I Fuochi di Squillace per Mari
Fotografia con fuochi. Angelo Maggio
Fra "vattindi e resta" il gesto convince nello spazio interiore di "Mari" con Tino Caspanello e Cinzia Muscolino ad Innesti Contemporanei.
Siamo qui a parlarne per applaudire la bravura dei due interpreti di una gestualità interiore chiamato da Ronald Barthes "Frammenti di un discorso amoroso".
Sulla scena succedono avvenimenti inaspettati che daranno unicità al testo.
Va via la luce e per un istante, nel buio, il cielo si accende di moltissime stelle, una piccola luce viene messa sul palco per rischiarare Tino e Cinzia nella penombra del loro dirsi.
Succede anche altro.
I fuochi di festeggiamento di un quarantenne si stagliano nel cielo e sembrano partecipare a quella scenografia in riva al mare, su una spiaggia, nell'immenso spazio dei fuochi sparati al cielo nelle feste di un Santo. L'unicità rende lo spettacolo prezioso, ci rende orgogliosi di aver affrontato le curve di Squillace per salire al castello.
Noi e loro, nel discorso di un uomo e una donna, le note del film ora mi ritornano in mente con le immagini, qui siamo con due solitudini a volersi bene, ognuno a suo modo, lontano e vicini. Vattindi è la prima risposta che il marito le dice, vai a casa, io voglio stare qui da solo in riva al mare a pescare.
Lei comincia a trovare mille pretesti per restare, per convincerlo a rientrare a casa, stanca di una solitudine troppo lunga.
Resta.
Lei resta e il sussurro delle frasi si appiglia a cura e attenzione, a piccoli gesto del quotidiano, un pranzo, un pomodoro, un ti aspetto, un non mi aspettare.
Parole per dire: "E iò non t‟u sacciu diri. Pari… pari ch‟i paroli n‟e canusciu, mi pari chi non n‟avemu paroli pi ddiri chiddu chi pinzamu. Parramu, parramu e ittamu sulu aria:manciasti, durmisti, travagghiasti, si‟ stancu? A ddumani penza Diu. E ccu sti paroli ni inchemu a bbucca. Nni canusci autri, tu?"
Applausi e applausi ancora dal mare che buio non è, se acqua c'è.
Ippolita Luzzo