Dedicato a suo nonno architetto: "Gli scritti che compongono questa raccolta presuppongono alcune idee che avrebbero con ogni probabilità reso perplesso il nonno Pelloni, uomo dei Lumi, scienziato, costruttore di ponti e fortezze. Presuppongono innanzitutto che l’architettura possieda una valenza metafsica e che sia per questo connaturata al sogno. Presuppongono che la millenaria storia dell’architettura, delle arti e delle tradizioni del costruire costituisca un luminoso «non-dove», un mundus imaginalis all’interno del quale i moderni architetti possono (debbono?) dialogare con infinite schiere di opere, progetti, architetti e artefici di ogni tempo. Presuppongono di conseguenza che, oggi come in passato, il fare architettura possa (debba?) divenire un’avventura spirituale oltre che intellettuale."
Leggiamo questo delizioso libro sulla storia dell'architettura come sogno, come incanto, seguendo il mondo come volontà e rappresentazione, seguendo le mani sottili degli architetti chini sul loro tavolo di disegno a segnare linee, a immaginare città, quartieri, ospedali, scuole, ordine e armonia e leggendo io conservo "Álvaro Siza Vieira, portoghese e fra i più importanti architetti contemporanei, nell’introduzione ai suoi Scritti di architettura: «Per me l’esempio, nel pensare all’architettura, è sempre venuto dagli scrittori, e tra di loro i Poeti, artefici competentissimi del regesto e del sogno, abitanti della solitudine» Il fare architettura, come il fare poesia, è innanzitutto attività dello spirito, e perciò ineluttabilmente connaturato alla solitudine e al sogno. È per questo, credo, che molti architetti e molti poeti sono insonni"
Scrivo sempre che la degenerazione del nostro vivere decentrato sia anche colpa di progetti che hanno distrutto e desertificato i centri storici di paesi e città dislocando in orribili periferie senza piazze e senza servizi, in orribili periferie senza armonia una popolazione infelice e senza identità e mi ritrovo nelle parole di Renzo Piano "Scrive Renzo Piano in Giornale di bordo (Passigli, Firenze 1997) che l’architettura è un’arte socialmente pericolosa, perché è un’arte che si impone alla comunità. Un brutto libro si può non leggere, una brutta musica si può non ascoltare, ma il brutto condominio davanti a casa lo vediamo per forza. La cattiva architettura, prosegue Piano, «impone l’immersione totale nella bruttezza, non dà scelta all’utente, e questa è una responsabilità grave, anche nei confronti delle generazioni future»."
Con nelle mani Le città invisibili di Italo Calvino, libro da me amatissimo e a volte imposto come libro di testo ai miei alunni, con negli occhi la città di Giovanbattista Alberti seguiamo il cambiamento nel tempo dell'uso dei materiali per costruire e il cambiamento di ciò che vuol dire oramai città: rifiuti, traffico, rumore, quasi un incubo.
Ho seguito anch'io cantieri, sceglievo le mattonelle delle case in cooperativa, vedevo nascere nuclei abitati dove prima c'era campagna, ascoltavo le strane richieste dei committenti. Mio marito aveva un'impresa edile e prima lui aveva trascorso anni a disegnare in uno studio di architetti essendo geometra.
So quindi di cosa parla Sacha Fornaciari in queste pagine ricchi di rimandi storici e filosofici, so cosa vuol dire il costruire con la calce e con la pietra e colgo la differenza fra le piccole chiese campestri di una volta e le asettiche chiese in costruzione nei nostri tempi senza fantasia "Esistono, in Italia e in Europa, migliaia e migliaia di piccole bellissime chiese campestri che, immerse nel verde, attendono con impazienza la festa del loro santo titolare, sovente l’unica occasione dell’anno in cui fra le loro mura ben costruite si sentono risuonare i canti delle liturgie." e nel ricordare i lavori di restauro Sacha ci racconta del restauro della casa di Pierluigi Cappello, poeta amatissimo, paraplegico per un incidente d'auto, e nel chiudere questi miei veloci appunti su un libro che vi consiglio e che amerete mi piace chiudere con i versi di Rilke "Ma in sogno a volte percorro con lo sguardo dalle fondamenta al culmine d’oro del tetto tutto il tuo spazio E vedo i miei sensi creare e plasmare gli ultimi fregi." I versi di Rilke metafora della ricerca di Dio da parte dell’uomo, nella costruzione che accomuna l'opera del creato alla attività dell'uomo.
Ippolita Luzzo
Christiano Sacha Fornaciari, architetto, è nato a São Paulo del Brasile nel 1962. Si è laureato all’Istituto universitario di architettura di Venezia, dove è stato allievo di Massimo Cacciari per gli studi di estetica e di Franco Rella per gli studi di letteratura artistica. Componente della Consulta per l’arte sacra dell’arcidiocesi di Udine, si è perfezionato in Architettura e arte per la liturgia presso la Facoltà di sacra liturgia del Pontificio ateneo Sant’Anselmo in Roma.