Passeggiavamo per via Toledo a Napoli con Ernesto Ruocco parlando dei libri di Carlo Diano, di un libro di Carlo Diano, forse quello che ci permise la conoscenza tramite Francesca Diano, sua figlia.
Carlo Diano ha insegnato qui a Napoli, al Liceo "Vittorio Emanuele II", a 100 metri dal "Genovesi". Ernesto mi indica il Liceo ed ora ci ritroviamo a parlarne per perorare la causa di far ristampare il libro di Carlo Diano.
Con Anassimandro noi possiamo dire: Questa [natura dell'infinito] è eterna e non invecchia. (frammento 2)
Con Francesca la Litweb chiede interesse e attenzione verso questo libro e verso questo studioso conosciuto in tutto il mondo
"Carlo Alberto Diano (Vibo Valentia, 16 febbraio 1902 – Padova, 12 dicembre 1974) è stato un grecista, filologo e filosofo italiano, storico e traduttore sia di classici greci sia di poeti svedesi e tedeschi."
Ed eccoci qui con le parole di Francesca Diano: Bene, oggi ho saputo che Boringhieri ha deciso di non procedere alla ristampa de "Il pensiero greco da Anassimandro agli Stoici" ormai esaurito (ma se è esaurito comunque si è venduto no?) con la motivazione che "non viene più adottato."
L'unico libro ancora reperibile del pensiero di Carlo Diano scompare così definitivamente dalla scena italiana.
Diano non ha bisogno di "essere adottato" (leggi: imposto agli studenti dei corsetti universitari per vendere prontuari che altrimenti nessuno leggerebbe e comprerebbe mai) è un classico. Diano dà fastidio, non deve interferire, non si deve sapere cosa ha scritto. La concorrenza sarebbe troppa.
In questi anni mi sono mossa in tutti i modi, mi sono rivolta a persone che, volendo, potrebbero fare la differena e hanno fatto molte promesse. Tutto invano.
E adesso mi sono stufata. Ora creo un gruppo su FB perché ci si attivi a livello nazionale per porre fine a questa vergogna e poi vedremo come muoverci. Io non mi arrendo.
Riusciremo ne sono sicura.
Il nome del gruppo per chi volesse iscriversi è "Dare Forma all'Evento. Ripubblicare Carlo Diano" qui link per firmare la petizione https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.change.org%2Fp%2Fdario-franceschini-ripubblicare-le-opere-del-filosofo-carlo-diano-un-azione-dovuta-della-cultura-italiana%2Ffbog%2F57854881%3Frecruiter%3D57854881%26utm_source%3Dshare_petition%26utm_medium%3Dfacebook%26utm_campaign%3Dshare_for_starters_page&h=ATOxgxQdRmusA7X52T3VhFJVpQLT0VRFtAe99IKXKLfaAS1DBLxRvNyOP80p_aV5HKVWsHyJnzbmZuXjaAqOGTdz7Py452jrMiKqjIbu-KHXezyMPaXGimaT6FhLJfg9eRIIVN57WHNU
Ippolita Luzzo
giovedì 30 novembre 2017
Il veleno alle piante
Il Glisofato e altre amenità
Il mio papà chiamava "veleno" ciò che era abitudine fare alle piante da parte dei coltivatori.
Anche lui, proprietario di un appezzamento di terra coltivato, in quel periodo a pescheto, diceva: Oggi faccio il veleno alle piante.
Faceva mettere agli operai maschera e guanti, raccomandava loro ogni genere di precauzione, sapendo di maneggiare prodotti altamente tossici.
Mio zio invece usava un eufemismo: Faccio la medicina alla vigna. Per lui era medicina e un giorno fece il prodotto senza maschera e stava per morire.
Fra medicina e veleno intercorreva lo spazio bianco del nostro cibarci di tossici elementi cancerogeni.
Così dicono oggi i giornali e l'Organizzazione della Sanità:"Gli Stati hanno autorizzato l’uso del contestato erbicida, il più diffuso in agricoltura. L’istituto anticancro mondiale lo ritiene «probabilmente nocivo», non così l’autorità Ue per la sicurezza alimentare"
Ma gli Stati Europei, compresi i nostri parlamentari, hanno votato a favore dell'uso.
Ricordo lo sconcerto di mio padre quando, negli anni ottanta, doveva vendere il prodotto del pescheto. Venne il commerciante all'improvviso e papà aveva appena fatto il veleno. Di regola dovevano passare almeno venti giorni prima di poter raccogliere e vendere. Il commerciante aveva fretta. O tutto e subito o niente. Papà provò a farlo ragionare e non riuscì. Non avrebbe trovato altro compratore facilmente e arrabbiato dovette cedere all'imposizione.
Avvelenatori, dunque. Ogni volta che entro da un fruttivendolo penso di stare in una bottega di streghe e malefici, di veleni.
Veleni approvati.
Dal glisofato ad altre amenità
Avveleniamoci così, senza rancore
Ippolita Luzzo
Il mio papà chiamava "veleno" ciò che era abitudine fare alle piante da parte dei coltivatori.
Anche lui, proprietario di un appezzamento di terra coltivato, in quel periodo a pescheto, diceva: Oggi faccio il veleno alle piante.
Faceva mettere agli operai maschera e guanti, raccomandava loro ogni genere di precauzione, sapendo di maneggiare prodotti altamente tossici.
Mio zio invece usava un eufemismo: Faccio la medicina alla vigna. Per lui era medicina e un giorno fece il prodotto senza maschera e stava per morire.
Fra medicina e veleno intercorreva lo spazio bianco del nostro cibarci di tossici elementi cancerogeni.
Così dicono oggi i giornali e l'Organizzazione della Sanità:"Gli Stati hanno autorizzato l’uso del contestato erbicida, il più diffuso in agricoltura. L’istituto anticancro mondiale lo ritiene «probabilmente nocivo», non così l’autorità Ue per la sicurezza alimentare"
Ma gli Stati Europei, compresi i nostri parlamentari, hanno votato a favore dell'uso.
Ricordo lo sconcerto di mio padre quando, negli anni ottanta, doveva vendere il prodotto del pescheto. Venne il commerciante all'improvviso e papà aveva appena fatto il veleno. Di regola dovevano passare almeno venti giorni prima di poter raccogliere e vendere. Il commerciante aveva fretta. O tutto e subito o niente. Papà provò a farlo ragionare e non riuscì. Non avrebbe trovato altro compratore facilmente e arrabbiato dovette cedere all'imposizione.
Avvelenatori, dunque. Ogni volta che entro da un fruttivendolo penso di stare in una bottega di streghe e malefici, di veleni.
Veleni approvati.
Dal glisofato ad altre amenità
Avveleniamoci così, senza rancore
Ippolita Luzzo
sabato 25 novembre 2017
Cieche speranze da Massimo Iiritano all'Uniter
Il dono di Prometeo, il libro di Massimo Iiritano, traduce e interpreta un passo di Eschilo tratto dal Prometeo incatenato. Nel dialogo con il coro che chiede a Prometeo la ragione del suo gesto, Prometeo risponde di aver rubato il fuoco agli dei per donare agli uomini una possibilità di vivere senza guardare la morte, donando insieme cieche speranze, illusioni.
Comincia in questo modo la lezione di Massimo Iiritano all'Uniter, dopo il saluto e la presentazione dell'autore da parte di Costanza Falvod'Urso, vicepresidente Uniter.
Una lezione sulla fragilità che ci ha trasportato sull'isola di Calipso, nel verso dell'Odissea, tradotto da Luna Renda, più volte citata da Massimo, quando la ninfa prega Ulisse di non abbandonarla e gli offre l'immortalità. Ulisse rifiuta e accetta la fragilità dell'essere mortale come dono ancora più grande di una condizione divina.
Continua Massimo con Eugenio Borgna, e le parole che ci salvano nella tensione, nell'inquietudine e nella necessità di cui è costituito il nostro infinito. Rilegge un canto di Petrarca, dal Canzoniere, "La vita fugge" e con Rovelli, con Sant'Agostino, il tempo fugge, benché non esista, ma sia "Emozione del tempo", brivido di esistere.
Negli interessanti interventi finali mi piace ricordare altri libri:
La bellezza che resta di Fabrizio Coscia, l'intervento del neurologo Gianni Caruso, i dialoghi di Leucò di Cesare Pavese e Pico della Mirandola nell'intervento di Italo Leone, ricordare l'essenziale linguaggio umano che crea il tempo da Cesare Perri, l'elegia di Rilke, finendo con Gli angeli sopra Berlino di Wim Wenders.
Nella cieca speranza di esserci qui, hic et nunc, in felicità con gli studi amati. Dare vita agli anni e dare tempo al tempo.
Un dono che rileggeremo.
Ippolita Luzzo
Comincia in questo modo la lezione di Massimo Iiritano all'Uniter, dopo il saluto e la presentazione dell'autore da parte di Costanza Falvod'Urso, vicepresidente Uniter.
Una lezione sulla fragilità che ci ha trasportato sull'isola di Calipso, nel verso dell'Odissea, tradotto da Luna Renda, più volte citata da Massimo, quando la ninfa prega Ulisse di non abbandonarla e gli offre l'immortalità. Ulisse rifiuta e accetta la fragilità dell'essere mortale come dono ancora più grande di una condizione divina.
Continua Massimo con Eugenio Borgna, e le parole che ci salvano nella tensione, nell'inquietudine e nella necessità di cui è costituito il nostro infinito. Rilegge un canto di Petrarca, dal Canzoniere, "La vita fugge" e con Rovelli, con Sant'Agostino, il tempo fugge, benché non esista, ma sia "Emozione del tempo", brivido di esistere.
Negli interessanti interventi finali mi piace ricordare altri libri:
La bellezza che resta di Fabrizio Coscia, l'intervento del neurologo Gianni Caruso, i dialoghi di Leucò di Cesare Pavese e Pico della Mirandola nell'intervento di Italo Leone, ricordare l'essenziale linguaggio umano che crea il tempo da Cesare Perri, l'elegia di Rilke, finendo con Gli angeli sopra Berlino di Wim Wenders.
Nella cieca speranza di esserci qui, hic et nunc, in felicità con gli studi amati. Dare vita agli anni e dare tempo al tempo.
Un dono che rileggeremo.
Ippolita Luzzo
giovedì 23 novembre 2017
Claudio Grattacaso: La notte che ci viene incontro. Manni Editori
"Filiamo a 150 all'ora" La collana Pretesti della Casa Editrice Manni pubblica il secondo libro di Claudio Grattacaso, autore segnalato al Premio Calvino, menzione speciale nel 2013 con La linea di fondo, libro uscito da Nutrimenti nel 2014.
Pretesti pubblica La notte che ci viene incontro nell'ottobre del 2017 ed io sto con questo libro aperto nelle molte suggestioni che mi rimanda. "Stava arrivando la fine del mondo via etere e noi ne eravamo spettatori" così davanti agli schermi arrivavano le immagini di terremoti, di invasioni di cavallette, e una pioggia di stelle ci avrebbe sommersi.
Quel giorno l'apocalisse non arrivò.
Seguo questa lettura con i ventimila euro tagliuzzati in mano, guardando truce mio fratello, così lontano dal vivere da avermene fatto perdere altrettanti, e non credo sia fiction o fantasy quel che leggo ma ormai una quotidianità fatta da immagini destabilizzanti, alle quali ci siamo abituati sia nel mondo fuori che in quello delle nostre case.
Leggo alcuni passaggi sorridendo, benché siano passaggi drammatici, nella "calma inverosimile, una sensazione di dolcezza che mitiga il dramma, gli oggetti attorno a noi assumono un aspetto solenne, sono testimoni della maestosità del trapasso, la vita soffia, va altrove"
Sarà il modo di raccontare di Claudio, l'odore tenero di campagna e di vento" ad addolcire i fatti, il fuoco con cui inizia il racconto, ardeva nelle sue pupille in un falò gigantesco.
Il fuoco sembra catarsi e rigenerazione, uguale significato di un continuo bruciare, nello sguardo e negli affetti tagliuzzati, dopo la dispersione degli averi.
Non si possiede nulla tranne la coscienza e la voglia di raccontarsela immaginando come irreale quello che in effetti stiamo vivendo davvero.
I finanziamenti saranno sbloccati fra qualche giorno...
Ieri sera vado a vedere un film che mi sembra abbia a che fare, solo come tematica, con questo libro. The place di Paolo Genovese.
Ebbene anche lì ci stava un corruttore, colui che induce altri al male, ci stava la corruzione, il guastarsi, il degenerare quando si è in preda ad un desiderio da soddisfare a tutti i costi, e ci stava quel consegnarsi, incaprettati, dico io, al signore sconosciuto, che può manovrare noi e il nostro libero arbitrio se non riusciremo a star fuori dalle ossessioni.
Io vorrei andarmene, lo dico col cuore in mano.Vorrei abdicare da questo consorzio di pazzi corrotti" Volare"
Filiamo a 150 all'ora.
Con Claudio Grattacaso
Ippolita Luzzo
lunedì 20 novembre 2017
Relazione Uniter 10 Novembre 2017
https://liberidiscrivere.com/2017/11/16/le-amiche-etica-nicomachea-di-aristotele-a-cura-di-ippolita-luzzo/
Venerdì 10 Novembre 2017 ho fatto mia relazione sulle amiche e Mario Maruca ha letto un mio antico pezzo “La pianta grassa” il cactus che non siamo.
Qui però, sorridendo, scriverò alcuni esemplari amicali incontrati negli anni. E osservati tali e quali dall'adolescenza all'età della saggezza.
Le amiche al guinzaglio, sono coloro, spesso sempre in due insieme, che non ammettono distrazioni una dell’altra. Se passa un altra conoscente è permesso il saluto ma non fermarsi a salutare.
Le amiche dominanti, coloro che comandano, hanno sempre ragione, e se l’altra esprime un dubbio viene zittita.
Amiche diverse che non telefonano mai, che telefonano solo se hanno chiamato a tante altre e avendo avuto buca poi chiamano te.
Amiche care che si lamentano con te delle altre amiche, a loro dire indifferenti e lontane.
Amiche che diranno sempre di te si spera bene, visto che affermano che sei tu la loro migliore amica.
Amiche di una età adulta, uguale e precise alle amiche della adolescenza, perché come ha detto Lidia Ravera l’altra sera, questo periodo della nostra vita è La seconda Adolescenza.
Amiche del cactus, La pianta grassa
Questo il pezzo di anni fa
La pianta grassa
Al cellulare:- L’amicizia è una pianta grassa.
Non ha (quasi) bisogno di acqua- mi dice la mia amica da Recanati, in gita con i suoi allievi, e continua- Sì, ho visto le tue telefonate, tranquilla, io ci sono sempre.-
Mi ritrovo a dover spiegare che:- Pensato avessi perso il telefonino, ho pensato che lo avessi rotto, ho pensato che-
Ma non l’ho detto- che del cactus io sento solo le spine.-
Molto probabile che siano solo spine difensive, solo spine involontarie, solo tempo che non c’è.
Clara Sereni, giornalista e scrittrice, un tempo fece un tentativo.
Inventò un luogo dove chi avesse avuto bisogno di compagnia, di aiuto amicale, sarebbe potuto andare.
Il marito, fiducioso, pronosticò il successo.
Lei era convinta del contrario e così chiarì all’ignaro e ingenuo uomo.- Vedi, tutti siamo disposti ad aiutare, vi sono infatti moltissime associazioni di volontariato in tal senso, aiutano le ragazze madri, i carcerati, i tossici, gli alcolizzati, gli ammalati, aiutare ti fa sentire forte, grande, ma nessuno è disposto a far vedere quanto lui abbia bisogno di uno sguardo, di compagnia, quanto lui sia vulnerabile.
Amicizia, strana parola, rara trovarla, più rara viverla insieme.
Bisogna accontentarsi che essa esista nel deserto arido del deserto
Clara Sereni decise ad un certo momento di andare a vivere in una casa di riposo.
Una stanza chiusa.
Una stanza da dove, impercettibilmente, il mondo del fuori sparirà, senza spine,
e nel chiuso di un nuovo ordine ognuno ripercorrerà i sentieri dei nidi di ragno,
raccontandosi storie che avrebbe voluto raccontare a quella amica, alla sua amica.
Non ha bisogno di acqua l’amicizia, mi sembra la stessa frase dell’uomo che ti dice:- Sono dentro te- mentre è lontano mille miglia, con nella mano un’altra, un altro.
Abbiamo tutti bisogno di acqua… senza acqua non si vive.
Dirlo non è debolezza, è solo una forza-
Noi non siamo cactus
Etica Nicomachea 1 aprile 2011
L’Etica Nicomachea parla delle virtù. Nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Chi la possiede la usa sia verso gli altri che verso se stessi. Libro V. Tutto un libro per la giustizia. Nei libri ottavo e nono si parla dell’amicizia
Ma cosa sono le virtù? Un’attività dell’anima razionale, una scelta verso il fine ultimo, la felicità. Ecco perché le virtù etiche non si posseggono, si scelgono e in questa scelta ci fanno diversi, ci costruiamo intorno un modus, un abito, un luogo dove noi trascorreremo la nostra vita. Cosa scegliamo?
In medio stat virtus. Il giusto mezzo, attraverso l’agire nel giusto mezzo si può raggiungere la felicità, perché noi siamo liberi di agire.
Ogni individuo – dice lui – è libero di scegliere perché è il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli. E nel libro VI dopo le virtù etiche ecco le virtù dianoetiche: la scienza – l’arte – la saggezza – l’intelligenza – la sapienza che è il grado più elevato, la somma fra scienza e intelligenza.
Due libri sulla amicizia la virtù che si accompagna alle virtù. A che servono tutte le altre senza questa? A chi dico ciò che so, se non ho amici. Con chi trascorro o scelgo di trascorrere il mio tempo se non ho un amico a cui riferirmi? Telefono al telefono amico? Tutta la storia dell’uomo virtuale o pratica è basata su legami fra individui, nelle convenzioni vi è sempre questo rito della socialità.
Poi l’amicizia; un sentimento che invera tutto ciò che pensi e che fai. Simile con il suo simile. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Begli amici che hai! Ci si giudica dalle frequentazioni. O no? E’ sempre stato così. Aristotele lo dice meglio di noi.
L’amico è una proiezione. Mi proietto in un altro, l’altro di me è l’esterno che vedo in me. Non è vero che ci sono tante forme di amicizie, una sola è l’amicizia, le altre conoscenze sono forme di socialità.
L’attenzione, la condivisione, le scelte, riguardano una sfera piccola, piccolissima, ristretta, dei pochi amici che noi scegliamo.
Aristotele dedica due libri dell’Etica all'amicizia, sentimento disinteressato, altrimenti si chiama opportunismo, lavoro, pranzo di lavoro, occasione sociale. Sentimento di simpatia.
Chi ci obbliga ad uscire, a ridere, a parlare con un altro? Certo la cortesia, il garbo, l’educazione quando una persona non ci piace ci trattengono ma perché poi continuare a frequentare chi non sentiamo amico? Nessuno ci obbliga, l’amicizia non è un obbligo, a volte io posso essere amico tuo, ma tu puoi essere o non essere amico mio. Può essere che l’altro ti accolga, ti sorrida, ti ascolti, ma tu non sei per lui il suo amico di riferimento, ti dimostri benevolenza, ma non cerca la tua benevolenza. Non sono mai semplici le cose. Sant’Agostino nelle Confessioni dedica pagine di una commozione immensa per la morte del suo amico. Le strade che avevano percorso insieme, i discorsi, i progetti, tutto parlava di lui che non c’era più. Uno sperdimento doloroso.
-Come ci siamo allontanati
Che cosa triste e bella
Così Vittorio Sereni e Franco Fortini erano due destini, uno giudica l’altro, ma chi sarà a condannare o assolvere entrambi?
si chiama Etica Nicomachea, perché Nicomaco è il figlio di Aristotele Ah Nicomaco come passato, passato sei! Un figlio che raccoglie e divulga ciò che il padre ha detto. Una bella stranezza in questo nostro tempo di figli viziati e onnipotenti – chiamati amore – tesoro e incitati allo scherno del giusto mezzo. E’ improprio parlare di amore e di amicizia nei rapporti che includono un dovere e una responsabilità, una severità e una disciplina. Scambiamo ora i nostri figli per amici – amori – tesori – e loro giustamente ci rispondono per le rime. Il nostro linguaggio come tutti i linguaggi è un virus . Il meme che abbiamo trasmesso ha creato una stortura. Come il gene per la genetica, il meme, unità di base è una informazione culturale replicabile nel pensiero di uno, di tanti. La memetica è l’eredità culturale. Una idea, una lingua, una melodia, una abilità che si trasmette commutazione, da un pensiero ad un altro. Aristotele mi fa compagnia da più tempo ora, si è adagiato come un meme nel mio pensiero che libero può ritornare a studi passati con sguardo recente.
Mi dice Fausto Torre: gli uomini sono asociali. Tutto ciò che costruiscono insieme ha senso utilitaristico. Mia cara Ippolita, tutto quello che facciamo è a nostra immagine e somiglianza. Oppure saremmo semplicemente diversi.
Etica Nicomachea due- Segnali di fumo
La parcellizzazione dell’amicizia
Cellulare – messaggi – internet – facebook – messenger – posta elettronica i nostri segnali di fumo oggi. Con i richiami ed i rinvii si crea l’abitudine, l’abitudine ad attendere. L’attesa che nasce in tutti noi è inevitabile e impalpabile. Lo spiega bene Saint- Exupery, forse glielo avrà detto Consuelo, sua moglie e sua musa ispiratrice, probabile vittima amorosa. Questo atteggiamento si chiama addomesticamento, lasciare che un altro attenda quello che tu hai già dimenticato. Nonostante questo nasce, sempre, negli animi deboli o in quelli forti, insopprimibile il bisogno di un affetto, di un amico. Non si può vivere solo con cose. Si tenta però, sostituiamo persone con altre persone, con cani, con gatti, gioielli, automobili, computer, amicizie virtuali e perciò non comprendibili l’alterità. C’è ora una alienazione degli affetti – dell’amore – dell’amicizia – della dedizione – del sacrificio – del rimorso – della nostalgia . Una rimozione. Ora si parcellizza tutto.
La parcellizzazione dell’amica.
Con una parli solo di acquisti, con un’altra solo di film, e via via amica che viene, argomento che vai. Si gira intorno ad una conversazione diventata asfittica, limitativa, un parlare a pezzi, a bocconi. Un boccone di famiglia, muuh! Buono, un po’ salato, un boccone di politica, di sport, di malattia. Un po’ di mistero. Nessuna notizia personale, potrebbe essere maneggiata, travisata, riportata, meglio non dire, o dire – Ho un impegno – Ci vediamo – Non ci vediamo – chissà!
Telefona tu – telefona quando vuoi, lo sai che mi fa piacere. Io no, è vero, non telefono, ma lo sai ho tanto da fare e poi non vorrei essere invadente. –
La benevolenza sociale ti lascia il dubbio di essere tu la sbagliata. Cosa farai? Telefonerai e sarai invadente, non avrai nulla da fare! Oppure non telefonerai ed imparerai la buona educazione? Ma dopo aver aspettato tanto e alla fine capitolato e telefonato ecco: – Ti sei persa, stavo proprio pensando a te, ti avrei chiamato sicuramente io oggi – e tu resti indecisa se urlare, imprecare, ucciderla o molto più prosaicamente stare in silenzio.
La benevolenza ti lascia così, con cortesia, con un sorriso, nel dubbio se quella persona voglia o no mai condividere un po’ quel che tu vuoi.
Condivisione umana che ci fa diversi dagli animali – così dice Aristotele a pag. 813 dell’Etica Nicomachea- BUR-. “In questo senso si predica il vivere assieme per gli uomini e non come per le bestie il consumare il pasto nel medesimo luogo. Bisogna percepire assieme all’amico anche che egli è, esiste e questo avrà luogo nel vivere assieme e nell’avere comunanza di discorso e di pensiero.”
Gli animali mangiano in gruppo ma non progettano un vivere sociale, spiega Aristotele. Io, guardando gli occhi buoni di Argo, il labrador di mia sorella, penso che il filosofo non fosse a conoscenza di quanto affetto possano dare cani e gatti, come ci rimproverano, come ci attendono, come ci ascoltano.
Manca sicuramente il momento della lite, delle recriminazioni, della parità, essi dipendono da noi, dalla nostra ciotola, proprio per questo non possono essere nostri amici.
Non hanno la libertà di sceglierci. Siamo noi a sceglierli. Vorremmo fare così anche con le persone.
In questa parcellizzazione odierna scompaiono i bocconi buoni, lasciando solo sapori artefatti di una cucina emulsionata e addensata, una cucina priva di amicizia. La parcellizzazione dell’amicizia ha lo stesso effetto alienante e spaesante del parcellizzare ogni settore della vita umana.
Le conversazioni fra amici, amiche, conoscenti, colleghi ripetono ritornelli sempre uguali. Ma tutto questo è perfettamente normale con i conoscenti, con un’amica no, non dovrebbe essere così. Perché un’amica ti cambia, con una sei in un modo, con un’altra sei diversa, cambia il sorriso, la postura, le frasi, gli argomenti, anche il lessico, a volte. Stupefacente, ma vero, è l’alchimia che ci testa. Bella, finché dura l’intesa, poi tutto finisce e iniziano le lamentazioni.Lamentele in effetti è più corretto, ma lamentazioni mi sa di biblico – Lei non mi capisce, è invidiosa, non telefona- e via da una parte e dall'altra.
Non c’è il tempo per una vera amicizia tutto scorre epidermicamente, in superficie, senza poter fermarsi a guardare.
Un’amica mi ha detto che la cucina preferita ora è quella pronta, già precotta, cibi da mettere velocemente in forno e portare in tavola, così senza spreco di tempo, di pensiero. Così è.
– Addirittura! – L’esclamazione di una donna ad un’ amica che le confessava di pensarla come riferimento importante nei suoi affetti, forse l’unico, in quel dato momento della sua vita.
Forse non era un rimprovero però, ma un modo per ridimensionare, per non enfatizzare, un modo per relativizzare rapporti umani tendenti fatalmente ed erroneamente all'assoluto.
L’altra pensò a quell' addirittura in vari modi, sempre via via diversi e il positivo si dispiegava lentamente e decisamente cancellando l’amarezza di non aver avuto come risposta il più banale
– anch'io – rimandante un’alterità utopica e perciò non realmente esistita.
Ciò che Aristotele, Sant'Agostino hanno argomentato sull'amicizia, sull'affetto, sul sentimento, rimane nella sfera dell’opinabile, del desiderabile, della tensione ma difficilmente e raramente in quella della realtà, del concreto.
Dal cactus che non siamo
Ippolita Luzzo
giovedì 16 novembre 2017
Conversazioni sentimentali in metropolitana di Elena Bibolotti
Associo il personaggio di Lara, incontrata da Carola alla stazione ferroviaria di Valle Aurelia, ad una mia amica di un tempo lontano. Carola, giornalista ed in possesso di un suo apparente equilibrio, mi sembra di conoscerla e leggo quindi il libro, pur nelle differenze di fatti lontanissimi, come una immersione nelle relazioni difficili e complicate, sia fra donne che fra uomini e donne nel campo minato della passione, dell'affetto, dell'amore, dell'amicizia.
Mi ritrovo a riflettere su quanto sia improbabile che si possa aiutare un altro o un'altra che non voglia essere aiutata, su quanto sia improbabile che possiamo noi aiutare noi stessi.
Carola scrive e ha pronto un suo romanzo, il suo compagno vorrebbe distoglierla dalla scrittura, una particolare forma di scrittura"Franco non vuole più che pubblichi certe storie"le dico aggrappandomi ad un sorriso forzato. Non posso confessarle che preferisco incatenarmi a uno che mi schiavizzerà presto, piuttosto che lottare ancora per la mia autonomia"dice ad un certo punto Carola.
Cosa sia l'autonomia femminile mi sembra il tema di queste Conversazioni sentimentali, scritte da Elena per riflettere su modelli di relazioni già oltremodo confusi e poco praticabili, essendo decaduti tutti i modelli a cui fare riferimento. Bugie e prevaricazioni, prostituzione e video, truffe, mail, ricchezza:"I pochi veri ricchi che ho conosciuto sono arroganti, nascono e muoiono sotto il peso della ricchezza di molte generazioni" e seduzione "La seduzione è una materia di studio, non l'orlo dell'esistenza"
Rimane inalterato questo comportamento seduttivo per cui ognuno di noi vorrebbe condurre con sé e da sé l'altro, questo è proprio il significato della parola, quel condurre un altro verso di noi, quella necessità vitale fatta di sguardi, di gesti, odori e parole: Conversazioni.
Nelle Conversazioni di Elena la seduzione della scrittura lascia il piacere di farci accompagnare con lei su quel volo dove Lara non si presenterà. Noi sì
Ippolita Luzzo
Mi ritrovo a riflettere su quanto sia improbabile che si possa aiutare un altro o un'altra che non voglia essere aiutata, su quanto sia improbabile che possiamo noi aiutare noi stessi.
Carola scrive e ha pronto un suo romanzo, il suo compagno vorrebbe distoglierla dalla scrittura, una particolare forma di scrittura"Franco non vuole più che pubblichi certe storie"le dico aggrappandomi ad un sorriso forzato. Non posso confessarle che preferisco incatenarmi a uno che mi schiavizzerà presto, piuttosto che lottare ancora per la mia autonomia"dice ad un certo punto Carola.
Cosa sia l'autonomia femminile mi sembra il tema di queste Conversazioni sentimentali, scritte da Elena per riflettere su modelli di relazioni già oltremodo confusi e poco praticabili, essendo decaduti tutti i modelli a cui fare riferimento. Bugie e prevaricazioni, prostituzione e video, truffe, mail, ricchezza:"I pochi veri ricchi che ho conosciuto sono arroganti, nascono e muoiono sotto il peso della ricchezza di molte generazioni" e seduzione "La seduzione è una materia di studio, non l'orlo dell'esistenza"
Rimane inalterato questo comportamento seduttivo per cui ognuno di noi vorrebbe condurre con sé e da sé l'altro, questo è proprio il significato della parola, quel condurre un altro verso di noi, quella necessità vitale fatta di sguardi, di gesti, odori e parole: Conversazioni.
Nelle Conversazioni di Elena la seduzione della scrittura lascia il piacere di farci accompagnare con lei su quel volo dove Lara non si presenterà. Noi sì
Ippolita Luzzo
mercoledì 15 novembre 2017
il Caso Braibanti di Massimiliano Palmese
La poesia di Braibanti alla fine, nel congedo "L’uomo pulisce, disinfesta, ma dopo ogni disinfestazione…
…le erbacce rinascono"
"e io dico che è troppo facile scandire frasi fatte
è troppo facile recitare quello che già tutti sappiamo
è troppo facile confondere la caricatura delle luna con la caricatura di un dito
ti ho dato tutto quello che mi restava formica azzurra
ti ho offerto il mutuo appoggio nella lotta per la sopravvivenza
ti ho lasciato aperte tutte le vie di fuga se non fossimo riusciti più a parlarci
formica azzurra la parola dell’uomo può uccidere
o essere un canto"
"io chiamo poesia un minuscolo gesto
l’ombra di un attore sul palco
un passo nell'autentica nudità"
Da molto tempo mi ripromettevo di scrivere su questo testo molto interessante di Massimiliano Palmese. Lo avevo letto una notte buia dell'agosto 2015 al seguito di chiacchierata, molto amicale, con l'autore, sui premi letterari. Massimiliano è stato finalista al premio Strega nel 2006, al terzo posto, con il suo romanzo d'esordio "L'amante proibita".
In quell'occasione lessi Il caso Braibanti ora in scena sui teatri italiani. Il testo è stato pubblicato nella collana Teatri di Carta dell’editore Caracò di Bologna
Con la regia di Giuseppe Marini, gli interpreti Fabio Bussotti, Mauro Conte, le musiche live Mauro Verrone Il caso Braibanti rievoca un assurdo caso giudiziario degli anni sessanta, il processo ad Aldo Braibanti, partigiano, artista, filosofo e naturalista, accusato di plagio verso Giovanni Sanfratello.
Assurdo, come il teatro dell'assurdo ci appare spesso il risultato della raccolta di atti quotidiani, del vivere fra i riti familiari e sociali, dello stare nelle carte processuali, dell'essere giudicati e processati per aver scelto quel che sembra difforme all''ortodossia imperante. Il processo Braibanti ci insegna che tutto può essere processabile, tutto, dal loro legame ad ogni altro comportamento diverso fino alla troppa castità intellettuale e fisica.
"la mia libertà è questo volere la necessità del mio sforzo"
Il testo di Massimiliano accoglie nelle sue pagine conclusive la poesia di Braibanti: Trasvoliamo, il congedo di Braibanti
Trasvoliamo
va’ formica azzurra
questo è un congedo provvisorio
tu da me
io da un mondo che mi diviene estraneo
quasi in silenzio
io e tu
poche parole ci devono bastare per vivere
…le erbacce rinascono"
è troppo facile recitare quello che già tutti sappiamo
è troppo facile confondere la caricatura delle luna con la caricatura di un dito
ti ho dato tutto quello che mi restava formica azzurra
ti ho offerto il mutuo appoggio nella lotta per la sopravvivenza
ti ho lasciato aperte tutte le vie di fuga se non fossimo riusciti più a parlarci
formica azzurra la parola dell’uomo può uccidere
o essere un canto"
l’ombra di un attore sul palco
un passo nell'autentica nudità"
Da molto tempo mi ripromettevo di scrivere su questo testo molto interessante di Massimiliano Palmese. Lo avevo letto una notte buia dell'agosto 2015 al seguito di chiacchierata, molto amicale, con l'autore, sui premi letterari. Massimiliano è stato finalista al premio Strega nel 2006, al terzo posto, con il suo romanzo d'esordio "L'amante proibita".
In quell'occasione lessi Il caso Braibanti ora in scena sui teatri italiani. Il testo è stato pubblicato nella collana Teatri di Carta dell’editore Caracò di Bologna
Con la regia di Giuseppe Marini, gli interpreti Fabio Bussotti, Mauro Conte, le musiche live Mauro Verrone Il caso Braibanti rievoca un assurdo caso giudiziario degli anni sessanta, il processo ad Aldo Braibanti, partigiano, artista, filosofo e naturalista, accusato di plagio verso Giovanni Sanfratello.
Assurdo, come il teatro dell'assurdo ci appare spesso il risultato della raccolta di atti quotidiani, del vivere fra i riti familiari e sociali, dello stare nelle carte processuali, dell'essere giudicati e processati per aver scelto quel che sembra difforme all''ortodossia imperante. Il processo Braibanti ci insegna che tutto può essere processabile, tutto, dal loro legame ad ogni altro comportamento diverso fino alla troppa castità intellettuale e fisica.
"la mia libertà è questo volere la necessità del mio sforzo"
Il testo di Massimiliano accoglie nelle sue pagine conclusive la poesia di Braibanti: Trasvoliamo, il congedo di Braibanti
Trasvoliamo
va’ formica azzurra
questo è un congedo provvisorio
tu da me
io da un mondo che mi diviene estraneo
quasi in silenzio
io e tu
poche parole ci devono bastare per vivere
venerdì 10 novembre 2017
La Resistenza del Maschio di Elisabetta Bucciarelli
In tempi di molestie di maschi verso femmine, molestie
avvenute nella notte dei tempi, il libro di Elisabetta Bucciarelli delinea un
altro maschio.
Comincia con alcune
poesie
C’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta. (Camille
Claudel)
L’Anima si sceglie il proprio Compagno –
Poi – chiude la Porta [...] (Emily Dickinson)
e poi “Mi guardi con occhi penetranti”... «non esiste mai una separazione definitiva,
non riesci a chiudere una storia come si deve, è una continua riesumazione,
siamo circondati da salme di rapporti»
«C’è una geometria in
ogni circostanza della vita. E ogni esistenza ha una sua forma geometrica»
L’uomo si presenta al
verbale della polizia stradale al ritorno
da una conferenza sull'architettura degli ordini monastici, ha appena
schivato uno scontro frontale, cioè avrebbe potuto essere uno scontro se la
conducente dell’altra vettura non avesse deliberatamente preferito andare a
sbattere contro un palo della luce. Comincia così questo romanzo a più voci,
più persone narranti, ognuna di esse con i suoi pensieri e il suo vissuto.
Seguiamo l’uomo, di cui non sappiamo il nome però conosciamo età e professione,
moglie e idiosincrasie, lo seguiamo all'università mentre spiega.
«Bella Prof» commenta un ragazzo in prima fila «Questo è un altro motivo per cui credo
sia importante insegnarvi a misurare le distanze, una volta che avremo stabilito
come si procede e ci saremo allenati a farlo, tutto sarà più semplice. Non solo
nella professione. Ricondurre l’esistenza a un segno è un’operazione di
sintesi. Noi siamo ancora fermi all'analisi, riconoscere le parti, trovare le invarianti,
ecco cosa mi aspetto da voi». Lui “È convinto che ci siano molti segreti nella
misura degli oggetti. Lui misura per trovare qualcosa che sente ma non conosce
ancora. Per cogliere le relazioni tra le cose e tra le persone.”
Per trovare il suo
posto nello spazio.
Da un’altra parte tre donne stanno aspettando in uno studio
ginecologico il dottore ancora assente e la conversazione verte sui maschi. Tre
donne: Chiara, Silvia Marta.
«La specie in
mutazione dei maschi che resistono» Dice sicura Marta «quella che si sottrae, che non fa il suo dovere, non protegge, non
mantiene, non fa i figli, non fa un beato cavolo di niente. Invade il
territorio e basta».
A scuola, nell’aula
universitaria troviamo il professore con Piero della Francesca «Seguitemi, geometria, dal greco gè, terra,
e metria, cioè misura. È la scienza che si occupa delle forme nel piano e nello
spazio e del loro stare insieme, delle loro relazioni».
da “Non ho
spazio” dal messaggio di lei al messaggio di lui, del professore, ora alle
prese con un altro spazio, lo spazio dei sentimenti.
Lo spazio per le cose
che desideriamo si trova sempre. Buona serata. (Il mio colore preferito è il
blu)e subito dopo la risposta “ anche
Klein cercava uno spazio sconosciuto, nascosto: il blu.”
«Ognuno potrà
riflettere sulla sua personale ricerca di una posizione altra, il desiderio di
trovare la propria dimensione incognita. A questo serve l’Arte, toglie il
respiro, come il desiderio. Offre possibilità, vie d’uscita dal consueto».
Chiude dicendo: «La
parola dimensione mi piace. Dice molte cose diverse. Tre sono facili da spiegare.
Lunghezza, altezza, larghezza. Poi c’è la quarta, più difficile. Il tempo».
Ritrovo nel leggere
un film molto amato, una produzione coreana
dal titolo Ferro 3. Ed intanto le tre donne si svelano, si raccontano e
sembrano simili ognuna di loro a moltissime altre donne conosciute, a me, alle
amiche, a chiunque. Storie di donne che vorrebbero una relazione fatta di
fiducia, di realtà, di corrispondenza e si ritrovano immerse nell'immaginario di un messaggio
“Vado avanti per
giorni e giorni con quel poco che sembra tutto, e continuo a raccontarmi la mia
storia. Ho cercato di scordarlo, l’ho mandato via, ho smesso di scrivergli,
sono sparita sperando ogni volta di perderlo per sempre, invece ritorna. Basta un
niente. Lui intendo. C’è sempre, non passa».
«Ma l’hai visto almeno
una volta?».
«Sì».
«E com'era?».
«Diverso, è come pensa
di dover essere per me, così io per lui. Come ci sembra di dover essere per noi.
Quello che siamo davvero più dei pezzi che abbiamo aggiunto da soli, come se
fosse un film».
Un libro di una verità assoluta
Ippolita Luzzo
mercoledì 8 novembre 2017
Le amiche del cactus
Venerdì farò mia relazione sulle amiche e leggerò un mio antico pezzo "La pianta grassa" il cactus che non siamo.
Qui però, sorridendo, scriverò alcuni esemplari amicali incontrati negli anni.
E osservati tali e quali dall'adolescenza all'età della saggezza
Le amiche al guinzaglio, sono coloro, spesso sempre in due insieme, che non ammettono distrazioni una dell'altra.
Se passa un altra conoscente è permesso il saluto ma non fermarsi a salutare.
Le amiche dominanti, coloro che comandano, hanno sempre ragione, e se l'altra esprime un dubbio viene zittita.
Amiche diverse che non telefonano mai, che telefonano solo se hanno chiamato a tante altre e avendo avuto buca poi chiamano te.
Amiche care che si lamentano con te delle altre amiche, a loro dire indifferenti e lontane.
Amiche che diranno sempre di te si spera bene, visto che affermano che sei tu la loro migliore amica.
Amiche di una età adulta, uguale e precise alle amiche della adolescenza, perché come ha detto Lidia Ravera l'altra sera, questo periodo della nostra vita è La seconda Adolescenza.
Amiche del cactus, La pianta grassa https://trollipp.blogspot.com/2013/04/la-pianta-grassa.html
Qui però, sorridendo, scriverò alcuni esemplari amicali incontrati negli anni.
E osservati tali e quali dall'adolescenza all'età della saggezza
Le amiche al guinzaglio, sono coloro, spesso sempre in due insieme, che non ammettono distrazioni una dell'altra.
Se passa un altra conoscente è permesso il saluto ma non fermarsi a salutare.
Le amiche dominanti, coloro che comandano, hanno sempre ragione, e se l'altra esprime un dubbio viene zittita.
Amiche diverse che non telefonano mai, che telefonano solo se hanno chiamato a tante altre e avendo avuto buca poi chiamano te.
Amiche care che si lamentano con te delle altre amiche, a loro dire indifferenti e lontane.
Amiche che diranno sempre di te si spera bene, visto che affermano che sei tu la loro migliore amica.
Amiche di una età adulta, uguale e precise alle amiche della adolescenza, perché come ha detto Lidia Ravera l'altra sera, questo periodo della nostra vita è La seconda Adolescenza.
Amiche del cactus, La pianta grassa https://trollipp.blogspot.com/2013/04/la-pianta-grassa.html
martedì 7 novembre 2017
Lidia Ravera all'Uniter
Non perdere la grazia anche quando si va a fondo.
Dopo i saluti del Presidente Italo Leone, comincia l'anno sociale dell'Uniter, Università della terza età di Lamezia Terme al suo ventinovesimo anno di età. Comincia con la parola grazia.
Mantenere la grazia, uno stato di grazia, anche e soprattutto davanti alle difficoltà, agli inciampi, all'età che ci trasforma, restando sempre noi stessi.
Inizia così Lidia Ravera il suo incontro con i soci dell'Uniter, riprendendo le ultime parole del video a lei dedicato, riprendendo le parole che stanno sulla fascetta del suo libro.
L'incontro fortemente voluto da Costanza Falvod'Urso ha visto un pubblico attento ed interessato nell'affollata sala, sede dell'Associazione.
"Scrivere è un atto di guerra contro gli stereotipi, contro il cliché della vecchiaia come un buco nero, anzi questo tempo, il terzo tempo dovrà essere portatore di meraviglia, si può finalmente inventare"
Prendo appunti essenziali sulle parole di Lidia Ravera, sul come possa essere un declino invecchiare insieme in una coppia e vedere nell'altro tempus fugit.
Mi ricordo un pezzo di De Crescenzo, quando lui con ironia garbata interrogava il suo specchio domandandosi come fosse invecchiato visto che ogni giorno controllava il suo viso senza scorgere cambiamento ed all'improvviso, zac, si vede vecchio, vecchio ma giovane.
Lidia Ravera e le età della vita degli uomini "Infanzia, adolescenza, maturità, e poi di nuovo adolescenza e infanzia. E il cerchio si chiude con l'infanzia, l'uomo di nuovo bisogno di cure" come quel famoso indovinello su chi fosse l'animale che dal mattino della vita gattona su quattro gambe poi su due e poi su tre gambe.
Non annoiarsi, mi sembra il suo l'imperativo categorico, d'altronde dai sessanta ai novanta ci stanno trenta anni, e non si può considerare chiusa e guardare con disprezzo una fase lunghissima della vita.
I suoi romanzi sono utili, ci sta dicendo, una stampella, quella stampella, chiamata letteratura, aggiungerei io.
Scritti per urgenza di comunicare, per creare relazione, per il piacere di sorprendersi ancora e di possedere quella grazia, quella levità per correre di nuovo.
Ippolita Luzzo
Dopo i saluti del Presidente Italo Leone, comincia l'anno sociale dell'Uniter, Università della terza età di Lamezia Terme al suo ventinovesimo anno di età. Comincia con la parola grazia.
Mantenere la grazia, uno stato di grazia, anche e soprattutto davanti alle difficoltà, agli inciampi, all'età che ci trasforma, restando sempre noi stessi.
Inizia così Lidia Ravera il suo incontro con i soci dell'Uniter, riprendendo le ultime parole del video a lei dedicato, riprendendo le parole che stanno sulla fascetta del suo libro.
L'incontro fortemente voluto da Costanza Falvod'Urso ha visto un pubblico attento ed interessato nell'affollata sala, sede dell'Associazione.
"Scrivere è un atto di guerra contro gli stereotipi, contro il cliché della vecchiaia come un buco nero, anzi questo tempo, il terzo tempo dovrà essere portatore di meraviglia, si può finalmente inventare"
Prendo appunti essenziali sulle parole di Lidia Ravera, sul come possa essere un declino invecchiare insieme in una coppia e vedere nell'altro tempus fugit.
Mi ricordo un pezzo di De Crescenzo, quando lui con ironia garbata interrogava il suo specchio domandandosi come fosse invecchiato visto che ogni giorno controllava il suo viso senza scorgere cambiamento ed all'improvviso, zac, si vede vecchio, vecchio ma giovane.
Non annoiarsi, mi sembra il suo l'imperativo categorico, d'altronde dai sessanta ai novanta ci stanno trenta anni, e non si può considerare chiusa e guardare con disprezzo una fase lunghissima della vita.
I suoi romanzi sono utili, ci sta dicendo, una stampella, quella stampella, chiamata letteratura, aggiungerei io.
Scritti per urgenza di comunicare, per creare relazione, per il piacere di sorprendersi ancora e di possedere quella grazia, quella levità per correre di nuovo.
Ippolita Luzzo
lunedì 6 novembre 2017
Le prime quindici vite di Harry August
Scrivo questo per te.
Il mio nemico.
Il mio amico.
Tu lo sai già, devi saperlo.
Hai perso.
Nel prologo già una sintesi dell'avventura che ci aspetta in lettura. Una lettura avvincente e sorprendente:"Il mondo sta per finire, il messaggio è passato da bambino a adulto, di generazione in generazione da qui a mille anni. Il mondo sta per finire e noi non possiamo evitarlo. Ora tocca a te" dal tedesco al thai, con l'unica lingua che esce dalle labbra di Harry leggiamo la risposta:"Perché?"
Dalla domanda risposta cominciamo dal principio.
La storia di Harry August nelle tre fasi dell'esistenza in cicli.
Rifiuto, esplorazione e accettazione.
Harry muore e rinasce, ricorda la precedente esperienza e la racconta con l'ironia data dalla distanza. "Quando vissi di nuovo la mia infanzia mi scoprii stranamente molto meno avventuroso. Fossi e dirupi su cui mi ero arrampicato nella prima vita sembravano all'improvviso pericolosi alla mia mente anziana e più conservatrice;indossavo il mio corpo di bambino come una vecchia potrebbe indossare un bikini troppo succinto."
"La mia morte e rinascita nel punto esatto in cui avevo cominciato mettevano fine alla discussione, e io vedevo tutto questo con l'amarezza e il distacco di uno scienziato le cui provette non hanno reagito" Racconta Harry, racconta lo spreco e la vanità del tutto come un nuovo Ecclesiaste,"Dicono che la mente non ricorda il dolore: io dico che non ha importanza, perché se pure la sensazione fisica è perduta, il ricordo del terrore che la circondava è intatto." dalla tenebre alla luce "Ci fu un lento strisciare verso la comprensione, alcune ore di sonno, e quindi un risveglio che rimase tale un po' più a lungo.Ci fu un lento ritorno alla dignità umana"
Con in mano i riferimenti biblici e le letture dei libri di fantascienza seguiamo le avventure di Harry che conosce il futuro e il passato e vive il presente come un flusso storico di avvenimenti. "Quando moriamo è come se il mondo si riavviasse e solo la memoria rimane a prova degli atti che abbiamo commesso"
Metto foglie rosse nel libro, come nella mia prima vita da scolara, sottolineo e disegno frecce, sorrido e mi porto dietro il libro al parco, a casa di mamma, in macchina. Guardo Harry nelle sue venticinque fotografie in copertina, tessere segnaletiche, alcune uguali, altre no, in un viso sempre lo stesso e riconosco in quei lineamenti un che di familiare: mio padre, mio figlio. Guardo l'immensa vastità delle somiglianze e mi accorgo delle svariate differenze fra uno e l'altro degli esseri vaganti su questo globo terrestre. Mi sorprende che una giovane donna, Claire North, abbia scritto un libro così, da anziana quasi, e credo che anche lei sia alla sua quarta o quinta vita. Chi può dirlo?
Con una scatola di cartone in mano, ognuno di noi, bambino di sette anni, ci presenteremo davanti la casa dei nostri genitori e sentiremo il fischio del treno che passa.
Nel tempo che continuerà anche il libro di Claire North inizia la sua nuova edizione ad Ottobre 2017 nella seconda vita in NN Edizioni. Ai due anni della casa editrice. Auguri biblici dalla Litweb
Il mio nemico.
Il mio amico.
Tu lo sai già, devi saperlo.
Hai perso.
Nel prologo già una sintesi dell'avventura che ci aspetta in lettura. Una lettura avvincente e sorprendente:"Il mondo sta per finire, il messaggio è passato da bambino a adulto, di generazione in generazione da qui a mille anni. Il mondo sta per finire e noi non possiamo evitarlo. Ora tocca a te" dal tedesco al thai, con l'unica lingua che esce dalle labbra di Harry leggiamo la risposta:"Perché?"
Dalla domanda risposta cominciamo dal principio.
La storia di Harry August nelle tre fasi dell'esistenza in cicli.
Rifiuto, esplorazione e accettazione.
Harry muore e rinasce, ricorda la precedente esperienza e la racconta con l'ironia data dalla distanza. "Quando vissi di nuovo la mia infanzia mi scoprii stranamente molto meno avventuroso. Fossi e dirupi su cui mi ero arrampicato nella prima vita sembravano all'improvviso pericolosi alla mia mente anziana e più conservatrice;indossavo il mio corpo di bambino come una vecchia potrebbe indossare un bikini troppo succinto."
"La mia morte e rinascita nel punto esatto in cui avevo cominciato mettevano fine alla discussione, e io vedevo tutto questo con l'amarezza e il distacco di uno scienziato le cui provette non hanno reagito" Racconta Harry, racconta lo spreco e la vanità del tutto come un nuovo Ecclesiaste,"Dicono che la mente non ricorda il dolore: io dico che non ha importanza, perché se pure la sensazione fisica è perduta, il ricordo del terrore che la circondava è intatto." dalla tenebre alla luce "Ci fu un lento strisciare verso la comprensione, alcune ore di sonno, e quindi un risveglio che rimase tale un po' più a lungo.Ci fu un lento ritorno alla dignità umana"
Con in mano i riferimenti biblici e le letture dei libri di fantascienza seguiamo le avventure di Harry che conosce il futuro e il passato e vive il presente come un flusso storico di avvenimenti. "Quando moriamo è come se il mondo si riavviasse e solo la memoria rimane a prova degli atti che abbiamo commesso"
Metto foglie rosse nel libro, come nella mia prima vita da scolara, sottolineo e disegno frecce, sorrido e mi porto dietro il libro al parco, a casa di mamma, in macchina. Guardo Harry nelle sue venticinque fotografie in copertina, tessere segnaletiche, alcune uguali, altre no, in un viso sempre lo stesso e riconosco in quei lineamenti un che di familiare: mio padre, mio figlio. Guardo l'immensa vastità delle somiglianze e mi accorgo delle svariate differenze fra uno e l'altro degli esseri vaganti su questo globo terrestre. Mi sorprende che una giovane donna, Claire North, abbia scritto un libro così, da anziana quasi, e credo che anche lei sia alla sua quarta o quinta vita. Chi può dirlo?
Con una scatola di cartone in mano, ognuno di noi, bambino di sette anni, ci presenteremo davanti la casa dei nostri genitori e sentiremo il fischio del treno che passa.
Nel tempo che continuerà anche il libro di Claire North inizia la sua nuova edizione ad Ottobre 2017 nella seconda vita in NN Edizioni. Ai due anni della casa editrice. Auguri biblici dalla Litweb
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