Giocarsela
ai dadi come la tunica di Gesù.
La nuova
democrazia sarà un gioco.
Tiriamo a
sorte e vincerà il più fortunato, colui o colei, che avrà la dea bendata a
fianco a sé.
Il governo
di una città, di un comune, di una nazione, almeno la sorte avrà favorevole.
Giocare ai
dadi e dirsi un numero, indovinare il numero vincente sarà la nuova abilità
richiesta a chi vorrà mettersi a capo della città.
Questa
retorica del voto, strumento di democrazia, è fin troppo scoperta, fin troppo
usata, non serve a niente.
I voti sono
il risultato di accordi, ormai. Le leggi
per votare hanno creato mille sottigliezze per non dare importanza al
voto. Il voto non esiste più. Esiste
solo lo scambio.
Il dominio,
il gioco.
I soldati si giocarono la tunica di colui che poi, qualcuno in nome suo, governò il mondo terreno e ultraterreno.
I soldati si giocarono la tunica di colui che poi, qualcuno in nome suo, governò il mondo terreno e ultraterreno.
Giochiamo al
gioco antico e affidiamo la nostra città al gioco della dea che, bendati, ci
giocherà nell'eterno girotondo... del meno peggio ci capiterà
Ai dadi, ai
dadi
"I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica.
Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo
"I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica.
Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo
Perciò dissero tra loro: Non
stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:
Si son
divise tra loro le mie vesti
e sulla
mia tunica han gettato la sorte.
E i
soldati fecero proprio così.
Della tunica poi non vi è più traccia