giovedì 30 agosto 2012

Nel migliore dei mondi possibili

Nel migliore dei mondi possibili c’è sempre  un Candido che ci crede
C’è sempre un urone, un ingenuo che dice la sua, convinto che sia  facile che sia  giusta
Nel migliore dei mondi possibili c’è solo un modo per non accodarsi
Essere eccentrici, essere puttane al punto giusto , essere sempre un gradino su
Che sentano gli altri che a te sia permesso poter parlare  perché sai di più
Che sentano gli altri il rispetto e la stima che tu stai parlando a tuo rischio
Per fare un nuovo e strano sentiero, per poi invitarli dopo averlo pulito.
Campana, Pessoa, Kavafis ancora, non furon felici, non ebbero onori,
ma noi ora, con i libri in mano, li citiamo convinti che li abbiamo accettati.
C’è sempre un martire, un agnello sacrificale  che porge la guancia, che parla per noi
Che tenta, nel vuoto assordante di tanti, una frase che apra una mente serrata
Nel migliore dei mondi possibili non è facile essere una donna, un uomo  pensante
Bisogna soltanto accettare il pensiero uguale, omologato,  di tutti, di tanti,
ed essere senza un dubbio, una incertezza, pensarla solo con  un no o un sì
senza cercare un forse che ci dia la chiave di essere per una volta in un  mondo normale.
IL forse è bandito, è il vero peccato, perché ci costringe ad andare a vedere,
ad andare a studiare sui libri davvero, a verificare se quel che diciamo ha uno straccio di prova
Galileo lo disse nel cinquecento:-Fate la prova -L’esperimento- e dopo potremo
Sapere se è vero che viviamo in un mondo che più bello non c’è
Più bella cosa di te … più bella cosa non c’è … dopo di te...   lettura
A Voltaire       che è sempre presente   nelle nostre letture
Nel migliore dei mondi possibili




domenica 26 agosto 2012

Fra due parentesi- La pietrificazione


Fra due parentesi – La pietrificazione
In una storiella un uomo mette davanti all’ingresso della sua dimora una pietra ogni qualvolta il suo vicino fa un’azione, secondo lui, riprovevole.
Alla fine della giornata, della settimana, in capo ad un mese, però, l’entrata di casa sua è completamente ostruita,  murata per sempre da tutte le pietre che lui stesso ha sistemato per un fine diverso.
In un’altra storia un cane entra abbaiando ferocemente in una stanza con le pareti foderate di specchi
Il cane vede così davanti a lui abbaiare ferocemente cani e cani e inizia una lotta furibonda contro tutti gli urlanti,  sbattendo i suoi denti, dimenando la coda, rompendo la testa contro tutti gli specchi, ed infine ferito a sangue si  abbandona esanime e sconfitto sul pavimento,  vedendo che tutti intorno a lui guaiscono flebili e anche loro sconfitti.
Secondo i saggi sarebbe bastato che il cane fosse entrato in quella stanza scodinzolante e avrebbe visto  tutti felici venirgli incontro e lui soddisfatto avrebbe sentito soltanto il piacere di esser con loro.
Secondo i saggi anche l’uomo,  invece dei sassi,  avrebbe dovuto imparare a capire che ergersi a fustigatore, a grande maestro di ogni virtù, comporta avere la tolleranza, la dote che ha creato la civiltà.
I saggi così hanno detto
E con scuola, con chiesa, con libri in mano, da sempre poi tutti predichiamo
Con le canzoni un mondo migliore, con il teatro una catarsi, con i giornali e la politica
Il modo per non pietrificarci
E  non restare in una foresta di pietra a guardare smarriti ed impotenti le nostre case vuote e malate
E il nostro paese  desertificato.
E tutti insieme poi ci diciamo:-
Proviamo e proviamoci a non incupirci, a dare una mano, a conoscerci davvero, a rispondere umani e senza grugniti
- Proviamo a scollarci da un computer reale,  strumento fatato, ma liberiamolo dal sortilegio che possa donarci la compagnia.-
 L’utopia dei saggi è pensare che basta soltanto dimenare la coda per essere felici .
Certo va bene in una stanza di specchi, ma non va bene nelle nostre case, dove di specchi ci sono solo i nostri occhi,  le nostre mani pietrificate dal nulla e dal niente quotidiano, dalla difficoltà di dire e parlare con gli esseri veri che sembri vedere.
Chi mai saranno queste donne, questi uomini, giovani o vecchi che stanno con te?
Nella foresta pietrificata nemmeno un sorriso ci basterà, nemmeno tutta la volontà di essere sempre con un fiore in mano, un grazie, un suono umano.
Chissà se possiamo, se mai potremo uscire da quelle parentesi tonde, incidentali,  che chiudono per sempre la nostra vita in una proposizione che proprio non c’è
Una vera e dolente pietrificazione creata soltanto da un segno, parentesi aperta  e parentesi  chiusa,  due segni di punteggiatura!

sabato 25 agosto 2012

La favola della gabbietta - Prima puntata


C’era una volta in un mondo lontano una città molto strana, senza più gente che camminava per strada.
Avevano avuto i cittadini in regalo una gabbietta  con dentro un oggetto animato.
Era arrivata  come pacco postale da una agenzia molto nuova che offriva tanti servizi
E fra questi uno in particolare
La consegna a domicilio della gabbietta con dentro un nick
Era questo un esserino molto carino, innocuo e gentile.
Non faceva la cacca, e nemmeno pipì, non mangiava e beveva,  non aveva freddo e nemmeno caldo,
non doveva essere lavato, non puzzava perché non sudava.
Tutti felici  i cittadini portarono in casa quell’esserino.
Lo sistemarono nel salotto buono, in cucina, in bagno, vicino al letto.
Il nick era bello, era senza corpo, ognuno poteva immaginare , era un drago, un cigno, una torta, o anche e soltanto una scatola di latta.
Il nick aveva nella sua casetta tante maschere di carnevale, ne poteva indossare una o più di tre insieme o da sole come  lui più  gradiva.
Tante figure e fra queste anche visi, visi di uomini e donne più giovani, somiglianti almeno un po’ al cittadino a cui era assegnato.
Visi di sbieco, o visi frontali, formato tessera e sorridenti, visi oramai  stereotipati e fermi in un solo click
Questo per rendere più familiare l’approccio al cittadino più conservatore, più all’antica, di quel gioco nuovo e tanto carino.
-Non ti preoccupare,- sembra che dica l’esserino-  lo vedi?, sono come te, ti assomiglio, certo sono più giovane, sono più carino, ma sono il tuo viso di un tempo che fu-
- Ora stai tranquillo ed inizia a giocare, anzi a giocare gioco solo io, tu stai solo a guardare, guardi soltanto e ti distrai dal tuo mondo cattivo, solitario o troppo pieno, fatto di incontri, di lavori stressanti,  di vigliaccherie da mandare giù-
-Stai tranquillo, mio caro, -sembra dica ancora lui  al suo proprietario, ma questa è solo una illusione, perché il nick voce non ha.
Gioca soltanto mattina e sera ad indossare quelle figurine, quei piccolissimi vestitini fatti di fogli, di colori, di nomi fatati.
Luce del mattino, onda del mare, niente e nulla, senza e tanto, marte e giove, quante maschere per un solo nick
Urano e saturno e poi le stelle, galassie intere dopo la flora, la fauna, il mondo minerale e  vegetale.
Una gabbietta dottissima, ricchissima di travestimenti, come se un fregoli dovesse esibirsi
Ma dove?
La gabbietta era proprio piccina ma dentro era una meraviglia, si poteva guardare perfettamente il nick all’opera  a far passare il  tempo.
Si accorsero così che il nick solo non era, aveva in mano una connessione, un tablet, uno schermo e poteva pigiare dei tasti neri.
Davanti aveva uno schermo bianco che cambiava al pigiare dei tasti, che si animava e riportava fatti misfatti del mondo di là
Il cittadino si accorse che su quello schermo passava il suo mondo, ma era un mondo più variegato, un mondo vasto vastissimo pieno di opportunità
Giornali in rete, e poteva sbirciare, incontri on line e spogliarelli, donne donnine di tutte le taglie, uomini forti e muscolosi, lisci, liscissimi e depilati, giochi di ruolo, di sadomaso, di offerte varie, finanche un biscotto.
Guardava il suo nick pigiare e pigiare dopo aver indossato ogni mattina il vestitino più carino, il travestimento per l’occasione e si accorse che quell’essserino pigiava e tante paroline poi si scrivevano a lato in un riquadro accanto in basso a destra
Era la chat così c’era scritto.
Ma con chi chattava? Ma con  chi scriveva se lui era in una gabbietta e in quella stanzetta c’erano solo il cittadino che guardava ed il nick che pigiava ?




giovedì 23 agosto 2012

L'insostenibile pesantezza del web


L’insostenibile pesantezza del  web
Mai mai mai pù chiederò il tuo nome mio dolce nick
Mai mai mai più  domanderò chi mai sei tu
Perché ormai  ho capito che...
Chi come dove e quando sono solo  avverbi 
di modo di luogo di tempo
Interrogativi di un fare che fu, che non è mai stato ,
che certo serviva
nel mondo passato  a stringerci al collo una corda in più.
Ma ora tutto è un ricordo, nient’altro che un ricordo 
E noi soli e felici navighiamo decisi in un mare esterno 
e senza burrasche
Nel mare della tranquillità, della noia assoluta, 
della sconosciuta  che tasta con noi.
Mai mai mai più io vorrò  mai  più scendere dalla mia torre,
mai mai mai più io penserò il web come realtà,
perché il web è il luogo inventato così da un demiurgo,
da un mostro irridente
che ride e  ride vedendoci sbattere, soffrire e parlare e sognare come se fosse tutto vero
Ed il mostro ride e noi nelle gabbiette 
e noi ammaestrati pigiamo e pigiamo
E quando qualcuno domanda all’altro:-Ma tu chi sei?-
Risposta non c’è, perché l’altro di rimando
potrebbe chiedere:-Che cosa mi dai?-
Per ogni punto una figurina?-
Per tanti nick che ho accumulato avrò in omaggio
un pieno di benzina?
Una starlet con farfalletta, una mezz’ora in un motel,
una strusciata o una toccata oppure soltanto un ego gonfiato?
Rimango stranita ma resto qui, di là è più brutto,
più brutto di qua,
però se mi sforzo soltanto un poco
riesco a vedere oltre la gabbia
un pezzo di cielo di cartapesta
azzurro e increspato come un cielo finto 
e capisco che sono su un teatro,
un teatro assurdo, il teatro del web
un teatro crudele quanto il mondo di qua

mercoledì 22 agosto 2012

Dopo una vita di onorato silenzio


Dopo una vita di onorato silenzio mi trovo a parlare soltanto sui tasti
Superando  per pochi momenti il pudore e la vergogna di tacere un sapere
Intimo amato come se fosse un amante.
Mettendo in piazza i miei amici fraterni, i libri, gli autori, i miei film, le canzoni.
I pittori, gli artisti, il teatro e le scene, gli atti salienti del mio vissuto.
Mi sembra di averli traditi tutti per una gloria effimera, inutile, vuota
Per avere  un click in più in un sito di autori anche loro in cerca di visibilità
Convinta di essere nell’Eldorado, nel giardino incantato del mio eden perduto
Non ho fatto caso a segnali e divieti, non ho fatto caso a meschinerie 
ed a scaramucce per motivi irrisori.
Anzi di più, anche io, supponente, ho pensato di dare un contributo
Ingigantendo il chiacchiericcio con starnazzamenti  da pennuti vari
Non accorgendomi che in un pollaio tutti polli e galline poi diventiamo
Non accorgendomi che in uno stagno come le rane poi tutti facciamo
Non accorgendomi che in un salotto buono solo di corna ci si trova a parlare
Ma è sempre così, dappertutto è così ed anche Margaret Atwood  se lo chiede.
Smarrita:-Vuoi ancora attenzione?
Spogliati ad un semaforo nell'ora di punta, urla oscenità
 o uccidi qualcuno.
Quegli studi, che noi coltiviamo, valgono più della capacità
 di vincere una gara di mangiatori di salsicce o di fare il giocoliere con sei piatti?
La civetta e il gatto qualche anno dopo… una poetessa canadese
Ed Elisabeth Bishop mi ricorda:- Esercitati a perdere di più, senza paura.
Luoghi,  e nomi,  e destinazioni di viaggio
Nessuna di queste perdite sarà mai una sciagura-
Ed io insieme a lei, insieme a loro, mi sono persa  per ritrovarmi
Mi sono persa in una rete a maglie larghe larghissime
tanto da essere scivolata giù
Mi sono persa senza una torcia, senza una guida, 
scambiando le ombre per un Virgilio
Che mi accompagnasse fino all'uscita
a rivedere di nuovo le stelle


martedì 21 agosto 2012

Come ci siamo ridotti!

Come ci siamo ridotti!
Come?
A fotografare la nave Concordia che va giù
A sparare al vicino di casa  che tiene la TV ad alto volume
A guardare sbavanti la farfalla sul pube di una Belen di turno.
Come ci siamo ridotti!
Come?
A leggere  giornali gossip su corna fatte e che si faranno
A scorrere una cronaca nera fatta di pugni, di calci, di niente
A insozzare città e paesi con musiche e canti di strimpellatori
Come ci siamo ridotti!
Come?
Ad assistere imbelli, incapaci ed ottusi
Ad una invasione di turchi, ottomani  e cinesi
Ad una violenta e continua rapina di quello che era un nostro paese
Scomparso oramai per troppa inefficienza, per disamore, per negligenza.
Come ci siamo ridotti!
Come?
Ed è in quel come,
in questa domanda che resta intatto tutto lo stupore
Di come tutto vada come vada
Rotolando per  una discesa  e trascinando sempre di più ogni cosa incontra
Come?
Come una slavina, come una frana,
sento il rumore
dei sassi che spingono,  che sbattono e rotolano
Per il pendio del nostro paese
il paese intimo del nostro momento 
.....
.....
Se fossimo stati nel medioevo avremmo imbastito una bella crociata
Ma siamo ai tempi del consumismo, del  pronto video , delle chattanti
E combattiamo a colpi di tasti una guerra persa e mai dichiarata
Contro un noi stessi disfatto e imbelle
Alienato
E disadattato
Incapace di impegnarsi davvero
Perché l’impegno  è solo fatica
Per noi edonisti
Senza ritorno