lunedì 26 dicembre 2022

Francesca Veltri malapace Miraggi Edizioni

 

Leggendo malapace il libro di Francesca Veltri due sono i film che mi vengono a cercare: Le vite degli altri un film del 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero e Le invasioni barbariche un film del 2003 diretto da Denys Arcand. In entrambi i film la stessa domanda su come sia possibile credere che qualcosa sia giusto e poi accorgersi dopo anni che quella cosa non era giusta affatto, su come sia possibile avere fiducia cieca in un ideale e poi accorgersi che quell'ideale una volta applicato diventa una tortura. Ce lo domandiamo insieme al protagonista di questa storia, François, che è detenuto in un campo di prigionia nell'autunno del '44 con l'accusa di aver collaborato con i tedeschi, con il regime fascista di Vichy, benché sia stato iscritto al partito comunista.

L'occasione per rivivere tutta la sua vita sarà l'incontro con Antoine, un uomo che lo ha conosciuto dall'infanzia, un incontro irritante e di disturbo, perché Antoine, fascista e provocante, cerca di spiazzare i ricordi che François ha e di rivoltarglieli contro. 

Un gioco al massacro di grande perfidia.

Nel rievocare una vita alcuni incontri restano come punti fermi, come presenze non ineludibili, l'incontro con Martine, da bambina e da adulta, l'incontro con il padre di Martine, il maestro che gli fa conoscere letture e pensieri, l'incontro e l'amicizia grande con Jean-Pierre che gli farà amare il comunismo e insieme prenderanno la tessera del partito comunista.

Già Francesca Veltri con Edipo a Berlino aveva narrato la storia del drammatico conflitto d’identità vissuto da un giovane militante nazionalsocialista che, nella Notte dei Cristalli, scopre di non essere ariano, ma di origine ebraica. Il protagonista sta al confine fra identità e menzogna, interrogandosi, ed anche qui ci interroghiamo insieme a tanti che ancora stiamo interdetti e confusi davanti alle guerre di oggi. 

Credere, credere, credere, in cosa credere, per cosa decidiamo di perdere la vita, come ci facciamo una opinione di tanti fatti intorno a noi e poi quel desiderio della pace, della pace a qualunque costo. 

Quando gli eventi storici ci travolgono cosa resta delle scelte individuali? cosa resta delle speranze e degli ideali? Quando Jean-Pierre sarà imprigionato dai compagni in cui credevano, quando ciò che si crede non corrisponde più a ciò per cui si è combattuto allora la disperazione fa scegliere altri errori, fa scegliere ciò che sembra ma non è "quella pace ad ogni costo" che perderà definitivamente la vita di François.

Non vi racconto nulla se non la bravura di Francesca Veltri che sa, che conosce il tormento di anime straziate, che vorrebbero stare dalla parte del giusto e del buono, e finiscono sballottati nel caos degli avvenimenti.

Leggere un libro per interrogarci, come il protagonista delle Invasioni barbariche che rimane anche lui sorpreso quando conosce gli errori ed orrori perpetrati da Mao in Cina, leggere il libro con le immagini delle Vite degli altri, il clima di sospetto e diffidenza, le spie, i vicini di casa orribili come la vicina di casa della cugina di Martine, e interroghiamoci ancora sugli orrori del capitalismo di ogni genere, sulla falsa democrazia e sul fascismo, su ogni terribile forma di incubo chiamato storia.

Ippolita Luzzo 


sabato 17 dicembre 2022

Astor, un secolo di tango Stagione teatrale AMA Calabria

 



Devi andare stasera a teatro, mi chiama apposta da Bologna Anna, devi andare, c’è il maestro di teatro di Viviana, il regista dello spettacolo, Carlos Branca, bravissimo, un fenomeno, devi andare. Non posso esimermi dunque e la ringrazio perché la sua sollecitudine mi ha permesso di estasiarmi di fronte ad uno spettacolo perfetto. Perfetto nelle forme, nei gesti, nella scenografia essenziale fatta dai colori nello sfondo, perfetto nella musica suonata in scena e accompagnata da un’orchestra invisibile, perfetto tutto fin nello sguardo dei ballerini, nelle pose plastiche e scultoree che segnavano tutti i passi del tango con l’innesco nella danza classica e moderna.


Il tributo ad Astor Piazzolla si materializza così sulle scene del Teatro Grandinetti, un grande racconto con la voce narrante in idioma spagnola e io ho capito il perché ma avrei preferito in italiano, un grande racconto di corpi che si accarezzano e si allontanano, mentre il maestro accarezza i suoi strumenti e poi accarezza la rotula del suo ginocchio, mentre il colore del cielo e del mare, l’azzurro è lo sfondo di partenza. Poi avremo altri colori, poi avremo il rosso.

Un grande omaggio ad Astor Piazzolla

Negli applausi del pubblico qualcuno vorrebbe un bis, un bis di tutto il racconto, di ricominciare daccapo suppongo da un libertango, un tango rivoluzionario. La leggenda narra che la prima volta che Borges ascoltò Piazzolla in concerto uscì dalla sala sbraitando: "Questo non è tango". Era il nuovo tango,  quello pensato, ideato, suonato da Astor Piazzolla, un'altra storia, un'altra cosa, una rivoluzione. 

Ippolita Luzzo 

Intanto vi riporto le notizie ufficiali con : "Concerto di Danza con Mario Stefano Pietrodarchi e i danzatori del Balletto di Roma

Le Musiche di Astor Piazzolla arrangiate da Luca Salvadori ed eseguite da Mario Stefano Pietrodarchi con fisarmonica e bandoneon affiancato da un'orchestra virtuale, accompagnano La Compagnia del Balletto di Roma che celebra il centenario della nascita del musicista  Astor Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921)

Valerio Longo porterà otto danzatori del Balletto di Roma a compiere un viaggio trasformativo in cui respiri e abbracci saranno al centro di azioni coreografiche intense, astratte e fuse in quel moto ondulatorio magico del bandoneón. A disegnare i contorni dei protagonisti saranno i costumi di Silvia Califano, assidua collaboratrice del Balletto di Roma e dei principali teatri italiani ed esteri.

La parola chiave sarà “coraggio”: quello declamato dai testi immortali di Jorge Luis Borges nei suoi tanghi e milonghe, così come quello dello stesso Piazzolla, che ha rotto gli schemi della musicalità del “tango viejo” per arrivare al “nuevo tango” che tanto lo ha reso celebre nel mondo.

A dirigere tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto sarà la maestria e l’esperienza di Carlos Branca, regista argentino di spicco sulla scena internazionale e profondo conoscitore dell’uomo Piazzolla."





giovedì 15 dicembre 2022

Sara Maria Serafini Rigenerazione K035 Divergenze


A Belgioioso ci sta un castello dove io non sono ancora stata ma mi auguro sia possibile un giorno. 
Belgioioso è la sede della casa editrice Divergenze, una casa editrice che cura i libri con veste sartoriale di alta moda.
Diverse le collane della casa editrice: Le Scie, Il Simposio, I fuoriserie, Le Ciliegie, ed (ec)citazioni, collana di alta moda del pensiero.  
Questo libro fa parte della collana (ec)citazioni ed è già un gioiello, realizzato con materiali pregiati, ed addirittura cucito a filo di refe in finissimi ottavi, da una legatoria etrusca separata dalla tipografia. 
Sono stupita. 
Più la grande distribuzione del libro e la produzione del libro vanno verso prodotti simili e da mandare al macero velocemente maggiore è la sfida delle piccole case editrici a produrre libri curatissimi. 
Mi ricorda la stessa cura un libro che mi piace citare qui di Domenico Conoscenti, "Intimo Paradiso" un'altra opera d'arte. Quindi libri unici. 
D'altronde la Casa editrice Divergenze è presente nelle menzioni di merito dell'Osservatorio sulla qualità dell'editoria che certifica dal 1989 l'impegno dei bravissimi. 
La collana (ec)citazioni è inaugurata da Antonina Nocera con Metafisica del sottosuolo, ora alla quarta ristampa, un saggio nel "sottosuolo" di Dostoevskij e Sciascia, per trovare punti di incontro, e divergenze: da una parte Il contesto (1971) e dall'altra I fratelli Karamazov
Ultima in ordine di uscita ora Sara Maria Serafini con Rigenerazione K035 con un racconto distopico, anche se di distopico è rimasto ben poco perché la realtà si incarica sempre di raggiungere e superare qualsiasi più orrenda visione profetica.
"In uno Stato che ha per obiettivo l'incapacità sociale di fallire, Lia si macchia di un delitto senza ragione. La sua memoria sarà ripulita e inserita in una trama di simulazioni in cui il suo alter ego, Amalia, non dovrà cadere di nuovo in errore."
Questo è scritto sulla quarta di copertina e guardo quel treno, nel quadrante di un orologio che segna un tempo del non luogo, un tempo senza luogo e senza spazio. 
A Campara ci spostiamo ma poi siamo da Platone, nella ultima lettera a lui attribuita, in cui anche lui, smarrito dagli avvenimenti politici, teorizza che solo i filosofi dovrebbero regnare. 
Leggendo La Repubblica lui espone come dovrebbe essere uno stato ideale, ricordo tutto e pure le assurdità, perché la teoria a volte non tiene conto che la perfezione non esiste e non si può realizzare essendo noi uomini imperfetti dalla nascita e dotati di pulsioni e sentimenti irrazionali. 
"Il sogno del Legislatore diviene lo stesso del dottore pazzo" scrive infatti anche Sara. e così leggo nella interessante introduzione di Erika Cancellu. 
Nel racconto vi è un gioco di specchi, a Campara, il 24 dicembre 2006 Lia ha 35 anni, "a Campara il cielo è pulito come la coscienza di un neonato." scrive Sara. 
Campara si trova a 612 metri dal livello del mare, ed ogni volta che nasce un paese inventato ha tutta la precisione del luogo, del tempo e dello spazio in cui si trova. 
Lia dunque abita a Campara, cammina e riconosce la Panda di Fabio come potrebbe incontrare la mia Panda, solo il colore differisce, la mia è viola, quella di Fabio è una Panda 4x4 verde oliva. Lei sale in macchina e ascoltano Karma Police da CD masterizzati di Fabio. 
Darko, Francesco, Raffaele Lia, Fabio, aspettano un treno, quel treno che campeggia nella quarta di copertina.
Mi metto a leggere ora l'Agenda 2100, un programma di richiami, mi ricordo un altro racconto di punizioni per ottenere una società perfetta, è il libro di Elena Giorgiana Mirabelli Maizo, su tre adolescenti e continuo a leggere con in testa tanti riferimenti. 
Il soggetto preso in esame qui ha 35 anni, una laurea in Architettura presso la Sapienza di Roma, con votazione finale 103/110 uguale al mio voto di laurea!
Fino all'età di diciotto anni Lia vive a Campara e poi a Roma e insomma leggerete il libro e vedrete che le vite, le nostre vite, se diventano una somma di malattie, interventi chirurgici, titoli di studi, e altre notizie qui e lì, in effetti sono assurde schede ma non servono a certificare il fatto, il fatto inspiegabile di un evento terribile.
Senza Movente. 
Il racconto mi ricorda il film Arancia Meccanica, senza movente la violenza, supponente invece l'opera rieducativa che a me fece più impressione della violenza stessa. 
Ivano Porpora, nella postfazione, si chiede chi siano le due protagoniste, Amalia e Lia, vissute a distanza di cento anni, ed eppure segnate da un destino che l'Agenda 2100 vorrebbe incanalare. raddrizzare, perfezionare. Ivano risale anche ai Vangeli per dire qualcosa sulla serietà e sulla leggerezza, in un momento storico che ci richiede attenzione e sacralità 
Leggendo faccio salti temporali e leggendo ho sensazioni di déjà-vu leggendo ritorno a Platone, al suo inutile sognare di poter aggiustare le cose di Atene con la filosofia, le cose degli uomini con la filosofia, le cose che ci accadono e chi noi siamo con la filosofia. 
Il racconto di Sara Maria Serafini scritto con bravura e competenza conferma le doti di una scrittrice sempre più rivolta ad analizzare le pieghe dell'animo umano, i contorni e gli spazi, l'architettura del nostro abitativo in un contesto politico di redenzione e punizione, di male e bene, eterna duplicità della storia
Un plauso all'autrice e un plauso immenso a Divergenze e a Fabio Ivan Pigola editore nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
     
𝗦𝗮𝗿𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗦𝗲𝗿𝗮𝗳𝗶𝗻𝗶 è laureata in Ingegneria, PhD in Urbanistica, insegna ed è direttore di RISME rivista e servizi editoriali. Suoi racconti sono usciti su diverse riviste (Carie, Crack, L’Irrequieto, Narrandom) e in antologie (due delle quali edite da La Stampa e Giunti Scuola). Ha pubblicato i romanzi 𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘯𝘯𝘢 (2019) e 𝘓’𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘷𝘪 (2021) per Morellini Editore. Il racconto lungo selezionato è uscito da poco col titolo 𝘙𝘪𝘨𝘦𝘯𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘒035 per Divergenze.

mercoledì 14 dicembre 2022

L'intelligenza artificiale vincerà il Nobel?


 Le conquiste della scienza spazzano via ogni pretesa di individualità e con l'intelligenza artificiale si può avere opere d'arte e racconti, si può superare il fastidio di avere a che a fare con un essere umano limitato e insicuro, imprevedibile e umorale. 

Basterà chiedere ad una macchina, ad un computer, ad un programma e romanzi avvolgenti verranno scritti, serie televisive verranno sceneggiate, opere d'arte stampate e voilà. 

Non è questo il nuovo che avanza insieme allo sfacelo della sanità pubblica, insieme allo sfacelo dell'attenzione verso la scuola, verso ogni istituzione che possa garantire la dignità di non chiedere? 

Avremo invece tutto sintetico e forse neppure ci ricorderemo più di come si fa ad essere umani, a fare una pur misera telefonata ormai superata da un vocale WhatsApp, a fare una passeggiata, una lite normale e non un batti e ribatti e su un social. 

I segnali del nulla ormai sono qui a farci compagnia nel cercare un momento consolatorio. 

Non ci sono più non ci sono più i simboli di riferimento, non ci sono più vergogna pudore rispetto attesa, non ci sono più fiducia sorriso e riconoscenza.

Nel duemila e ventidue che se ne va se ne va tutto quello che si era creduto facesse parte dell'umanità. 

Il 2023 è l'anno del Coniglio d'Acqua.

Secondo il calendario cinese, ad ogni anno corrisponde un animale dello zodiaco cinese, seguendo un ciclo di 12 anni.

sarà un coniglio artificiale

Ippolita Luzzo 

giovedì 1 dicembre 2022

Filippo Polenchi La Casa in fiamme


 Edizioni Industria &Letteratura per la collana L'Invisibile pubblica dopo Giordano Meacci "Cittadino Cane", e Nicola Feninno "Una storia vera", Filippo Polenchi "La casa in fiamme". 

La casa editrice era nata nel 2015 dall’idea di un gruppo di amici, che vollero concretizzare un progetto di ricerca storica sui partigiani (La memoria che resiste – Vol. 1 e La memoria che resiste – Vol. 2), e dopo poche altre pubblicazioni, ha sospeso le attività fino al 2020. Nell'estate del 2020 è ripartita con la collana Pianeti erranti, cui è seguita l’avventura di Poetica, vera collana-anima della casa editrice, che, con il primo titolo "Quanti" di Flavio Santi ha vinto il Premio Viareggio-Rèpaci.

Oggi la casa editrice è diretta da Gabriel Del Sarto. 

"L’invisibile è una collana di narrativa, diretta da Martino Baldi, che vuol mostrare le infinite possibilità del racconto lungo, una misura poco frequentata dall’editoria attuale, e invece tanto gravida di possibilità come strumento di rappresentazione, approfondita e sensibile, anzi ultrasensibile, della realtà."

La forma del libro è da tenere in tasca, come un amico, come un'agenda da consultare, un piccolo block notes per gli appunti. 

Il contenuto è un racconto lungo, invisibile nel suo significato più profondo, la realtà che sta e che ci brucia 

Sembra di stare sempre sospesi fra quel nulla e quel niente che ci appartiene, mentre seguiamo il protagonista alla ricerca di una stanza in affitto, non avendo un posto dove abitare, ha perso la sua casa nel fuoco dell'incendio.

Siamo ospiti anche noi ora in questa casa abitata da alcune ragazze, ne impariamo i nomi: Velma, Felicia, Elena, Stella, un ragazzo coreano che non dice una parola e un quarantenne. 

Ci sarà quel giorno un evento millenario, un allineamento di luna, terra e sole  e sarà il giorno più buio degli ultimi quattrocento anni. Incontriamo Clarissa dai capelli medusei e sappiamo che la casa, l'appartamento ha un vicino pazzo. 

Sono pezzi di umanità senza passato senza presente, sono pezzi di umanità senza ricordi, e l'unico che ha un frammento, alcuni frammenti, è il protagonista. Lui ha conservato dall'incendio in cui ha perso casa alcuni frammenti e fra questi una fotografia che porta con lui per tutto questo tempo. 

"Vedere questa immagine, questa fotografia, ammesso che si tratti di una fotografia, è il tipo di esperienza che immagino debba avere uno che sta per diventare cieco." 

Il racconto ipnotico e coinvolgente di Filippo Polenchi ci riconcilia con la lettura, con la musicalità della colonna sonora indicata: Massimo Volume , Stanze, del 1993. 

Suonano le stanze abitate da solitudini inquiete, suonano le stanze abitate ma in realtà disabitate da un vivere senza un rituale da rispettare, suonano i gesti e le frasi, suonano senza pietà, senza un altro che raccolga e conserva quel suono, quella fotografia, e ci ridia il senso del vedere e del sentire. 

Un racconto amatissimo nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 


martedì 15 novembre 2022

C'era una volta il Regno della Litweb. Due Fiabe per l'Uniter

Il racconto con due fiabe sui dieci anni del Regno della Litweb, un regno fantastico e magico: Il regno della fantasia
Le fiabe sono costruzioni fantastiche e magiche, senza un luogo di riferimento, senza uno spazio ben delimitato, senza un tempo, il tempo è il c'era una volta, lo spazio è un castello, una torre, i personaggi hanno poteri magici perché  nella fiaba troviamo proprio la presenza dell'elemento fantastico e magico.

Fra i creatori di fiabe più celebri troviamo il danese Hans Christian Andersen, l'italiano Carlo Collodi autore di Pinocchio, ricordiamo la fiaba di Peter Pan, quella di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e le fiabe di  Gianni Rodari 


Fra gli autori più famosi di fiabe ci fu in Italia Giambattista Basile che, nel XVII secolo, scrisse il Pentamerone o Lo cunto de li cunti, in cui rielaborò in lingua napoletana cinquanta fiabe popolari, o in Francia Charles Perrault che scrisse, sempre nel XVII secolo, I racconti di Mamma Oca ispirandosi a motivi popolari. Un posto a parte nel nostro cuore occupa Letterio Di Francia con Re Pepe e il vento magico, raccolta di fiabe e novelle calabresi. Re Pipuzzu fattu a manu impastato di fantasia  

Tutto questo per dire che stiamo sul terreno fiabesco con l'invenzione di un regno che non esiste, non ha un terreno, non ha confini e non ha neppure istituzioni e tesserino. Un regno costruito come un'astrazione mentale sulla falsariga delle fiabe di cui vi ho detto. 

Il 20 maggio 2018 scrivo spiegando cosa fosse il regno della Litweb con una fiaba 


DOMENICA 20 MAGGIO 2018

Il marchese di Carabas c'est moi


Scherzosamente mi diverto ad affermare di essere come il personaggio della nota fiaba popolare "Il gatto con gli stivali". 

In quella fiaba raccontata nella seconda metà del ‘500 quando Giovanni Francesco Straparola la incluse nella raccolta intitolata Piacevoli notti, con il titolo di "Costantino Fortunato", da Basile e  Perrault, si narra: "Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.

Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.

Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."

Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone: "Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.

Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.


Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni del regno della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e il marchese. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.

Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.

Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller. 

Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.


Con un altra fiaba invece vi racconto la strada che gli abitanti del Regno della Litweb hanno scelto, la strada del fanciullo che grida Il re è nudo nella celebre favola di Andersen i vestiti nuovi dell'imperatore.  La strada di coloro che non si uniformano all'applauso generale

La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Un giorno due imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni, oppure a chi ricopre un incarico non avendone le competenze 


I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati incompetenti, riferiscono all'imperatore la magnificenza del tessuto e danno incarico di preparare un abito. Quando l'abito viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; attribuendo la non visione del tessuto a una sua indegnità che egli certo conosce, e come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.

Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché nemmeno essi e sentendosi segretamente colpevoli di inconfessate indegnità. Questa specie di incantesimo finisce al che un bambino, sgranando gli occhi, grida con innocenza "Ma il re non ha niente addosso!" (o, secondo una variante, "Il re è nudo!"). Ciononostante, il sovrano continua imperterrito a sfilare come se nulla fosse successo.

Solo una fiaba? Io non credo. Impariamo a riconoscere i segni.


Cultura vuol dire vedere il valore di uno scritto, di un pensiero, di un abito e saper districarsi dall'omologante applauso indistinto. Cultura non è un tesserino, una iscrizione ad un ordine per poter scrivere o intervistare, cultura è il grido di quel bambino, non infinocchiato dai pubblicitari di allora.


Troveremo il bambino che gridi per noi? Per noi che asseriamo di esser cultura? Forse una pernacchia ci starebbe bene. Impariamo a far le pernacchie… 


Nelle fiabe poi restiamo e sempre nel Regno della Litweb le racconteremo o ci racconteranno con un semplice pezzo per dire Dove ritorniamo, raccontando una vita come se fosse la vita di tutti con due pennellate 


Dove ritorniamo        

6 luglio 2011

Nella circolarità della nostra vita ritorniamo sempre all'infanzia, all'adolescenza, tutto quel che succede dopo è un giro di giostra, una schermata e poi l’infanzia ci insegue e ci riporta indietro. 

A lei ritorniamo più o meno consapevoli, più o meno felici, più o meno soddisfatti. 

Le rondini di maggio, i loro voli, circolari, rasenti il mio balcone e di fronte la Chiesa barocca, il suo bellissimo giardino che nessuno ricorda più.

La nonna che fumava qualche sigaretta, di nascosto, come una ladra, dietro una finestra, lo zio lento, maldestro, che sicuramente avrebbe rotto qualche tazza, avrebbe versato il latte per le scale. 

La mia mamma che lavorava, con i capelli corti, un foulard in testa, scendeva in una botola, prendeva la carbonella, preparava un braciere per una serie di maschi ai quali era d’uopo riscaldarsi. 

Le donne di casa preparavano grandi ceste con cenere fumante e le lenzuola bianche sotto la cenere profumavano, di buono, di famiglia.

Ugo mi accompagnava a scuola, Palma veniva dalla nostra campagna, dormiva da noi il sabato, poi  ritornava alle sue galline, ai suoi cani, ai gatti.

La cucina in muratura, il forno a legna per fare il pane, i taralli per Pasqua, con l’anice nero, ed il baccalà con le patate del venerdì.


Come se fossi ancora in quella casa dove peraltro non vivo più da tanti anni.

Ma non sono vissuta  da nessuna altra parte, non ho ricordi delle altre case dove ho abitato, non ho ricordi di questa dove abito da più di quindici anni. Tutti noi non andiamo da nessuna parte, ma è bello andare. 

l tempo è circolare, nulla si perde e tutto è per sempre, ma la selezione annulla il superfluo, il banale, il quotidiano, annulla lo squallore di una vita falsa e ci ridà le immagini essenziali a dirci chi siamo.

Nella favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude nel grande gioco letterario del Regno della Litweb

Ippolita Luzzo  

sabato 12 novembre 2022

Nota Stonata Carlo Greco e Giuseppe Pambieri



Una piccola orchestra il suono di Mozart e la ignobile guerra

 «Nota stonata», pièce di Didier Caron di gran successo a Parigi, proposta in prima nazionale il 22 agosto al festival di Borgio Verezzi nel 2021 e premiato come migliore spettacolo, ora ritorna in prima nazionale a Catanzaro, Lamezia e Caulonia per AMA Calabria, associazione che dal 1978 promuove stagioni musicali e stagioni di prosa 

Stasera a Lamezia, al Teatro Grandinetti, per me è l'occasione di incontrare Carlo Greco, già conosciuto sul set delLa Terra Senza, il film di Moni Ovadia con sceneggiatura di Anna Vinci. 

Ci rivediamo e al chiuso del camerino, come al chiuso del camerino sarà poi lo spettacolo io rivolgo a Carlo alcune domande.


Carlo, come hai incontrato il testo e deciso di tradurlo? 

Ero a Parigi in vacanza e sono stato attratto da un grande cartellone con due visi di uomini più o meno della mia età. Incuriosito decido di andare a vedere lo spettacolo. Cerco i biglietti, spiego che sono un attore italiano e che voglio vedere assolutamente lo spettacolo. Non vi sono posti, ma dietro mia insistenza mi danno due posti in alto nei palchetti e mi lascio irretire da uno spettacolo intrigante. 

Chiedo subito il testo. Per fortuna l’autore del testo è anche il direttore artistico del teatro. Lui dopo aver cercato mie notizie su Google decide di darmi fiducia. Mi darà il testo e io lo traduco dal francese in italiano e poi vado alla SIAE per iscrivermi e per iscrivere il testo e decido che farò lo spettacolo. Il mio primo spettacolo con testo da me tradotto, il mio primo spettacolo come organizzatore, chiedo a Moni Ovadia la regia e scelgo Giuseppe Pambieri, lui mi sembra e lo è perfetto e fra un lockdown e un altro andiamo in scena. Da subito vinciamo un premio


Carlo mi chiede se voglio parlare con Giuseppe Pambieri e mi accompagna da lui e qui avviene il mio surreale dialogo con lui. Certo Carlo presentandomi gli ha detto che ho scritto cose molto belle sul film La terra senza, film di esordio alla regia di Moni Ovadia, con sceneggiatura di Anna Vinci, gli ha detto che sono una sua amica. Ed eccomi con Giuseppe che giustamente mi chiede se sono io la giornalista e io rispondo di no. Anzi aggiungo che non so chi io sia se non vagamente somigliante ad uno dei personaggi dello spettacolo di questa sera. Lui sorride mi risponde gentilissimo e io guardo la pistola sul tavolo e lui mi rassicura sull'uso in scena dell'arma  raccontandomi come abbia subito accettato la proposta di Carlo e come abbia trovato il testo perfetto e come ogni parola abbia un suo significato in una architettura perfetta del dialogo.

Di architettura parlerà Carlo ma Giuseppe uguale aveva detto nel senso che lo spettacolo iniziato in modo leggero e anche divertente si svolge poi aumentando la tensione fino alla svolgimento finale dove ogni parola trova il suo significato, la spiegazione.


Resto a teatro, arriva la stampa, arriva la televisione, ed io ascolto le risposte alle domande e faccio le foto alla stampa che raccoglie dei due attori il momento in cui sono pronti, sono concentrati e stanno per lasciare i loro nomi per diventare sulla scena altro, ma scelgo fra le tante foto questa nei saluti, questo momento di complicità e di scioglimento della tensione fra gli applausi del pubblico. 

Nel risentirmi addosso la serata e nel rivedere la tematica che si svolge in un camerino mi chiedo come possano succedere nella storia degli uomini tante nefandezze e come ognuno poi rimuova gesti orribili per poter sopravvivere 

 "L’azione si svolge presso la Filarmonica di Ginevra, nel camerino del direttore d’orchestra di fama internazionale Hans Peter Miller. Alla fine di uno dei suoi concerti, nel camerino di Miller, si presenta uno spettatore, Léon Dinkel, dicendo di essere un grande ammiratore del maestro, venuto dal Belgio per applaudirlo. Più il colloquio, fra i due si prolunga più il comportamento di questo visitatore diventa strano e oppressivo. Chi é dunque questo inquietante Signor Dinkel?  Cosa vuole dal direttore Miller?”

I destini individuali si incrociano e si incontrano con i destini di tanti altri, e il destino di un singolo è la somma del suo accidentato passare insieme a tanti altri nella storia universale e i due uomini che apparentemente nulla hanno in comune sono entrambi vittime e carnefici di un orrore chiamato nazismo, chiamato olocausto, chiamato Shoah, chiamato dopo in qualche modo per non dimenticare l'orrore che viene perpetrato sia verso le vittime che verso i carnefici costretti a diventare carnefici per paura, per obbedienza, per debolezza. 

Il senso del testo ci lascia nella triste e sconsolata consapevolezza dei conti da fare con il passato, della impossibilità di una redenzione dei difetti umani, e nell'urlo disperato del direttore Miller siamo tutti impietriti davanti alla possibilità di vivere tempi altrettanto pericolosi. 

Non a caso lo spettacolo teatrale è stato proposto da  Rai Cultura  in prima Tv il 30 gennaio  su Rai5 nei giorni in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto e ricorre il Giorno della memoria.   

Ippolita Luzzo 


venerdì 11 novembre 2022

Alessia Principe incontra il Regno della Litweb ed è subito amore

 Nel regno di Ippolita Luzzo, dieci anni fa creò il blog “Litweb”: il suo canto (letterario) libero

VIDEO | La appassionata critica, originaria di Lamezia, ha presentato a Cosenza il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole) che ripercorre i primi passi di un blog diventato di culto https://www.lacnews24.it/cultura/nel-regno-di-ippolita-luzzo-dieci-anni-fa-creo-il-blog-litweb-il-suo-canto-letterario-libero_162405/?fbclid=IwAR3c1lPYwW1kiGY6TGTmZFmvM4SPXSL15nGtnEc0oqtyX0ThXvdbc6vtdRg

Svelta, leggerissima nel passo anche sui terreni sdrucciolevoli dei temi considerati “intoccabili”. Chiedete a Ippolita Luzzo, critica letteraria senza polvere sulle spalle, cos’è la letteratura calabrese, vi restituirà un sorriso. «Non c’è, così come la letteratura femminile, non esiste». Eretica al punto giusto, indomita Joan de Wad, sovrana degli spiritelli dei boschi antichi nel Devon, ti travolge in un temporale estivo di calura e tempesta, scaldandoti al fuoco fatuo di un notturno in brughiera. Coltissima e affilata, non le manda a dire, non si incatena negli stereotipi, il suo è il canto libero di una sirena senza malizia. «La letteratura non può avere recinti di genere o geografici, è letteratura, punto. Esiste solo la scrittura e narratori che hanno la capacità di farsi strada ovunque grazie alle proprie idee».


A Cosenza Ippolita ha presentato il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole, pagg 96, euro 12) insieme alla giornalista Rosalba Baldino e al libraio Pino Sassano (Mondadori Cosenza), che ripercorre, titolo per titolo, il primo anno del “Regno della Litweb”, una contea virtuale che affaccia su promontori d’arte. Pittura, poesia, narrativa, impressionismi affettivi, disegnano lo skyline di uno spazio abitato da persone reali e non da fantasmi di avatar che passano e vanno via.

Il peso specifico delle parole

“Esiste l’amore, ne sono certa, esiste e continua a creare, a conoscere, a comunicare che la vita è amore, che mangiare un gelato allo yogurt bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate”, scrive sul blog. A Cosenza parla del suo amore per il giornalismo d’antan, quello delle lotte e dell’Europeo, degli editoriali che facevano opinione e tremare i polsi. In quei tempi la recensione era attesa e temuta, a scrivere di cultura era Claudia "Acidy" Cassidy, Oltreoceano, o la cianurica penna di Elsa Maxwell. In Italia, invece, Camilla Cederna allentava le trame del potere alzando un sopracciglio. Sembrano trascorsi duecento anni. Allora non c’era il chiasso multiforme delle espressioni sconnesse e ultrapop che i social riempiono con sacchi di "like", ma le parole erano mattoni e contavano perché avevano un’anima in ferro e non in bit.


C'era una volta la Nutella

Tutto è cominciato con un pezzo sulla Nutella, datato 2012. Le confessioni di uno scrittore che cercava conforto. Da lì una cavalcata infinita. Ippolita Luzzo nel 2013 vince il premio Parole Erranti il 5 agosto 2013 a Cropani, nell’ambito dei Poeti a duello, nel 2016 il concorso “Blog e Circoli letterari” indetto da Radio Libri a Roma. Dal 2017 fa parte della giuria del Premio Brancati e nel 2018 si aggiudica il Premio Comisso #15righe, dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti. Il suo blog viene nominato dal sito Correzione di Bozze fra le riviste letterarie più autorevoli. La Classifica di Qualità della rivista L’Indiscreto ha anche la sua impronta come giurata. Ippolita è ricercatissima nella sfera della narrativa, nel 2021 è presidente di giuria del concorso Sperimentare il Sud e nel 2022 è in giuria nel Premio Malerba. I giovani autori vedono in lei un porto in cui respirare, rifornirsi di idee e spunti, prima di riprendere il mare in perfetta solitudine, così come deve essere.


giovedì 10 novembre 2022

Dario Pontuale Certi ricordi non tornano Carta Canta Editore 2018


I libri non hanno una data di lettura e a volte scelgono loro stessi di essere letti, come nel caso del libro di Dario Pontuale che da qualche giorno decide di uscire dalla libreria del soggiorno e offrirsi in tutta la sua storia ora a me vicina. Lo leggo con una diversa partecipazione in questi giorni, stamattina ne parlo con una amica, passeggiando al Parco Impastato, con un'amica che sta vivendo la scomparsa della memoria di sua madre, il suo non essere più riconosciuta, il suo non poter capirla più, scomparsa la madre nelle nebbie di una malattia su cui ancora non vi sono soluzioni. 

Alfiero, uno dei protagonisti della storia viene colpito dall'Alzheimer e perderà i ricordi, però i ricordi sono qui sul foglio, sul libro, e noi sfogliando possiamo ritornare all'incontro fra Alfiero un bibliotecario volontario, non di professione, e Michele, l'adolescente sorpreso a dipingere una A di anarchia su un muro del civico 49, il palazzo dove entrambi abitano e situato in un quartiere periferico della città, un quartiere nato intorno ad una fabbrica di liquori ormai dismessa La Fortezza. 

La Fortezza è diventata altro nel tempo, un luogo di incontro e di eventi, un luogo di aggregazione, ma la società proprietaria dell'impianto vorrebbe di nuovo riprenderla.

Un libro non è solo trama però, un libro parla se dice tanto altro e a noi dice di un rapporto di crescita e affettuoso fra Alfiero e Michele, il figlio che Alfiero non ha avuto ma che ha scelto. Lui e Luciana non avevano potuto avere figli per un incidente occorso alla moglie, ma Michele è il figlio voluto e incontrato, il testimone di tante letture, di tanti momenti, è colui che deve conservare il segreto di una confessione. 

Bello il rapporto di coppia fra Alfiero e Luciana, bello il rapporto amicale filiale fra Alfiero e Michele, fra Michele e Luciana, più di quello di Michele con i suoi familiari, perché sono più belle le famiglie scelte di quelle che a cui si appartiene per nascita, bello trovarsi e ritrovarsi sulle letture insieme, su L'isola del tesoro, su Delitto e castigo. Bello ritrovare nel baule di Alfiero tutti i volumi sull'anarchia, sugli anarchici e in fondo il libro è su di loro, sugli anarchici. 

Comincia con un A di Anarchia dipinta su un muro del civico 49 e continua con la storia di anarchia del padre di Alfiero, fino al ritrovamento di Bakunin, Kropotkin, Proudhon, nel baule di Alfiero, l'uomo con gli occhiali di Pertini. Non solo gli occhiali, dire io. e nel baule una firma Jules Bonnot, una frase sulla morte come destino degli anarchici ma se uno sopravvive spiegherà al mondo le ragioni dell'anarchia. E poi il libro di SunTzu L'arte della guerra, un libro di sapienza e di saggezza, un libro sul conflitto, sul conflitto dentro di noi e intorno a noi. 

Dario Pontuale ama i libri e ce li fa amare rendendoli vivi nelle storie che racconta, facendoli di nuovo protagonisti di storie a loro volta e io amo i libri che parlano di altri libri raccontando le storie degli uomini, delle donne, alle prese con il flusso incessante del tempo che tutto involve meno i libri, i libri restano senza essere trasformati dal fluire del tempo, sono ricordi e sono letture, sono il presente. 

Tutto questo mi fa pensare la lettura del bel libro di Dario Pontuale che raccomando a chi legge nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo    


mercoledì 9 novembre 2022

Raffaele Mangano La riga sulla emme


"La vita è un imbroglio misterioso e inspiegabile. A volte persino affascinante. Ma resta comunque un imbroglio" 

Il singolare testamento di un uomo che leggeva di tutto: L'ultimo libro aveva per titolo Oracolo manuale, ovvero l'arte della prudenza, o in tempi andati La congiura di Catilina, in latino, e su queste pagine aveva segnato una frase sull'amicizia " amicizia, una delle parole più abusate e pronunciate a vanvera" eppure l'amicizia di Leone Mariani e Raffaele Mangano durò oltre il rapporto lavorativo e professionale e diventò confidenziale a tal punto da essere designato Raffaele come esecutore delle ultime volontà dell'amico.

 Leone crede nel daimon, nel destino, come i greci, e ognuno di noi ha un daimon " Soprattutto bisogna tener conto del daimon" dice all'amico nel raccontare la sua vita insieme al primo libro letto, L'isola del tesoro, insieme al libro che lo ha "marchiato" Delitto e castigo di Dostoevskij insieme alle disposizioni su come trovare o sistemare le penne stilografiche, la Collezione Mariani di cui farà dono a Raffaele. 

Abbiamo seguito la genesi di questo libro di Raffaele Mangano. Eravamo con lui mentre misteriosi foglietti cadevano dalla sua libreria con su scritto qualcosa che aveva a che fare con Leone Mariani, l’amico di Raffaele scomparso nel 2003 a Milano. 

Abbiamo imparato a conoscere Leone che ritroviamo nelle prime pagine del libro ormai sofferente e in fin di vita però sempre capace di grande arguzia e intelligenza.

 Gli vogliamo subito bene mentre lui fa stranissime richieste al suo amico, su come debbano essere disperse le sue ceneri e su come debbano essere distrutti alcuni suoi documenti e fotografie conservati in una misteriosa cassetta.

 Leone Mariani nato a Bruxelles nel 1920 ha attraversato il secolo con una totale indipendenza di pensiero e di legami, ha fatto poi parte di una casa editrice e veniva considerato un maestro, sempre consultato, anche se il suo vero ruolo non fu mai definito.

 Vi innamorerete di questo uomo così come vuole Raffaele che noi tutti facciamo davanti a personalità libere e generose

con i versi di Leone rimaniamo 

Ho fatto quattro chiacchiere col vento

Ha parlato sempre lui, 

Scompigliandomi i capelli 

e continuiamo a leggere Raffaele raccontare del suo amico confidarsi mentre insieme sono a tavola nel piacere dell'amicizia. 

Ed anche noi nel Regno della Litweb con Raffaele capiamo il sentimento di amicizia che vive sulle pagine del libro e "si innalza altissimo e va" 

Ippolita Luzzo 

sabato 5 novembre 2022

La Musica dell'anima Ritratto di Eleonora Duse


La stagione musicale di AMA Calabria consta di 21 appuntamenti e Lamezia Terme è tappa d'obbligo in un programma variegato di offerte: orchestre da camera, gruppi vocali, recital solistici e due spettacoli multidisciplinari: La musica miracolosa Storia del pianista del Ghetto di Varsavia e ieri sera 
 presso il foyer del Teatro Grandinetti lo spettacolo  La musica dell’anima ritratto di Eleonora Duse tra le note della sua epoca  testo di Maria Letizia Compatangelo. con la partecipazione di Pamela Villoresi accompagnata dal pianista Marco Scolastra. 


Come si racconta una vita in musica, accompagnata dalle musiche, vissuta attraverso le note e resa poi palpitante dalla recitazione interiore e generosa di Pamela Villoresi, che ci ha donato Eleonora Duse compagna e amica, donna indipendente e innamorata, donna di scelte in anticipo con i temi.

 Morta nel 1924 Eleonora Duse aveva intuito la trasformazione epocale del suo tempo, la nuove voce del teatro, non più urlato, aveva portato sulle scene personaggi più vicini alla realtà, personaggi innamorati e indifesi dallo stesso sentimento che li agitava, personaggi stritolati dal destino, dalla società, dal pregiudizio. 

Le musiche di Gioacchino Rossini, di Costantino De Crescenzo, di Prokofiev Capuleti e Montecchi raccontano l'infanzia e prima adolescenza di Eleonora, che dovrà sostituire la madre, ammalata di tisi,  sul palcoscenico del teatro dove la piccola compagnia teatrale dei suoi genitori si esibivano. 

Chopin, E.A. Mario, pseudonimo di Gaeta, Cottrau, Satie, man mano che si cresce, ed Eleonara incontra Matilde Serao, sua amica moltissimi anni, altra donna simbolo di donne indipendenti. A Napoli Eleonora incontra e si innamora di Martino Cafiero, resterà incinta e porterà a termine la gravidanza recitando. Dovrà però lasciare il bimbo ad una balia e il bimbo morirà subito dopo senza che lei possa rivederlo. Matilde Serao sarò accanto a lei sostenendola ed è bella questa amicizia di due donne che nel Primo Novecento erano alla guida di giornali, Matilde, e di teatri, Eleonora.  

Wagner e Liszt, Beethoven, Joplin per il trionfo, i grandi teatri, l'incontro con Sarah Bernhardt, grande attrice francese, insieme ad Eleonora le più talentuose attrici di quel tempo.

e poi gli amori Arrigo Boito, D'Annunzio 

e ancora Wagner e Liszt, Grieg, Gershwin e Cage, nel finale al freddo e al gelo davanti al teatro di Pittsburgh. Morirà invitando tutti ad amare la vita, il teatro, la musica, morirà dopo essere stata per la prima volta applaudita dalla figlia sul palcoscenico. 

Per un motivo per me incomprensibile Eleonora Duse darà alla figlia ogni possibilità economica di studiare e di fare una vita brillante ma le impedirà di assistere alle sue rappresentazioni teatrali. La prima volta che la figlia riesce ad aggirare il veto e ad applaudirla abbracciandola sarò l'ultima volta nel gioco beffardo degli avvenimenti umani. 

Finisce poi in camerino con Pamela Villoresi mentre lei con una giornalista rilascia una intervista e noi entriamo per sentire da lei quanto di Eleonora sia stata in lei, le situazioni che erano simili e ricorda sorridendo il grande freddo, il freddo che anche lei aveva provato da ragazza, attrice giovanissima, in un teatro a Catanzaro che aveva un tetto semimovente, quella sera era rotto quindi e per tetto un cielo di stelle!

 Ippolita Luzzo 

L'evento è promosso da AMA Calabria e si realizza con il sostegno del Ministero della Cultura Direzione Generale Spettacolo e della Regione Calabria nell’ambito del progetto Calabria Straordinaria.


venerdì 28 ottobre 2022

Verso il Mar Ionio George Gissing tradotto da Mauro F. Minervino


Oggi nelle librerie il libro di George Gissing, pubblicato a puntate nel 1900 su una rivista inglese molto importante "The Fortnightly Review" e poi in volume nel 1901 e ora con la curatela e la traduzione di Mauro F. Minervino e un testo inedito di Virginia Woolf sui Romanzi di George Gissing abbiamo il piacere di rileggerlo nel 2022 pubblicato da Exòrma Edizioni. Il libro è arricchito con disegni e schizzi originali di Gissing e tiene conto di appunti e note del diario  e dalle lettere ai suoi familiari spedite dai luoghi della Calabria. Scrivo questo perché in passato si è già pubblicato Gissing nel suo viaggio ma non con questa ricchezza di particolari, con un approccio di grande studio e ricerche e con tanta cura. Un vero gioiello come del resto ci ha abituato la 
 Exòrma Edizioni, i cui libri profumano di una pregiata carta e ci inebriano già nello sfogliare. 

Mi sento molto vicina a Gissing per le sue annotazioni sull'incomunicabilità fra le mura domestiche, nella "quotidiana e meschina cronaca famigliare" dalla quale lui cercherà di evadere, suppongo, viaggiando e scrivendo. Le lettere all'amico Bertz, "Trollope?" ed io sobbalzo nella assonanza avendo Trollipp come link nel blog. Molti i libri di Gissing e nella lettera al suo amico Edward Clodd  é anche lui alla prese con un contratto decente e una buona casa editrice, anche lui esprime dubbi sul suo agente letterario! Disprezzo e indifferenza dei contemporanei e ammirazione e rispetto poi per oltre un secolo e ancora nel futuro. Come nei romanzi così in questo diario del suo viaggio da Napoli a Paola, a Cosenza  a Catanzaro, e infine a Reggio Calabria dove fa una visita al Museo ed ovviamente è l'unico visitatore, scopre così che il governo italiano non ha ancora preso il museo sotto la sua responsabilità e incontra il direttore del museo, un uomo entusiasta, dedito alla cura dei reperti, dove aveva speso sedici anni della sua vita e a nessuno interessava. Prima di partire gli fu aperto il libro dei visitatori per apporre una firma. La maggior parte della ventina di firme erano tedeschi e sulla prima pagina trova il nome di Francois Lenormant, Membre de l'Istitut di France nel 1882. Voglio riportare questo episodio per evidenziare con Gissing e con Lenormant di cui ho scritto tanto, tutto lo sciupio, il disinteresse, l'indifferenza, la miseria spirituale di luoghi ricchissimi di storia. 

Amandoli come li hanno amati loro questi luoghi potranno ancora vivere di vita letteraria se non di vita pubblica e di realtà difficile. 

Verso Il Mar Ionio qui con le parole di Mauro F. Minervino:

"Esce il 28, e lo troverete in tutte le librerie. E' un libro a cui tengo moltissimo, più che l'avessi scritto io. 

Io e il suo autore ci conosciamo si può dire da sempre. La letteratura e i buoni libri fanno miracoli e possono invertire la freccia del tempo, e renderci contemporanei. Il genio di Gissing, insieme ai suoi  ventisette romanzi e ai suoi più di cento racconti mi fa compagnia, da quando ancora studente gli dedicai la mia tesi di dottorato in etno-antropologia. 

Questo libro mi è costato molto lavoro, molto tempo, molti viaggi e il rischio di molti "altrove", per inseguirne il suo fantasma situato tra due mondi, il Nord e il Sud, i due poli eterni di ogni fuga, di ogni ritorno, ammaliato dalle stesse sirene che portarono così lontano il vittoriano solitario dalle brume di Londra, lontano, su questi stessi luoghi più di cento anni fa, felicemente perso in cerca della luce meridiana, la vita desiderata, "an other new life". 

E adesso, finirlo e vederlo stampato, dopo anni di lavoro e di vita, molto duri e molto difficili per me, significa (ben oltre gli scopi culturali evidenti nella proposta di un libro così), ritornare a tentare di dare ordine e senso anche ad un grumo di cose così personali da essere diventate col tempo inesprimibili. 

Cos'altro dire di George Gissing, così antimoderno, così innamorato della vita, così scandalosamente "unclassed"? che dire di un inglese che nel 1897 voleva farsi calabrese? Leggetelo, non ve ne pentirete."

Verso il Mar Ionio nel Regno della Litweb orgogliosa di poter ospitare meraviglie

Ippolita Luzzo 

 

venerdì 21 ottobre 2022

Una Partita a scacchi


 Una partita a scacchi 14 ottobre2011 

Ricordo che guardavo affascinata i pezzi sullo scacchiere, il cavallo, il re, la donna, la torre, l’alfiere.

Ricordo la sfida fra un russo Spassky ed un americano Fischer, ma dove?

Bobby Fischer incontra Boris Spassky, allora campione del mondo e vince, è quasi sicuro di vincere il torneo, ma commette un errore incredibile, perde una partita già vinta.

Comincia, allora, a fare richieste sempre più esigenti, si ritira dando la vittoria a tavolino all’avversario.

Fu montata una campagna giornalistica contro, tutti i giornali scrivevano sulle sue stranezze, lo stesso Kissinger chiese a lui di giocare la terza partita. Come una sfida metaforica tra due stati.

Fischer vinse e continuò a vincere per tutta la seconda parte del torneo. Era la prima volta che un americano, veramente un ebreo-polacco, vinceva un campionato mondiale di scacchi.

Stamani, con la pioggia, con il vento, mi sono svegliata così, con lo scacchiere davanti, con le mosse da studiare, con questa triste storia di un uomo geniale, morto a 64 anni ed ormai impazzito con le sue ossessioni.

Bobby Fischer era un genio ma non tranquillo, non risolto, una intelligenza fredda, disturbata da una emotività repressa, una intelligenza monocorde, univoca.

Tutto il mondo lo seguì, in quel lontano 1972, tutti abbiamo detto ooohhh , ma lui che tanto ci aveva sorpreso, infelice e scontento passò il resto dei suoi giorni a pensare  a quale grande cospirazione il mondo avesse imbastito contro di lui, ad una cospirazione giudaica, lui che, probabilmente era figlio di un altro genio della matematica ebreo e da una madre polacca intelligente e capace che studiò,  si laureò, malgrado i tempi e le angherie subite.

E’ morto infelice a soli 64 anni, è morto da solo, senza affetti, perché lui disprezzava la donna, essere inferiore, non invento, disprezzava il calore di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio.

Gli scacchi sono una metafora alta, come tutti i giochi, io giocavo per ore a dama, però, col nonno, con gli zii, giocavo e giocavo a carte, imparai il tressette col morto, vincevo e gli uomini di casa   borbottavano –vinci perché non sai giocare- perché giochi senza pensare-

Giocavo per ore negli anni lunghi, lunghissimi del grande sonno, del mondo feudale che avevo intorno, il mondo non c’era a casa mia, non c’era neppure il telefono, che come nel libro – La concessione del telefono – fu messo tardi, fu allacciato da me con un inganno, con una burla, con una bugia.

Le mosse però che io ho imparato mi vengono sole, s’incastrano facili, mi vengono e vanno, ed ora, -lo vedi? -  ne parlo con te, pensando che tu, mi guidi anche tu.

 Una donna da sola che cosa può fare? Se vince, sicuro, un uomo ci sarà.

Ippolita Luzzo



REYKJAVIK - Addio a Bobby Fischer, primo e unico statunitense a conquistare il titolo di campione di scacchi, entrato nella storia per la sua sfida con il russo Boris Spassky. Fischer, che aveva 64 anni, � deceduto in Islanda in seguito a una malattia non meglio precisata. La notizia della sua morte � stata data dalla radio islandese.

Da molti esperti di scacchi era considerato il pi� grande giocatore di tutti i tempi. Soprattutto dopo che nel 1972 aveva battuto Spassky strappandogli il titolo mondiale al termine di una sfida che calamit� l'attenzione dei media di tutto il mondo. Nato negli Stati Uniti, viveva in Islanda dopo la disavventura con le autorit� giapponesi che lo hanno tenuto per otto mesi in stato di fermo per aver utilizzato un passaporto americano non valido. Nel marzo del 2005 il parlamento islandese, l'Althing, aveva acconsentito a riconoscergli cittadinanza per "ragioni umanitarie", perch�, a suo giudizio, era stato sottoposto a trattamenti ingiusti da parte dei governi giapponese e statunitense.

La scelta dell'Islanda non � stata casuale: la storica partita con Spassky del 1972, giocata quando lo scacchista americano aveva 29 anni, si era svolta proprio a Reykjavik e si era caricata di significati simbolici in piena guerra fredda fra Washington e Mosca. In seguito Fischer si era per� rifiutato di difendere la corona contro il sovietico Anatoli Karpov (1975), incorrendo nella squalifica della Federazione internazionale degli scacchi. Da allora non aveva pi� giocato incontri ufficiali fino alla sfida-spettacolo in due fasi (la prima a Sveti Stefan, in Montenegro, la seconda a Belgrado) del settembre 1992 di nuovo contro Spassky (il quale intanto aveva preso la cittadinanza francese).

Le autorit� americane gli avevano proibito di andare in Jugoslavia, allora sotto embargo dell'Onu. Successivamente � stato incriminato per avere violato l'embargo: rischiava, se fosse tornato negli Usa, fino a dieci anni di carcere. Per questo si oppose alla estradizione negli Usa al momento del fermo in Giappone e chiese asilo politico in Islanda.

giovedì 20 ottobre 2022

Raffaele Donnarumma La vita nascosta


Professore di Letteratura Italiana contemporanea all’Università di Pisa Raffaele Donnarumma ha scritto il romanzo “La vita nascosta” con protagonista narrante un professore universitario di Letteratura Italiana,  sarà un caso? " Ho sempre guardato con sufficienza e sospetto a tanti miti e tante chiacchiere sull’ispirazione; invece, ho dovuto riconoscere che l’ispirazione esiste eccome." così ci dice l'autore nell'intervista data all'uscita del libro proprio in questi giorni a Il ramo e la foglia edizioni  e poi ancora " Nella scrittura saggistica, quella cui ero abituato, ho cercato sempre controllo, sobrietà, chiarezza. Qui invece mi sono abbandonato, mi sono consentito lussi di pensiero, di stile e di immaginazione verbale che altrimenti mi vieterei. Ho giocato a volte su una certa non dico oscurità, ma implicitezza o elusività. Mi è venuto del tutto spontaneo prestare molto orecchio alla musica – delle frasi, del ritmo con cui far susseguire le scene, della struttura generale, delle idee. Credo che sì, ad apertura di libro si riconoscano subito una voce e i suoi toni." 

Un divertissement mi è sembrato, un vero gioco di situazioni a volte inverosimili ma certamente godibili nella lettura e una riflessione seria e continua sui disastri della dipendenza amorosa. 

Il protagonista viene lasciato, viene tradito e ha tradito, incontra un altro e un altro ancora, ha un'amica, Anna, alla quale chiede consiglio.

 L'amica mi sembra un espediente letterario per avere quell'uscita fuori dal personaggio e non mi è sembrata nemmeno tanto reale quanto invece mi siano sembrati perfetti tutti i professori incontrati in Università, perfetti nel senso di una loro possibile esistenza reale. Ed ho riso molto, moltissimo, su questi ambienti claustrofobici eppure tanto frequentati, sulle palestre luoghi d'incontri come le aule di un dipartimento.

 Ed eccoci a scriverne per omaggiare una scrittura brillante, con ritmo battente, si inizia a leggere e non si smette o almeno si fa una pausa ma poi si diventa amici del personaggio e ci si ritrova a consigliarlo.

 "Ce l’hai presente D’Attilio? – Il teorico della letteratura, quello che sta a Bologna? Certo: ho anche recensito un suo libro. È uno gentile. – Gentilissimo. Ha il suo bravo profilo in tenuta leather, una specie di poliziotto o nazi, non ho capito bene. – Come nazi? mica è fascio, anzi. Sarà uno che gli somiglia: non può essere lui. – Ah sì?" e siamo precipitati in una commedia plautina, almeno un po', nello scoprire ciò che era nascosto. 

Per questo il titolo La vita nascosta, la vita nascosta anche a sé stessi, ciò che non vorremmo si sapesse di noi, di lui, di loro, ciò che alimenta il traffico delle palestre e dei siti internet, ciò che non so ma mi è stato raccontato ed è esistente, il brulichio come insetti in volo a cercare il fiore. Rido ancora se non fosse che è la distanza a farci ridere, ognuno di noi può essere una caricatura ed è ciò che fa magistralmente l'autore, ci regala delle caricature, ci regala la caricatura dei siti d'incontri, "come la letteratura inizia dove la vita finisce, in rete i più davano sfogo a pulsioni che non avrebbero saputo realizzare, erano nevrotici che affidavano alla tastiera le loro perversioni pur di tenerle a bada." e poi e poi l'amore e poi la noia, e poi la distanza la distanza fra noi e l'altro ed è ciò che il personaggio interpreta, la distanza fra lui e l'altro, la cancellazione dopo la sofferenza e poi "quando non prende nessun canale e nessuna parola si distingue. La distanza. Nelle storie d’amore, come nella vita morale, non esiste nessuna legge che valga per tutti, e basterebbe questo a far capire quanto sia contraria alla ragione la pretesa di imporre norme e divieti in quelle materie. Il cielo stellato sarà pure lo stesso, sopra le nostre teste; ma sprofondati dentro di noi, gli imperativi diventano dialetti, e neppure: gerghi idiosincratici che anche se li pronunciamo in pubblico non è detto si possano comunicare. Così, raccontare storie sentimentali produce l’illusione di ripetere sempre la stessa, insopportabile solfa; e invece, la superficie piatta della noia nasconde piccole schegge senza forma, disperse" e noi le troveremo queste schegge leggendo La Vita Nascosta di Raffaele Donnarumma

Ippolita Luzzo 


mercoledì 19 ottobre 2022

Quando saremo grandi Antonella Caputo


Pubblicato da Les Flâneurs Edizioni nel settembre del 2022 con copertina immaginante di Sara De Carlo, mi giunge in lettura e mi fermo sui colori dissolti sulle porte e sulle finestre tremolanti, sulla bicicletta che passa con una persona che va che va che va. Altre persone sono sedute su un muretto o su una panchina di una città, chissà quale sarà. E nel ritornare alle domande anche il libro ha tante domande, anche i personaggi si fanno tante domande, anche l'autrice fa come tutti noi domandandoci cosa sia successo. Un muretto, il lungomare del Salento, il muretto dove si sono incontrati da ragazzi i personaggi del libro poi diventati adulti

Laura ha una mamma che si spaventa per un ragno, che ha una psicosi con allucinazioni visive, Riccardo suona il violino, e intanto studia diritto amministrativo, anzi ha appena superato l'esame, Rebecca è quella senza pretese, la donna con cui Riccardo può uscire senza chiedere, la donna che a lui piace. Intanto Marina si laurea in medicina  e Matteo continua a corteggiare Laura 

intanto Elisa e Stefano si erano sposati quando Elisa era giovanissima e avevano una bimba. Stefano insegnava sociologia del lavoro. Elisa se ne era andata poi lasciando Gaia, la bimba, con il padre, a chiedersi perché

Intanto le cose della vita si complicano terribilmente e ritroviamo Stefano sul lungomare a cercare Gaia scomparsa. 

Vi lascio qui a leggere le avventure e disavventure a seguire i personaggi battersi e dibattersi fra le strettoie del vivere, della infelicità, del disturbo di relazioni, dalla crescita.

Antonella Caputo riesce a tenerci stretti sul racconto, e ci invita tutti nel Sud lei che ha scelto di vivere al sud, nel Salento. 

Ospite a settembre di Sudarìa Festival il festival dedicato alle connessioni culturali tra il Centro e il Sud del mondo a Senigallia  insieme ad Omar Di Monopoli, Livio Romano, solo per citare alcuni stimati scrittori. 

Nel ringraziare Antonella anch'io ringrazio chi come Davide Grittani fa da ponte, crea relazioni e conoscenze e ha permesso che Alessio Rega, l'editore pubblicasse il suo romanzo ora giunto qui nel regno inesistente della Litweb che ora continuerà a leggere da dove ho lasciato e dove vi rimando in lettura. 

Ippolita Luzzo  

  

martedì 18 ottobre 2022

Sacha Guitry Memorie di un baro Adelphi


 La leggerezza del megalomane è il titolo della postfazione di Edgardo Franzosini ed è veramente ciò che ci troviamo a pensare leggendo questo testo di Sacha Guitry pubblicato in Francia da Gallimard nel 1935 e ora esce per la prima volta tradotto in Italia da Davide Tortorella nella Piccola Biblioteca al numero785 Adelphi.

Un testo scintillante di umorismo e di trovate, un brioso racconto sul caso che regola le occasioni, la salvezza o la sventura. Il protagonista si salva per una punizione. 

Faceva parte di una famiglia numerosa, erano in dodici a tavola e quel giorno il padre lo punisce per aver sottratto dei soldi dalla cassa per comprarsi le biglie, lo punisce e non gli fa mangiare i funghi raccolti dallo zio sordomuto. Tutti mangeranno i funghi tranne il ragazzino che si salverà rimanendo orfano di genitori e parenti. 

Vivo perché ha rubato, ma noi tutti già siamo con lui e continueremo a tifare per lui anche quando il cugino, il notaio Morlot, liquidò il patrimonio, vendette la drogheria e si appropriò della somma rimanente tenendolo in stato di indigenza. Un giorno però in un ritaglio di giornale il ragazzo legge un annuncio di offerta di lavoro in un ristorante a Caen. Da Caen a Parigi in una girandola di incontri e Parigi la città più bella del mondo, e il cuore di Parigi è dove ognuno lo mette. 

Ci immergiamo con lui al di qua della Senna, Tra l'Arco di Trionfo e place de la République, diventiamo parigini, perché non è necessario nascere a Parigi per sentirsi parigino. 

Mi ricorda tanto Bel Ami quando arriva a Parigi e sono pagine scoppiettanti di arguzia e di sagacia perché "essere di Parigi è una fonte di sostentamento- tu vivrai di questo" 

e poi Monaco, Monte Carlo e la favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude, il gioco. 

Nel vissuto di un baro di professione ad un certo punto l'incontro fatale, l'incontro con un ufficiale  che lo ha salvato il 17 agosto 1914 e che ora ritorna per sparigliare le carte, per dare un altro senso alla sua vita.

Bellissimo leggere questo libro come un film, vi è il film  Il romanzo di un baro tratto da questo testo, bellissimi i disegni fatti dall'autore e bellissima la postfazione di Edgardo Franzosini sulla vita di Sacha Guitry autore di trentasei film, interprete e autore di centoventiquattro pièce teatrali, incredibile e sempre sulla scena fino all'ultimo. 

Leggiamolo tutti nel Regno della Litweb 

Ippolita Luzzo         

 

domenica 16 ottobre 2022

Le forme dell'oblio al Marca di Catanzaro con Passi sulla mia testa


"Passi sulla mia testa" a cura di Compagnia Teatro del Carro Pino Michienzi 16 ottobre 2022 ore 18.0

Nello spettacolo Passi sulla mia testa, la drammaturgia di Fabio Butera si basa su una poesia di Arturo Giovannitti – The Walker –, su tre frammenti poetici, in dialetto calabrese, di Michele Pane – Capitabussa, Forebandita, Azzarelleide – e su di un frammento di un articolo di Emilio Grandinetti. 


Stasera andiamo a vedere uno spettacolo teatrale al Marca e troviamo ben due mostre meravigliose, una negli spazi espositivi del piano inferiore e una al piano superiore dove si svolgerà il monologo dell'attore Francesco Galelli.  Scendiamo prima fra i colori delLe Forme dell'oblio di Roberto Giglio a cura di Giorgio de Finis al Museo MARCA - Catanzaro


35 opere pittoriche, alcune di grande formato, selezionate tra le più significative della produzione dell’artista, e oltre 90 disegni, nel catalogo bilingue con  testi critici di Rocco Guglielmo, Giorgio de Finis, Mimmo Gangemi e Giuseppe Sommario.


 e al piano superiore la superba  mostra di Roberto Fanari "Unseen" (Invisibile)  una pittura monocromatica: bianco su bianco, nero su nero e rosso su rosso in cui l'oggetto ritratto si percepisce a distanza.

Nella felicità più assoluta di applaudire arte e teatro, colori e versi, paesaggi immaginati e paesi disabitati, Roghudi, e poi Badolato e poi e poi il viaggio verso gli alberi verso le parole nella storia di un anarchico che venne incarcerato ingiustamente con Passi nella mia testa

Ippolita Luzzo 

venerdì 14 ottobre 2022

Renzo Paris Il Picchio Rosso


Il feudalesimo difficile da estirpare, il latifondo ancora nelle mani di principi e baroni all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. I tentativi di riformare l’agricoltura meridionale da parte del ministro comunista calabrese, Fausto Gullo, erano stati svuotati dal suo successore, Antonio Segni, democristiano e futuro presidente della Repubblica. I nobili che non cedono le terre, i nobili che non pagano gli operai, i nobili che costringono contadini e operai a vivere in condizioni insalubri e in indigenza. 

" All'alba se ne vanno gli operai, a Fucino alle strade a lavorare e se Torlonia non ci vuole pagare saremo noi i padroni di quelle strade. O Torlò scendi giù, vieni a fare i conti anche tu. Se non ci vieni ti diamo l'addio, devi andare via al più presto da qui" 

Questa la canzone dei braccianti che Renzo Paris in un capodanno a casa del pittore Sergio Vacchi canta ad uno stilista imparentato con i Torlonia, con Don Alessandro Torlonia, responsabile dell'eccidio di Celano. 

"Quell'eccidio era un esempio classico di lotta di classe" i braccianti facevano parte di un'etnia marsicana antichissima, ci dice lo scrittore anche lui abitante quei luoghi e suo malgrado testimone dell'eccidio, lui bimbo. 

Quell'eccidio viene ricordato nel libro Il Picchio Rosso, con documenti e testimonianze dell'epoca, con testimoni oculari. L'avvocato Cantelmi, all'epoca a capo del movimento dei braccianti, racconta dei tentativi fatti da principe di Torlonia per spegnere la protesta ma non vi riuscì ed allora chiamò i suoi guardiani che spararono sulla folla. 

Il trenta aprile del 1950 sulla piazza di Celano. 

Sulla piazza Quattro Novembre c'era anche Renzo con in mano la gabbietta con il picchio rosso caduto insieme ai due braccianti assassinati. Tante le testimonianze e fra queste quella di Maria Rodano Cinciari, la fondatrice dell'UDI, che ricorda come le lotte operaie in Abruzzo erano iniziate nel 1949 per l'imponibile di mano d'opera cioè la quantità di lavoratori che nel secondo dopoguerra, in certe zone, l'imprenditore agricolo era obbligato ad assumere per alleviare la disoccupazione.

Importantissimo il lavoro fatto da Renzo Paris sul documentare e voler raccontare le condizioni di vita dei braccianti nella sua terra di nascita, Celano, sul voler riportare alla memoria quell'eccidio di cui io onestamente non sapevo, ma in Calabria abbiamo avuto altri fatti sanguinosi la strage di Melissa o eccidio di Fragalà,  un episodio del 29 ottobre 1949 quando  i contadini di Melissa si apprestavano ad occupare le terre incolte in quel lembo del marchesato di Crotone che porta verso l’interno, lungo i contrafforti della Presila. 

Una storia sanguinosa di diritti calpestati e poi alfine in parte riconosciuti prima della terribile deriva a cui ora stiamo assistendo. 

Un libro che dovrà essere assolutamente letto 

"Celano è un paese antichissimo, vivo da cinquemila anni." paesi vivi che vivono attraverso il sapere, ed è ciò che Renzo rivendica per la sua terra, ed è ciò che tutti noi dobbiamo conoscere e sapere della storia della nostra terra

Il libro viene pubblicato dalla Editoriale Scientifica Srl nella collana S-Confini diretta da Fabrizio Coscia, una collana ibrida, che racchiude reportage e note, appunti e pezzi, superando i confini fra racconto tradizionale e testimonianze. 

Ippolita Luzzo