27 luglio 2011
Le surrealiste- ovvero le amiche di mia sorella
Le amiche di mia sorella non sono donne normali.
Sono una specie umana a parte.
La specie vitale.
Dovrebbero andare in tutte le scuole perché loro, meglio di un testo universitario, potrebbero dare ai ragazzi una lezione di vita sferzante e reale. Le amiche di mia sorella sono donne cinquantenni, all’apparenza simili alle altre donne, sono mamme, una è già nonna, sono state mogli, sono state figlie.
Mogli ora non più, chi per il dolore della morte fisica, chi per il dolore della separazione. Figlie lo sono ancora e partecipano con affetto alle vicende dei loro cari. Lavorano tutte e tre. Si sono inventate il lavoro. Tardi, presto, lo hanno fatto, rifatto, fanno più lavori.
Saprebbero fare qualsiasi lavoro. Ma quel che le accomuna, oltre alla capacità e alla intelligenza, è il piglio decisivo con il quale affrontano qualsiasi tsunami capiti loro. Difficoltà, malattie, tragedie, che avrebbero piegato uomini forti e nerboruti, vengono affrontate senza cedimenti, rafforzandole e incredibilmente arricchendole.
Teresa è sempre stata una manager, sin da piccola, una donna progettuale. Ha creato dal nulla cooperative, assistenza ai tossicodipendenti, accoglienza ai primi curdi che arrivavano in città, un grande progetto ed ha poi lasciato tutto in mano all’uomo che aveva amato, per ricominciare a progettare un po’ più in là. Riprese gli studi dopo una travagliata separazione, si è laureata, ha affrontato la malattia, la cura, ha riaffrontato la malattia e mentre era di nuovo in cura lei si è candidata alla Regione Calabria. Comizi, convegni, voti, riconoscimenti. Ora è un fiume in piena, chissà dove la porterà!
Rosetta ha una storia medio-orientale, quasi. Sposa bambina un uomo più grande, che lei non ha scelto. Figli subito, senza essere consultata. Ma dopo aver accettato questo come un destino ineludibile, lei decide di studiare, di lavorare, di insegnare. Costi quel che costi. Riuscirà con grandi sacrifici. E dopo aver insegnato, o appena prima, la fuga da un mondo che non le appartiene. Le tragedie dei suoi cari, le minacce, la morte dei familiari non la fermano. Lavora sempre, continua a studiare, si laurea, fa un master, affronta la malattia del figlio, il difficile intervento, la convalescenza,sempre con la ferrea volontà di farcela. Ed ora l’aspetta il concorso per la dirigenza scolastica, che sarà sicuramente una formalità, visto i suoi titoli ed il punteggio.
Rita, la compagna di scuola di mia sorella, è sempre stata una alunna diligente e studiosa. Ha fatto tanti lavori. La ricordo alle prese delle terrecotte, per un progetto archeologico che perseguiva l’allora mamma del suo amore adolescenziale. Quando finì l’amore finì il lavoro.
In seguito si sposò, diventò mamma di due ragazzi e all’improvviso è svanito tutto, in un lampo, e si è ritrovata di nuovo sola. Il suo compagno non c’era più. Sola. Senza un effettivo lavoro. Anche per lei tutto ha preso un altro significato. Lavora nelle poste, il lavoro del marito. Lei lo svolge con competenza, i colleghi le chiedono chiarimenti, ha ripreso gli studi di Giurisprudenza, ha già superato qualche esame tosto, si laureerà, ne sono sicura.
Nel plasmare gli avvenimenti alle loro sensibilità hanno agito come i surrealisti, hanno creato una surrealtà, facendo aderire il sogno alla realtà, con impegno, con il fare, con la decisione.
Ed il sogno si è dispiegato in una realtà sfaccettata ed impervia ed ha preso i colori della possibilità rendendo vero tutto.
Nello slancio di unire una realtà ostile ad una insopprimibile esigenza vitale, loro sono andate oltre, scavalcando gli ostacoli. Come i cavalli negli ippodromi, eleganti, mai scomposti, veloci.
E’ stato così possibile che Teresa si sia trovata nell’arena dello stretto in un convegno sulla progettualità nel volontariato organizzato dalla regione Calabria a parlare davanti ad un mondo in ascolto. Le luci dello stretto di Messina, il lungomare di Reggio Calabria, il più bel chilometro d’Italia, il fascino della magna Grecia.
Le donne dell’antichità Antigone, Lisistrata, Arianna porgevano a lei il filo del cammino. Un cammino dignitoso in un mondo che ha bisogno di noi e noi abbiamo fame di esserci.
Ippolita Luzzo
La bacchetta magica del Regno della Litweb con loro