Piperno. Cura un blog personale di poesia.  Scrive da sempre, annota con attenzione ogni momento interiore e di vita collettiva, sentendo la scrittura come testimonianza di vita. Qualche anno fa pubblica un romanzo immenso, una grande saga che avrebbe dovuto avere maggiore spazio sui giornali, nelle televisioni, nelle librerie ed avere moltissimi lettori. Non è stato così ma io non dubito sul valore della qualità ed ora quel libro è giunto nel Regno della Litweb 

La storia dei Barones, di cui si favoleggiava fossero arrivati sull'isola dal continente con quattro carabattole, imparentati con le prime famiglie del luogo, con i Satta, i Mameli, i Thola, i re del villaggio, di un buco di topi, un luogo che era "uno sputo in faccia al Monte Albo" viene raccontata in Casa di Morti, il romanzo fiume di Francesca Farina, insieme alla storia di ogni persona, di ogni abitante del villaggio attraverso gli anni, attraverso " Cent'anni di solitudine" e come il libro di Gabriel Marquez, forse anche con maggiore suggestione e musicalità, la storia si svolge sotto la nostra lettura in stato ipnotico. Conosco i luoghi, senza mai essere stata in Sardegna io, conosco i pastori, i Barones, le Chiese, conosco quel mondo e quei rapporti forse perché simili in Calabria almeno nei miei ricordi. Rapiti dal suono poetico, dal ritmo fascinoso e affabulante, sarete tutti come me a leggere e rileggere questo libro che dovrebbe stare nelle classifiche dei libri più belli dell’anno “Quell’arazzo variegato rappresentava il legame mai interrotto con i suoi anni d’infanzia, con la madre adorata da cui in realtà nel ricordo non si era mai separata, e per lei esso narrava un racconto ininterrotto, fatto di segni simili a dolcissime parole.” Casa di morti di Francesca Farina è una saga immensa che vi affascinerà dietro l’arazzo

Pubblicato dalla casa editrice Bertoni Editori alla quale va il plauso del Regno della Litweb e l'augurio della riscoperta di questa opera da parte di moltissimi lettori

Ippolita Luzzo 

sabato 26 dicembre 2020

Discorso di fine anno: Elogio della fuga


 Noi nel Regno della Litweb già viviamo in lidi inesplorati da tempo, eppure da questi lidi partecipiamo al mondo oppresso e insieme frenetico del 2020 che va via. 

Con Laborit questo anno stiamo, come sempre: "Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l'illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si  chiama desiderio." l'elogio dell'immaginazione mai attuata e mai soddisfacente".

Un anno che ha visto il Regno della Litweb al Premio Comisso 15 righe, non solo come giuria ufficiale ma anche come partecipazione con un video alla premiazione a Treviso, un anno che ha visto consegnare due premi, Premio Litweb per i racconti, nell'ambito del Premio Nautilus e durante il Fare Critica Festival, e il Premio Litweb per i corti nascenti durante il Lamezia International Film Festival.

Un anno importante, con Filippo La Porta, critico letterario, a cena nel Regno, con Anna Macrì, attrice, che legge i Pezzi del Regno della Litweb, e con Terri Boemi, giornalista e scrittrice,  sua l'interpretazione più seguita e condivisa del pezzo Io non sono una del Sud. 

Un anno di molte presentazioni all'aperto, nei locali, dall' Ottica Dipi al Proud Mary, e per finire al Civico Trame dove, nella felicità più assoluta, il Regno della Litweb ha presentato Malinverno di Domenico Dara, amatissimo, e Le mani in tasca, il bel romanzo di Daniela Grandinetti. 

Un anno di poca scrittura sul blog, la salute malferma, troppo malferma, e la consapevolezza che i blog abbiano fatto la loro storia, lasciando al Regno della Litweb altri territori da esplorare. 

Un gruppo, che gruppo non è, Litweb su facebook, dove intercetto l'attimo nascente e dove splendide realtà trovano la luce. Realtà già bellissime, come le proposte di Divergenze, splendida casa editrice che ha pubblicato il saggio di Antonella Nocera "Metafisica del sottosuolo" come TerraRossa con le meraviglie di Ezio Sinigaglia, L'imitazione del vero, e poi Monica Pezzella con Binari. 

Intanto potrei parlare a lungo di un 2020 di festival in zoom, qui, di "Balenando in burrasca", festival a Reggio Calabria, organizzato da Katia Colica, altra brava realtà da segnalare nel Regno con il suo libro "Non questa volta"

"Non questa volta", ci ripetiamo con Katia, con Rossella Pretto, Emanuela Cocco e tutte le Donne Difettose, Non questa volta ci ripetiamo con Patrizia Angelozzi, Sara Gandini, Daniela Di Sora, Non questa volta ci ripetiamo come a voler augurarci che noi non saremo paurose ma affronteremo lidi inesplorati con la gioia e l'entusiasmo, con la responsabilità che ci sorregge, come una zattera

Un grande augurio da Regno della Litweb

Ippolita Luzzo  


ps Ippollita non mi aveva chiamato mai nessuno...

 

 


sabato 12 dicembre 2020

Mascaró di Haroldo Conti - Exorma


"Conduce la melodia come una vita senza peso" 

L'arpa è rimasta lì, in mezzo al salone...senza il suo strumento l'arpista è un uomo a metà...l'angelo e il cieco che suona movendosi con grazia, vede le cose dal di dentro, senza la zavorra della carne, pizzica sicuro qua e là, e conduce la melodia come una vita senza peso"

Coetaneo di mio padre, Haroldo Conti vive in Argentina e nel 1975 pubblica il romanzo Mascaró, el cazador americano, che vince il Premio Casa de las Américas (Cuba). Il 5 maggio 1976, dopo il golpe militare in Argentina, viene sequestrato. Il suo nome figura fra quelli dei desaparecidos. Il generale Videla nel 1981 ammise che era morto, fu questa la prima notizia ufficiale e l'unica.  Ogni anno si celebra il Giorno dello scrittore bonaerense in onore alla sua memoria. La dittatura militare che si instaurò in Argentina nel 1976 è tristemente nota per aver trasformato gli oppositori in desaparecidos e dura quasi venti anni distruggendo e uccidendo ogni espressione di libertà. Nella prefazione di Gabriel García Márquez, scritta il 19 aprile 1981 a Bogotà, si racconta come lo scrittore Haroldo Conti sapesse di essere stato inserito in una lista di " agenti sovversivi" e di essere in pericolo. Ricevette inviti a trasferirsi in Ecuador ma rimase in Argentina, scelse di rimanere. Nel febbraio del 1976 era nato suo figlio Ernesto. Quindici giorni dopo il sequestro accettarono un invito a pranzo dal generale Videla quattro scrittori argentini. Mi fermo qui perché non capisco oltre. Non capisco le ragioni delle torture, non vi sono ragioni nelle torture, ma non capisco neppure perché nessuno poi intervenga a far smettere le torture. 

Nel prologo di Haroldo Conti  Mascaró  si presenta in un momento in cui lui si sentiva vuoto e triste dopo aver pubblicato En vida e invece arriva lui e ora "Mascaró continua a essere vivo e mi chiede sempre nuove strade" scrive Conti. 

Il circo: Nella locanda di Arenales il complesso  del paese suona e il Mañana, una nave sta per condurre Oreste verso un porto che non conosceremo. Insieme a lui si imbarcano lo stravagante Principe Patagón, il misterioso cavaliere Mascaró e altri passeggeri.

Il battello arriva e intanto noi siamo avvinti dalle immagini "sull'orizzonte scivolano matasse di ombre" e "il mare è un'entità concreta che promana dalla terra". "La storia di Arenales sta tutta in una canzone" e seguiamo la costruzione del faro, il crollo del faro, la ricostruzione del faro e la maledizione sembra perseguitare il fondatore del paese. Nella locanda si balla, si suona, si vive, ognuno a modo proprio, e le farfalle svolazzano intorno alla luce del fanale. 

La traduzione di Marino Magliani conserva l'incantamento dei luoghi, dei gesti, della musica, della felice estraneità alla realtà cattiva e insensata.

"La vita è una nave più o meno bella. Perché tenerla all'ancora? Lasciamola andare. Perché lo dico? Perché il meglio della vita lo buttiamo via cercando sicurezze. Porti, ripari e ancoraggi sicuri. E un accadere, puro e semplice, questo dico, vero, signor Mascarò?" mi ritrovo a copiarlo dal frontespizio in alto nella copertina, dopo aver chiuso il libro che rimane aperto, aperto a tutti voi che crederete come me nel potere vitale della letteratura, nel potere estraniante verso una realtà che vorrebbe annientare l'immaginazione  e non può. 

Ippolita Luzzo



mercoledì 9 dicembre 2020

A 360 gradi sono felice di non esserci

 Guardo e non favello. 

 Dappertutto è così e credo sia ormai una forma stereotipata di parlare, a 360 gradi proprio.

Viene intervistata tempo fa sul telegiornale regionale una esponente della cultura calabra per promuovere un ennesimo festival culturale e l'operatrice culturale, così si chiamano ormai le innumerevoli direttrici artistiche e vale anche al maschile, lei disse di fare cultura a 360 gradi. 

Mi si impresse nella testa, e ogni qual volta io vedo scempiaggini spacciate per cultura aggiungo la formula "a 360 gradi"

Una forma circolare di imbecillità, certo ben supportata dai vari dirigenti alla cultura regionale, provinciale e comunale, ben supportata dagli assessori alla cultura portati in trofeo finanche dentro al cesso, cesso culturale beninteso.

Un andamento terribile di incapacità, di idiozie, di sciocchezzaio che raggiunge invero la forma circolare del cerchio entro cui poi tutti questi stanno e si applaudono l'uno con gli altri.

Sempre così è stato, mi legge un pezzo dei futuristi il libraio l'altro giorno mentre io faccio gli auguri per il compleanno, ed i futuristi scrivevano con più incisione lo stesso sconcerto che io osservo. Sempre così è stato, ora in più l'impudenza, il non aver vergogna, perché anche le televisioni a 360 gradi stanno a intervistare questi operatori culturali della non cultura


domenica 6 dicembre 2020

la disperazione di essere impotenti

Faccio una serie di messaggi ma la situazione si ferma al palo. 

Da anni. 

Nell'ottobre del 1950 mia madre dà alla luce due gemelli. 

Dopo dieci mesi, nell'agosto del 1951, Ippolito ha una dissenteria, una banale malattia gastroenterica non saputa curare dal medico di famiglia, un certo Dottore Montano, e mio fratello muore. 

Dopo qualche tempo si ammala anche l'altro gemello, Pasquale, ha la febbre altissima, lo posa in stato soporoso e ne aspettano la morte. Anche in quel caso medici di famiglia inadeguati. Lui si sveglia, non muore e appena ai sei sette anni comincia ad avere attacchi epilettici.

 Mia madre si allarma e comincia la sua peregrinazione a Messina, in ospedale, a Cosenza, A Roma, per avere una diagnosi.

 Riesce così a sapere che da bambino Pasquale aveva avuto una brutta meningite e che sarebbe stato sempre una persona problematica. Mia madre si dedica a lui, lo sostiene, lo manda a scuola, si accorge che lui non ce la fa e lo riscrive di nuovo in prima elementare, benché lui fosse in terza. Andando a scuola con un maestro amico di famiglia Pasquale riesce a fare tutta la scuola primaria, impara a leggere e a scrivere e a far di conto. Non ricordo sia andato alla scuola media ma da adulto con i corsi serali riesce a prendere il diploma di terza media e poi frequenta due anni di un istituto agrario dove un insegnante era un suo compagno di scuola elementare. 

Lo racconto per dire che malgrado le sue problematiche lui sia riuscito a vivere una vita quasi autonoma, ad andare in Chiesa e far parte di un coro, ad andare in pellegrinaggio dal Papa con i parrocchiani, ad uscire solo per fare due passi sul corso, a comprarsi i vestiti, ad andare in palestra e a sbrigare piccole commissioni. 

Va da sé che lui non accettava la minima contrarietà, che ogni difficoltà lo destabilizza, e che usa urlare come forma di sfogo difronte a paure immotivate. Non è violento, è la persona più buona che ci sia, le urla durano quel tanto che gli servono per disperarsi e poi dispiaciuto ci rincorre per chiederci scusa. 

Durante la sua vita è stato seguito da qualche psichiatra e ha fatto un blando uso di farmaci, preferendo noi essere vicini a lui con tutto l'affetto possibile e soprattutto mia madre con la sua abnegazione continua. 

Ora mia madre ha novantasei anni, è caduta si è rotta un femore, è ritornata a casa, era in cura da giugno per febbre reumatica, è una fragile donna, una santa, un angelo, con la lucidità più assoluta di voler subito guarire. 

Pasquale ha piccoli problemi di salute, non vuole curarsi, ha visto che la mamma può  lasciarlo e ne è terrorizzato, vede me come elemento di disturbo, vede mia sorella affaticata nel pulire e ripulire mia madre, vede che tutto se ne va e urla. 

Urla nel bel mezzo di una pandemia, urla e io non so più come fare, urla e poi mi chiede scusa e io chiedo scusa al mondo di non poter risolvere alcunché nell'impotenza della disperazione

Ippolita  

giovedì 3 dicembre 2020

Intervista a Daniela Matronola su Il mio amico

Intervista con Daniela Matronola


"Matronola racconta di avere sorriso a questo suo amico-personaggio, a questo amico invisibile, quando gli è comparso."

Ho letto molto su internet di Daniela Matronola, conosciuta grazie al libro “Il mio amico” uscito nel luglio 2020 per la casa editrice Manni. Daniela Matronola ha scritto poesie, racconti, ha scritto per riviste letterarie e io ora vorrei proprio da lei un suo profilo letterario per un organico riassunto del suo essere sempre attenta nella scrittura

Mi accorgo di aver parlato di Daniela in terza persona ma lei è ora qui con noi e a lei posso rivolgere la mia richiesta con un colloquiale tu da amica

Daniela: Dunque, mi chiedi una sintesi. È molto semplice e difficile al limite dell’impossibile. Provo a dire questo: nel tempo ho attraversato la letteratura in molto modi. Scrivendola in molte sue forme. Versi, prose (poetiche e narrative), racconti, romanzi compiuti - uno edito uno no (gli altri sono in corso di scrittura). Considero letteratura anche la “lettura” dei libri di altri. Trovo sia un fertile terreno di sfida alla composizione anche la redazione di un articolo o di un mini saggio in cui il lavoro è di analisi del testo e di configurazione di una poetica e di uno stile. Intendo che mi dedico a queste “scritture diverse” con la stessa dedizione e forse con una vaga punta di accanimento.

Ippolita: Mi piace moltissimo il momento intuitivo, reputandolo il più libero, scevro da ogni precedente, e preferisco la conoscenza per intuizione prima di approfondire e avviarsi verso il terreno della speculazione e dell’agire. Mi rendo conto di aver ripetuto un tuo modo di fare ma essendo simile il mio fare mi piace evidenziarne la somiglianza. Sono rimasta non molto sorpresa da come sia stato ben accolto il libro, da Andrea Carraro, da Filippo La Porta, da Paolo Di Paolo che ha firmato la prefazione, e ciò sta a dimostrare che il libro giunge dopo un percorso di grande attenzione alla letteratura. È così?

Daniela: Ho un mio sistema di lavoro ma, sempre, anche nel lavoro “critico”, mi lascio guidare da quella sorgente rivelatoria che è l’intuizione, così come nel lavoro “creativo” affianco all’intuizione l’approccio speculativo.


Ippolita: Andrea Carraro del tuo libro scrive: ”riconoscere il genere letterario cui più si avvicina (romanzo-conversazione di ispirazione postmoderna, fra Arbasino e Foster Wallace, racconto ironico-filosofico alla Diderot, vedi Il nipote di Rameau?…) – si può leggere i 4 racconti – intitolati Liquor, Il mio amico, Il lavoro rende liberi, Cronaca di una sparizione – al buio, crediamo, lasciandosi semplicemente trasportare dalla lingua ricca, avvolgente, sottilmente ironica, della scrittrice e poetessa romana, abbandonandosi al libero flusso di idee che disegnano con il loro dialogo ininterrotto i due protagonisti, Cesare e Mauro, che sono uno lo zio dell’altro, entrambi medici, uno dei quali anestesista. quasi senza soluzione di continuità, proprio perché entrambi naturalmente divaganti, digressivi, ciarlieri.” Ed io trovo perfetto questo ritratto del libro

Daniela: Sì  certo. Indubbiamente aver fatto un bel po’ di strada poi si avverte nella stratificazione della scrittura. Però ho la pretesa di aver sempre avuto questo sguardo biunivoco in fatto di scrittura, fin dall’inizio. Il vantaggio dopo così tanto tempo è aver sbrogliato gli ingolfamenti, aver spianato le asperità.

Il gesto è più pulito, ora. E puntato con mira più precisa sui suoi bersagli. Forse.

Sì anch’io ho apprezzato quanto ha scritto Andrea Carraro. Penso abbia colto bene soprattutto il carattere “associativo” che regola l’incontro di piani e personaggi diversi

Ippolita: Mi ha incuriosito la malattia vista dal malato medico. In Liquor insieme a Mauro guardiamo i monitor e la diagnosi. Lui può farsi diagnosi e cura nella duplice veste di anestesista e paziente. Se posso confessarti quanta fiducia io abbia nella medicina è che credevo i medici immuni alle malattie e invece dover vederli come noi ammalarsi ci porta sullo stesso reparto. Interessante il dialogo fatto di tutte le loro conoscenze fra i due medici e poi quel supporre che forse nulla è da imputare al corpo ma alla mente. Il tuo amico chiede aiuto alla mente, alla conoscenza, alla coscienza?


Daniela: Il mio amico chiede aiuto alla mente di continuo, è un razionalista di gran cuore, un samaritano senza sentimentalismi. È la conoscenza ad accendere la sua infinita comprensione per il mondo vivente in cui si ritrova (a dispetto di sé) ricompreso. Pensa di essere odioso e rompiscatole eppure tutti lo cercano o meglio quando lo trovano non vogliono più lasciarlo andare, vogliono addirittura riservarselo per sé togliendolo se possibile a tutti gli altri. La materia che gli sfugge di più è se stesso ma dopotutto è proprio quel se stesso che gli sfugge a spingerlo a cercare attorno e altrove, vicino e lontano da sé.

Ippolita: Bellissimo e tu poi dici nella nota che Il tuo amico ha una sua forma di resistenza: coltiva l’ordinarietà unica, l’anonimità irripetibile. È un vero romantico. E vorrei consegnare ai lettori questo personaggio che si muove a favore della libertà per liberare le persone dal dolore con una tua immagine, con ciò che a te sta più caro. A te la sua mirabile litote esistenziale

Daniela: Bè, Mauro è un vero difensore di un diritto che lui stesso considera sacro e inviolabile: il diritto di chi è malato a non soffrire. Fino a poco tempo fa la medicina e ancor più la chirurgia reputavano inscindibile il binomio tra la cura e il dolore. In una sorta di mentalità arcaica, per la verità ancora recente, il dolore era considerato un pedaggio obbligato da pagare alla malattia e alla sua cura. Mauro è un ponte in fondo tra quella vecchia scuola e la nuova, che contempla non solo la cura ma il prendersi cura, cioè il provvedere a un benessere di massima il più possibile accettabile, questione che rientra nelle sue mansioni di medico che si occupa di terapia del dolore. Gli sta talmente a cuore questa faccenda e considera talmente importante l’aver preso parte oltre che l’aver assistito al passaggio dalla vecchia alla nuova mentalità clinica, che va fino a New York a cercare il medico che già tra gli anni 60 e 70 aveva inventato l’elastomero, la pompa antalgica caricata a cocktail di antidolorifici con cui il paziente può regolarne l’erogazione nel postoperatorio e non solo. Per lui la terapia del dolore è una questione di diritti umani. Tuttavia la sua azione è anche informata a una sorta di delicatezza per cui, con la stessa rapidità con cui la sua figura di medico entra nella vita quotidiana dei pazienti cadenzandola con le sue prestazioni, altrettanto velocemente, quando la natura prende il sopravvento, è pronto a uscire di scena. La sua è un’azione ragionata costante e discreta. E lui dopotutto è così.

Ippolita Luzzo 

 

mercoledì 2 dicembre 2020

Franco Canzonieri su Pezzi dal Regno Della Litweb


Mi giunge oggi su messenger l'impressione di Franco Canzonieri dalla lettura dei Pezzi e felicissima ve la propongo: "Pezzi

Una scrittura travolgente che ti trascina come un fuscello sull'onda di piena; senza appigli, senza riferimenti, e che sfugge a qualunque tentativo di ricondurla a schemi, a scuole, a stili.

Vorresti fermarti per assaporare la bellezza delle parole, la loro disposizione, il loro elegante connettersi e comporsi in una prosa che ammalia.

Ogni tentativo è inutile, devi correre, devi divorare le pagine. Sei costretto a chiederti, come Totò schiaffeggiato da un energumeno che lo aveva scambiato per un altro " volevo vedere dove voleva arrivare ". 

Ecco, l'arrivo. L'arrivo è come la partenza e ti costringe a frenare bruscamente per non valicare i margini oltre i quali saresti stato trascinato. E ti prendi il tempo di riflettere. Di gustare, perché la corsa in nulla ha scalfito il senso della poesia.

 Le parole antiche, le parole del sapere, diventano ingredienti di una ricetta alchemica che sublima e rende godibile una scrittura abbagliante come lo schermo di un PC di cui si avvale come supporto interpretandone le esigenze." 

Da Dante Maffia a Franco Canzonieri si continua a parlare di Pezzi, una raccolta fortemente voluta da Antonella Cuzzocrea e a cura di Letizia Cuzzola. 

Una raccolta dei più di mille pezzi presenti sul blog, su questo blog nato nel giugno del 2012, per fare amicizia, come finestra sul mondo, la mia lettera al mondo che a me ha risposto donandomi il paese delle meraviglie. 

Grazie infinite a tutti voi: Terri Boemi e Anna Macrì, che hanno letto in modo personalissimo Io non sono una donna del Sud, grazie a Nunzio Belcaro della libreria Ubik di Catanzaro Lido per aver ospitato e compreso "Il prisma" da cui si irradia il Regno della Litweb, lui disse, e io me lo ripeto quando i momenti sono bui, il prisma da cui si irradia luce, le tante facce verso le suggestioni, verso il buono nascente. Grazie a chi mi permette di vivere e vuole vivere nel grande Regno della Litweb. Grazie stamattina a Franco Canzonieri poeta e amico da più tempo del quale vi presento una sua composizione recentissima augurandoci tutti di trovare il telone:  

Comu siti?

Arrivatu a ll'età mia

si mi spiunu comu sugnu,

mi veni 'a nostalgia

c'a saluti ormai è nu sognu.

Paru a chiddhu chi carendu

r'un palazzu a deci piani

a ogni pianu va' ricendu:

- " nfin'a ora, tuttu beni." -

Ippolita Luzzo   

lunedì 30 novembre 2020

San Gennaro non dice mai di no di Giuseppe Marotta

 

 Alessandro Polidoro Editore ristampa nel 2020 i racconti di Giuseppe Marotta, giornalista del Corriere della Sera, scrittore di narrativa, cinema e teatro. Nato a Napoli nel 1902 e morto nel 1963 ha vissuto per la maggior parte della sua vita a Milano e nel 1947 torna a Napoli dopo vent'anni. I racconti sono di quegli anni, dopo la seconda guerra mondiale, gli anni della ricostruzione, l'anno in cui viene approvata la Costituzione della Repubblica Italiana. 

Giuseppe Marotta torna a Napoli a marzo, come le rondini. Nella bellissima prefazione di Alessio Forgione viene raccontata la sua vita e scopriamo che era stato letturista del gas, e di come a venticinque anni lui abbia lasciato Napoli per Milano dove riuscì a fare della sua passione dello scrivere la professione. 

"Lettore, questo libretto è la piccola storia di un mio viaggio a Napoli nel 1947. Tante persone anche illustri, di quelle con una penna addirittura famosa nel taschino, sono andate e vanno a Napoli per vedere e raccontare che diavolo fa il paese del trasognato far niente, notissimo come tale;" inizia Marotta a dirci che le sue intenzioni sono oneste e affettuose sulla sua Napoli, amata, amatissima, come tutti noi la amiamo di un amore grande anche se siamo andati poche volte. 

"In marzo Napoli è una città bambina, con le violette in mano, che va a fare la sua prima comunione. Chiede indulgenza per i suoi peccatucci invernali, mea culpa dice sfavillando in ogni vetro" 

Ma esisteva Napoli nel 1947? Marotta si risponde di no, perché Napoli è una città inventata dagli artisti sugli scenari dei teatri. 

Il dolore invece è autentico, "il dolore dei napoletani", essi inventano Napoli, si raccontano con qualche enfasi, con qualche compiacimento; ma trovano sollievo e consolazione in questo recitarsi"

Forcella, La Gaiola, Pompei, e poi Il mare, Riviera, I pellegrini, Il capitone sono racconti che non potrete perdervi, proprio ora che a Natale il capitone che non muore mai sarà sulle tavole mangiato, vivo e pronto per un altro giro nel Mar  Dei  Sargassi. 

Un evviva alla Casa editrice coraggiosa che pubblica libri di grande interesse, ricordo Manodopera di Diamela Eltit, e vi invito a sfogliare e a leggere il suo catalogo, per un rinnovato sentire in una Napoli sempre più nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo  

domenica 29 novembre 2020

Piccola antologia della peste Ronzani Editore


 A cura di Francesco Permunian il progetto di una antologia a più voci che ci dia un nuovo mondo "Don Chisciotte uscì di casa e non fu più in grado di riconoscere il mondo, che, in assenza del giudice supremo, gli apparve all’improvviso d’una spaventosa ambiguità; l’unica Verità divina si scompose in centinaia di verità relative che gli uomini si divisero tra loro. Nacque così il mondo dei Tempi moderni, e con esso il romanzo, sua immagine e modello." Francesco Permunian riporta le parole di Milan Kundera tratte da un breve saggio(La denigrata eredità di Cervantes) poi confluiti in L'arte del romanzo per dirci a cosa si ispira questo progetto. 

Io ho letto queste voci con in mano Dietro l'arazzo di Antonio Tabucchi in una conversazione con Luca Cherici. Una conversazione sulla scrittura che potrei fare con ognuno dei partecipanti all'antologia su quello che chiediamo noi tutti alla scrittura con le parole di Tabucchi, in sintesi fatta da me: "Scrivere fa sempre bene. Anche quando decidiamo di buttare tutto. Ma la sola attività dello scrivere nel momento in cui trasforma le idee in scrittura come per miracolo chiarisce tutto ciò che era vago e nebuloso e noi capiamo tutto. Poi la realtà, massiccia come il cemento,  si richiude, le fessure che la scrittura aveva aperto nella roccia si richiudono, noi torniamo all'aria aperta a guardare quel cumulo di cemento in cui siamo entrati e sappiamo che è di nuovo inespugnabile, ma sappiamo anche che gli abbiamo carpito qualche segreto." 

Alessandro Zaccuri in Frammento della peste  va in quella fessura della roccia e spia una vallata inaccessibile e separata dal mondo. Anna Vallerugo in Uscita n.1 riattraversa il paese in condizione di vertigine ...il passo che perde la presa sul terreno. Il mondo nuovo è un'assenza di suono collosa..

Abbiamo oltrepassato la fessura preso il segreto ma la realtà si è richiusa col suo cemento. Civico trentanove è il racconto di Romano Augusto Fiocchi e chiede alla scrittura "Segnali, ricordi che aderiscono ai muri come fantasmi" 

Il libro è uscito prima della seconda ondata di questa malattia, prima di ripiombare tra una realtà richiusa ed il Requiem 2020 di Francesca Bonafini resta l'unico canto possibile perché nessuna buona sorte durerà per sempre. 

Suggestivi disegni accompagnano i pezzi, nella forma di narrativa o poetica, a fumetti o strisce.

In tutti voi, che abbraccio, risento la voce di Tabucchi, Dietro l'arazzo, ed è come guardare la pandemia dietro. " Tutti i nodi e i fili che stanno dietro al tappeto; perché quando rovesci un tappeto capisci tutta la tessitura che costituisce le figure dell'arazzo" 

Ecco voi tutti siete andati dietro il tappeto, e avete provato a leggere la figura, anzi a scriverla approfittando di quella fenditura che la scrittura regala. 

Poi la realtà si richiude ma ci rimane il segreto carpito, il segreto di questi fascinosi e bellissimi racconti da leggere e rileggere per sentirci vicini, per vincere l'impotenza. Un grazie immenso a tutti voi dal Regno della Litweb 

Ippolita Luzzo 

giovedì 19 novembre 2020

Quori Cuadrati di Alessandro Turati

 

La vita felice della lettrice continua in Quori Cuadrati di Alessandro Turati. 
(Il mondo è la mia rappresentazione) Illustrazioni di Stefania Dordoni. 
E inizia con una pagina di Henri Laborit, quel mio amico francese che ha scritto fra gli altri "Elogio della fuga". 

L'immaginazione permette all'uomo di trasformare e dare forma al mondo che lo circonda, unica fuga possibile per evitare l'alienazione. Così immaginiamo e creiamo, per sfuggire all'angoscia o forse proprio per questa. 

Leggo il libro ridacchiando con la mia risata interlocutoria e sottolineo idealmente "Ho una coccinella sulla punta del naso. Incrocio gli occhi e mi sembra di vederla con il destro. Per vederla con l'occhio sinistro devo chiudere il destro. Il destro è l'occhio che comanda mentre il sinistro è di supporto. Detto questo, detto niente."

Alessandro ci cattura con la sua immaginazione come un ragno sulla tela dei suoi pezzi, della sua ragnatela di fatti raccontati con distorsione, come si ricorda, come vengono. "Si tratta di un momento della mia vita. Io mi frequento tutto il giorno, c'è da capire: è davvero dura per me. E ho solo un paio di scarpe." 

Ci innamoriamo, almeno io lo faccio, del personaggio che vive  con una giraffa e incontra l'autista che "si sente come i vecchi quando il vento porta via il loro cappello: lo guardano allontanarsi sperando in una folata contraria" una giraffa che mangia foglie d'acacia e beve meloni selvatici. Lui, il nostro,  si chiama Uno, e vive in provincia. dove però si demotiva. 

Dovrete leggere questo racconto che ha un personalissimo percorso, ha poi frasi che copierete come sto facendo io e vi ripeterete per il piacere di farle vostre. "Le persone si dividono in due gruppi: quelle che non faranno mai niente per te e quelle che ti faranno del male" Dalla saggezza di Alessandro Turati nasce questo libro che leggerete gustandolo, perché è un gioco mentale di cui abbiamo bisogno per creare altro oltre l'angoscia del quotidiano. 

Ippolita Luzzo  

lunedì 9 novembre 2020

Letizia Dimartino Tutta mia la città ovvero Dalla Marina a Beddio

     

 Mi bussa il postino per consegnarmi un libro di Letizia Dimartino. Ho già letto in pdf i ricordi di Letizia in “Tutta mia la città” e ne ho seguito gli anni, i mesi, i giorni e gli attimi. 

Racconta il passato, Letizia, con cura, come una ricamatrice, mi sono ritrovata a scriverle io, emozionata dalla sua scrittura. 

Leggere lei è una operazione di raccolta, come se in un campo stessimo a raccogliere i fiori da portare a casa per abbellire le nostre stanze. 

Leggere lei ci aiuta ad abbellire quel passato che molti di noi non conserviamo più come invece fa lei. Davvero è stato così come lei ci racconta? Noi non lo ricordiamo ma Letizia Dimartino lo racconta per noi in maniera dolcissima: Il passato con lei diventa una favola bella.

"Un diario lungo tante vite. La famiglia, con oggetti pensieri malattie luoghi persone genitori ricordi, Sicilia. E città. Un tempo che sembra non finire e che finirà invece nella malinconica constatazione che è un mondo in parte già scomparso"

Letizia ci culla in una nenia di paese, di città, ci culla come ci cullavano le nostre zie, le nostre mamme. con i dolci ed i merletti, i profumi i balocchi e le processioni da guardare dal balcone dopo aver messo il copriletto damascato ad abbellirlo.

" Con la nostalgia e pure con la crudeltà del presente. Una prosa poetica, suddivisa per temi e quadri, come affreschi di scrittura" dice lei. Io ne vedo proprio il cerchio dove imbastire il punto a croce, il punto a erba, il punto catenella, in un ricamo del tempo, dei passaggi, dei momenti di un dettaglio.

 "Una città che diventa persona" Ragusa, bella e amata, Ragusa struggente, "una città nella nostra vita" scrive Letizia con la sua grande sensibilità di pittrice e ricamatrice insieme, "una città ci verrà dietro", a dirla con Kavafis, da lei citato subito dopo o "nella città fatta dalla mia stessa vita" con Buzzati.

Letizia Dimartino torna in città e sorride alla mail, sorride al nuovo che arriva, alla città che cambia pur conservando intatti i ricordi. Come faccia non so. Ammirata la sto a guardare. mentre lei scrive "Sorvolando la città"

Ippolita Luzzo  


mercoledì 7 ottobre 2020

Una libertà vertiginosa: Filippo La Porta al Fare Critica Festival

Incontro con Filippo La Porta sul fare il critico, sul fare critica, e lui inizia con "I dolori del giovane critico", su ciò che affligge chi si appresta a fare il critico. 

Ci racconta come lui sia diventato critico per caso, in effetti all'università studiava storia, poi per caso ha iniziato a scrivere recensioni e non ha più smesso. 

"Mio padre fa il critico" diceva ai compagni il figlio alla scuola elementare. Il critico che non critica, cioè non la persona che trova su ogni cosa da ridire, non chi sta a criticare, a volte disprezzare ogni cosa, no, spiega, a noi e al figlio, Filippo questa sera, la parola critica deriva dal greco e vuol dire valutazione, saper discernere, fare un ritratto. 

Il critico è in effetti un ritrattista, fa un ritratto verosimile e immaginativo dell'autore e nello stesso tempo fa un autoritratto, scoprendo tratti della sua stessa personalità messa in relazione con quella dello scrittore o regista o artista di cui sta scrivendo. 

Il critico può parlare di tutto, avere una libertà vertiginosa durante la trattazione di un romanzo o di un film, un critico può parlare di amore, di pace, di famiglia, dire le sue idee sul mondo e sulle cose, raccontare, di sfuggita quasi, dettagli della sua vita. Si instaura un rapporto di fiducia fra chi scrive e ciò che è stato scritto, fra il critico e l'autore, fra il critico e i lettori. 

"La critica mi ha regalato un pubblico" ci racconta Filippo La Porta, evidenziando lo spirito di servizio che un critico deve ottemperare: dare informazioni sul testo, sulla trama, scegliere un passo evocativo dello stile dell'autore, e fare un giudizio argomentato. 

"Un giudizio è come un epigramma", ci regala Filippo questa bella bellissima immagine del giudizio che mi riporta a Kant, alla sua Critica del Giudizio.

Ora sul web tutti pensano di poter dare giudizi, in realtà sono solo opinioni, il web è come una pagella cosmica priva però molto spesso di giudizi argomentativi. "Perché questa cosa non mi piace?" non si può rispondere solo "Perché lo dico io" ma saper  fare come un buon avvocato. Preparare un'arringa con gli argomenti a favore o contro la tesi che si sta dibattendo in aula. 

Con Kafka "Un libro deve essere un'ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi" Filippo La Porta ci riporta al compito della letteratura,  sorprenderci, darci la meraviglia, di cui parla Aristotele, nel libro Primo della Metafisica ed il terreno del critico è quello della persuasione


Ci presenta il suo nuovo saggio, uscito a marzo nel 2020, "Alla mia patria ovunque essa sia" raccomandandoci di avere affetto per la patria, benché qui in Italia la parola era purtroppo stata per troppo tempo patrimonio di una ideologia di violenza e sopraffazione. 

La patria non può essere un arroccamento sui confini, un muro contro le altre patrie, ma patria è soprattutto una lingua comune che unisce.

 La nostra lingua è caratterizzata, come dice un poeta russo, dalla rima, una lingua musicale dove tutto rima con tutto, e la patria è di chi ne ascolta il suono, di chi si lascia cullare dalla melodia. Siamo unici e diversi, nella riflessione che questi tempi globalizzati ed esclusivi ci impongono bisogna ritrovare e rispettare lingua e patrimonio, arte e letteratura, nuovo e antico, il diverso e il simile. 

Riflessioni di un critico, ma sono riflessioni di noi tutti, se vogliamo con Socrate e Trasimaco avere opportunità di dialogo sulla verità e sulla giustizia. 

In un mondo disordinato la scrittura forse può dare un ordine, una forma, almeno è ciò che ci spinge sui tasti a scriverne ancora, quella bella opportunità di poter dire "Ho ascoltato, io c'ero, e ora ve lo racconto" 

Un grande ringraziamento a Filippo La Porta al Fare Critica Festival e nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo    

mercoledì 5 agosto 2020

I poeti del sogno Piccola antologia di Antonio Fiori

"Chi ha fatto o farà quel sogno può ambire ad essere un giorno antologizzato, così che l'antologia sarebbe a numero aperto di autori, un libro infinitamente aggiornabile, perennemente incompiuto, che sarebbe piaciuto a Borges. Purché, beninteso, che oltre che sognatori si sia stati poeti" 
Così mi scrive Antonio Fiori sul commento al mio post dove io parlo di loro, dei I poeti del sogno Piccola Antologia, libro pubblicato nel giugno 2020 per Inschibboleth Edizioni nella collana Margini diretta da Filippo La Porta. 
I poeti del sogno già li amerete moltissimo come se anche noi o anche voi abbiate fatto lo stesso sogno. Nella piccola antologia troveremo le delizie poetiche del tempo di Augusto e via via fino ad arrivare al 2014 l’ultimo sogno, lo stesso sogno,  raccontato su Facebook. Nei versi e con i versi la vita, la biografia di dodici apostoli della poesia. Sembra una bellissima tavola rinascimentale con le prospettive amate da Raffaello nella scuola di Atene, sembra una allegoria, un gioco umanistico di giostre e di giochi. 
Nel sunto dei secoli conosciamo i poeti di Antonio Fiori amandoli e sentendoli vicini nel sogno. Siamo anche noi i poeti mancanti?  
E poi vi incanterete sulle note a piè pagina. Ah che note! 
Il distico di Marziale è uguale al distico di Lucio Falerno Magno. Ah saperlo! E qui mi incanto. 
Piccola antologia fantastica: Sarà coincidenza o Marziale era venuto a conoscenza dell’epigramma di Lucio? e trovo un'altra appropriazione indebita, avvenuta nel primo ottocento da parte di un illustre autore partenopeo a pagina 40, una nota relativa ad un sonetto attribuito a Domenico Piccinni ed invece di recente attribuito a Coviello. 
Le note sono un piccolo capolavoro di precisione insieme alle biografie di questi deliziosi poeti nostri amici perché ci somigliano tanto e ci vengono incontro dalla poesia amata da Antonio Fiori. 
Leggendo e rileggendo le biografie vorrei farveli conoscere tutti ma metto lui Gherardo Finzio, l'ultimo in ordine temporale, l'ultimo che come noi scrive il suo sogno su Facebook, che come noi scrive sui blog letterari. 
"Scopriremo di essere spariti nella rete/ che nessuno risponde alle chamate" e ciò non sarà vero perché qualcuno risponderà sempre se abiteremo il fatato mondo letterario per davvero. 
Con ammirazione autentica porgo ad Antonio Fiori lo scettro della poesia nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo 

 Antonio Fiori è’ nato a Sassari nel 1955. Si occupa attivamente di poesia da molti anni ed ha ottenuto riconoscimenti in numerosi premi nazionali. Nel 2004 è stato annunciato tra i sette poeti vincitori per la silloge inedita al Premio Montale Europa; per l’edito, è stato nella prima rosa dei finalisti al Premio Camaiore 2003 con la raccolta ‘Sotto mentite spoglie’ (Manni,2002). Suoi testi sono apparsi su ‘L’immaginazione’, ‘Gemellae’, ‘Arte-Incontro’, ‘Sonos & Contos’. Collabora in diversi blog e siti letterari. E’ incluso in diverse antologie tematiche: ‘Verso i bit. Poesia e computer’ (Lietocolle, 2005), ‘Antologia della poesia erotica contemporanea’ (Atì Editore, 2006), ‘Il corpo segreto – Corpo ed eros nella poesia maschile’ (Lietocolle, 2008), ‘Vicino alle nubi sulla montagna crollata’ (Campanotto, 2008).
Ha pubblicato: Almeno ogni tanto (L’Officina delle Lettere, a cura di Crocetti ed. 1998-1999), Sotto mentite spoglie (Manni, Lecce, 2002), La quotidiana dose (Lietocolle, 2006).

lunedì 3 agosto 2020

Domenico Conoscenti legge Pezzi dal Regno Della Litweb

"Le donne non fanno revisione auto? 
Revisione auto in poesia, fra Ungaretti e Marinetti.
E poi, cioè prima, tutte e solo donne nel malinconico e duro e bello
« Tutte le cose » 
Tu mi turbi, cara turba… pezzo pop, che alleggerisce  e colora in parte l’angoscia per la rabbia palpabile e prensile che ci assedia, con gli accenni alle pubblicità d’antan che non so immaginare quanti lettori (più) gggiovani possano gustare… con mio (perfido) dispiacere per la brutalità dell’anagrafe… 
Amiche del cactus, la pianta grassa, naturalmente... Le amiche care, croce delizia, solitudine e isolamento.
Un Altro Sud in testa, la percezione della propria diversità, e ancora isolamento
Ho cominciato a leggere e sfogliare a ritroso i tuoi Pezzi, e ho avuto la conferma che la felice nonchalance, la leggera (e solo) apparente svagatezza che ti permette affondi acuti e fughe e svolazzi iridescenti, hanno il loro corrispettivo nel senso di solitudine e/o di isolamento che viene fuori (più nudamente) da alcuni Pezzi più antichi. 
Tempi e luoghi e generazioni precedenti fanno di noi quello che poi siamo diventati con in più il senso di una estraneità che forse in altre zone d’Italia (penso al Centro-Nord) è più ovattata attutita da altre socialità durature, al di fuori di quella familiare. 
Che possiamo farci ? Se mai volessimo farci qualcosa… (forse qui ci starebbe meglio un « volessimo farci DI qualcosa »).
Leggiamo, scriviamo, pensiamo nel dormiveglia, ci teniamo quel poco (o molto) di caro che abbiamo e che, terronescamente, lasciamo in ombra, sullo sfondo. E ci godiamo (croce e delizia, again) il Sud che ci abita dentro.
Buon agosto Ippolita"

Mai più bel buon agosto ho ricevuto in regalo di oggi, dalla lettura personale e privata di Domenico Conoscenti, un autore da me amatissimo, vi invito a leggere La Stanza dei lumini rossi, per conoscerlo.
"Nato a Palermo nel 1958, insegnante negli istituti superiori, ha pubblicato: Qui nessuno dice niente (Marietti, 1991). Il Palindromo nel 2015 ha ripubblicato La stanza dei lumini rossi (e/o, 1997) con un testo inedito ai margini del romanzo. Nel 2016 escono con Mesogea i racconti di "Quando mi apparve amore"; e nel 2019 pubblica il saggio "I neoplatonici di Luigi Settembrini. Gli amori maschili nel racconto e nelle traduzioni di un patriota risorgimentale" per Mimesis, nella collana LGBT.Studi ident.di genere e orient.sess"

mercoledì 29 luglio 2020

Salvatore Conaci presenta Evie Benson

Il libro di Salvatore H Conaci sceglie una campagna di preordini per aver poi la pubblicazione su bookabook, una realtà editoriale nuova e con prospettive più ampie sulla distribuzione.
Augurando a Salvatore esperienze positive accogliamo nel Regno della Litweb il suo thriller intrigante e ben costruito.
La protagonista viene sedotta da uno sconosciuto, apparso sul web con un nickname, e si innamora.
Decide di riuscire a vederlo e va proprio a trovarlo. 
Da subito siamo tutti coinvolti in questa storia che molti di voi conosceranno. Molti sono stati sedotti o hanno sedotto senza mai incontrare la persona che stava al di là dello schermo.
Saremo tutti con Evie a trepidare ed insieme a tutti i suoi amici saremo preoccupati. 
La storia poi diventa corale nel momento in cui tutti gli amici si troveranno insieme e mostreranno ognuno di loro inganni e piccinerie, tradimenti e sotterfugi.
Salvatore costruisce la storia con talento e ormai sa come spaventare e poi rasserenare i lettori con uno stile incalzante ma sempre chiaro e piacevole. 
Conosce gli incastri da attuare per creare suspense e insieme la capacità per descrivere la riflessione sugli avvenimenti. 
Vi piacerà molto e sono sicura che avrà un buon seguito
Ippolita Luzzo 

mercoledì 22 luglio 2020

Salvatore Stefanelli La Testa Mozzata

Il Thriller nell'estate 2020. Sembra destino che arrivino thriller nel Regno della Litweb, insieme infatti sono giunti questo di Salvatore Stefanelli, La Testa Mozzata e quello in bozze di Salvatore Conaci "Cosa accadde davvero ad Evie Benson". Nel fare gli auguri ad entrambi  vi parlerò ora delLa Testa Mozzata, un lungo racconto di Salvatore Stefanelli.  
Un poliziotto a Napoli, un commissario di polizia è Antonio Negri con  origini e  amicizie sbagliate, e la testa mozzata intravista tatuata sul braccio di un cadavere sarà un incubo per tutta la sua vita.
Subito il thriller entra nel suo ambiente, ospedale, cadavere, commissario, stranezze, e siamo già curiosissimi di sapere. 
Il lungo racconto si legge con facilità, lo stile è scorrevole e la trama è plausibile, l'autore dimostra la sua esperienza nel genere.
Molto interessante dunque seguire il percorso  
 Salvatore Stefanelli infatti è  autore di thriller e non solo, 6 ebook e circa 90 tra racconti  e poesie inseriti in antologie di autori diversi.
In “La testa mozzata” un thriller edito da Delos Digital (marzo 2020), l’autore ci presenta il commissario Antonio Negri, Napoli, ma anche le doppie realtà e scritto il mio pezzo stasera all'indomani di ciò che si è scoperto in una caserma di carabinieri trasformati in aguzzini e torturatori, in illegalità pura, il libro di Salvatore sembra ancora più inquietante.
Se il thriller deve impaurirci divertendoci allora credo sia meglio immaginare che ciò che si legge sia pura immaginazione e non realtà. Poi certo lo diventa o lo può diventare ma il thriller avrà già esorcizzato la paura e avrà permesso ai lettori di interpretare i fatti con lucidità. 
Leggiamo dunque thriller questa estate e saremo pronti ad affrontare qualsiasi paura. 
Con Salvatore Stefanelli, La testa mozzata (Delos digital, 2020)
Ippolita Luzzo

sabato 20 giugno 2020

La Cura Provvisoria dei Tratti Fragili di Tiziana Calabrò ed Eleonora Scrivo

"Questo fino a ieri..." dice Rachele, la protagonista di "Adesso chiamo Guido."  e poi lascia una lettera sul tavolo della cucina. Rachele ha il nome di mia madre ed è a lei che dedico le tante lettere scritte in questo libro. 
In "Ex post" una lettera a Walter di un'altra donna che scrive "L'amore è un sentire difettoso".
Vi sono pezzi scritti da Tiziana, da Eleonora e poi vi sono pezzi scritti insieme. 
Per Eleonora è l'esordio nella prosa, dopo aver avuto menzione per la poesia al Premio Internazionale Mario Luzi, Tiziana scrive da otto anni sul blog " La medaglia del rovescio" ed ha già altre pubblicazioni. Tiziana torna a Lamezia per la terza volta e a teatro ha portato ”Ho attraversato ridendo la terra capovolta". Allora io scrissi che sarebbe ritornata nel mio blog "Il regno della Litweb": " Ieri sera al Chiostro Di San Domenico lo spettacolo di Tiziana Calabrò ed Eleonora Uccellini “Ho attraversato ridendo la terra capovolta... ma anche no” ispirato al blog di Tiziana “Lamedagliadelrovescio” si chiude fra abbracci, applausi e profezie. Ritornerete, esclamo, ritorneranno, diciamo insieme a Michela Cimmino, alle colleghe e agli alunni del liceo Scientifico e del Liceo Campanella. Ritorneranno, tutti lo vogliamo, sentiamo in coro dal pubblico." 
Ritorna Tiziana, questa volta con Eleonora Scrivo,  giorno 27 giugno nella mini rassegna "Vedere per leggere" nello spazio gentilmente concesso dall'Ottica Dipi, e con il contributo della Libreria Mondadori di Lamezia Terme. 
Il libro ci chiede una riflessione e un'attesa, scrive nella prefazione Cinzia Messina e mi piace riportare da lei "Si legge sempre come in attesa, perché è la sospensione il segreto, il segreto di questo raccontare; niente è definitivo e fermo"
Eleonora racconta come ha incontrato di recente Tiziana e come grazie a Facebook abbia potuto leggere e capire di aver incontrato chi aspettava, di aver intercettato una complementarietà e da allora tutto è in movimento. 
Mi piace il ruolo di Facebook utile, nel mondo dei rapporti amicali, della curiosità, dell'ironia e del rispetto. 
Nasce così La cura provvisoria  dei Tratti  fragili che attendiamo a Lamezia, nell'attesa che è movimento.
Ippolita Luzzo 

venerdì 12 giugno 2020

La Presenza e l'assenza di Franz Krauspenhaar

Il libro è un impasto di sensazioni forti, molto forti, che depistano il lettore, lo  sorprendono e lo spiazzano.
I buoni, dove stanno i buoni? Un Noir che metto maiuscolo, un noir senza uno svelamento quasi, se non la difficoltà di tutti i partecipanti a trovarne il bandolo. La scomparsa arriva quasi subito, lei scompare, per abulia, non sappiamo, io la trama non la svelerò perché voglio lasciare lo stesso spaesamento nell'animo del lettore. Lei scompare e un investigatore viene assunto, anzi no, due investigatori si troveranno a cercare la scomparsa. 
La Presenza è L'Assenza ci ricorda il titolo di questo magnifico libro di Franz Krauspenhaar che fa dire a Guido Cravat, uno dei due investigatori "Attendo domani, ed è difficile, come tutte le attese. Si attende sempre qualcosa, in questa nostra vita."
Incalzante.
Credo che il noir sia ciò che meglio si confà allo stile di Franz Krauspenhaar. 
Un noir martellante che inchioda il lettore alla storia e ai personaggi. 
Appena arrivato ho iniziato a leggere e sono riuscita a staccarmi solo alla fine. I personaggi in balia di un cattivo, e ogni pagina è in effetti una sorpresa. Chi è il cattivo? Cambiano i ruoli e cambiano addirittura i moventi per cui una azione malvagia si commette. Nella banalità del male. 
Nel vortice del male, di una mente psicotica, scopriamo che un po’ di follia alligna in molti e che sparire per abulia è la follia minore. Un vero applauso all'autore che ha creato una storia terribile e attraente come può essere attraente il male visto sulle pagine di un bel libro e complimenti alla Arkadia Editore ormai una bella realtà nel panorama editoriale nazionale. Libro che consiglierò in ogni dove nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo 

martedì 9 giugno 2020

Olimpio Talarico Cosa rimane dei nostri amori

L'Infinito di Leopardi dal Castello Di Caccuri.
"L'incanto del panorama mi emozionava. Sembrava un quadro di Enzo Loria, quando osava mischiare i colori affettuosi dell'autunno caccurese con le meste nebbie della sua laguna. Lo sguardo navigò. Dal castello scivolò lungo il tappeto di colline, si attardò sulla valle taciturna del Neto, per poi risalire sulle casupole del paese, appoggiate l'una contro le altra e che parevano fare fatica per non scivolare verso la campagna, come se un destino volesse allontanarle da quella terra tirchia, avara, e loro si opponessero con tutta la loro forza"
Siamo a Caccuri, in Calabria, nell'altopiano della Sila, dove lo sguardo smisurato vaga, infinito, dal castello. 
Olimpio Talarico è nato a Caccuri e vive a Bergamo e ama di amore autentico entrambi i luoghi ma solo a Caccuri le strade gli parlano, solo a Caccuri sente l'impronta di chi è passato prima di lui, delle storie e dei sospiri.
Perciò dedica a Caccuri i momenti più elegiaci del suo scrivere nella grande fratellanza con le storie e gli abitanti del luogo.
Luogo magico, in effetti, per chi ha la ventura di visitarlo, luogo che reciterà con noi i versi di Leopardi:
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. 

A Caccuri però il cor non si spaura  ma il verdeggiare intorno e la linea vicina  fra il cielo e la terra conforta e abbraccia.
Cosa rimane dei nostri amori nasce come un'ode a Caccuri, poi l'autore ha costruito una trama e dei personaggi ma il primo personaggio vivente è proprio il paese. 
Olimpio in una sua dichiarazione ci dice:
"La piazza di Caccuri ha ispirato quasi tutte le mie storie.
Quando d'estate si ritornava in Calabria, Nicola a 5 anni si intrufolava fra le gambe di uomini che conosceva appena e seguiva per ore le partite a carte degli anziani del mio paese. Quanta magia c'è nel codice genetico"
C'è una foto del maestro Giuseppe Marino e un post di Francesco Stirparo, che ricordano che 56 anni fa, il 19 marzo del 1964, a Caccuri  durante la processione di San Giuseppe, aveva inizio la storia di "Cosa rimane dei nostri amori".
Il racconto inizia proprio con la festa di San Giuseppe e con due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, della banda spariti. 
Dalla festa alla tragedia alla morte, il corpo di uno ritrovato subito, il corpo dell'altra dopo molti anni. 
Nella trama le omertà, le accuse ingiuste, un innocente in carcere, e la ricerca della verità.
Il protagonista  Jacopo Jaconis, musicista, autore di colonne sonore, torna a Caccuri nel 1992 per un suo dialogo interiore e nel mentre avviene il ritrovamento del corpo della ragazza scomparsa nella festa di San Giuseppe del 1964. Viene inquisito suo padre, preside della scuola locale, accusato dell'omicidio dalla
testimonianza del prete della parrocchia don Marcello Poli.
Il maresciallo Nisticò però non crede al prete e affianca Jacopo, è sicuro che Amilcare Jaconis non sia un assassino.
Seguiremo il disvelare fra verità e menzogne, come se fosse un giallo, un noir, convinti che il profumo ci guiderà.
Il profumo dei soldi.  
Pezzi di noi, Pezzi di Storie.
Ed è per questo che il libro di Olimpio ha inaugurato la rubrica Pezzi di Calabria, una  rubrica sui borghi calabresi narrati dalla penne degli scrittori: Caccuri in Rivìentu.
Non posso non tacere del piacere di aver letto la dedica che Olimpio fa a tutti noi lettori, a quella lettrice della Pasticceria di Crotone che stava leggendo il suo primo libro,"Il due di bastoni" nel dolce della brioche con gelato e panna. 
"Una brioche letteraria" mi disse una volta un amico sulla mia lettura ad un suo libro ed ora consegno ad Olimpio la mia brioche ringraziandolo fortemente della sua amicizia e dei suoi Amori regalati prima e Cosa rimane dei nostri amori ora.
Aspettandolo a Caccuri 
Ippolita Luzzo 

venerdì 29 maggio 2020

Michele Cocchi US

Nel Marzo 2020 per conto della Fandango Libri il libro di Michele Cocchi US si affaccia in un mondo chiuso dove gli abitanti vivono nelle case senza uscire per essere protetti dal contagio del virus.
Lo stesso mondo chiuso, la stessa camera chiusa dove il protagonista vive, per scelta.
Tommaso è un adolescente, ha lasciato la scuola da quasi due anni, e guarda tutto da un oblò, l'oblò del monitor di un computer. 
Non ha quasi per nulla rapporti con i suoi genitori, preoccupati per lui, e nemmeno con il fratello e la sorella. Tommaso vive in un gioco, un videogioco.
"Uscito dal gioco la camera sprofonda nel buio, eccezion fatta per il cono di luce dell'abat-jour sopra la scrivania. Il computer spento, i vestiti gettati alla rinfusa sul letto. Tommaso si affaccia alla finestra, riconoscendo le sagome degli alberi e la staccionata che delimita il giardino oltre la terrazza, i vasi di fiori di sua madre appesi alle aste orizzontali della pergola.. Chiuse le imposte e senza fare rumore apre la porta della sua camera. La casa è silenziosa, ogni luce spenta. I suoi dormono già, così come Cosimo e Lisa." Tommaso si procura il cibo, la mamma ha lasciato il pasticcio di carne per lui, in frigorifero. Lui, in fretta prende il pasticcio, il pane e un succo di arancia e ritorna in camera. Sono questi i momenti peggiori per Tommaso, correre il rischio di incontrare i genitori e vederne tutta la loro desolazione nel non saper trovare un modo per aiutarlo. 
Tentano infatti con la dolcezza, poi con rimproveri blandi, infine la madre un giorno sopraffatta dall'impotenza scaglia il computer del figlio in giardino per poi pentirsene subito dopo. 
Siamo subito avvinti anche noi lettori dal gioco di ruolo, US il titolo, si gioca in tre, ma non si conoscono chi siano gli altri due in quanto hanno tutti un avatar. Si gioca a squadre e si può parlare con i compagni di squadra per decidere le mosse che decreteranno la vittoria o la sconfitta. I compagni hanno solo la voce come segno di distinzione e dalla voce possono capire che i tre compagni di squadra sono due ragazzi e una ragazza, più giovane. 
Le battaglie che i tre combatteranno sono battaglie storiche e leggendo le avventure virtuali di Tommaso in realtà ci srotola davanti. 
Tutta la storia del Novecento, le battaglie e gli orrori di Sabra e Chatila, la pace di Pastrana in Columbia, verranno vissuti in prima persona da Tommaso e dai suoi compagni fino a quando anche loro si troveranno nella vita reale a dover scegliere se essere eroi. 
Con uno stile compatto e asciutto, Michele Cocchi ci aiuta nella comprensione dell'adolescenza e nella comprensione del momento storico sempre più connesso ad una virtualità reale. 
Ippolita Luzzo  

lunedì 25 maggio 2020

Cristò Chiapparino letto da Francesco Calimeri

La meravigliosa lampada di Paolo Lunare

Ieri prima riunione all'aperto del gruppo lettura Bookclub lector in fabula di Lamezia Terme nel Parco Dossi Comuni. 
Felicità ed emozione nel vederci dopo tre mesi e due riunioni svolte sulla piattaforma online. Bellissimi i commenti di tutti i presenti sul libro di Cristò Chiapparino e ho chiesto a Francesco Calimeri di conservare almeno una testimonianza scritta della sua articolata disamina sul testo. Lo ringrazio immensamente. Questo testo è solo una parte di tutto ciò che lui ha detto a noi. 


"È molto difficile parlare de "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" di Cristò senza correre il rischio di essere banali. Probabilmente il modo migliore è partire dal suo punto di forza, dalla sua idea letteraria: è attorno a questa che l'autore costruisce un racconto e lo lascia svilupparsi attraverso molti dei temi chiave della letteratura (e, forse, dell'umanità) con sfaccettature individuali, sociali, universali: amore e morte, realtà e sue rappresentazioni, desideri e frustrazioni, voglia di riscatto e rassegnazione, il rapporto con sé stessi e con gli altri, il peso della vita e degli anni, la solitudine, la percezione del tempo, il senso dell'esistenza, e ancora... Con la cerniera (apparente) affidata al peso che fiducia e tradimento, sincerità e menzogna hanno nei rapporti amicali, familiari, coniugali. 
Tutto accade nello spazio di un racconto relativamente breve, che scorre via coinvolgendo per gradi, accelerando: in modo lento lento e lasco all'inizio, serrato e veloce al termine. E con brusche, repentine frenate. 
L'idea, l'originale artificio creativo (e narrativo) che dà vita al racconto, è la casuale invenzione di una lampada in grado di produrre un fascio di "luce" che permette di vedere i morti; questi sono intrappolati in una dantesca e compulsiva ripetizione delle stesse azioni e negli stessi luoghi che in vita li hanno legati alla propria più grande bugia. 
L'idea è al contempo semplice e potente; e rischiosa!
L'immaginario moderno è troppo carico di temi simili letti, ascoltati e visti in una miriade di interpretazioni. 
Eppure, Cristò resiste alla tentazione di esagerare, non ha paura di citare, e riesce ad essere profondo e leggero, senza prendersi troppo sul serio ma senza mai prendere in giro il lettore.
La vita è difficile per tutti, ed è ingiusta, dato che non per tutti è difficile allo stesso modo; ed è difficile per gli esseri umani in quanto tali. È quindi inevitabile che siano difficili le relazioni tra essi, quelle che legano un padre al figlio, una figlia alla madre, due coniugi, due amanti e una persona con un altro sé, magari quello nel passato. 
La storia di Paolo e Petra (un immediato riferimento neotestamentario) è quella di ogni individuo, di ogni coppia, di ogni famiglia, ma è pure umilmente unica. La cifra del loro rapporto è la presenza di cose mai dette; ma le bugie, le manipolazioni, le omissioni sono di fatto ovunque: nelle famiglie di origine e nel rapporto di ciascuno con sé stesso. Ed è un costante tormento sulla verità, intesa tanto come lo spazio tra sincerità e menzogna, quanto tra ciò che è e ciò che possiamo sapere. 
La storia delle manie e delle smanie, dell'ossessione che possiede prima Paolo e poi Petra, come un demone (un "Daimon"), mostra ben oltre che l'evoluzione dei personaggi; e cattura l'attenzione, suscitando  simpatia, riprovazione, stupore. E non lo fa sterilmente; se anche volessimo ignorare tutte le questioni che solleva, sarebbe ben arduo far finta di non essere investiti dalla carica emotiva che, sapientemente e poderosamente, suscita.I riferimenti filosofici e letterari (dal mito della caverna di Platone alla Metafisica e all'Etica Nicomachea di Aristotele, da Dante Alighieri alle incertezze contemporanee) si sciolgono nel piacere del racconto; prevedibilmente, il piacere di narrare di Cristò non porta ad un lieto fine, né ad un tentativo di dare un senso alle cose; ma se questo ci fosse, forse, sarebbe l'amore. Quello che spinge ad essere sinceri contro ogni paura, o a mentire contro ogni ragione. 

È sempre pericoloso dare giudizi troppo negativi o eccessivamente lusinghieri; tuttavia, "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" è, potenzialmente, un classico moderno.


Francesco Calimeri è Professore Associato presso il Dipartimento di Matematica e Informatica (DeMaCS) della Università della Calabria 
Ippolita Luzzo 

mercoledì 13 maggio 2020

Gianluca Barbera Il Viaggio dei Viaggi

In un momento di grande stress da isolamento e al ritornello del "Restate tutti a casa" come panacea contro un virus spesso letale, risponde la letteratura e l'immaginazione con un libro che ci farà "esplorare il mondo in cinquecento passi" come è scritto nel sottotitolo de Il Viaggio dei Viaggi di Gianluca Barbera appena giunto nelle librerie.
Il libro nasce con la visita di una scolaresca guidata dal professore di storia, una trentina di ragazzi, al museo dei grandi viaggi di avventura, di esplorazione e di scoperta, nelle sale del XVIII e XIX secolo. 
A bordo del Beagle di Darwin fino alla navicella spaziale di Aldrin e Armstrong seguiamo i viaggi guardando i dipinti e i reperti presenti nel museo. 
Seguiamo le rotte dei negrieri, che prelevavano gli schiavi lungo le coste dell'Africa Occidentale, in Guinea, Sierra Leone, Angola, per venderli nei mercati delle Americhe ai proprietari di piantagioni. 
Sembrano storie dei nostri giorni, ora non vengono chiamati schiavi ma migranti, il risultato però non cambia e la realtà resta durissima nelle baraccopoli dove stanno gli schiavi di questi nostri tempi. 
Gli alunni del professor Terranova avranno modo di riflettere e di incontrare Belzoni in Egitto, Amundsen al Polo Nord con Nobile, ma come me saranno attratti dalla storia di Alexander Selkirk, ovvero Robinson. 
Nell’isola di Robinson proveremo a capire cosa vuol dire isolamento e cosa provoca l’isolamento, noi che abbiamo provato a stare isolati due mesi, restando connessi. 
Robinson Crusoe di Daniel Defoe, uscito nel 1719, si ispira alla vicenda reale accaduta ad Alexander Selkirk, un marinaio, arruolato nella Cinque Ports, una nave che praticava la guerra di corsa. 
Per aver dato un buon suggerimento  al capitano, Alexander viene abbandonato su un'isola deserta, con un moschetto, una pistola, un'accetta, una pentola, un piatto, la polvere da sparo e qualche provvista. L'isola era popolata di capre selvatiche, e il tempo passò, quattro anni passarono, finché non giunse il 2 febbraio 1709 un veliero inglese che lo riporterà in patria. 
Essere personaggio letterario e personaggio reale non sempre porta bene e Alexander nulla ebbe della fama del suo libro e la sua vita termina in Africa occidentale, questa volta a caccia di pirati. Restiamo amici di Alexander nella buona e cattiva sorte, noi,  
Gianluca Barbera scrive per raccontare e raccontarsi storie, per arricchire il suo e il nostro immaginare con fatti che non sapremmo se non fossimo spinti dalla curiosità. 
Curiosità e conoscenza dunque sono le risorse con cui noi tutti possiamo affrontare isolamento e desolazione di un tempo storico altrettanto ingarbugliato. Sciogliere i fili per rendere facile la connessione mi sembra il compito del narratore e Gianluca Barbera con  Magellano, Marco Polo e ora Il viaggio dei Viaggi ci regala la guida per un viaggio nel tempo.
Ippolita Luzzo   


  

domenica 3 maggio 2020

Lamezia in Galles

Lamezia Terme sarebbe una amena cittadina situata fra il golfo
di Sant' Eufemia e l'Appennino calabro, nella pianura lametina. 
Il clima dovrebbe essere ameno e per alcuni mesi lo è se non fosse che da molti anni all'arrivo del maggio odoroso il cielo non si ricoprisse di una caligine grigia e triste e la caligine durasse per tutta la primavera almeno nelle ore mattutine. Un vero effetto Galles.
Il Galles, una delle 4 nazioni che compongono il Regno Unito, occupa la zona sud-occidentale della Gran Bretagna, si affaccia sul Mare d'Irlanda, confina con la sola Inghilterra a est e la popolazione ammonta a più di 3 milioni d'abitanti.
In Galles il cielo è spesso nuvoloso, ed io ricordo proprio quel nuvoloso così simile al nostro cielo ogni anno, così come ricordo lo stesso paesaggio di solitudine, identico alla cittadina da dove scrivo. 
Allora rimasi quindici giorni ad Agosto, un agosto plumbeo e freddo,  ma le similitudini mi si ripropongono ogni anno a maggio.
Con ironica affettuosità chiamo Galles la città di Lamezia e gallici i suoi abitanti che stamani, secondo il resoconto di una amica, uscirono per le strade dopo una lunga quarantena. 
Solo uomini anziani o debosciati, se uno si ferma ad una fontana e bellamente vi orina contro, se un altro sputa in terra e altri, con mascherina abbassata, fumano e si chiamano l'un l'altro ad alta voce. 
Anche allora, quasi 15 anni fa,  nel Galles ricordo di aver osservato tante stranezze: Una mamma giovane infilava una patatina fritta in bocca ad un pargolo nemmeno svezzato, ed un uomo dava da bere ad un bimbo piccolissimo una bevanda coloratissima forse leggermente alcolica. D'altronde in Galles l'acqua non esisteva e se c'era costava carissima. 
Un vero orrore. 
Certo poi ricordo i bellissimi castelli medioevali, ed anche qui in Calabria tutta non mancano i castelli medioevali, ma di tutto mi resta l'orrore di una umanità lobotomizzata, incapace di un gesto elegante, di un pensiero.
E credo che la lobotomia sia stata praticata moltissimo nella piana lasciando moltissimi ciondolare nelle strade e nelle case senza un desiderio di relazione amicale, senza uno slancio di originalità.
Nel Galles lametino una quarantena in un cielo plumbeo di socialità.
Ippolita Luzzo 


   

sabato 2 maggio 2020

L'epidemia in Mongolia e la Storia maestra di vita

Da Avvenire, giorno 8 Aprile, conservo una lettera "La lezione della storia (e di Manzoni) e la libertà responsabile dei figli di Dio" e la risposta del direttore del giornale, Marco Tarquinio, sulla storia maestra di vita. Da qualche tempo ogni mattina vado a comprare una copia dell'Avvenire, a volte ne scrivo un post su Facebook, a casa leggo e conservo gli articoli, alcuni li rileggo e ne parlo al telefono con tanti ormai delusi da un certo modo di fare giornalismo. Scopro in confidenza che anche altri giornalisti, di altre testate, leggono l'Avvenire, riconoscendo a questo giornale la capacità di interpretare il momento e di saper dare chiarezza. 
Giorno 4 Aprile Vincenza Cinzia Capristo scrive un articolo sull'epidemia in Mongolia e lo fa partendo dai diari del missionario francescano padre Antonio Cipparone presente in Mongolia per incarico del governo italiano. 
Possiamo trovare i suoi diari nell'Archivio Storico della provincia religiosa Salernitano-lucana, pubblicati nel 2012.
Anche in quei diari troviamo come si reagì all'inizio alla peste, con incredulità e poi con panico.
"Tutto venne bloccato. Si circolava solo muniti di autocertificazione scritta. Il picco era previsto in primavera. La zona rossa venne estesa fino alla Grande Muraglia. Si cercava un nemico a tutti i costi. Gli ospedali erano carenti e poco forniti." ed anche allora c'era chi non sapeva usare la mascherina e lasciava il naso fuori quasi che dal naso i microbi non potessero passare.
"Nella seconda settimana di Pasqua iniziarono ad esserci meno casi" Anche ora come allora sembra che ci siano meno contagi  e molte analogie ci sono anche con l'attuale diffusione del virus, per esempio la diffusione in maniera orizzontale, con maggiore aggressività nel Nord. 
Io ho affrontato tutto il periodo della pandemia con in testa i diari di padre Antonio Cipparone e ve li porgo come riflessione per uno studio sui medici della Legazioni straniere che collaborarono con i medici cinesi. La storia maestra vita ci accompagna e ci offre soluzioni. 
Noi grati a letture di approfondimento e grati all'Avvenire.
Ippolita Luzzo