Il racconto con due fiabe sui dieci anni del Regno della Litweb, un regno fantastico e magico: Il regno della fantasia
Le fiabe sono costruzioni fantastiche e magiche, senza un luogo di riferimento, senza uno spazio ben delimitato, senza un tempo, il tempo è il c'era una volta, lo spazio è un castello, una torre, i personaggi hanno poteri magici perché nella fiaba troviamo proprio la presenza dell'elemento fantastico e magico.
Fra i creatori di fiabe più celebri troviamo il danese Hans Christian Andersen, l'italiano Carlo Collodi autore di Pinocchio, ricordiamo la fiaba di Peter Pan, quella di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e le fiabe di Gianni Rodari
Fra gli autori più famosi di fiabe ci fu in Italia Giambattista Basile che, nel XVII secolo, scrisse il Pentamerone o Lo cunto de li cunti, in cui rielaborò in lingua napoletana cinquanta fiabe popolari, o in Francia Charles Perrault che scrisse, sempre nel XVII secolo, I racconti di Mamma Oca ispirandosi a motivi popolari. Un posto a parte nel nostro cuore occupa Letterio Di Francia con Re Pepe e il vento magico, raccolta di fiabe e novelle calabresi. Re Pipuzzu fattu a manu impastato di fantasia
Tutto questo per dire che stiamo sul terreno fiabesco con l'invenzione di un regno che non esiste, non ha un terreno, non ha confini e non ha neppure istituzioni e tesserino. Un regno costruito come un'astrazione mentale sulla falsariga delle fiabe di cui vi ho detto.
Il 20 maggio 2018 scrivo spiegando cosa fosse il regno della Litweb con una fiaba
DOMENICA 20 MAGGIO 2018
Il marchese di Carabas c'est moi
Scherzosamente mi diverto ad affermare di essere come il personaggio della nota fiaba popolare "Il gatto con gli stivali".
In quella fiaba raccontata nella seconda metà del ‘500 quando Giovanni Francesco Straparola la incluse nella raccolta intitolata Piacevoli notti, con il titolo di "Costantino Fortunato", da Basile e Perrault, si narra: "Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.
Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.
Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."
Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone: "Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.
Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.
Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni del regno della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e il marchese. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.
Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.
Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller.
Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.
Con un altra fiaba invece vi racconto la strada che gli abitanti del Regno della Litweb hanno scelto, la strada del fanciullo che grida Il re è nudo nella celebre favola di Andersen i vestiti nuovi dell'imperatore. La strada di coloro che non si uniformano all'applauso generale
La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Un giorno due imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni, oppure a chi ricopre un incarico non avendone le competenze
I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati incompetenti, riferiscono all'imperatore la magnificenza del tessuto e danno incarico di preparare un abito. Quando l'abito viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; attribuendo la non visione del tessuto a una sua indegnità che egli certo conosce, e come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.
Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché nemmeno essi e sentendosi segretamente colpevoli di inconfessate indegnità. Questa specie di incantesimo finisce al che un bambino, sgranando gli occhi, grida con innocenza "Ma il re non ha niente addosso!" (o, secondo una variante, "Il re è nudo!"). Ciononostante, il sovrano continua imperterrito a sfilare come se nulla fosse successo.
Solo una fiaba? Io non credo. Impariamo a riconoscere i segni.
Cultura vuol dire vedere il valore di uno scritto, di un pensiero, di un abito e saper districarsi dall'omologante applauso indistinto. Cultura non è un tesserino, una iscrizione ad un ordine per poter scrivere o intervistare, cultura è il grido di quel bambino, non infinocchiato dai pubblicitari di allora.
Troveremo il bambino che gridi per noi? Per noi che asseriamo di esser cultura? Forse una pernacchia ci starebbe bene. Impariamo a far le pernacchie…
Nelle fiabe poi restiamo e sempre nel Regno della Litweb le racconteremo o ci racconteranno con un semplice pezzo per dire Dove ritorniamo, raccontando una vita come se fosse la vita di tutti con due pennellate
Dove ritorniamo
6 luglio 2011
Nella circolarità della nostra vita ritorniamo sempre all'infanzia, all'adolescenza, tutto quel che succede dopo è un giro di giostra, una schermata e poi l’infanzia ci insegue e ci riporta indietro.
A lei ritorniamo più o meno consapevoli, più o meno felici, più o meno soddisfatti.
Le rondini di maggio, i loro voli, circolari, rasenti il mio balcone e di fronte la Chiesa barocca, il suo bellissimo giardino che nessuno ricorda più.
La nonna che fumava qualche sigaretta, di nascosto, come una ladra, dietro una finestra, lo zio lento, maldestro, che sicuramente avrebbe rotto qualche tazza, avrebbe versato il latte per le scale.
La mia mamma che lavorava, con i capelli corti, un foulard in testa, scendeva in una botola, prendeva la carbonella, preparava un braciere per una serie di maschi ai quali era d’uopo riscaldarsi.
Le donne di casa preparavano grandi ceste con cenere fumante e le lenzuola bianche sotto la cenere profumavano, di buono, di famiglia.
Ugo mi accompagnava a scuola, Palma veniva dalla nostra campagna, dormiva da noi il sabato, poi ritornava alle sue galline, ai suoi cani, ai gatti.
La cucina in muratura, il forno a legna per fare il pane, i taralli per Pasqua, con l’anice nero, ed il baccalà con le patate del venerdì.
Come se fossi ancora in quella casa dove peraltro non vivo più da tanti anni.
Ma non sono vissuta da nessuna altra parte, non ho ricordi delle altre case dove ho abitato, non ho ricordi di questa dove abito da più di quindici anni. Tutti noi non andiamo da nessuna parte, ma è bello andare.
l tempo è circolare, nulla si perde e tutto è per sempre, ma la selezione annulla il superfluo, il banale, il quotidiano, annulla lo squallore di una vita falsa e ci ridà le immagini essenziali a dirci chi siamo.
Nella favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude nel grande gioco letterario del Regno della Litweb
Ippolita Luzzo