sabato 19 aprile 2025

Lezione dalle rovine di Davide Bregola

 


Davide Bregola scrive del suo incontrare, al voler preservare dall’usura del tempo poeti e scrittori, scrittrici quasi dimenticate, un mentore, lui, colui che si fa carico di far conoscere, come un testimone, un tramite. Se nessuno si prende carico di far conoscere un altro, l'altro non esiste.
Sono quattro gli incontri raccontati da Davide, incontri fatti in diversi periodi della sua vita, una vita la sua di molteplici cambi di lavoro ma pur sempre mantenendo il suo amore per la scrittura. 
Sembra che Davide viva moltissime vite, tanto sono i cambi lavorativi che lui deve provare, li vedo come una prova, una prova a farcela.

La lettura e la scrittura, come due sorelle nella nostra famiglia creata per sottrarci "con un verso, con un periodo scritto bene", io la chiamo zattera ma la letteratura di chi legge e di chi scrive è il nostro balsamo. 

“La cerco perché morendo sembra essere sparita di colpo anche la sua scrittura, sembrano essersi dissolte tutte le sue storie, eppure se leggo le sue pagine mi ritorna in mente la sua presenza. Sembra un po’ come quelle nuvole portentose, enormi, piene, che si disperdono in un baleno quando arriva il vento. Marosia Castaldi e il vento.”

Marosia Castaldi autrice di Per quante vite è morta nel 2019. Nel 2013 si conosce con Davide Bregola e lui ora racconta i due incontri con lei, di cui il secondo molti anni dopo l’uscita del libro Per quante vite. Lui le scatta due foto che non è riuscito a ritrovare ma a Mantova gli sembra di rivederla camminare lungo la statale di Gavernolo, l’ha rivista lungo le pescherie della città e ciò è impossibile. Sono rimasti i suoi libri, "Mentre scrivevo", e "Il Dio dei corpi", e Davide ha letto ad un incontro in una struttura psichiatrica  dove insegna l’inizio del libro ”Per quante vite” 

Davide qui in questo luogo diverso ma sempre un luogo chiuso dove la libertà viene offerta dalla letteratura legge Marosia Castaldi ed è come  prendere quella chiave per aprire una fantasia imbrigliata in letture sciocche. 

 Lezioni dalle rovine ci fa vivere nel vento letterario che ci porterà lontano o vicino a prenderci per mano ai libri veri

Capisco Davide Bregola, me lo sento mio familiare, capisco il suo pensiero e vedo gli autori attraverso il suo stesso pensiero nel galleggiamento, vocabolo che uso spesso anch’io per dire come ci portiamo accanto pezzi di libri, di autori, nel nostro scrivere. Capisco Davide ed è come se incontrassi anch’io Vitaliano Trevisan e lo ascoltassi dire che l’errore è quello di considerare il libro un blocco finito. Mi ritrovo a sottolineare la frase e me ne pento subito dopo, troppo tardi ormai. “Ma la struttura me la deve dare la dinamica di quello che scrivo” continua a dire Vitaliano. 

Di Trevisan ci sono poche immagini. Di Umberto Bellintani solo una foto con gli occhi spersi verso l'obiettivo, di Ivano Ferrari pochissime e stranamente anche di Marosia Castaldi pochissime come se loro stessi si nascondessero 

Poi mi leggo Cavi e il suo incontro con Marosia Castaldi e già li vedo ne sento la letterarietà. Da Marosia Castaldi Km 501«Anche le case prendono la forma della solitudine. Se in una casa non entra più nessuno per molto tempo essa si stupirà che qualcuno entri di nuovo e le mura si raggrinzeranno confuse o si cupiranno all’abbraccio dell’amico che finalmente vedo. Dopo tanto tempo.»

In un libro di Bellintani leggiamo: dove il fiume rode alla boschiva sponda/...ogni nome di chi giace sotto l'acqua/come fosse al lieto coro sulla riva

e di Ferrari leggiamo: Nei fogli c'è una regola/disordinare i tempi della storia

e noi con Ferrari, Bellintani, Trevisan, noi con Marosia Castaldi e Davide Bregola disordiniamo i tempi della storia, almeno su un foglio, su una pagina, per allietare o per darci un motivo che ci faccia conoscere, che ci faccia incontrare.

Nel Regno della Litweb il commovente e amatissimo libro Lezioni dalle rovine di Davide Bregola 

Ippolita Luzzo 

DAVIDE BREGOLA è scrittore e consulente editoriale. Ha pubblicato vari saggi e romanzi per diverse case editrici. 

Nasce in provincia di Ferrara, vive l’infanzia in provincia di Mantova a Ostiglia e successivamente a Sermide. Studia a Ferrara, dove frequenta la Facoltà di Legge.

Esordisce nell’ambiente letterario nel 1996, quando due suoi racconti vengono pubblicati nell’antologia Coda, che seleziona testi di giovani scrittori sotto i 25 anni. Nel 1999 pubblica Viaggi e corrispondenze, con cui vince il Premio Tondelli per la narrativa.

Inizia poi a lavorare nel campo dell’editoria e del giornalismo e a tenere incontri e seminari di scrittura creativa.

Sul tema della letteratura migrante in lingua italiana pubblica nel 2002 il libro Da qui verso casa, che raccoglie interviste con narratori, e nel 2005 Il Catalogo delle voci, in cui intervista poeti.

Altre sue opere narrative sono Racconti felici (2003) e il romanzo La cultura enciclopedica dell’autodidatta (2006).

Vince il Premio Chiara nel 2017 con la raccolta di racconti La vita segreta dei mammut in Pianura Padana.

“Può succedere, allora, che chiunque si possa sentire attratto dal mistero di esistere.

È l’arte della sottrazione, non per negare ma per affermare se stessi.”

[Davide Bregola]


lunedì 7 aprile 2025

Saverio La Ruina La Borto

 


La Borto è uno spettacolo del 2009 di e con Saverio La Ruina, con 
musiche composte ed eseguite 
dal vivo da Gianfranco De Franco e disegno luci Dario De Luca, 
organizzazione e distribuzione Settimio Pisano, 
produzione Scena Verticale, con il sostegno di MIBAC | Regione Calabria

Premio UBU 2010 "Migliore Testo Italiano",  
Nomination Premio UBU 2010 "Migliore attore", 
Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010

Ieri sera al Teatro Grandinetti per assistere a ciò che raccontare non si può se non si possiede la sensibilità di Saverio La Ruina che mostra la condizione della donna al Sud e di riflesso la condizione dell'uomo, dopo Dissonorata. Un delitto d'onore in Calabria (2006).

La vicenda di Vittoria narrata in cielo, o almeno in sogno, davanti al tribunale eterno e universale, davanti ad un tribunale che le darà il tempo non avuto durante la vita terrena, il tempo della narrazione. 

Vittoria come in sogno non è più di questa terra e attraversa il cancello del cimitero e incontra in una grande stanza dodici persone sedute intorno ad una lunga tavola sei a destra e sei a sinistra con Gesù presente. Gesù le dice di non essere degna di sedersi con loro, di essere lei come Giuda, di essere lei nel peccato. E nello sconcerto più totale Vittoria rivendica la sua innocenza, e di non aver fatto male a nessuno, forse aggiungerei io solo a sé stessa. A ventotto anni ha già sette figli, sposata venduta a tredici anni dal patrigno ad un uomo zoppo e più adulto. Storie diffuse purtroppo e sento una vicenda simile da me non raccolta ma ora presente. Rivedo la donna ormai di ottanta anni dirmi di essere stata sposata venduta ad un uomo più grande e nel raccontare le moltissime gravidanze, i soprusi orribili e indicibili avute a soli tredici anni, le angherie di una suocera strega che le chiudeva lo stanzino del vaso dove poter fare i suoi bisogni e lei era costretta a fare la cacca in un giornale, le cinghiate del marito e l'orrore dell'impotenza della sua di madre che invece dopo aver immolato la prima delle figlie ad un destino immondo riusciva a garantire alle sue altre figlie una diversa dignità. 

Ne scrivo come sorellanza di questa donna a Vittoria a Sciolla, sorellanza che non ha avuto da nessuna altra donna. Nel terribile vivere male relazioni e matrimoni anche il marito di Vittoria sembra incarcerato in un ruolo castrante e tutti gli uomini mostrati nella miseria del prendere la misura di una ragazzina calcolando le forme. Sembra una assurdità ma ricordo alcuni colleghi maschi in una scuola del crotonese parlare delle alunne tredicenni in consiglio di istituto sottolineando le forme. Ne rimasi scioccata e non volli andare da insegnante  in gita d'istruzione con loro reputandoli esseri meschini.   

Sulla tragica vicenda dell'aborto vissuta all'epoca con ferro da calza e con pediluvi bollenti, così mi raccontano, io ho visto donne vivere questa decisione o subirla. In alcune famiglie doveva per forza abortire chi restava malauguratamente incinta per mancanza di possibilità economiche e quella decisione subita veniva ricordata sempre, sempre, perché la vita è fatta di attimi, di momenti, di atti subiti. "Chissà come sarebbe stato ora quel figlio che non ho fatto nascere!" raccontano alcune, mentre altre riescono a dimenticare. 

Vittoria non ha contezza di aver fatto peccato per aver dovuto interrompere una gravidanza e non ha contezza proprio per lo stato di necessità, per l'indigenza del vivere senza possibilità di scelta. Un mondo ruvido e cattivo, senza luce, ha avvolto la vita di donne e uomini. 

Gesù apre la porta e si commuove, e intanto la storia si ripete nella recita e nelle situazioni 

Saverio diventa Vittoria, Saverio è Vittoria, Saverio crede nella giustizia, nella giustizia del dire, del gesto, della scena. 

Anche il tavolo dove Vittoria si siederà è quel teatro eterno fatto delle storie subite senza scampo

Ippolita Luzzo  




Lo spettacolo, realizzato da Scena Verticale, è inserito nel progetto “CalabriaTeatro” Terza edizione, cofinanziamento bando Distribuzione teatrale triennio 2022/2024 – Psc Calabria e Legge regionale n.19/2017 e realizzato dall’associazione teatrale “I Vacantusi” di Lamezia Terme".