Il passeur nel paese della meraviglie.
Il paese delle meraviglie sta nella nostra testa, ci racconta la Oates nel libro uscito da poco da Saggiatore.
Il nostro cervello è il paese delle meraviglie.
Nel magico ruolo del blog, come regina del regno inesistente della Litweb, noi abitanti del paese delle meraviglie attendiamo fiduciosi l’alba e le altre albe colorate di stupore e meraviglie. Alla maniera di Aristotele, meravigliandoci.
Lo stupore sul viso di Domenico Dara, ieri cittadino onorario di Girifalco per meriti letterari, sembra il suggello di un anno grande in Litweb dove i successi dei nostri predi-letti sono i successi della Litweb tutta.
Lo stupore e la meraviglia per la recentissima laurea in architettura di Daniele Rizzuti all'Università Mediterranea di Reggio Calabria con una tesi sulla città come un alveare, una comunità dello spirito, una utopia che i professori hanno premiato con 110 e lode, aveva accanto la famiglia inventata della Litweb.
Il Premio Brancati, con il direttore artistico Raffaele Mangano, a settembre mi ha visto giurata e partecipante alla serata conclusiva a Zafferana Etnea, e via via a risalire i giorni a Corazzo, all'Abbazia Benedettina dove si sono letti i miei pezzi insieme alla relazione di Domenico Gattuso, mentre Antonello Caporale intonava anche lui, come tanti, il titolo di un mio pezzo caro:La cultura lallallà.
Il libro di Pietro Criaco, presentato a Decollatura, con i Koralira, bravi, bravi bravi, e poi poi a risalire Il Maggio dei libri, il Tropea Festival, Giurata nel Libro nel cassetto a Vibo che ha visto vincere Briciole dai piccioni di Alessandro Turati, per la casa editrice Neo. Mai avevano vinto loro, mai aveva vinto Alessandro, però in Litweb si vince sempre perciò stupore e meraviglia e conferme conferme conferme. I premi al bel libro di Alessandro Zaccuri, Lo spregio, i premi a Domenico Dara, i premi e le conferme ad autori bravi bravissimi dei quali per primo si parlò in Litweb.
Il paese delle meraviglie in Litweb, cioè io, continua nel ringraziare le case editrici e gli autori che mi danno fiducia e mi affidano i loro libri ancor prima che vadano in libreria a volte: Voland, NNE; NEO, PaginaUno, Tempesta Editore, Manni, Nutrimenti, e moltissime altre.
Nel paese delle meraviglie l'incontro con il gruppo lettura di Rimini e col gruppo lettura di Lamezia, incontri di amicizia e scambio, e l'amicizia corre con un libro in mano.
Vado a memoria in questo pomeriggio di fine anno, vado a memoria abbracciata ad un libro di Olimpio Talarico, conosciuto ieri a Girifalco.
Nella meravigliosa giostra degli incontri con un libro in mano l’amicizia si allarga nel regno della Litweb, il regno esiste e vive insieme a noi. È bello essere vivi in Litweb.
Bellissimo chiacchierare con Giuseppe Girimonti Greco, con Ilide Carmignani, con Claudia Melica, con moltissimi studiosi veri. Veri.
E su Achab io sto, su Achab, la rivista letteraria di Nando Vitali e Maria Rosaria Vado, su Achab con un mio pezzo: Ho un altro sud in testa. Su Achab con Armando Rotondi.
ed eccomi, ho in mano tutte le raccomandate con ricevute di ritorno presenti alla festa di Domenico Dara.
Stupore e meraviglia nel 2017, stupore e meraviglia triplicata per mille ci aspetterà nel 2018, nel paese delle meraviglie.
Nel giorno felice di un ruolo inventato, "il passeur", direbbe Pennac. Mi sento il passeur di tutti voi
Auguri
Ippolita Luzzo
domenica 31 dicembre 2017
sabato 30 dicembre 2017
La differenza fra Giancarlo Paola e i Volo al Caffè Letterario
20/03/2015
La
differenza fra Giancarlo Paola e i Volo, al Bar Del Popolo
Il successo
è una questione di incontri.
Ed i Volo incontrarono bene.
Tutto qui. La bravura
poi sarebbe espressione di personalità che i Volo non hanno, per ora. Parere
mio, dopo averli ascoltati in un filmato a Sanremo, vittoriosi. Interrogato
Giancarlo, sui Volo, mi disse,
educatamente, che loro hanno dei bei timbri vocali e che su questo registro
musicale fanno pop.
Io invece
posso dire che hanno intercettato la macchina che tutto macina e sono stati creati per dare un prodotto
confezionato a discapito di ogni individualità. Così come succede per libri,
film, arte, nel terribile mondo omologato e conformato.
Tutta
un’altra storia ascoltare stasera Melodie e Racconti.
Romanze,
Arie d’opera e canzoni dell’ottocento insieme a poesie di autori calabresi al caffè letterario del
Bar del Popolo in via Eroi di Sapri a
Lamezia Terme.
Il Bar del popolo dal 1960, quindi storico,
aveva saletta, ex sala da gioco
riconvertita da un anno al piacere delle arti con progetto europeo di
riqualificazione dei centri storici, offre lo spazio, gratuito, per lettura di
libri, ascolto di musica, come succede nelle città vere. Fra gli ospiti in
questo anno Pasquale Guaglianone, giornalista, corrispondente da Buenos Aires
di Rai Italia, la rete internazionale della Televisione Italiana.
Intanto che
prendo appunti Giancarlo prende la chitarra e
inizia con negli occhi la luce
della passione
Da un mio
post precedente prendo queste annotazioni
“Giovanissimo, Giancarlo è tenore, conseguito diploma in canto
nel 2013.
Modi
garbati, e misurati, insieme fanciullo, perché felice.
Felice di stare a suonare e cantare e recitare per noi “La donna è mobile" " A Spuntunera" " Mattinata" ” Libiamo ne' lieti calici” il brindisi in tempo di valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi
Felice di stare a suonare e cantare e recitare per noi “La donna è mobile" " A Spuntunera" " Mattinata" ” Libiamo ne' lieti calici” il brindisi in tempo di valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi
.
Giancarlo
non è solo un bravo tenore, ma anche un fine dicitore, ha letto con voce pulita
e con partecipazione, a volte ironica, a volte incuriosita, i racconti di
Saverio Strati, ”Gianni e la zappa”,” Il Prete e la pioggia”, “ Il contadino e
le fate” racconti scelti da lui, per dirci che nessuno deve scordare le sue
origini, nessuno si mette d’accordo per un benessere generale e nessuno è
felice se non si accontenta e non smette di chiedere.”
Domando come mai abbia ripreso il primo verso di un
canto popolare e lo abbia ripetuto alla fine, come sempre faccio anche io nei
miei post, e lui mi risponde che gli piace chiudere un cerchio, ritornando
sulla strofa con sua personalissima
aggiunta.
Questa io
credo sia la differenza fra chi è un prodotto e chi aggiunge sempre qualcosa di
sé stesso. Per il successo poi
aspettiamo la Clerici!
Ippolita
Luzzo
lunedì 25 dicembre 2017
Post natalizio al freddo e al gelo
Splendida giornata di sole oggi. Vado a fare due passi al Parco Felice Mastroianni, un parco intestato ad un caro e amato poeta originario di Platania. La giornata è splendida.
Il Natale sembra domenica, ogni domenica è l'incontro con l'avvenimento sacro della comunione con quella nascita, la possibilità per gli uomini di essere riscattati dal perdono da quel Dio inflessibile e onnipotente conosciuto attraverso la Bibbia.
Una rivoluzione fu il Natale, una rivoluzione del pensiero, un umanesimo della tolleranza e della disciplina.
Il messaggio fu travisato e chissà se lo conosceremo mai nella sua totale accezione rivoluzionaria, però dovrebbe rimanere, esso contiene i temi al centro del dibattito al freddo e al gelo del 2017.
E mentre il Natale viene consumato offendendo lo spirito stesso del Natale, al freddo e al gelo dei rapporti umani ci troviamo i telefonini invasi da video inneggianti solidarietà.
La disumanizzazione degli auguri. Video e immagini stereotipate presi da internet e schiaffati a tutti i contatti su whatsapp messenger e Facebook, in triplice augurio alle stesse persone, tanto chi li manda manco si accorge di averli già mandati.
Un freddo e un gelo che questo sole, luminoso e amabile dell'inverno tenta invano di scaldare.
Per noi una poesia di Felice Mastroianni
L' arcata sul sereno
Rifioriscon le rose
dei cieli sopra il mondo
e ricanta la vita
in un flusso di eterni
ritorni, sempre nuovi, delle cose.
Al respiro profondo
di selve e di marine
si disancora l'anima ai superni
lavacri della luce, oltre il confine
breve dell'ombra.
E d'azzurro s'irrora
la giovinezza mia
nella giovane luce dell'aurora.
A me la vita sia
non avara d'azzurro e di sereno
per te dolce Poesia.
Buon Natale da Litweb
Il Natale sembra domenica, ogni domenica è l'incontro con l'avvenimento sacro della comunione con quella nascita, la possibilità per gli uomini di essere riscattati dal perdono da quel Dio inflessibile e onnipotente conosciuto attraverso la Bibbia.
Una rivoluzione fu il Natale, una rivoluzione del pensiero, un umanesimo della tolleranza e della disciplina.
Il messaggio fu travisato e chissà se lo conosceremo mai nella sua totale accezione rivoluzionaria, però dovrebbe rimanere, esso contiene i temi al centro del dibattito al freddo e al gelo del 2017.
E mentre il Natale viene consumato offendendo lo spirito stesso del Natale, al freddo e al gelo dei rapporti umani ci troviamo i telefonini invasi da video inneggianti solidarietà.
La disumanizzazione degli auguri. Video e immagini stereotipate presi da internet e schiaffati a tutti i contatti su whatsapp messenger e Facebook, in triplice augurio alle stesse persone, tanto chi li manda manco si accorge di averli già mandati.
Un freddo e un gelo che questo sole, luminoso e amabile dell'inverno tenta invano di scaldare.
Per noi una poesia di Felice Mastroianni
L' arcata sul sereno
Rifioriscon le rose
dei cieli sopra il mondo
e ricanta la vita
in un flusso di eterni
ritorni, sempre nuovi, delle cose.
Al respiro profondo
di selve e di marine
si disancora l'anima ai superni
lavacri della luce, oltre il confine
breve dell'ombra.
E d'azzurro s'irrora
la giovinezza mia
nella giovane luce dell'aurora.
A me la vita sia
non avara d'azzurro e di sereno
per te dolce Poesia.
Buon Natale da Litweb
domenica 24 dicembre 2017
Presepi a Conflenti e la luna sta lì
La luna ogni notte si ferma e va a dormire lassù, mi dice Alberto, mostrandomi la chiesa della Querciuola, costruita nel luogo dove nel 1578 la Madonna è apparsa al pastorello Lorenzo Folino.
Nel discorso del ritorno parliamo tanto del sacro, un dialogo da due modi di vedere, quella del non credente e quello della credente. Resta nell'aria quel non detto dell'indicibile di una spiegazione che possa essere certa. Il pensiero umano non può dare certezze. Ed è in questa incertezza che nasce l'arte, nasce l'opera dell'uomo, della civiltà, delle conoscenze scientifiche, della costruzione di riti e presepi.
Nel tentativo di dare certezze nasce la famiglia, la struttura portante di una società, e stasera, per le vie di un paese dell'entroterra lametino, sentiamo l'impronta della storia, degli abitanti passati, andati via, del calore del fuoco che ci accoglie in un grande fusto con pezzi di legna accesa nelle strade dei vicoli. Arde il fuoco sui vicoli e incontriamo Pasquale Floro, artigiano di presepi. Sarà lui ad accompagnarci durante la nostra visita ai Presepi. Lina mi dona aiuto ogni volta, le stradine sono in discesa e in salita con pendenza uguale a quella delle strade di San Francisco, e richiedono equilibrio e stabilità di andatura. I presepi stanno nei magazzini, nelle mangiatoie, luoghi dove un tempo gli abitanti tenevano un asino, un maiale, le botti. Luoghi dove un tempo vivevano le famiglie. Tetti con travi a viste, muri di pietra, pavimento di terra battuta, entriamo.
Molti artisti hanno partecipato a questo terzo anno di Presepi a Conflenti,“Presepi nel Borgo” l’iniziativa ideata dal gruppo di conflentesi 'Gli amici del Casale' e i presepi hanno infatti il fascino dell'originalità, rispecchiando il pensiero e il momento creativo di ognuno di loro.
Vi sono presepi fatti di canne, di sabbia e pietra, incontriamo le cinquanta case intagliate su una grande radice di albero di ulivo, radice interrata per la costruzione di una strada e ritrovata durante i lavori per l'acquedotto. Storie di apparizioni e di nuove testimonianze, di un ulivo simbolo di pace. Sono i simboli infatti ciò che gli uomini creano, simboli da riconoscere affinché il senso delle piazze e dei luoghi d'incontri vadano al di là di una semplice bravura tecnica.
Giunti nella piazza ci informano delle iniziative dell'associazione "Felici&Conflenti" trasmissione della cultura coreutica e musicale dell'area del Reventino. Conosco ciò che fa Alessio Bressi e i suoi collaboratori dai racconti di amici entusiasti. Desiderano far vivere un luogo donando e trasmettendo la conoscenza, il simbolo, la musica, la convivialità.
L'aria è diversa da ogni altro luogo qui a Conflenti, l'aria è serena, mi verrebbe da scrivere se non fosse già nella canzone "O sole mio" una simile espressione, l'aria è leggera e pulita, l'aria è respirabile. Si respira. Incontriamo Anna, i bambini, il marito, Ivana, la sorella di Lina, incontriamo Calipari, un artista di talento, incontriamo gli Amici del Casale e la serata volge al termine con una striscia di luna lassù sulla Querciuola.
Ippolita Luzzo
Nel discorso del ritorno parliamo tanto del sacro, un dialogo da due modi di vedere, quella del non credente e quello della credente. Resta nell'aria quel non detto dell'indicibile di una spiegazione che possa essere certa. Il pensiero umano non può dare certezze. Ed è in questa incertezza che nasce l'arte, nasce l'opera dell'uomo, della civiltà, delle conoscenze scientifiche, della costruzione di riti e presepi.
Nel tentativo di dare certezze nasce la famiglia, la struttura portante di una società, e stasera, per le vie di un paese dell'entroterra lametino, sentiamo l'impronta della storia, degli abitanti passati, andati via, del calore del fuoco che ci accoglie in un grande fusto con pezzi di legna accesa nelle strade dei vicoli. Arde il fuoco sui vicoli e incontriamo Pasquale Floro, artigiano di presepi. Sarà lui ad accompagnarci durante la nostra visita ai Presepi. Lina mi dona aiuto ogni volta, le stradine sono in discesa e in salita con pendenza uguale a quella delle strade di San Francisco, e richiedono equilibrio e stabilità di andatura. I presepi stanno nei magazzini, nelle mangiatoie, luoghi dove un tempo gli abitanti tenevano un asino, un maiale, le botti. Luoghi dove un tempo vivevano le famiglie. Tetti con travi a viste, muri di pietra, pavimento di terra battuta, entriamo.
Molti artisti hanno partecipato a questo terzo anno di Presepi a Conflenti,“Presepi nel Borgo” l’iniziativa ideata dal gruppo di conflentesi 'Gli amici del Casale' e i presepi hanno infatti il fascino dell'originalità, rispecchiando il pensiero e il momento creativo di ognuno di loro.
Vi sono presepi fatti di canne, di sabbia e pietra, incontriamo le cinquanta case intagliate su una grande radice di albero di ulivo, radice interrata per la costruzione di una strada e ritrovata durante i lavori per l'acquedotto. Storie di apparizioni e di nuove testimonianze, di un ulivo simbolo di pace. Sono i simboli infatti ciò che gli uomini creano, simboli da riconoscere affinché il senso delle piazze e dei luoghi d'incontri vadano al di là di una semplice bravura tecnica.
Giunti nella piazza ci informano delle iniziative dell'associazione "Felici&Conflenti" trasmissione della cultura coreutica e musicale dell'area del Reventino. Conosco ciò che fa Alessio Bressi e i suoi collaboratori dai racconti di amici entusiasti. Desiderano far vivere un luogo donando e trasmettendo la conoscenza, il simbolo, la musica, la convivialità.
L'aria è diversa da ogni altro luogo qui a Conflenti, l'aria è serena, mi verrebbe da scrivere se non fosse già nella canzone "O sole mio" una simile espressione, l'aria è leggera e pulita, l'aria è respirabile. Si respira. Incontriamo Anna, i bambini, il marito, Ivana, la sorella di Lina, incontriamo Calipari, un artista di talento, incontriamo gli Amici del Casale e la serata volge al termine con una striscia di luna lassù sulla Querciuola.
Ippolita Luzzo
sabato 23 dicembre 2017
Acqua di Colonia- Addio sogni di gloria. Daniele Timpano ed Elvira Frosini
Sento e risento Addio sogni di gloria cantata da Di Stefano, stamani. Il brano di Carlo Innocenzi su versi di Marcella Rivi lanciato negli anni '50 da Luciano Virgili. Acqua di colonia, l'atto teatrale di Daniele Timpano ed Elvira Frosini, ieri sera al Tip, accolto con una folla spettatori in silenzio religioso, sacro quasi, perché sacro è il teatro, raccontava l'epopea delle colonie italiane durante il fascismo e aveva come motivo ricorrente questa canzone cantata da Di Stefano, altra grande voce italiana. Sulla scena veniva cantata e suggerita da Daniele e Elvira:
Quando ragazzi felici andavamo alla scuola
con la cartella a tracolla ed in tasca la mela
per il futuro avevamo un vestito di gala
quante speranze di gloria di celebrità
ma inesorabile il tempo tracciava il cammino
e a testa china anneghiamo nel nostro destino.
Addio Sogni Di Gloria addio castelli in aria Addio anni di gioventù perché perché non ritornate più Addio Sogni Di Gloria addio castelli in aria Meglio tacer le memorie
La scena è nuda, sul palco una piccola sedia scomoda, vi sta seduta una ragazza nera, ospite ignara dello spettacolo, e il duo scarno ed essenziale degli attori stanno a parlare fra di loro, a bassa voce, senza quasi accorgersi che li aspettiamo seduti in silenzio.
Il colonialismo, è tutta colpa del colonialismo anche italiano- dice Daniele ad Elvira in un lamento verso tutti i neri che la importunano nel vendere accendini.
Non sappiamo niente della nostra storia, continua, non sappiamo niente del mare nostrum, se non quel poco che abbiamo studiato a scuola oppure dai racconti di un nonno che ha fatto la guerra d'Africa. E qui mi ricordo il bel libro di Giulia Caminito La grande A, sulla nonna in Libia, e capisco quanto i libri abbiano cercato di farci conoscere quei morti asfissiati delle guerre coloniali. Tutto nero. Elvira enumera una serie di romanzi, Tempo di Uccidere di Flaiano, Terra matta di Vincenzo Rabito... come se tutto fosse finito e non lo è.
Questa cosa, il racconto di cosa fu il colonialismo, sembra non interessi nessuno eppure dovrebbe, vista la trasformazione degli abitanti italiani, visto l'arrivo e gli sbarchi e i morti e le sevizie, e gli affari che si fanno su questi arrivi.
Anni Trenta, Finale dell'Aida di Giuseppe Verdi:Marcia Trionfale
Gloria all' Egitto, ad Iside che il sacro suolo protegge Al Re che il Delta regge, inni festosi alziamo!
Gloria! Gloria! Gloria! Gloria al Re! Gloria gloria gloria!
Inni alziam, inni alziamo! Gloria gloria al Re!
Inni festosi alziamo!
Ora Daniele e Elvira ci chiedono di immaginare l'Africa, come fece Salgari nei suoi romanzi, immaginando luoghi dove non era stato, le nostre colonie, il caldo, l'umidità spaventosa, Massaua tutta bianca, il freddo. L'Africa dalla Guida dell'Africa Orientale del '38.
Abbiamo sconfitto il Negus, con la barba del Negus faremo spazzolini, le città imperiali, Immaginate la solitudine, l'equatore, le piogge improvvise, gli sciacalli arrivano e ti mangiano, il baobab e il sicomoro, il tabacco, il colibrì.
A pagina venti la guida parla dei Somali.
Ascoltiamo in silenzio Daniele.
Giallo, giallo come il deserto, l'Africa nera un giardino zoologico. Uno spazio vuoto, Tarzan, e assistiamo alla scoperta dell'Africa.
La mia Africa, il film con Meryl Streep.
Passano velocissime le immagini, il ritmo è sostenuto dall'incredibile velocità dei due interpreti, e Siamo confusi-dice Elvira, confusi da tante atrocità: Lo stupro di Gustavo Bianchi su una donna nera, le risate dei suoi amici, i troppi morti asfissiati col gas, i due film di Gualtiero Iacopetti: Mondo cane, Africa Addio.
Il giallo diventa nero. Sole nero.
Possiamo metterci gli occhiali da sole e dire il colonialismo non esiste? fare solo i turisti in Africa? Bagnarsi e sdraiarsi sulle spiagge di Malindi? mi viene in mente questa digressione mentre i due istrioni si stiracchiano al sole. Acqua d colonia non può essere acqua passata, il duce che si affaccia dal balcone, Minniti che ora si accorda con la Libia, dico io, Faccetta nera e Tripoli bel suol d'amore, Ne sarete degni? domanda il Duce. Osanna.
Scorrono i racconti di Montanelli, inconsapevole del male, i versi e le profezie di Pasolini, recitato da Elvira, quasi trasformata in Pasolini vivo e denunciante ancora.
Aida e Radames un teatro di potere, alle falde del Kilimangiaro l'Alli galli dei Watussi.
Il teatro è un luogo sacro e qui è possibile domandarsi alla luce della conoscenza dei fatti:-Ma siamo dei mostri?
Questo ci chiedono e si chiedono i due attori sulla scena in due ore di spettacolo incalzante, come nella piazze medioevali giungeva il banditore per informare.
Consapevoli di una Odissea nello spazio che vedrà l'alba di un sacchetto di spazzatura nero, anche noi "Pittore ti voglio parlare", canteremo Pittore ti voglio parlare mentre dipingi un altare.Io sono un povero negro e d'una cosa ti prego.Pur se la Vergine è bianca fammi un angelo negro. Senza farne una parodia, oppure capendo tutto il dissacrante della parodia.
Ippolita Luzzo
Quando ragazzi felici andavamo alla scuola
con la cartella a tracolla ed in tasca la mela
per il futuro avevamo un vestito di gala
quante speranze di gloria di celebrità
ma inesorabile il tempo tracciava il cammino
e a testa china anneghiamo nel nostro destino.
Addio Sogni Di Gloria addio castelli in aria Addio anni di gioventù perché perché non ritornate più Addio Sogni Di Gloria addio castelli in aria Meglio tacer le memorie
La scena è nuda, sul palco una piccola sedia scomoda, vi sta seduta una ragazza nera, ospite ignara dello spettacolo, e il duo scarno ed essenziale degli attori stanno a parlare fra di loro, a bassa voce, senza quasi accorgersi che li aspettiamo seduti in silenzio.
Il colonialismo, è tutta colpa del colonialismo anche italiano- dice Daniele ad Elvira in un lamento verso tutti i neri che la importunano nel vendere accendini.
Non sappiamo niente della nostra storia, continua, non sappiamo niente del mare nostrum, se non quel poco che abbiamo studiato a scuola oppure dai racconti di un nonno che ha fatto la guerra d'Africa. E qui mi ricordo il bel libro di Giulia Caminito La grande A, sulla nonna in Libia, e capisco quanto i libri abbiano cercato di farci conoscere quei morti asfissiati delle guerre coloniali. Tutto nero. Elvira enumera una serie di romanzi, Tempo di Uccidere di Flaiano, Terra matta di Vincenzo Rabito... come se tutto fosse finito e non lo è.
Questa cosa, il racconto di cosa fu il colonialismo, sembra non interessi nessuno eppure dovrebbe, vista la trasformazione degli abitanti italiani, visto l'arrivo e gli sbarchi e i morti e le sevizie, e gli affari che si fanno su questi arrivi.
Anni Trenta, Finale dell'Aida di Giuseppe Verdi:Marcia Trionfale
Gloria all' Egitto, ad Iside che il sacro suolo protegge Al Re che il Delta regge, inni festosi alziamo!
Gloria! Gloria! Gloria! Gloria al Re! Gloria gloria gloria!
Inni alziam, inni alziamo! Gloria gloria al Re!
Inni festosi alziamo!
Ora Daniele e Elvira ci chiedono di immaginare l'Africa, come fece Salgari nei suoi romanzi, immaginando luoghi dove non era stato, le nostre colonie, il caldo, l'umidità spaventosa, Massaua tutta bianca, il freddo. L'Africa dalla Guida dell'Africa Orientale del '38.
Abbiamo sconfitto il Negus, con la barba del Negus faremo spazzolini, le città imperiali, Immaginate la solitudine, l'equatore, le piogge improvvise, gli sciacalli arrivano e ti mangiano, il baobab e il sicomoro, il tabacco, il colibrì.
A pagina venti la guida parla dei Somali.
Ascoltiamo in silenzio Daniele.
Giallo, giallo come il deserto, l'Africa nera un giardino zoologico. Uno spazio vuoto, Tarzan, e assistiamo alla scoperta dell'Africa.
La mia Africa, il film con Meryl Streep.
Passano velocissime le immagini, il ritmo è sostenuto dall'incredibile velocità dei due interpreti, e Siamo confusi-dice Elvira, confusi da tante atrocità: Lo stupro di Gustavo Bianchi su una donna nera, le risate dei suoi amici, i troppi morti asfissiati col gas, i due film di Gualtiero Iacopetti: Mondo cane, Africa Addio.
Il giallo diventa nero. Sole nero.
Possiamo metterci gli occhiali da sole e dire il colonialismo non esiste? fare solo i turisti in Africa? Bagnarsi e sdraiarsi sulle spiagge di Malindi? mi viene in mente questa digressione mentre i due istrioni si stiracchiano al sole. Acqua d colonia non può essere acqua passata, il duce che si affaccia dal balcone, Minniti che ora si accorda con la Libia, dico io, Faccetta nera e Tripoli bel suol d'amore, Ne sarete degni? domanda il Duce. Osanna.
Scorrono i racconti di Montanelli, inconsapevole del male, i versi e le profezie di Pasolini, recitato da Elvira, quasi trasformata in Pasolini vivo e denunciante ancora.
Aida e Radames un teatro di potere, alle falde del Kilimangiaro l'Alli galli dei Watussi.
Il teatro è un luogo sacro e qui è possibile domandarsi alla luce della conoscenza dei fatti:-Ma siamo dei mostri?
Questo ci chiedono e si chiedono i due attori sulla scena in due ore di spettacolo incalzante, come nella piazze medioevali giungeva il banditore per informare.
Consapevoli di una Odissea nello spazio che vedrà l'alba di un sacchetto di spazzatura nero, anche noi "Pittore ti voglio parlare", canteremo Pittore ti voglio parlare mentre dipingi un altare.Io sono un povero negro e d'una cosa ti prego.Pur se la Vergine è bianca fammi un angelo negro. Senza farne una parodia, oppure capendo tutto il dissacrante della parodia.
Ippolita Luzzo
venerdì 22 dicembre 2017
I più letti nel 2017 sul blog Ippolita la regina della Litweb
Inizia l’anno con I miei Premi, un pezzo che viene ospitato da Giacomo Verri i primi di gennaio del 2017 e poi riportato nel mio blog. Qui vi metto i pezzi più letti con accanto il numero delle letture.
I primi dieci libri più letti e a seguire i primi cinque. A 600 stanno molti.
Un anno di letture.
Un anno ospite da Liberi di Scrivere di Giulietta Iannone e da Gianluigi Bodi, un anno sulla rivista CabaretBisanzio di Enzo Paolo Baranelli. Grazie a voi.
I più letti:
Gioacchino raccontato dai suoi fiori di Francesco Polopoli 2604
I pescatori di tonni di Raffaele Mangano 1638
Vite e morte delle aragoste di Nicola Cosentino 1160
Eclissi di Ezio Sinigaglia 1018
La stanza profonda di Vanni Santoni 985
Storia di una passione politica: Tina Anselmi di Anna Vinci 935
Riccardin dal ciuffo di Amélie Nothomb 876
Tatty, il romanzo di Christine Dwyer Hickey 770
Verso qualcuno Roberto Pallocca 708
Via dell’Aspromonte di Pietro Criaco 708
Strategia dell’addio Elena Mearini 703
Il regalo di Nessus, Irlanda e Scozia da Paginauno 671
La notte che ci viene incontro Claudio Grattacaso 649
Mia figlia Don Chisciotte di Alessandro Garigliano 637
Italia di Massimo Franceschelli 631
Ippolita Luzzo
I primi dieci libri più letti e a seguire i primi cinque. A 600 stanno molti.
Un anno di letture.
Un anno ospite da Liberi di Scrivere di Giulietta Iannone e da Gianluigi Bodi, un anno sulla rivista CabaretBisanzio di Enzo Paolo Baranelli. Grazie a voi.
I più letti:
Gioacchino raccontato dai suoi fiori di Francesco Polopoli 2604
I pescatori di tonni di Raffaele Mangano 1638
Vite e morte delle aragoste di Nicola Cosentino 1160
Eclissi di Ezio Sinigaglia 1018
La stanza profonda di Vanni Santoni 985
Storia di una passione politica: Tina Anselmi di Anna Vinci 935
Riccardin dal ciuffo di Amélie Nothomb 876
Tatty, il romanzo di Christine Dwyer Hickey 770
Verso qualcuno Roberto Pallocca 708
Via dell’Aspromonte di Pietro Criaco 708
Strategia dell’addio Elena Mearini 703
Il regalo di Nessus, Irlanda e Scozia da Paginauno 671
La notte che ci viene incontro Claudio Grattacaso 649
Mia figlia Don Chisciotte di Alessandro Garigliano 637
Italia di Massimo Franceschelli 631
Ippolita Luzzo
giovedì 21 dicembre 2017
Potrebbe trattarsi di ali
In periodo di angeli che annunciano la venuta del Cristo Redentore mi trovo a parlare di altre ali, le ali di Colomba, una delle protagoniste del libro di Emilia, Potrebbe trattarsi di ali.
"La vita è diventata un rocchetto di legno intorno cui si arrotola sempre lo stesso filo e sempre nello stesso modo, formando ogni volta lo stesso disegno a losanga che sembra quello di un pavimento dilatato."
Così succede che "Colomba legge e si tocca la schiena. Da qualche tempo vive con un dolore sommesso, cronico, non troppo forte ma neanche troppo lieve. È convinta provenga dalla tumefazione che sente sotto le scapole, grande come una manciata di fango. Presto farà una visita al centro, pensa, mentre tira la cagna vicina al piede."
Conosciamo Colomba
"Lei ha il nome della nonna paterna, Colomba Maria. In casa, però, è da sempre Beba. Sua madre era brava a trovare nomignoli, e Colomba è rimasta Beba, anche ora che ha cinquantacinque anni e quel appellativo comincia a essere piuttosto breve per la sua età.
Vuoi che t’inizi a chiamare Colomba proprio adesso, che non hai mai volato in tutta la tua vita? Le aveva chiesto crudele, il marito, e i figli avevano riso con lui. Era stato a Ferragosto, mentre sul terrazzo al mare mangiavano linguine con l’astice.
E se avessi ali nascoste?"
Alcuni momenti dopo...
"Ma lei sente che potrebbe trattarsi di ali, quando la schiena comincia a bruciare.
Le sente annunciarsi con un prurito violento, come se tentassero di sbucare dalle ossa facendosi spazio tra la massa muscolare. Ne avverte il frullo la sera, prima di addormentarsi, come un arpeggio lieve tra le scapole. E ne ha quasi la prova, quando si guarda allo specchio il mattino e porta le dita della mano su due piccolissimi avvallamenti seguiti da due bozzi." e mentre Colomba trova un amica anch'essa con le ali noi leggiamo il secondo racconto e incontriamo Camillo senza una mano.
Sono racconti tristi, racconti di mancanze, racconti Fuori misura, come quello di Agnese,"Io sono uscita fuori misura. Sono andata oltre ogni immaginazione genetica in quanto a formosità. Sono over, come un soufflé che, fidando nella capacità contenitiva del ruoto, ha debordato dal forno"
Le cose accadono "Come si fa a dire se. Le cose accadono quando è il momento loro, come per i frutti maturi, che se non li raccogli in tempo sfracellano a terra. Me lo ripeto, a volte senza convinzione.Perché invece le cose capitano soprattutto quando le aiutiamo a diventare.
"Ogni storia è fatta di almeno due storie, una in primo piano e una, più intima e personale, nel fondo: era quella a venire via via in superficie, era quella la matrice del racconto."
"È il protagonista della storia che andiamo a raccontare, che agisce, pensa, soffre, ama, che nella sua ordinarietà ha una qualche qualità straordinari"
"Potrebbe trattarsi di ali" la raccolta di racconti di Emilia Bersabea Cirillo al femminile di una narrazione intimistica, come si usava un tempo, al tempo di una narrazione piana e discorsiva, trova lo spazio fra conversazioni letterarie di una casa editrice L'Iguana, tutta al femminile.
Potrebbe trattarsi di ali eppure non lo saranno però nel periodo degli angeli sarà augurale.
Ippolita Luzzo
"La vita è diventata un rocchetto di legno intorno cui si arrotola sempre lo stesso filo e sempre nello stesso modo, formando ogni volta lo stesso disegno a losanga che sembra quello di un pavimento dilatato."
Così succede che "Colomba legge e si tocca la schiena. Da qualche tempo vive con un dolore sommesso, cronico, non troppo forte ma neanche troppo lieve. È convinta provenga dalla tumefazione che sente sotto le scapole, grande come una manciata di fango. Presto farà una visita al centro, pensa, mentre tira la cagna vicina al piede."
Conosciamo Colomba
"Lei ha il nome della nonna paterna, Colomba Maria. In casa, però, è da sempre Beba. Sua madre era brava a trovare nomignoli, e Colomba è rimasta Beba, anche ora che ha cinquantacinque anni e quel appellativo comincia a essere piuttosto breve per la sua età.
Vuoi che t’inizi a chiamare Colomba proprio adesso, che non hai mai volato in tutta la tua vita? Le aveva chiesto crudele, il marito, e i figli avevano riso con lui. Era stato a Ferragosto, mentre sul terrazzo al mare mangiavano linguine con l’astice.
E se avessi ali nascoste?"
Alcuni momenti dopo...
"Ma lei sente che potrebbe trattarsi di ali, quando la schiena comincia a bruciare.
Le sente annunciarsi con un prurito violento, come se tentassero di sbucare dalle ossa facendosi spazio tra la massa muscolare. Ne avverte il frullo la sera, prima di addormentarsi, come un arpeggio lieve tra le scapole. E ne ha quasi la prova, quando si guarda allo specchio il mattino e porta le dita della mano su due piccolissimi avvallamenti seguiti da due bozzi." e mentre Colomba trova un amica anch'essa con le ali noi leggiamo il secondo racconto e incontriamo Camillo senza una mano.
Sono racconti tristi, racconti di mancanze, racconti Fuori misura, come quello di Agnese,"Io sono uscita fuori misura. Sono andata oltre ogni immaginazione genetica in quanto a formosità. Sono over, come un soufflé che, fidando nella capacità contenitiva del ruoto, ha debordato dal forno"
Le cose accadono "Come si fa a dire se. Le cose accadono quando è il momento loro, come per i frutti maturi, che se non li raccogli in tempo sfracellano a terra. Me lo ripeto, a volte senza convinzione.Perché invece le cose capitano soprattutto quando le aiutiamo a diventare.
"Ogni storia è fatta di almeno due storie, una in primo piano e una, più intima e personale, nel fondo: era quella a venire via via in superficie, era quella la matrice del racconto."
"È il protagonista della storia che andiamo a raccontare, che agisce, pensa, soffre, ama, che nella sua ordinarietà ha una qualche qualità straordinari"
"Potrebbe trattarsi di ali" la raccolta di racconti di Emilia Bersabea Cirillo al femminile di una narrazione intimistica, come si usava un tempo, al tempo di una narrazione piana e discorsiva, trova lo spazio fra conversazioni letterarie di una casa editrice L'Iguana, tutta al femminile.
Potrebbe trattarsi di ali eppure non lo saranno però nel periodo degli angeli sarà augurale.
Ippolita Luzzo
Stefano Bon La ragazza che andò all'inferno
Castelvecchi Edizioni pubblica per la collana Emersioni nel giugno 2017 La ragazza che andò all'inferno di Stefano Bon.
Un noir, un noir però trascolorante al rosa ed al mistery.
Dedicato ad Anna, come Anna, non a caso, è il nome della protagonista.
"«Anna ho avuto un incidente», era Andrea e le sue parole ebbero il potere
di cristallizzare tutta la tensione.
«Ti sei fatto male?», il tono era quello con cui si parla a un bambino
appena caduto dall’altalena.
«No no, niente di grave. Sono andato a sbattere con lo scooter, mi
tengono qui sotto osservazione è una forma di cautela».
La voce di Andrea si affievoliva man mano che la frase procedeva.
Anna invece riprese vigore perché udiva la sua voce, quindi poteva
sentirsi sicura che non era accaduto nulla di grave e tutto ciò che aveva
provato non era stato altro che un semplice presentimento.
«Andrea, vengo a prenderti in ospedale».
Lui rispose con un «Ok ok» distratto e riagganciò.
Anna era perplessa; qualcosa ancora non le quadrava: la voce di Andrea sembrava provenire da un altro pianeta, in più non le aveva rivolto alcuna premura e non era da lui."
Siamo subito coinvolti in questa storia, che leggeremo trascorrendo piacevolmente il tempo con una serie di vicende narrate con velocità, una scena e poi un'altra, come piacciono ora nei film, dove accade di tutto. Anche qui accade di tutto, in un anno quasi, ma qui siamo nel campo del puro divertimento e dell'intrattenimento e quindi lo leggiamo sorridendo dell'abilità dello scrittore di inventare situazioni e di lasciarle andare o risolverle col tocco lieve della scrittura."Uccidere quell'uomo fu facile come accendere un fornello. La foto mostrava un uomo anziano, robusto e dall'aspetto dozzinale. Anna guardò l’immagine giusto il tempo per memorizzarne il volto." Un noir divertente e affettuoso, con uno sguardo sempre benevolo verso qualsiasi stranezza compia la protagonista, anzi noi stessi quasi quasi faremo come lei, perché no? un romanzo #tuttodunfiato come si usa dire ora.
Alcune immagini
"Il gatto del vicino, un grosso felino dal pelo rosso, aveva catturato un passero e lo teneva tra le zampe.
Anna rabbrividì.
Le dispiaceva per l’uccellino, ma anche per il gatto, non poteva conoscere l’importanza della responsabilità di spezzare una vita" ed infatti si dispiaceva sia per il gatto che per l'uccellino! Cioè per nessuno. Una folla di personaggi appaiono come strani abitanti di una terra di mezzo, senza più il filtro per gli eccessi che siano le perversioni, viste come perversioni tutte le idee ossessive, come l'andare in Chiesa e poi essere algide e fredde esattamente come una mia zia. Lei recita Ave Maria ed è esattamente come i suoceri di Anna. Nel gioco poi di trovarvi tutti i vostri e nostri conoscenti, come comparse dello straordinario mondo di Anna, vi rimando al libro.
Ippolita Luzzo
Stefano Bon
(Ravenna 1963) Ha militato per molti anni in una rock band come cantante, poi si è occupato di musica e cinema scrivendo su testate locali e nazionali. Autore di testi per cinema e teatro, ha diretto due cortometraggi e ha messo in scena varie pièces. È organizzatore di eventi letterari. Nel 2007 è uscito il suo primo romanzo Il giorno in cui sono stata uccisa è stato il più bello della mia vita.
Un noir, un noir però trascolorante al rosa ed al mistery.
Dedicato ad Anna, come Anna, non a caso, è il nome della protagonista.
"«Anna ho avuto un incidente», era Andrea e le sue parole ebbero il potere
di cristallizzare tutta la tensione.
«Ti sei fatto male?», il tono era quello con cui si parla a un bambino
appena caduto dall’altalena.
«No no, niente di grave. Sono andato a sbattere con lo scooter, mi
tengono qui sotto osservazione è una forma di cautela».
La voce di Andrea si affievoliva man mano che la frase procedeva.
Anna invece riprese vigore perché udiva la sua voce, quindi poteva
sentirsi sicura che non era accaduto nulla di grave e tutto ciò che aveva
provato non era stato altro che un semplice presentimento.
«Andrea, vengo a prenderti in ospedale».
Lui rispose con un «Ok ok» distratto e riagganciò.
Anna era perplessa; qualcosa ancora non le quadrava: la voce di Andrea sembrava provenire da un altro pianeta, in più non le aveva rivolto alcuna premura e non era da lui."
Siamo subito coinvolti in questa storia, che leggeremo trascorrendo piacevolmente il tempo con una serie di vicende narrate con velocità, una scena e poi un'altra, come piacciono ora nei film, dove accade di tutto. Anche qui accade di tutto, in un anno quasi, ma qui siamo nel campo del puro divertimento e dell'intrattenimento e quindi lo leggiamo sorridendo dell'abilità dello scrittore di inventare situazioni e di lasciarle andare o risolverle col tocco lieve della scrittura."Uccidere quell'uomo fu facile come accendere un fornello. La foto mostrava un uomo anziano, robusto e dall'aspetto dozzinale. Anna guardò l’immagine giusto il tempo per memorizzarne il volto." Un noir divertente e affettuoso, con uno sguardo sempre benevolo verso qualsiasi stranezza compia la protagonista, anzi noi stessi quasi quasi faremo come lei, perché no? un romanzo #tuttodunfiato come si usa dire ora.
Alcune immagini
"Il gatto del vicino, un grosso felino dal pelo rosso, aveva catturato un passero e lo teneva tra le zampe.
Anna rabbrividì.
Le dispiaceva per l’uccellino, ma anche per il gatto, non poteva conoscere l’importanza della responsabilità di spezzare una vita" ed infatti si dispiaceva sia per il gatto che per l'uccellino! Cioè per nessuno. Una folla di personaggi appaiono come strani abitanti di una terra di mezzo, senza più il filtro per gli eccessi che siano le perversioni, viste come perversioni tutte le idee ossessive, come l'andare in Chiesa e poi essere algide e fredde esattamente come una mia zia. Lei recita Ave Maria ed è esattamente come i suoceri di Anna. Nel gioco poi di trovarvi tutti i vostri e nostri conoscenti, come comparse dello straordinario mondo di Anna, vi rimando al libro.
Ippolita Luzzo
Stefano Bon
(Ravenna 1963) Ha militato per molti anni in una rock band come cantante, poi si è occupato di musica e cinema scrivendo su testate locali e nazionali. Autore di testi per cinema e teatro, ha diretto due cortometraggi e ha messo in scena varie pièces. È organizzatore di eventi letterari. Nel 2007 è uscito il suo primo romanzo Il giorno in cui sono stata uccisa è stato il più bello della mia vita.
martedì 19 dicembre 2017
Le cartellate di Altamura
Un pezzo del 2011
Dolci d’altri tempi. Rondelle di pasta spianata col mattarello e poi fritta, passata nel vino cotto. La mia amica le aveva portate con sé da Altamura, era andata a salutare i parenti per le feste
Sera di capodanno 2011.
Dopocena.
Sono passata da lei prima di rientrare a casa e davanti alla televisione accesa, col volume basso però, il caminetto anche esso acceso, lei ha preso due bicchieri, lo spumante, e le cartellate.
Sedute una di fronte all'altra abbiamo mangiato le sfoglie imbevute di vino cotto nello stesso contenitore, abbiamo intinto le
nostre dita nel brunito saporoso e profumato del tempo raccontando di noi, delle figlie, di mio figlio, di amori passati e sempre presenti, dei suoi anni a Firenze, delle lotte studentesche, del dottorato di ricerca, della carriera universitaria che avrebbe potuto fare e non aveva fatto. Aveva scelto l’amore, l’uomo che la teneva per mano e che l’aveva ricondotta al sud, le aveva donato due figlie, alcuni beni, e lei aveva lavorato con dedizione per anni.
Lui, col tempo, si era eclissato, aveva scelto altro, e lei era rimasta nella estatica contemplazione di come tutto ciò era stato possibile. Le cartellate si scioglievano sulla lingua, io mangiavo golosa, ma non sono mai stata golosa di dolci.
IL sapore acidulo del vino me li rendeva gradevoli, le avrei mangiate tutte, ma non potevo, non si fa.
Altamura ritornava nei suoi racconti di bambina, le case abitate da tanti, nonni, zii, cugini, fratello, genitori, il pane di grano duro, alto, da tagliare a grandi fette, e mangiare così, solo col suo giallo intenso in mano, e poi ritornavamo a guardare queste nostre case, così grandi, così vuote, così inutili.
...è stato un capodanno bellissimo.
Il capodanno della consapevolezza, della capacità delle donne di reinventarsi un mondo ogni giorno, avendo sempre un grande affetto anche verso chi non ama più.
La stima verso le nostre scelte lavorative, sentimentali, scelte fatte col cuore, la stima che abbiamo per noi stesse ci permetterà di fare ancora altre scelte, ancora una volta con la passione e l’eleganza del nostro stile.
Le Cartellate rimaste sono state riposte, io le guardavo con languore, sono, ero, nostalgica, non lo sono più, il lento lavorio degli avvenimenti ha ricostruito e ridato una vita nuova, nuovissima.
Vita Nova, come scriveva anche Dante.
Ps aggiunta oggi nel 2017 Auguri all'anno che arriverà con turdilli e cartellate.
Dolci d’altri tempi. Rondelle di pasta spianata col mattarello e poi fritta, passata nel vino cotto. La mia amica le aveva portate con sé da Altamura, era andata a salutare i parenti per le feste
Sera di capodanno 2011.
Dopocena.
Sono passata da lei prima di rientrare a casa e davanti alla televisione accesa, col volume basso però, il caminetto anche esso acceso, lei ha preso due bicchieri, lo spumante, e le cartellate.
Sedute una di fronte all'altra abbiamo mangiato le sfoglie imbevute di vino cotto nello stesso contenitore, abbiamo intinto le
nostre dita nel brunito saporoso e profumato del tempo raccontando di noi, delle figlie, di mio figlio, di amori passati e sempre presenti, dei suoi anni a Firenze, delle lotte studentesche, del dottorato di ricerca, della carriera universitaria che avrebbe potuto fare e non aveva fatto. Aveva scelto l’amore, l’uomo che la teneva per mano e che l’aveva ricondotta al sud, le aveva donato due figlie, alcuni beni, e lei aveva lavorato con dedizione per anni.
Lui, col tempo, si era eclissato, aveva scelto altro, e lei era rimasta nella estatica contemplazione di come tutto ciò era stato possibile. Le cartellate si scioglievano sulla lingua, io mangiavo golosa, ma non sono mai stata golosa di dolci.
IL sapore acidulo del vino me li rendeva gradevoli, le avrei mangiate tutte, ma non potevo, non si fa.
Altamura ritornava nei suoi racconti di bambina, le case abitate da tanti, nonni, zii, cugini, fratello, genitori, il pane di grano duro, alto, da tagliare a grandi fette, e mangiare così, solo col suo giallo intenso in mano, e poi ritornavamo a guardare queste nostre case, così grandi, così vuote, così inutili.
...è stato un capodanno bellissimo.
Il capodanno della consapevolezza, della capacità delle donne di reinventarsi un mondo ogni giorno, avendo sempre un grande affetto anche verso chi non ama più.
La stima verso le nostre scelte lavorative, sentimentali, scelte fatte col cuore, la stima che abbiamo per noi stesse ci permetterà di fare ancora altre scelte, ancora una volta con la passione e l’eleganza del nostro stile.
Le Cartellate rimaste sono state riposte, io le guardavo con languore, sono, ero, nostalgica, non lo sono più, il lento lavorio degli avvenimenti ha ricostruito e ridato una vita nuova, nuovissima.
Vita Nova, come scriveva anche Dante.
Ps aggiunta oggi nel 2017 Auguri all'anno che arriverà con turdilli e cartellate.
"Prenda una cartolina" UNA Rassegna Cinematografica 2017/18
Mi sfugge lo scoop di immortalare il presidente di #UNA mentre, davanti la libreria Sagio libri, importuna i passanti con un educatissimo:-Prenda una cartolina!- porgendo la cartolina a mamme con bimbi in carrozzina, a giovane uomo con due cani al guinzaglio.-La prenda con l’altra mano!- fa Carlo Carere offrendo la cartolina, mentre io alle sue spalle grido:-È il Cinema! La stagione del Cinema!- inizia a Lamezia il cinema con i sottotitoli. Conferenza stampa di presentazione stamane.
La cartolina del cinema l’ha disegnata Annarita Costanzo
È un insieme di due film " Io ad Annie" di Woody Allen e " Blow up" di Michelangelo Antonioni
L' immagine è di Woody.
La cartolina ora va per le strade del paese mentre il presidente Carlo Carere insieme a Roberto Sofi, membro del direttivo, e ad Anna Colistra nelle vesti di moderatrice, iniziano a presentare il programma ai giornalisti presenti.
Molte le domande alla fine, interesse palpabile nella bella libreria Sagio Libri che ci ospitava. Libri e film, cinema e lettura, in un abbraccio amicale. Sagio libri è anche partner di UNA, come lo è la Scuola Media Pitagora che offrirà il luogo per le proiezioni, l'Auditorium, un luogo caldo e accogliente, già sede della precedente edizione. Con la scuola Una ha avviato un progetto di collaborazione per gli alunni e vedrà impegnati alcuni soci della stessa associazione. Altri partner sono Radio Città Stereo, e TLC.
Primo film "Gatta Cenerentola",il 26 dicembre, un film molto apprezzato durante il FLL4 dove UNA ha svolto il ruolo di giuria per la scelta del corto vincitore "Fu".
Seguirà Arrival e via via fino a Io,Daniel Blake, vincitore della Palma d'Oro a Cannes nel 2016.
Film in lingua originali con i sottotitoli, film di ampio respiro, con un senso, con un motivo. Da sempre uno dei compiti dell'associazione è stato l'attenzione e la scelta su temi come inquinamento fisico del territorio e inquinamento individuale di rapporti, emigrazione e immigrazione, libertà soppresse, i diversi e gli emarginati.
Un applauso dunque... e nuovi soci arriveranno dalle cartoline distribuite a "tout le monde" stamani dal Presidente.
Ippolita Luzzo
domenica 17 dicembre 2017
"La guerra di prima" Teatro ProsKenion
Castellammare di Stabia e Isca sullo Ionio si incontrano al fronte, c'è la guerra. Ciro e Antonio sono stati arruolati come fantasisti, dovranno andare ad allietare le truppe. Qui mi ricordo Anna Magnani e Massimo Ranieri per tutto il tempo, credo anche che possano intonare "O surdato Innamuratu" ma sarebbe troppo comune forse.
Sulla scena Nino Racco e Valerio Mercurio danno vita ad un canovaccio che prende vita man mano come una preparazione, uno studio, la tecnica al servizio dell'improvvisazione.
Prepariamo lo spettacolo, non ci conosciamo. Antonio domanda a Ciro se è di Napoli,e com'è Napoli? Napoli è bella, ma io sono di Castellammare... risponde Ciro e l'esilarante conflitto fra un'appartenenza da difendere con la differenza continua con la scena del ricordo di Antonio della "ciuccia" Gina che lui chiama Luigina insieme alla proposta scenica della testa imbrattata di sangue di maiale e rotolata fra il pubblico, proposta da Antonio.
Si conoscono mentre preparano lo spettacolo, conoscono le loro diversità e ciò che li accomuna e riflettono sul destino, sulla guerra, sul come divertire soldati dal destino segnato. Sono riflessioni che nascono da immagini religiose, come il bambinello nella grotta, venuto al mondo per volere del padre suo, padre che già sa di farlo venire sulla terra affinché muoia crocifisso per la nostra salvezza, Ed il bambinello si mette a riflettere sulla stranezza di questo padre.
Stranissimo affetto paterno, in effetti.Tante sono le stranezze della storia, della vita degli individui costretti da eventi come la guerra ad abbandonare case e paesi per morire in luoghi sconosciuti, e nel mentre Ciro suona O sole mio, e nel mentre Antonio canta il sonno del soldato per ottenere dal pubblico l'applauso e scegliere così chi andrà in guerra, noi capiamo che il pretesto è di raccontare e raccontarsi la difficile arte del teatro nel suo fieri, tenendo sempre presente a chi si rivolge quello spettacolo, chi lo vedrà, con quali occhi, da quale situazione. Una riflessione fatta con la bravura di sempre
Ippolita Luzzo
Il teatro fra scrittura e narrazione
“Fatti di parole” è la tre giorni del Proskenion al Tip Teatro di Lamezia Terme
Da venerdì a domenica al Tip Teatro di Lamezia Terme “Fatti di parole – Il teatro fra scrittura e narrazione”, una tre giorni di spettacoli e incontri curati dal Teatro Proskenion in sinergia con Scenari Visibili. «L’attivazione di nuovi circuiti artistici è una necessità vitale per chi si occupa di promuovere e sostenere il teatro – commenta il direttore organizzativo del Proskenion, Vincenzo Mercuri
Tre realtà di tre paesi diversi, Teatro Proskenion di Reggio, Scenari Visibili di Lamezia e Confine Incerto di Catanzaro, si uniscono per consegnare agli altri il proprio patrimonio di esperienze.
Il Programma
15 dicembre
ore 19.00 presentazione del programma
ore 21.00 spettacolo “Tamburo è voce” di e con Nando Brusco (Teatro Proskenion)
la narrazione di storie e leggende del Mediterraneo, in forma di canti, filastrocche, cunti che rivivono nel cerchio magico del tamburo. Fra mito e realtà. Fra Voce e Tamburo.
16 dicembre
ore 16.30 incontro “Narrazione e comunità”: se il teatro racconta a cura di Emi Bianchi (Confine Incerto) e Nando Brusco (Teatro Proskenion)
ore 21.00 spettacolo “Lamagara” di e con Emi Bianchi (Confine Incerto)
17 dicembre
ore 10,30 incontro “La guerra di prima”: costruzione di uno spettacolo a cura di Nino Racco e Vincenzo Mercurio (Teatro Proskenion)
Ore 18.00 spettacolo “La guerra di prima” di e con Nino Racco e Vincenzo Mercurio (Teatro Proskenion)
Sulla scena Nino Racco e Valerio Mercurio danno vita ad un canovaccio che prende vita man mano come una preparazione, uno studio, la tecnica al servizio dell'improvvisazione.
Prepariamo lo spettacolo, non ci conosciamo. Antonio domanda a Ciro se è di Napoli,e com'è Napoli? Napoli è bella, ma io sono di Castellammare... risponde Ciro e l'esilarante conflitto fra un'appartenenza da difendere con la differenza continua con la scena del ricordo di Antonio della "ciuccia" Gina che lui chiama Luigina insieme alla proposta scenica della testa imbrattata di sangue di maiale e rotolata fra il pubblico, proposta da Antonio.
Si conoscono mentre preparano lo spettacolo, conoscono le loro diversità e ciò che li accomuna e riflettono sul destino, sulla guerra, sul come divertire soldati dal destino segnato. Sono riflessioni che nascono da immagini religiose, come il bambinello nella grotta, venuto al mondo per volere del padre suo, padre che già sa di farlo venire sulla terra affinché muoia crocifisso per la nostra salvezza, Ed il bambinello si mette a riflettere sulla stranezza di questo padre.
Stranissimo affetto paterno, in effetti.Tante sono le stranezze della storia, della vita degli individui costretti da eventi come la guerra ad abbandonare case e paesi per morire in luoghi sconosciuti, e nel mentre Ciro suona O sole mio, e nel mentre Antonio canta il sonno del soldato per ottenere dal pubblico l'applauso e scegliere così chi andrà in guerra, noi capiamo che il pretesto è di raccontare e raccontarsi la difficile arte del teatro nel suo fieri, tenendo sempre presente a chi si rivolge quello spettacolo, chi lo vedrà, con quali occhi, da quale situazione. Una riflessione fatta con la bravura di sempre
Ippolita Luzzo
Il teatro fra scrittura e narrazione
“Fatti di parole” è la tre giorni del Proskenion al Tip Teatro di Lamezia Terme
Da venerdì a domenica al Tip Teatro di Lamezia Terme “Fatti di parole – Il teatro fra scrittura e narrazione”, una tre giorni di spettacoli e incontri curati dal Teatro Proskenion in sinergia con Scenari Visibili. «L’attivazione di nuovi circuiti artistici è una necessità vitale per chi si occupa di promuovere e sostenere il teatro – commenta il direttore organizzativo del Proskenion, Vincenzo Mercuri
Tre realtà di tre paesi diversi, Teatro Proskenion di Reggio, Scenari Visibili di Lamezia e Confine Incerto di Catanzaro, si uniscono per consegnare agli altri il proprio patrimonio di esperienze.
Il Programma
15 dicembre
ore 19.00 presentazione del programma
ore 21.00 spettacolo “Tamburo è voce” di e con Nando Brusco (Teatro Proskenion)
la narrazione di storie e leggende del Mediterraneo, in forma di canti, filastrocche, cunti che rivivono nel cerchio magico del tamburo. Fra mito e realtà. Fra Voce e Tamburo.
16 dicembre
ore 16.30 incontro “Narrazione e comunità”: se il teatro racconta a cura di Emi Bianchi (Confine Incerto) e Nando Brusco (Teatro Proskenion)
ore 21.00 spettacolo “Lamagara” di e con Emi Bianchi (Confine Incerto)
17 dicembre
ore 10,30 incontro “La guerra di prima”: costruzione di uno spettacolo a cura di Nino Racco e Vincenzo Mercurio (Teatro Proskenion)
Ore 18.00 spettacolo “La guerra di prima” di e con Nino Racco e Vincenzo Mercurio (Teatro Proskenion)
sabato 16 dicembre 2017
Mancanza Ilaria Palomba
Scuola Omero, che ho conosciuto con Giulia Caminito, ritorna qui con Ilaria Palomba, collaboratrice di "Mago O" della Scuola di Scrittura Omero.
Sembra un dialogo non interrotto.
Fondata a Roma nell'88, la Scuola di Scrittura Omero è stata la prima a nascere in Italia e a diventare anche casa editrice e rivista. Una scuola che mi sarebbe piaciuto poter frequentare se avessi vissuto ai miei tempi. Sono quindi molto felice di incontrare chi l'ha frequentata e continua la sua collaborazione, come fa Ilaria.
Io faccio conoscenza di Ilaria Palomba attraverso i suoi versi, i versi di "Mancanza", la raccolta pubblicata da AUGH edizioni, per la Collana Nuvole, nell'ottobre 2017.
Leggo i suoi versi e, prima di scriverne, comincio a spulciare notizie su di Ilaria, leggo le interviste fatte, il periodo in cui era nell'arte.
"La Performance-art. Ho lavorato con reportage, interviste, un saggio, su questa forma d’arte così archetipica, ho incontrato molti performer, ciascuno con la propria modalità espressiva (body art, body painting, performazione, gender art, video art, sperimentazione sonora, anti teatro, poesia performativa), e in ciascuno ho ritrovato una grande potenza rituale, una capacità di spezzare la propria individualità e ricongiungersi con il sacro, non in termini strettamente religiosi. Ora però voglio che di me parli solo la scrittura"
Dice così Ilaria ed io mi ricordo il libro di Demetrio Paolin, Conforme alla Gloria, edito Voland, ed il mondo della performer- art.
Non conosco il mondo se non attraverso la lettura e leggo da mancante, mancante proprio, i versi di Ilaria, metto orecchiette al libro, a volte più piccole, a volte più grandi, per sottolineare, con l'ampiezza dell'orecchietta fatta, il grado di empatia fra me e i versi.
A Pagina 77 sembra ci sia un programma del farsi, un generale bisogno che tutti abbiamo.
" Ho bisogno di un amore
forte come il mito
feroce come le fiabe
assoluto come il tormento
di un amore eroico
come le gesta di Odisseo"
Con Odisseo e come lui io remo nei suoi versi per navigare e a pagina 65 ritrovo quel bisogno.
"Ho bisogno di un amore che nessuno riesce a darmi
e lo cerco in tutti i corpi, in tutti i luoghi, definendolo libertà.
Poi torno a casa troppo tardi o troppo presto,
quando un lucore inargenta il cielo, e si riempie di crepe."
Risentendo Eluard, tradotto da Franco Fortini, definiamo anche noi quell'amore Libertà:
Su l’immemore speranza
Scrivo il tuo nome
E in virtù d’una Parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà.
Più che mancanze dunque bisogni, esigenze vitali, da imparare.
Impariamo tutti, sembra che i versi ci dicano.
" Impara a non aver paura della notte,
a viverla soltanto senza un risveglio.
Impara ad accarezzare i momenti di soglia,
di fusione e distacco, di presenza e assenza.
Impara a star sola in mezzo alla folla"...
continuano i versi a dire a noi tutti cosa imparare
Amo molto questa poesia e credo la imparerò a memoria tutta, come magico insegnamento augurale per ogni anno in arrivo.
Amando le mancanze che ci mancano e ci costringono al movimento vitale del pensiero e del verso stiamo con Ilaria nel suo
"Non ho ancora compreso esattamente in cosa credere"
La vita sta in questo non comprendere e in quel viaggio che Omero ci ha raccontato e ci racconta ancora.
Ippolita Luzzo
Sembra un dialogo non interrotto.
Fondata a Roma nell'88, la Scuola di Scrittura Omero è stata la prima a nascere in Italia e a diventare anche casa editrice e rivista. Una scuola che mi sarebbe piaciuto poter frequentare se avessi vissuto ai miei tempi. Sono quindi molto felice di incontrare chi l'ha frequentata e continua la sua collaborazione, come fa Ilaria.
Io faccio conoscenza di Ilaria Palomba attraverso i suoi versi, i versi di "Mancanza", la raccolta pubblicata da AUGH edizioni, per la Collana Nuvole, nell'ottobre 2017.
Leggo i suoi versi e, prima di scriverne, comincio a spulciare notizie su di Ilaria, leggo le interviste fatte, il periodo in cui era nell'arte.
"La Performance-art. Ho lavorato con reportage, interviste, un saggio, su questa forma d’arte così archetipica, ho incontrato molti performer, ciascuno con la propria modalità espressiva (body art, body painting, performazione, gender art, video art, sperimentazione sonora, anti teatro, poesia performativa), e in ciascuno ho ritrovato una grande potenza rituale, una capacità di spezzare la propria individualità e ricongiungersi con il sacro, non in termini strettamente religiosi. Ora però voglio che di me parli solo la scrittura"
Dice così Ilaria ed io mi ricordo il libro di Demetrio Paolin, Conforme alla Gloria, edito Voland, ed il mondo della performer- art.
Non conosco il mondo se non attraverso la lettura e leggo da mancante, mancante proprio, i versi di Ilaria, metto orecchiette al libro, a volte più piccole, a volte più grandi, per sottolineare, con l'ampiezza dell'orecchietta fatta, il grado di empatia fra me e i versi.
A Pagina 77 sembra ci sia un programma del farsi, un generale bisogno che tutti abbiamo.
" Ho bisogno di un amore
forte come il mito
feroce come le fiabe
assoluto come il tormento
di un amore eroico
come le gesta di Odisseo"
Con Odisseo e come lui io remo nei suoi versi per navigare e a pagina 65 ritrovo quel bisogno.
"Ho bisogno di un amore che nessuno riesce a darmi
e lo cerco in tutti i corpi, in tutti i luoghi, definendolo libertà.
Poi torno a casa troppo tardi o troppo presto,
quando un lucore inargenta il cielo, e si riempie di crepe."
Risentendo Eluard, tradotto da Franco Fortini, definiamo anche noi quell'amore Libertà:
Su l’immemore speranza
Scrivo il tuo nome
E in virtù d’una Parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà.
Più che mancanze dunque bisogni, esigenze vitali, da imparare.
Impariamo tutti, sembra che i versi ci dicano.
" Impara a non aver paura della notte,
a viverla soltanto senza un risveglio.
Impara ad accarezzare i momenti di soglia,
di fusione e distacco, di presenza e assenza.
Impara a star sola in mezzo alla folla"...
continuano i versi a dire a noi tutti cosa imparare
Amo molto questa poesia e credo la imparerò a memoria tutta, come magico insegnamento augurale per ogni anno in arrivo.
Amando le mancanze che ci mancano e ci costringono al movimento vitale del pensiero e del verso stiamo con Ilaria nel suo
"Non ho ancora compreso esattamente in cosa credere"
La vita sta in questo non comprendere e in quel viaggio che Omero ci ha raccontato e ci racconta ancora.
Ippolita Luzzo
giovedì 14 dicembre 2017
Premio Stendhal nella Nuvola dei libri
14.30 – Sala Polaris. Premio Stendhal 2018 – Premio per la traduzione dal francese all'italiano. Annuncio e presentazione dei finalisti. Intervengono Ilide Carmignani, Valerio Magrelli, Stefano Montefiori, Cristophe Musitelli e Alessandro Zaccuri. A cura di Institut français Italia, di Service de coopération et d’action culturelle, dell’Ambasciata di Francia in Italia.
Valerio Magrelli arriverà proprio sul finire, per uno scambio di battute con Alessandro Zaccuri, sul suo ruolo di presidente della giuria del premio. A corpo morto, dirà, e nelle fulminanti affermazioni citerà Cosimo Malatesta, poeta ancora più bravo di Caproni.
Cristophe Musitelli, direttore dell’Institut français in Italia si dirà molto eccitato del Premio e della possibilità di avere anche in Italia il nome del traduttore in copertina, di veder tradotti autori francesi viventi, e di poter premiare i vincitori con un soggiorno ad Arles dove avranno modo di frequentare dei seminari insieme a tutti i traduttori da ogni parte del mondo.Non solo quindi il premio in danaro, tre mila euro, per i traduttori tutti ma quel che sarà importantissimo per i giovani under 35 riguarda la possibilità di vivere e frequentare in un luogo dove si privilegeranno gli scambi e le conoscenze. Una residenza di traduzione di un mese al Collège international des traducteurs littéraires (CITL) a Arles per pensare insieme i loro pensieri, sono le parole di Musitelli che mi trovo segnate sul foglio dei miei brevi appunti.
Il traduttore è l'autore invisibile, dice, insieme a lui, Ilide Carmignani, traduttrice dallo spagnolo e una delle voci più importanti. Di lei ho trascritto: La Traduzione è il sistema circolatorio della letteratura nel mondo.
Solleva i problemi annessi ad una professione ancora in Italia non ben regolamentata, come in Francia, ed auspica per tutti i traduttori gli stessi diritti che hanno i colleghi che traducono dal francese. In Francia si riconosce al traduttore anche una percentuale sulle vendite! evviva la Francia. La sua amicaYasmina Melaouah è stata citata più volte alla tavola rotonda dicendo che la fa morire d’invidia raccontandole delle sue residenze, assisi e fabbriche arlesiane ma soprattutto della generosità di Pennac!W la Francia.
Alessandro Zaccuri, molto felice di pigiare con scioltezza il mouse delle slide riguardanti i finalisti, presentati da Stefano Montefiori, sente questo premio come momento amicale che unisce due letterature, e nell'amicizia finisce l'incontro con me, del regno della Litweb, affascinata dai calzini a pois di Musitelli. Li posseggo uguali! Faremo di nuovo incontro felice fra pois e letteratura nella Sala Polaris?
Ippolita Luzzo
Valerio Magrelli arriverà proprio sul finire, per uno scambio di battute con Alessandro Zaccuri, sul suo ruolo di presidente della giuria del premio. A corpo morto, dirà, e nelle fulminanti affermazioni citerà Cosimo Malatesta, poeta ancora più bravo di Caproni.
Cristophe Musitelli, direttore dell’Institut français in Italia si dirà molto eccitato del Premio e della possibilità di avere anche in Italia il nome del traduttore in copertina, di veder tradotti autori francesi viventi, e di poter premiare i vincitori con un soggiorno ad Arles dove avranno modo di frequentare dei seminari insieme a tutti i traduttori da ogni parte del mondo.Non solo quindi il premio in danaro, tre mila euro, per i traduttori tutti ma quel che sarà importantissimo per i giovani under 35 riguarda la possibilità di vivere e frequentare in un luogo dove si privilegeranno gli scambi e le conoscenze. Una residenza di traduzione di un mese al Collège international des traducteurs littéraires (CITL) a Arles per pensare insieme i loro pensieri, sono le parole di Musitelli che mi trovo segnate sul foglio dei miei brevi appunti.
Il traduttore è l'autore invisibile, dice, insieme a lui, Ilide Carmignani, traduttrice dallo spagnolo e una delle voci più importanti. Di lei ho trascritto: La Traduzione è il sistema circolatorio della letteratura nel mondo.
Solleva i problemi annessi ad una professione ancora in Italia non ben regolamentata, come in Francia, ed auspica per tutti i traduttori gli stessi diritti che hanno i colleghi che traducono dal francese. In Francia si riconosce al traduttore anche una percentuale sulle vendite! evviva la Francia. La sua amicaYasmina Melaouah è stata citata più volte alla tavola rotonda dicendo che la fa morire d’invidia raccontandole delle sue residenze, assisi e fabbriche arlesiane ma soprattutto della generosità di Pennac!W la Francia.
Alessandro Zaccuri, molto felice di pigiare con scioltezza il mouse delle slide riguardanti i finalisti, presentati da Stefano Montefiori, sente questo premio come momento amicale che unisce due letterature, e nell'amicizia finisce l'incontro con me, del regno della Litweb, affascinata dai calzini a pois di Musitelli. Li posseggo uguali! Faremo di nuovo incontro felice fra pois e letteratura nella Sala Polaris?
Ippolita Luzzo
martedì 12 dicembre 2017
Stéfanie Hochet Un romanzo inglese
Un romanzo inglese.
Osservo il corpo di Edward.
Osservo il corpo di Edward.
Un uomo di quarant'anni. Un corpo che conosco da dieci. Il primo, il solo. L'attrazione che mi rende curiosa mi preoccupa, mi rassicura, mi esalta. Ho amato questo uomo. Quando ci siamo conosciuti aveva trent'anni, io ventidue. Il suo corpo era caldo, imponente, coperto di una dolce peluria sul dorso. Forte. Era il primo e l'amavo anche per questo. Un odore il suo... un sapore.
Un romanzo inglese, al capitolo 13, nella descrizione biologica e romantica della moglie.
Edward appare da subito, come incipit del romanzo ambientato nel 1917, con la sua decisione di far pubblicare un annuncio sul Times. Cercano qualcuno che si occupi di Jack, il loro bambino, affinché la mamma, traduttrice, possa riprendere il suo lavoro.
Raccontato a volte in prima persona, proprio da una lei, Anna, moglie,mamma, traduttrice, donna, a volte in terza persona dalla narratrice, il romanzo racconta il cambiamento.
Nulla è per sempre.
Eppure "A Edward, più ancora che ad Anna, piace che le cose attorno a lui non cambino. L'ordine è un ideale... un mondo chiuso che funziona come lo scappamento di un orologio"
Nell'ingranaggio del romanzo appare George, il tempo passa e siamo già al 1940 nella stupefacente alchimia della storia, degli incontri, del rinnovo, della rinascita.
Un romanzo che non vi racconto, così gusterete pagina per pagina gli ambienti e i pensieri, riconoscerete in molti passaggi i vostri passaggi, e apprezzerete lo stile, la scrittura e la partecipazione.
Vi è un bel senso di partecipazione in ogni avvenimento del libro, un abbraccio continuo fra lettore e scrittrice, un passeur, direbbe Pennac, un passare quel foglio a noi che leggiamo.
Tradotto con cura da Roberto Lana, viene pubblicato nella collana Amazzoni dalla Voland. Una collana a me vicina, visto il nome che ho.
Tradotto con cura da Roberto Lana, viene pubblicato nella collana Amazzoni dalla Voland. Una collana a me vicina, visto il nome che ho.
Amo moltissimo questo romanzo, tanto da andare a Roma, per riabbracciarlo in fiera, scusandomi con la scrittrice per non essermi trattenuta.
Nella certezza che tutto cambia e molto si può rinnovare e tante sono le cose che rinascono, consiglio al regno intero della Litweb la lettura di Un romanzo inglese.
Ippolita Luzzo
Ippolita Luzzo
domenica 10 dicembre 2017
Maria Antonietta Ferrarolo e Giorgio Biferali fra lo scoiattolo e il gattopardo
Più libri più liberi, la grande vetrina annuale della media e piccola editoria indipendente, inizia così, con "Lo scoiattolo della penna" di Giorgio Biferali che gioca con "Il Gattopardo raccontato a mia figlia" di Maria Antonietta Ferrarolo.
Incontro voluto da una collana per ragazzi, dagli 11 anni in su, La Nuova Frontiera, una collana pensata per far conoscere i grandi autori del Novecento italiano.
Questi sono i primi volumi.
Ve li presento con pochissimi appunti da Litweb.
Italo Calvino, lo scoiattolo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il gattopardo.
I due autori si mettono al servizio della letteratura con semplicità e con rispetto, offrendo ai tanti alunni delle scuole di Roma un'ora di piacevole conversazione.
"L'obbligo è diventato un piacere" racconta Giorgio, ricordando se stesso alunno, figlio di una prof di filosofia, e poco attratto, da bambino, dalla lettura. Un bel giorno scoprì " I sentieri dei nidi di ragno" di Calvino e nacque la sua meraviglia.
" Scuola vuol dire riposo, spazio libero, spazio di sperimentazione" argomenta Maria Antonietta, ricordando come la scuola sia il luogo del pensiero e non del lavoro.
Una lezione lieve e di invito ad assaggiare, a guardare, da passeur, le offerte letterarie, a loro volta di passaggio sulla vetrina della nostra letteratura.
Ritorno a casa con questa figura del passeur, evocata da Giorgio, ben delineata da Pennac in una sua lezione magistrale a Bologna.
Il passeur, colui che ama i libri, li legge e li porta a spasso, facendoli incontrare con altri libri. offrendo un foglio, una citazione, per incuriosire un ragazzo, un alunno, un amico, donando in regalo un titolo, una trama, un racconto.
Il passeur ci regala l'immaginazione, la serenità di leggere senza obbligo, leggere come piacere e godimento.
Ippolita Luzzo
"#Piùlibripiùliberi: il passeur di Pennac
Altri, per fortuna — professori, critici letterari, librai, bibliotecari — preferiscono essere dei passeur . Ed è ben più di un ruolo, è un modo di essere, un comportamento. I passeur sono curiosi di tutto, leggono tutto, non si accaparrano niente e trasmettono il meglio al maggior numero di persone.
Passeur sono i genitori che non pensano solo ad armare i figli di letture utili a farli laureare al più presto, ma che, conoscendo il valore inestimabile della lettura in sé, sperano di farne lettori di lungo corso.
Passeur è il professore di lettere la cui lezione ti fa venire voglia di correre subito in libreria. E costui non si limita a insegnare la letteratura francese in Francia, l’italiana in Italia o la tedesca in Germania, ma apre tutte le frontiere letterarie, dà accesso all’Europa, al mondo, all’umanità e a tutte le epoche della letteratura.
Passeur è il libraio che inizia i suoi giovani clienti agli arcani della classificazione, che insegna loro a viaggiare fra generi, soggetti, autori, paesi e secoli… che fa della libreria il loro universo.
Passeur sono gli universitari che non vogliono formare soltanto dei chirurghi della letteratura, ma degli stimolatori della coscienza, degli attivatori della meraviglia.
Passeur è il bibliotecario capace di raccontare i romanzi presenti sui suoi scaffali!
Passeur è l’editore che si rifiuta di investire solo nelle collane di best seller, ma che non per questo si chiude nella torre d’avorio della letteratura sperimentale.
Passeur è il critico letterario che legge tutto, scopre e invita a leggere il giovane romanziere, il giovane drammaturgo, il nuovo poeta, o che risuscita la grande penna dimenticata anziché gongolare delle proprie raffinate stroncature.
Passeur è il lettore la cui biblioteca contiene solo pessimi romanzi o saggetti di quart’ordine perché i libri migliori li ha prestati e nessuno glieli ha restituiti. D’altronde l’atto di leggere è per definizione un atto di antropofagia, perciò è assurdo aspettarsi che un libro prestato sia restituito.
Passeur supremo, infine, è colui che non ti chiede mai la tua opinione sul libro che hai letto, poiché sa che la letteratura ha ben poco a che fare con la comunicazione. Per quanto desiderosi di trasmettere, siamo anche i guardiani del nostro tempio intimo.
Incontro voluto da una collana per ragazzi, dagli 11 anni in su, La Nuova Frontiera, una collana pensata per far conoscere i grandi autori del Novecento italiano.
Questi sono i primi volumi.
Ve li presento con pochissimi appunti da Litweb.
Italo Calvino, lo scoiattolo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il gattopardo.
I due autori si mettono al servizio della letteratura con semplicità e con rispetto, offrendo ai tanti alunni delle scuole di Roma un'ora di piacevole conversazione.
"L'obbligo è diventato un piacere" racconta Giorgio, ricordando se stesso alunno, figlio di una prof di filosofia, e poco attratto, da bambino, dalla lettura. Un bel giorno scoprì " I sentieri dei nidi di ragno" di Calvino e nacque la sua meraviglia.
" Scuola vuol dire riposo, spazio libero, spazio di sperimentazione" argomenta Maria Antonietta, ricordando come la scuola sia il luogo del pensiero e non del lavoro.
Una lezione lieve e di invito ad assaggiare, a guardare, da passeur, le offerte letterarie, a loro volta di passaggio sulla vetrina della nostra letteratura.
Ritorno a casa con questa figura del passeur, evocata da Giorgio, ben delineata da Pennac in una sua lezione magistrale a Bologna.
Il passeur, colui che ama i libri, li legge e li porta a spasso, facendoli incontrare con altri libri. offrendo un foglio, una citazione, per incuriosire un ragazzo, un alunno, un amico, donando in regalo un titolo, una trama, un racconto.
Il passeur ci regala l'immaginazione, la serenità di leggere senza obbligo, leggere come piacere e godimento.
Ippolita Luzzo
"#Piùlibripiùliberi: il passeur di Pennac
Altri, per fortuna — professori, critici letterari, librai, bibliotecari — preferiscono essere dei passeur . Ed è ben più di un ruolo, è un modo di essere, un comportamento. I passeur sono curiosi di tutto, leggono tutto, non si accaparrano niente e trasmettono il meglio al maggior numero di persone.
Passeur sono i genitori che non pensano solo ad armare i figli di letture utili a farli laureare al più presto, ma che, conoscendo il valore inestimabile della lettura in sé, sperano di farne lettori di lungo corso.
Passeur è il professore di lettere la cui lezione ti fa venire voglia di correre subito in libreria. E costui non si limita a insegnare la letteratura francese in Francia, l’italiana in Italia o la tedesca in Germania, ma apre tutte le frontiere letterarie, dà accesso all’Europa, al mondo, all’umanità e a tutte le epoche della letteratura.
Passeur è il libraio che inizia i suoi giovani clienti agli arcani della classificazione, che insegna loro a viaggiare fra generi, soggetti, autori, paesi e secoli… che fa della libreria il loro universo.
Passeur sono gli universitari che non vogliono formare soltanto dei chirurghi della letteratura, ma degli stimolatori della coscienza, degli attivatori della meraviglia.
Passeur è il bibliotecario capace di raccontare i romanzi presenti sui suoi scaffali!
Passeur è l’editore che si rifiuta di investire solo nelle collane di best seller, ma che non per questo si chiude nella torre d’avorio della letteratura sperimentale.
Passeur è il critico letterario che legge tutto, scopre e invita a leggere il giovane romanziere, il giovane drammaturgo, il nuovo poeta, o che risuscita la grande penna dimenticata anziché gongolare delle proprie raffinate stroncature.
Passeur è il lettore la cui biblioteca contiene solo pessimi romanzi o saggetti di quart’ordine perché i libri migliori li ha prestati e nessuno glieli ha restituiti. D’altronde l’atto di leggere è per definizione un atto di antropofagia, perciò è assurdo aspettarsi che un libro prestato sia restituito.
Passeur supremo, infine, è colui che non ti chiede mai la tua opinione sul libro che hai letto, poiché sa che la letteratura ha ben poco a che fare con la comunicazione. Per quanto desiderosi di trasmettere, siamo anche i guardiani del nostro tempio intimo.
sabato 9 dicembre 2017
Pentadattilo Film Festival XI
Pentadattilo in festival: l'XI edizione del Pentedattilo Film Festival.
Litweb con Pentadattilo Film Festival
Partecipa il cortometraggio "Fu" vincitore del LFF, svolto da poco a Lamezia Terme.
Sabato 9 Dicembre: Stasera lo spettacolo previsto alle 17.30 nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo.
Giorgio Colangeli, di ritorno dall'affermazione al David di Donatello e ai Nastri d'Argento, presenterà lo spettacolo "E quindi uscimmo a riveder le stelle" recitando i primi canti del Purgatorio dalla Divina Commedia di Dante Alighieri.
Workshop di animazione, creazione e narrazione saranno curati dalla stessa Bognar e da Marino Guarnieri, protagonista della serata finale con la doppia proiezione de "La Gatta Cenerentola".
Oltre 40 cortometraggi, tra documentari, corti di finzione e di animazione: si va da "Delicatessen", del citato regista Chen, ad "Aloha", di Charlotte A. Rolfes, a "Pastel", di Robert Shupe, dal corto di animazione "Vittorio De Seta Maestro del Cinema", di Simone Massi, a "Touch" di Noel Harris, a "Le Retour du train" di Sara Grimaldi.
entusiamo per i corti "Brazuca" (Grecia) e "Watu Wote" (coproduzione Germania\Kenya) . Applauditi Americo Melchionda e Maria Milasi nel doppio turno di proiezione del corto "Non toccate questa casa-The Angry Men", fra Reggio e Pentedattilo, dove si è esibita l'orchestra giovanile Alvaro. Fra i protagonisti di questa edizione la regista ungherese Eva Katinka Bognar, docente di animazione digitale presso l'Università di Budapest, Fenglin Chen che proviene da Macao, l'israeliano Basil Khalil il cui curriculum annovera nomination agli Oscar e Palma d'Oro a Cannes e Tino Franco, con una casa di famiglia proprio nei pressi di Melito Porto Salvo. Sarà una proiezione speciale durante la quale il Maestro Ugo Gregoretti riannoderà i fili della memoria di quel tragico sisma che nel 1908 devastò i territori di Messina e Reggio Calabria
Al Festival hanno partecipato gli alunni degli Istituti Comprensivi De Amicis-Bolani, Vitrioli-Principe di Piemonte, del Convitto Campanella di Reggio Calabria e dell'Istituto Jerace di Polistena, dei Licei Gulli, Volta, Da Vinci, Campanella di Reggio Calabria ed I.S.I Fermi di Bagnara -
Da segnalare l'inaugurazione della mostra "Caduti dal mare" di Fabio Orlando in anteprima assoluta, una co-produzione originale Exodus Calabria società cooperativa e Ram Film ore 17.15 presso la chiesa di SS. Pietro e Paolo, che lega in forma di gemellaggio il PFF con l'università della Southern California (U.S.A)
Tutti gli altri dettagli sul sito ufficiale: www.pentedattilofilmfestival.net e i canali social sempre attivi.
Litweb con Pentadattilo Film Festival
Partecipa il cortometraggio "Fu" vincitore del LFF, svolto da poco a Lamezia Terme.
Sabato 9 Dicembre: Stasera lo spettacolo previsto alle 17.30 nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo.
Giorgio Colangeli, di ritorno dall'affermazione al David di Donatello e ai Nastri d'Argento, presenterà lo spettacolo "E quindi uscimmo a riveder le stelle" recitando i primi canti del Purgatorio dalla Divina Commedia di Dante Alighieri.
Workshop di animazione, creazione e narrazione saranno curati dalla stessa Bognar e da Marino Guarnieri, protagonista della serata finale con la doppia proiezione de "La Gatta Cenerentola".
Oltre 40 cortometraggi, tra documentari, corti di finzione e di animazione: si va da "Delicatessen", del citato regista Chen, ad "Aloha", di Charlotte A. Rolfes, a "Pastel", di Robert Shupe, dal corto di animazione "Vittorio De Seta Maestro del Cinema", di Simone Massi, a "Touch" di Noel Harris, a "Le Retour du train" di Sara Grimaldi.
entusiamo per i corti "Brazuca" (Grecia) e "Watu Wote" (coproduzione Germania\Kenya) . Applauditi Americo Melchionda e Maria Milasi nel doppio turno di proiezione del corto "Non toccate questa casa-The Angry Men", fra Reggio e Pentedattilo, dove si è esibita l'orchestra giovanile Alvaro. Fra i protagonisti di questa edizione la regista ungherese Eva Katinka Bognar, docente di animazione digitale presso l'Università di Budapest, Fenglin Chen che proviene da Macao, l'israeliano Basil Khalil il cui curriculum annovera nomination agli Oscar e Palma d'Oro a Cannes e Tino Franco, con una casa di famiglia proprio nei pressi di Melito Porto Salvo. Sarà una proiezione speciale durante la quale il Maestro Ugo Gregoretti riannoderà i fili della memoria di quel tragico sisma che nel 1908 devastò i territori di Messina e Reggio Calabria
Al Festival hanno partecipato gli alunni degli Istituti Comprensivi De Amicis-Bolani, Vitrioli-Principe di Piemonte, del Convitto Campanella di Reggio Calabria e dell'Istituto Jerace di Polistena, dei Licei Gulli, Volta, Da Vinci, Campanella di Reggio Calabria ed I.S.I Fermi di Bagnara -
Da segnalare l'inaugurazione della mostra "Caduti dal mare" di Fabio Orlando in anteprima assoluta, una co-produzione originale Exodus Calabria società cooperativa e Ram Film ore 17.15 presso la chiesa di SS. Pietro e Paolo, che lega in forma di gemellaggio il PFF con l'università della Southern California (U.S.A)
Tutti gli altri dettagli sul sito ufficiale: www.pentedattilofilmfestival.net e i canali social sempre attivi.
lunedì 4 dicembre 2017
Ricrii al quindicesimo anno di età
Una grafica deliziosa e verde abbraccia nella trasparenza le foglie dell'albero che giganteggia col tronco proteso verso il cielo. Una Quercia, suppongo, anzi no si tratta del Platano millenario di Curinga facilmente "visitabile"e fotografato da Aldo Tomaino.
Sdraiato nell'incavo, un paio di jeans e una maglietta rossa testimoniano la misura della presenza umana quando essa va in pace nella natura.
Si parla stamattina di natura e nature, nelle varie nature che studiavamo a scuola: vegetale, animale, minerale, umana.
Conferenza stampa al Tip.
Presentazione del programma RICRII 15 nature.
Incendi e alberi. Montagna e distanza.
Noi e la complessità di vivere in anni sottotraccia. Sotto la traccia del teatro con Daniele Timpano ed Elvira Frosini, noi con Dario Natale che ora sta esponendo le particolarità di ogni spettacolo scelto per la stagione 2017/18 per dare a chi ritorna a Lamezia la stessa opportunità di chi vive in una grande città: poter assistere a spettacoli interessanti e di respiro nazionale. W RICRII
Alla comunicazione Valeria D'Agostino.
Dario Natale, direttore artistico della rassegna, si sofferma su ogni spettacolo e di ognuno riesce a darci le connotazioni forti per cui è stato scelto. Io vi parlerò del primo e dell'ultimo, rimandandovi tutti a leggere le proposte e a fare abbonamento.
Acqua di colonia, di Elvira Frosini e Daniele Timpano, è uno studio sul colonialismo italiano in Africa. Sulla scena una donna africana starà muta ad osservare gli anni, gli arrivi e partenze di soldati e sfruttatori occidentali su un suolo caldo, caldissimo di conseguenze.
Il 9 e 10 marzo Fare pubblico2 Teatro primo
il ripetersi di un seminario con gli studenti nell'inaspettato che nascerà quando incontreranno il teatro vivo.
Teatro primo che adoro, essendo loro amici di Rocco Carbone, avendo forse conosciuto Rocco Carbone, ed amandolo come lo dovremmo amare noi tutti, leggendo i suoi libri.
Seguiremo quindi da Litweb ogni spettacolo plaudendo Dario Natale e tutti coloro che vi partecipano. Un bravo particolare a Domenico D'Agostino per la grafica.
Ippolita Luzzo
Sdraiato nell'incavo, un paio di jeans e una maglietta rossa testimoniano la misura della presenza umana quando essa va in pace nella natura.
Si parla stamattina di natura e nature, nelle varie nature che studiavamo a scuola: vegetale, animale, minerale, umana.
Conferenza stampa al Tip.
Presentazione del programma RICRII 15 nature.
Incendi e alberi. Montagna e distanza.
Noi e la complessità di vivere in anni sottotraccia. Sotto la traccia del teatro con Daniele Timpano ed Elvira Frosini, noi con Dario Natale che ora sta esponendo le particolarità di ogni spettacolo scelto per la stagione 2017/18 per dare a chi ritorna a Lamezia la stessa opportunità di chi vive in una grande città: poter assistere a spettacoli interessanti e di respiro nazionale. W RICRII
Alla comunicazione Valeria D'Agostino.
Dario Natale, direttore artistico della rassegna, si sofferma su ogni spettacolo e di ognuno riesce a darci le connotazioni forti per cui è stato scelto. Io vi parlerò del primo e dell'ultimo, rimandandovi tutti a leggere le proposte e a fare abbonamento.
Acqua di colonia, di Elvira Frosini e Daniele Timpano, è uno studio sul colonialismo italiano in Africa. Sulla scena una donna africana starà muta ad osservare gli anni, gli arrivi e partenze di soldati e sfruttatori occidentali su un suolo caldo, caldissimo di conseguenze.
Il 9 e 10 marzo Fare pubblico2 Teatro primo
il ripetersi di un seminario con gli studenti nell'inaspettato che nascerà quando incontreranno il teatro vivo.
Teatro primo che adoro, essendo loro amici di Rocco Carbone, avendo forse conosciuto Rocco Carbone, ed amandolo come lo dovremmo amare noi tutti, leggendo i suoi libri.
Seguiremo quindi da Litweb ogni spettacolo plaudendo Dario Natale e tutti coloro che vi partecipano. Un bravo particolare a Domenico D'Agostino per la grafica.
Ippolita Luzzo
domenica 3 dicembre 2017
Tu mi turbi, cara turba. Il popolo commentante
La turba: Definizione di popolo commentante. Tu mi turbi cara turba, nuovo canto rap sulla turba che conturba.
I commenti a valanga augurano morte subitanea alla Iena colpita da aneurisma, augurano ogni sorta di malvagità a qualsiasi individuo venga additato come mostro.La turba va contro una pubblicità, contro un regista, contro persone di cui non sa.
E la turba va col suo turbine innestato.
Il mostro è da scorticare, appendere, squartare.
I commenti i susseguono a ripetizione verso chi viene accusato di molestie. Saranno vere o false le accuse la turba incalza.
Distrugge.
Prendiamo un vocabolario e troviamo il significato di turba: Volgo, marmaglia, accozzaglia. Qualcosa di molesto.
Commenti pubblici sotto articoli di giornali, sotto la Stampa, La Repubblica, commenti a loro volta fomentati da articoli di altri giornali.
La turba sembra abbia potere, sembra stia pronta all'attacco, sembra viva e contro di noi.
Contro chiunque tenti un ragionamento pacato, contro chiunque voglia riflettere e invita a non augurare il male a nessuno.
Contro tutti la turba sta.
Immemore. Incosciente. Immorale. Intollerante. Ignorante.
Inetta, direbbe una mia amica. Turba inetta. E da inetta la turba inietta ogni genere di malvagità.
Ed allora cantiamola come un canto rap, cantiamola anche a chi mi accusa di fare la maestrina, a chi mi accusa di bacchettare turbanti e turbative, turbolenze e turbolenti.
Nella turba sconfinata dove le pistole dettano legge s'ode un grido nella pampa: Il commento sarà mio.
Basta poco per eliminarlo.
Basta poco per sentirsi onnipotenti, ci vuole molto per sapersi controllare.
Turba, solo un canto rap per lenire il turbamento della tua esistenza.
Cantiamola così senza rancore
I commenti a valanga augurano morte subitanea alla Iena colpita da aneurisma, augurano ogni sorta di malvagità a qualsiasi individuo venga additato come mostro.La turba va contro una pubblicità, contro un regista, contro persone di cui non sa.
E la turba va col suo turbine innestato.
Il mostro è da scorticare, appendere, squartare.
I commenti i susseguono a ripetizione verso chi viene accusato di molestie. Saranno vere o false le accuse la turba incalza.
Distrugge.
Prendiamo un vocabolario e troviamo il significato di turba: Volgo, marmaglia, accozzaglia. Qualcosa di molesto.
Commenti pubblici sotto articoli di giornali, sotto la Stampa, La Repubblica, commenti a loro volta fomentati da articoli di altri giornali.
La turba sembra abbia potere, sembra stia pronta all'attacco, sembra viva e contro di noi.
Contro chiunque tenti un ragionamento pacato, contro chiunque voglia riflettere e invita a non augurare il male a nessuno.
Contro tutti la turba sta.
Immemore. Incosciente. Immorale. Intollerante. Ignorante.
Inetta, direbbe una mia amica. Turba inetta. E da inetta la turba inietta ogni genere di malvagità.
Ed allora cantiamola come un canto rap, cantiamola anche a chi mi accusa di fare la maestrina, a chi mi accusa di bacchettare turbanti e turbative, turbolenze e turbolenti.
Nella turba sconfinata dove le pistole dettano legge s'ode un grido nella pampa: Il commento sarà mio.
Basta poco per eliminarlo.
Basta poco per sentirsi onnipotenti, ci vuole molto per sapersi controllare.
Turba, solo un canto rap per lenire il turbamento della tua esistenza.
Cantiamola così senza rancore
sabato 2 dicembre 2017
Ufficio delle entrate sordo alla letteratura
Equitalia, Melanide, Tasse municipali, Imu, tasse tasse tasse tasse. Arrivano richieste di pagamento dal 2012, 2013, 2014, 2015, arrivano e per inerzia cominci a pagare sconsolata. Vado al Comune a chiedere spiegazioni. Una folla di impiegati che non sa, giro fra la la folla che non sa, oppure sa e non ritiene opportuno suggerirmi una soluzione. Le leggi sono cambiate, mi dice uno. Da quando? chiedo io affranta. dal 2012, 2013, 2014. Paghiamo.
Paghiamo e leggiamo con grande invidia questa intervista, penso che lunedì dovrò riandare al Comune, mi sono arrivati altre notizie di tasse, tasse, tasse, dovrò ripassare dal commercialista, dovrò allontanarmi dai libri e conservare, come mi consiglia mia sorella, le ricevute già pagate in una bella cartellina, altrimenti dal comune, dai vari enti, mi faranno pagare due o tre volte quel che ho già pagato e amen. Meglio conservare le ricevute che i libri. D'altronde solo per cinque anni dovrai farlo...
Mio caro scrittore:
(Da Lucia Comparato vi propongo questo articolo)
Paghiamo e leggiamo con grande invidia questa intervista, penso che lunedì dovrò riandare al Comune, mi sono arrivati altre notizie di tasse, tasse, tasse, dovrò ripassare dal commercialista, dovrò allontanarmi dai libri e conservare, come mi consiglia mia sorella, le ricevute già pagate in una bella cartellina, altrimenti dal comune, dai vari enti, mi faranno pagare due o tre volte quel che ho già pagato e amen. Meglio conservare le ricevute che i libri. D'altronde solo per cinque anni dovrai farlo...
Mio caro scrittore:
(Da Lucia Comparato vi propongo questo articolo)
Da la Repubblica di oggi
Philip Roth
“Il romanzo non è morto ma i lettori spariranno”
DARIO OLIVERO
«Ora trascorro quattro mesi all’anno nella mia casa di campagna sperduta nel Connecticut, cento miglia a nord di New York. Fino a qualche tempo fa ci vivevo tutto l’anno, ma adesso che non scrivo più sto a New York da ottobre alla fine di aprile. In questo momento sono in città. Il mio appartamento è al dodicesimo piano, e un’intera parete è fatta di finestre da cui il mio sguardo spazia liberamente su Manhattan in direzione sud.
Vedo quasi due chilometri di luci della città — è sera — e un grande cielo nero. Ogni pochi minuti compaiono le luci baluginanti degli aeroplani che volano silenziosi da sud a nord».
Comincia così questa conversazione a distanza con Philip Roth. Una conversazione scritta, nella quale l’uomo di Pastorale americana, La macchia umana, L’animale morente, l’uomo insomma del Grande romanzo americano, lascia intravedere ancora nelle risposte la grazia addestrata da una vita di lavoro sulle parole. Si può smettere di scrivere, non di essere scrittori, come dimostrano le risposte che seguono: letteratura, politica, solitudine di fronte all’«inferno della stupidità”. Si è scrittori anche se si è presa una decisione che molti con meno talento, meno forza morale, intelligenza, autocoscienza — ed evidentemente proprio per questo — non riuscirebbero neanche a immaginare.
Non c’era più niente da scrivere? Lo spirito dei tempi andava ormai in direzione contraria?
«La decisione di smettere di scrivere narrativa che ho preso nel 2010, quando avevo 77 anni, non è stata una conseguenza dello spirito dei tempi. Il motivo è stato un altro: avevo il forte sospetto di aver ormai prodotto le mie opere migliori, e che qualunque altra cosa avessi scritto non sarebbe stata altrettanto buona. Non mi sentivo più in possesso del vigore intellettuale, dell’energia verbale e della forma fisica necessarie per sferrare e portare a compimento un attacco creativo su larga scala a una struttura complessa ed esigente come quella del romanzo. Ogni talento ha i suoi termini contrattuali — una propria natura e portata e forza, e anche una fine, una durata, un decorso. Non tutti possono essere fecondi per sempre».
Ma non si può smettere di leggere.
«Stranamente, o forse non così stranamente, ora leggo pochissima narrativa. Ho trascorso l’intera mia vita lavorativa a leggere narrativa, insegnare narrativa, studiare narrativa e scrivere narrativa. Fino a sette anni fa ho pensato a questo e poco altro. Da allora trascorro una buona parte di ogni giornata a leggere storia, soprattutto storia americana, ma anche storia europea moderna. Dopo tutti questi anni sono ridiventato uno studente, non in un istituto scolastico, ma nello studio dove prima scrivevo. Ovviamente non è altrettanto esaltante, ma è molto meno tormentoso».
Si dice che la narrativa sia un genere superato da altre forme artistiche come le serie tv e che il romanzo stia morendo per questo. Che cosa ne pensa?
«Non concordo sul fatto che la narrativa sia morta — in questo momento in America sono attivi molti romanzieri di prim’ordine.
Quello che sta diminuendo è il bacino di lettori seri, attenti e impegnati, e continuerà a diminuire a causa dell’incommensurabile popolarità dello Schermo. Prima lo schermo cinematografico, poi lo schermo televisivo, e ora lo schermo più invasivo di tutti, lo schermo elettronico in tutte le sue allettanti incarnazioni. Il fascino che un tempo la narrativa esercitava su bambini e adulti è stato distrutto dalle attrattive e dalle seduzioni della magia dello schermo. Gli scrittori continueranno a scrivere, ma il pubblico diminuirà sempre più, fino a quando un bel giorno la setta dei lettori di narrativa non sarà più numerosa di quella di chi oggi legge poesia latina per svago».
Il ruolo di un intellettuale è intercettare contraddizioni, violenze e illibertà dei propri tempi. E uno scrittore non può non sentire l’esigenza di raccontarle. È così?
«Credo che il ruolo dello scrittore sia scrivere meglio che può, e con un’immaginazione che non si lasci ingabbiare da intenti extraletterari. Non bisogna fare confusione fra la lotta del protagonista del romanzo per liberarsi da ciò che lo imprigiona e gli intenti dello scrittore nel descrivere quella lotta. La descrizione è tutto, e il mio ruolo è quello di descrivere. Riverso tutta la mia forza in questo, e lascio ad altri di decidere quale uso fare dei miei romanzi. Io mi considero un artista della letteratura, non sostengo nessun programma né trasmetto alcun messaggio».
Bellow ha detto, e lei ha dimostrato in 31 romanzi, che la lingua è una “dimora spirituale”. Pensa che questo discorso valga anche per le nuove generazioni di immigrati non solo in America? La lingua, la scrittura rivestono ancora questa importanza?
«Io direi che, se scrivi in inglese americano, sei uno scrittore americano, qualunque sia il tema che affronti e qualunque sia la tua biografia. Ecco perché, ad esempio, penso che in America la categoria “scrittore ebraico” sia fuorviante.
Quando scrivi narrativa, lo sforzo principale è rivolto a trovare la forma verbale che esprima nel modo più perfetto ciò che immagini. La mia principale responsabilità estetica è nei confronti della lingua inglese così come si è evoluta in America, la madrelingua per mezzo della quale cerco di trasmettere al mondo le mie fantasie di realtà — le mie sbrigliate allucinazioni camuffate da romanzi realistici».
I suoi personaggi Zuckerman e Sabbath si sono a un certo punto ritirati dal mondo divenendo osservatori delle vite degli altri. Lei è ancora curioso di storie?
«Io non mi sono ritirato dal mondo, o meglio, non mi sono isolato dal trambusto del mondo più di quanto abbia sempre fatto allo scopo di concentrarmi sul mio lavoro. La solitudine della scrittura che un tempo occupava le mie giornate, e non di rado anche le mie nottate, è stata sostituita dalla solitudine della lettura. Ho trascorso molte ore della mia vita da solo e non ho mai desiderato vivere in altro modo. Tuttavia, l’inferno della stupidità — l’espressione è di Saul Bellow — ci ingabbia tutti, in quanto cittadini del momento storico presente. Che tu sia solo o meno, in America non puoi sfuggire a quel che si è abbattuto su di noi».
Lei è sempre stato critico nei confronti della politica dai tempi delle sue satire contro Nixon fino a Trump.
«Il mio paese ha ingurgitato un mostro orrendo. Vedremo se riuscirà a rigurgitarlo prima che il suo veleno contamini tutto».
Lei si è impegnato molto in passato per gli scrittori dell’Europa orientale che vivevano sotto la dittatura.
Oggi in quelle regioni nascono movimenti xenofobi e di estrema destra che penetrano nel cuore dell’Occidente. È una nuova Weimar?
«Negli anni Settanta ho curato una collana per la Penguin chiamata “Writers from the Other Europe” in cui ho pubblicato narrativa scritta sotto il regime totalitario comunista in Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Jugoslavia.
Ora, quando sul giornale leggo dei regimi autoritari xenofobi saliti al potere in alcuni di quei paesi, penso con grande tristezza agli scrittori che ho pubblicato. In quegli anni terribili molti di loro li sono andati a trovare, e ho avuto modo di conoscerli bene. È una grottesca ironia della storia che la loro forza d’animo e le loro sofferenze nel resistere al comunismo siano sfociate, meno di vent’anni dopo, in questa profanazione della democrazia».
Come possiamo immaginare la sua vita ora? Magari in questo preciso momento.
«Sono seduto su una logora poltrona Eames che è diventata la mia casa da quando ho abbandonato il computer alla scrivania. Il pavimento tutt’attorno è disseminato di libri e riviste che sto leggendo, e accanto a me, a portata di mano, c’è un tavolino quadrato di vetro su cui sono impilati i libri che ho finito di recente e quelli che intendo leggere dopo. È straordinariamente silenzioso, per essere un appartamento newyorkese. Ho i doppi vetri per tenere lontano il rumore della strada, e dagli appartamenti accanto non sento nulla, sia perché i vicini sono tranquilli sia perché le pareti sono acusticamente isolate.
La televisione è spenta, quindi niente Trump. Appena finirò di scrivere questa risposta, mi rimetterò a leggere il penultimo capitolo di Impressioni personali di Isaiah Berlin, una straordinaria galleria di ritratti di alcune delle più grandi figure del Novecento, da Winston Churchill e Virginia Woolf ad Albert Einstein e Edmund Wilson. Ora sto leggendo dei suoi incontri con gli scrittori russi nel 1946.
C’è anche quella che è forse la più grande di tutti, la poetessa Anna Achmatova, che Berlin incontra una notte nel suo appartamento di Leningrado, dove vive come una paria, perseguitata da Stalin e dal suo regime. “Mi parlò della sua solitudine e del suo isolamento, sia personale sia culturale. Per lei la Leningrado del dopoguerra non era altro che un enorme cimitero — i pochi alberi carbonizzati rendevano la desolazione ancor più desolata”. Ora vi lascio e torno alla mia serata con Isaiah Berlin e Anna Achmatova. Cosa potrebbe esserci di meglio?».
Philip Roth
“Il romanzo non è morto ma i lettori spariranno”
DARIO OLIVERO
«Ora trascorro quattro mesi all’anno nella mia casa di campagna sperduta nel Connecticut, cento miglia a nord di New York. Fino a qualche tempo fa ci vivevo tutto l’anno, ma adesso che non scrivo più sto a New York da ottobre alla fine di aprile. In questo momento sono in città. Il mio appartamento è al dodicesimo piano, e un’intera parete è fatta di finestre da cui il mio sguardo spazia liberamente su Manhattan in direzione sud.
Vedo quasi due chilometri di luci della città — è sera — e un grande cielo nero. Ogni pochi minuti compaiono le luci baluginanti degli aeroplani che volano silenziosi da sud a nord».
Comincia così questa conversazione a distanza con Philip Roth. Una conversazione scritta, nella quale l’uomo di Pastorale americana, La macchia umana, L’animale morente, l’uomo insomma del Grande romanzo americano, lascia intravedere ancora nelle risposte la grazia addestrata da una vita di lavoro sulle parole. Si può smettere di scrivere, non di essere scrittori, come dimostrano le risposte che seguono: letteratura, politica, solitudine di fronte all’«inferno della stupidità”. Si è scrittori anche se si è presa una decisione che molti con meno talento, meno forza morale, intelligenza, autocoscienza — ed evidentemente proprio per questo — non riuscirebbero neanche a immaginare.
Non c’era più niente da scrivere? Lo spirito dei tempi andava ormai in direzione contraria?
«La decisione di smettere di scrivere narrativa che ho preso nel 2010, quando avevo 77 anni, non è stata una conseguenza dello spirito dei tempi. Il motivo è stato un altro: avevo il forte sospetto di aver ormai prodotto le mie opere migliori, e che qualunque altra cosa avessi scritto non sarebbe stata altrettanto buona. Non mi sentivo più in possesso del vigore intellettuale, dell’energia verbale e della forma fisica necessarie per sferrare e portare a compimento un attacco creativo su larga scala a una struttura complessa ed esigente come quella del romanzo. Ogni talento ha i suoi termini contrattuali — una propria natura e portata e forza, e anche una fine, una durata, un decorso. Non tutti possono essere fecondi per sempre».
Ma non si può smettere di leggere.
«Stranamente, o forse non così stranamente, ora leggo pochissima narrativa. Ho trascorso l’intera mia vita lavorativa a leggere narrativa, insegnare narrativa, studiare narrativa e scrivere narrativa. Fino a sette anni fa ho pensato a questo e poco altro. Da allora trascorro una buona parte di ogni giornata a leggere storia, soprattutto storia americana, ma anche storia europea moderna. Dopo tutti questi anni sono ridiventato uno studente, non in un istituto scolastico, ma nello studio dove prima scrivevo. Ovviamente non è altrettanto esaltante, ma è molto meno tormentoso».
Si dice che la narrativa sia un genere superato da altre forme artistiche come le serie tv e che il romanzo stia morendo per questo. Che cosa ne pensa?
«Non concordo sul fatto che la narrativa sia morta — in questo momento in America sono attivi molti romanzieri di prim’ordine.
Quello che sta diminuendo è il bacino di lettori seri, attenti e impegnati, e continuerà a diminuire a causa dell’incommensurabile popolarità dello Schermo. Prima lo schermo cinematografico, poi lo schermo televisivo, e ora lo schermo più invasivo di tutti, lo schermo elettronico in tutte le sue allettanti incarnazioni. Il fascino che un tempo la narrativa esercitava su bambini e adulti è stato distrutto dalle attrattive e dalle seduzioni della magia dello schermo. Gli scrittori continueranno a scrivere, ma il pubblico diminuirà sempre più, fino a quando un bel giorno la setta dei lettori di narrativa non sarà più numerosa di quella di chi oggi legge poesia latina per svago».
Il ruolo di un intellettuale è intercettare contraddizioni, violenze e illibertà dei propri tempi. E uno scrittore non può non sentire l’esigenza di raccontarle. È così?
«Credo che il ruolo dello scrittore sia scrivere meglio che può, e con un’immaginazione che non si lasci ingabbiare da intenti extraletterari. Non bisogna fare confusione fra la lotta del protagonista del romanzo per liberarsi da ciò che lo imprigiona e gli intenti dello scrittore nel descrivere quella lotta. La descrizione è tutto, e il mio ruolo è quello di descrivere. Riverso tutta la mia forza in questo, e lascio ad altri di decidere quale uso fare dei miei romanzi. Io mi considero un artista della letteratura, non sostengo nessun programma né trasmetto alcun messaggio».
Bellow ha detto, e lei ha dimostrato in 31 romanzi, che la lingua è una “dimora spirituale”. Pensa che questo discorso valga anche per le nuove generazioni di immigrati non solo in America? La lingua, la scrittura rivestono ancora questa importanza?
«Io direi che, se scrivi in inglese americano, sei uno scrittore americano, qualunque sia il tema che affronti e qualunque sia la tua biografia. Ecco perché, ad esempio, penso che in America la categoria “scrittore ebraico” sia fuorviante.
Quando scrivi narrativa, lo sforzo principale è rivolto a trovare la forma verbale che esprima nel modo più perfetto ciò che immagini. La mia principale responsabilità estetica è nei confronti della lingua inglese così come si è evoluta in America, la madrelingua per mezzo della quale cerco di trasmettere al mondo le mie fantasie di realtà — le mie sbrigliate allucinazioni camuffate da romanzi realistici».
I suoi personaggi Zuckerman e Sabbath si sono a un certo punto ritirati dal mondo divenendo osservatori delle vite degli altri. Lei è ancora curioso di storie?
«Io non mi sono ritirato dal mondo, o meglio, non mi sono isolato dal trambusto del mondo più di quanto abbia sempre fatto allo scopo di concentrarmi sul mio lavoro. La solitudine della scrittura che un tempo occupava le mie giornate, e non di rado anche le mie nottate, è stata sostituita dalla solitudine della lettura. Ho trascorso molte ore della mia vita da solo e non ho mai desiderato vivere in altro modo. Tuttavia, l’inferno della stupidità — l’espressione è di Saul Bellow — ci ingabbia tutti, in quanto cittadini del momento storico presente. Che tu sia solo o meno, in America non puoi sfuggire a quel che si è abbattuto su di noi».
Lei è sempre stato critico nei confronti della politica dai tempi delle sue satire contro Nixon fino a Trump.
«Il mio paese ha ingurgitato un mostro orrendo. Vedremo se riuscirà a rigurgitarlo prima che il suo veleno contamini tutto».
Lei si è impegnato molto in passato per gli scrittori dell’Europa orientale che vivevano sotto la dittatura.
Oggi in quelle regioni nascono movimenti xenofobi e di estrema destra che penetrano nel cuore dell’Occidente. È una nuova Weimar?
«Negli anni Settanta ho curato una collana per la Penguin chiamata “Writers from the Other Europe” in cui ho pubblicato narrativa scritta sotto il regime totalitario comunista in Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Jugoslavia.
Ora, quando sul giornale leggo dei regimi autoritari xenofobi saliti al potere in alcuni di quei paesi, penso con grande tristezza agli scrittori che ho pubblicato. In quegli anni terribili molti di loro li sono andati a trovare, e ho avuto modo di conoscerli bene. È una grottesca ironia della storia che la loro forza d’animo e le loro sofferenze nel resistere al comunismo siano sfociate, meno di vent’anni dopo, in questa profanazione della democrazia».
Come possiamo immaginare la sua vita ora? Magari in questo preciso momento.
«Sono seduto su una logora poltrona Eames che è diventata la mia casa da quando ho abbandonato il computer alla scrivania. Il pavimento tutt’attorno è disseminato di libri e riviste che sto leggendo, e accanto a me, a portata di mano, c’è un tavolino quadrato di vetro su cui sono impilati i libri che ho finito di recente e quelli che intendo leggere dopo. È straordinariamente silenzioso, per essere un appartamento newyorkese. Ho i doppi vetri per tenere lontano il rumore della strada, e dagli appartamenti accanto non sento nulla, sia perché i vicini sono tranquilli sia perché le pareti sono acusticamente isolate.
La televisione è spenta, quindi niente Trump. Appena finirò di scrivere questa risposta, mi rimetterò a leggere il penultimo capitolo di Impressioni personali di Isaiah Berlin, una straordinaria galleria di ritratti di alcune delle più grandi figure del Novecento, da Winston Churchill e Virginia Woolf ad Albert Einstein e Edmund Wilson. Ora sto leggendo dei suoi incontri con gli scrittori russi nel 1946.
C’è anche quella che è forse la più grande di tutti, la poetessa Anna Achmatova, che Berlin incontra una notte nel suo appartamento di Leningrado, dove vive come una paria, perseguitata da Stalin e dal suo regime. “Mi parlò della sua solitudine e del suo isolamento, sia personale sia culturale. Per lei la Leningrado del dopoguerra non era altro che un enorme cimitero — i pochi alberi carbonizzati rendevano la desolazione ancor più desolata”. Ora vi lascio e torno alla mia serata con Isaiah Berlin e Anna Achmatova. Cosa potrebbe esserci di meglio?».
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