Conferenza stampa di TeatrOltre stamani.
Al Museo della memoria, in occasione dei quarant'anni di Teatrop, Pierpaolo Bonaccurso legge Un brano di Jerzy Grotowski che termina con queste parole "Trovare un luogo dove tale essere in comune sia possibile..."
Nelle stanze del museo quaranta tavole tematiche sono sintesi di una contaminazione voluta da chi nel teatro crede come progetto.
Fra le foto questa di Gianni Piricò, scomparso da pochi anni, fra i fondatori di teatrop, alter ego di Piero.
Al tavolo della conferenza stampa, insieme al sindaco e all'assessore, a Giovanna Villella, responsabile della rassegna Lamezia Summertime, Pierpaolo con Piero Bonaccurso, suo papà, e Ivan Falvod'Urso raccontano storia e teatro, da Claudio Remondi e Riccardo Caporossi, artisti eretici del teatro italiano che hanno contribuito a rinnovare con i loro allestimenti, di sapore beckettiano, quasi sempre "muti" e ripresi da Teatrop nel loro primo spettacolo " Sacco (1973)"
E poi ci hanno mandato via... racconta Ivan, dalla prima performance nel piano terra dell'allora Liceo Classico ai vari traslochi fino al Politeama Costabile, ed ora senza casa. Un teatro senza teatro. Un recente bando, una recente gara, ha privato della sede chi si occupava di teatro e ha imposto loro di dover pagare per presentare uno spettacolo. Rimaste senza dimora, di fatto l'esito del bando penalizza le compagnie presenti sul territorio. A Lamezia gli spazi esistono, diamoli a chi fa teatro, creiamo la residenza teatrale, con la partecipazione delle compagnie storiche e conosciute in Italia e all'estero, Teatrop, Scenari visibili, compagnie che potrebbero insieme rilanciare un teatro amatissimo in città. Nel festeggiare i quarant'anni del teatrop, ora diretto da Pierpaolo Bonaccurso, vediamo i volti giovani degli alunni dei laboratori, del liceo Scientifico, come Nicola Muraca, del liceo Classico, vincitori del premio nazionale Gerione, vediamo una città, sempre attenta e culturalmente sensibile, che non vuole essere più delusa.
I teatri devono vivere in una buona casa.
Accanto a me Alessandra Caruso, altro giovane volto da tempo nel Teatrop. Sono in tanti stamani in una affollata conferenza stampa, a rivedere gli spettacoli teatrali e a rivedersi.
Nella foto iniziale Pierpaolo Bonaccurso con una forbice in mano aspetta per il taglio del nastro della mostra. Un taglio di contaminazione al teatro che c'è.
Inizia la rassegna Teatroltre, festival di teatro in strada, un programma con artisti internazionali per le strade della città. Applausi
lunedì 29 agosto 2016
domenica 28 agosto 2016
Viaggio in Giordania
Giugno 2010
Appunti di Viaggio in Giordania con la Golden Helm
Il viaggio che non ho fatto.
Il viaggio che ho fatto.
Ne dovevo fare uno e ne ho fatto un altro, totalmente diverso, ma reale, pratico, duro.
Non culturale, come sghignazzando o enfatizzando si usa questo aggettivo,
un aggettivo che connota, ora, il vuoto della conoscenza, della consapevolezza critica, della coscienza di una diversità.
Tutto è uguale… In questo viaggio melassa la storia è annullata, gli individui inesistenti, la capo scostante e indifferente, la guida, scelta per l’uopo, non ha colpe.
Eppure questo vagare senza senso da un albergo ad un altro comincia a piacermi, a darmi il polso di un malessere che pervade il nostro tempo.
Guardo e scopro affinità, tristezze e malinconie negli occhi di alcuni, sofferenze per come la vita li abbia cambiati, ci abbia cambiato, solitudini risolte o nascoste col cibo, con l’acquisto continuo e reiterato di piccoli oggetti da portare via, da regalare poi come un obbligo ottemperato. Sento, percepisco una rassegnazione, una accettazione, una obbedienza alla vita, in generale, e al capo, in questo viaggio, senza scatti, prona,
eppure questi posti avrebbero dovuto essere visitati con la coscienza di viaggiare nel tempo a recuperare le origini del nostro cammino umano.
Oggi la città dei nabatei! Che meraviglia! Rosa, scavata nella roccia, dimenticata, la città che nel terzo secolo avanti Cristo era vivace, fiorente ed ora non c’è più.
Un viaggio non si fa solo per vedere, abbiamo cinque sensi, possiamo usarli e sicuramente, al di là dell’inganno di un viaggio promesso sulla carta da una agenzia di viaggio e non mantenuto, questo viaggio avrà la sua personalità, il suo personalissimo valore. Un viaggio non è un viaggio se non ci sono smarrimenti, imprevisti, ritardi, equivoci, litigi, intolleranze, delusioni.
Un viaggio non è un viaggio senza stupore, meraviglia, fascinazione di luoghi.
Un viaggio non è un viaggio se gli occhi della mente non si abituano a vedere le differenze, le somiglianze, a sentirne il contatto e il profondo baratro fra mondi diversi.
Se viaggiare è questo, allora, nonostante tutto, ho viaggiato.
Stimoli diversi- dicevo. Ostacoli superati con facilità, per ora.
Prima sera: stanza ermeticamente chiusa, aria condizionata, difficoltà respiratorie.
Risposta secca, dura del capo - te ne vai
Io, decisa, ferma- Sì, me ne vado-
Non smarrita davanti alla aggressione, alla indifferenza, ma consapevole che era l’unica risposta che io sapessi dare. Forse non quella giusta.
Perché è il capogruppo che si fa carico dei problemi del suo torpedone. Qui è diverso.
Poi un principe, il cugino del re, come nelle favole, comprende e fa aprire una suite reale con terrazzo, la fa pulire e risolve, per quella sera, si badi bene.
Rimane quindi valido l’imperativo e il consiglio di andare ad acquistare subito il biglietto di ritorno. -Dove?
-Sono affari tuoi
- E un sussurrio … non avrà i soldi … non ha ancora dato la mancia!
Si scoprirà, in seguito, molto in seguito, che le finestre degli altri alberghi si aprono tutte.
Come? Si scoprirà facilmente, banalmente, telefonando, se telefonando …
Ma la nostra capa, senza una erre da mettere dove si vuole, come mi suggerisce MeriLou, non sa.
Tante le cose che non sa, scopriremo più tardi, malgrado i suoi innumerevoli viaggi.
Ma, forse, il suo è l’atteggiamento giusto, responsabilizza l’altro, lo riporta all'ordine e alla disciplina, lo ignora per lungo tempo e lo blandisce solo al passaggio del fogliettino che pubblicizza l’ennesimo tour.
Merylou perde il bastone, la Kapo si gira dall’altra parte, qualcuno cade, noie!
Vai a Petra e vuoi vedere il monumento più importante,- è lontano - è la sua risposta - non c’è tempo- E così siamo andati a Petra senza esserci stati, come se fossimo andati a Roma senza vedere il Colosseo.
Ma lei, prostrata da una raucedine fastidiosa, probabilmente sintomo di qualcosa di più serio, non raccoglie, è una lastra, e si è scelta una guida all’uopo. Docile, inconsistente, senza contenuti, asmatico, stanco, l’uomo guida è affiancato dal responsabile del Garden Travel, nervoso e diseducato, diabetico e infelice, che per fortuna, va via subito. Mi è sembrato di essere su Scherzi a parte.
Era un bel viaggio sulla carta, ma la carta è solo un pezzo di carta.
Qui ora ho visto alberghi confortevoli e lussuosi, ottimo cibo, e per caso, ma questo non era incluso nel programma, una compagna di camera gradevole, acuta, sorniona, una presenza piacevolissima, una miss Marple giovane, una Elisabeth di Ragione e sentimento, più adulta, una camperista, quindi abituata a gestire con poco spazio, poca roba le sue esigenze.
Io le sarò sembrata con troppi bisogni, di docce, di riposo, di cibo. Eccessiva, dicono i miei cari. Comunque è andata bene. Questo era un optional. Lo pagherò a parte. Non all’agenzia di viaggi, però, ma alla nostra cara amica comune che, lungimirante, ci ha messo insieme.
Resta, comunque negli occhi lo scenario rupestre e infinito del deserto del Wadi Rum.
Il nostro scorrazzare su scassate quattro per quattro nel laboratorio di uno scultore senza limiti e confini, uno scultore, un architetto, un disegnatore insuperabile.
Lo spettacoloso della natura basterà da solo a ripagarci di tutte le noie della villeggiatura.
Ci ripagherà e sentiremo il desiderio di voler ritornare ancora in un deserto vero perché lì ci sentiremo meno soli del nostro permanere nel deserto quotidiano fatto di incontri e vicinanze. Ristorante giordano Giovedì. Accanto a me una tavolata di uomini- giovani- tutti- tranne uno due tre forse i capi che portano a pranzo gli operai, i dipendenti.
Mangiano silenziosi, a volte sorridono, concentrati. Due splendidi occhi assorti. Riprendono a mangiare. Sono pranzi di lavoro. Non si dicono niente. I subalterni temono il capo e stanno composti, sottomessi, il capo guarda, si intrattiene con gli altri anziani- capi
Alcuni indossano la giacca, altri portano i baffi, avranno la donna a casa, con i piccoli.
Dedicheranno un pensiero a questa donna, una attenzione in altri giorni, capiranno che esiste anche l’altra, chissà!
Intanto cosa sanno di loro, al di là del possedere un orifizio dove immettere cibo, mettere lo stuzzicadenti, tenerlo ben dritto, stretto.
Fanno foto di gruppo, mi ricordano altre fotografie, di altri uomini, che mangiano, che bevono, lontani con la mente, con il cuore, con il corpo, da un corpo che saltuariamente li ospita, lontani anche da se stessi.
Cosa pensano, oltre al lavoro, oltre alla pancia, alla tasca, al dominio, non so.
Eppure vedo da un altro lato uomini con le mogli, una di queste velata e coperta interamente di nero, uomini, alcuni attenti, altri seccati, alcuni generosi, altri dediti. Allora esistono altre categorie di uomini che non si annoiano con figli e mogli, non sempre almeno, che sanno ritagliare del tempo anche per la compagna, che diventa sorella, amica, compagna di un cammino umano difficile senza di lei, senza di lui!
Un cammino senza eredità di affetti non ha senso. Ma anche così, se guardo intorno a me, anche così, se si ha interesse verso i nostri simili, possiamo cancellare tavolate di soli maschi e dirigerci leggere verso la conoscenza di chi ha il piacere di conoscerci.
Giordania che non ho visto, il viaggio che non ho fatto, eppure resta di tutto questo una profondità saziante. Questo solo possiamo dire:- ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Sono bulimici, i nostri compagni di viaggio, bulimici e annoiati, ripetono che non ne possono più di viaggi, ma già si preparano a scorrere il foglietto del prossimo che la capo gli fa pervenire sollecita sotto gli occhi. Sono appena ritornati, alcuni di loro, pronti a ripartire.
La mia alter ego mi rimanda una immagine discorsiva, descrittiva, analitica, organizzata di un modo di vivere che facilmente non può essere che condiviso.
Mi invita a studiare gli uomini del luogo, i loro sguardi, il modo di parlare, la loro cortesia, la benevolenza verso un turismo che sicuramente porterà benessere e posti di lavoro.
Oltre c’è lo scambio di un ciao in arabo, di un vocabolario italiano-arabo, raro in questo paese sotto il dominio inglese, un vocabolario da rilanciare, una occasione
LE PROMESSE NON MANTENUTE. - Oggi potrete fare un giro in barca e vedrete i fondali del Mar Rosso, la barriera corallina, i pesci più colorati, più diversi, uno spettacolo al costo di venti euro.-
Mi propongo alla escursione, ho letto che ad Aqaba c’è un parco marino, esiste veramente quello che viene promesso. Così in venti seguiamo fiduciosi fino al porto la guida che ci fa salire su barconi sconnessi e luridi, con oblò scarsamente trasparenti.
Guidati da uomini scortesi, veniamo fatti girare per tutto il tempo nel porto fra puzza di petrolio e navi ancorate, ci indicano, con scherno, l’unico pesce che per caso passa inavvertitamente da lì.
Gli unici pesci che abbiamo visto erano stampati sulla mia borsa Braccialini, sul foulard in tinta, sul portachiavi a strisce, bianchi e neri e non a caso l’unico pesce che abbiamo avvistato era a strisce bianco nero. Renato era contento lo stesso! Era il pesce della Juventus!
Ritorniamo all’albergo, ed eccetto me, tutti giustificano la guida che certo sapeva quello che non avremmo visto e certo sa cosa avremmo dovuto vedere.
Un luogo bellissimo che potremo ammirare guardando i documentari sulla barriera corallina di Aqaba, la più settentrionale di tutte le barriere.
Ma ora dovrò dire di tutte le altre promesse non mantenute, quest’ultima non era inserita nel programma.
Non abbiamo visto Amman, la Cittadella, il Museo che conserva alcuni rotoli del mar Morto, la Moschea, il tempio di Ercole, o per essere precisi, ci siamo passati, tutto molto fuggitivo, l’esposizione, la visita, in fretta, non c’era tempo, c’era l’appuntamento al suk o da uno scultore. Questi, gentilissimo, ci ha ricevuto in casa, e prima a fare acquisti e poi in una vera casa araba a mangiare e a bere the – caffè arabo con cardamone – frutta - e poi lo scultore ci regala - tutti gli arabi sono generosi!- statuine di modesta fattura che tiene lì in mostra nel portico antistante. Non c’è tempo nemmeno il giorno dopo e viene cancellata la visita ad Umm Qais, l’antica Gadara, una delle decapoli romane, troppo simile a Jerash, evidentemente, dove di controvoglia veniamo lasciati per un’ora o meno.
D’altronde come dicono alcuni romani di Roma del nostro tour, loro vivono a Roma, cosa importa del decumano, del cardo, del teatro che non vediamo, di ogni struttura che ricorda loro i fori imperiali che ogni giorno hanno sotto gli occhi.
Cara mia compagna di stanza abbiamo fatto un bel viaggio, ma sulla tua guida Lonely Planet, ogni giorno avidamente leggevamo quello che non avremmo visto e nascondevamo diplomaticamente la nostra delusione, essendoci accorti che, per quasi tutti gli altri componenti del tour, era quello il migliore dei viaggi possibili.
Questo che non è stato un tour culturale, è stato invece un tour gastronomico- alberghiero. Ben cinque le strutture visitate. Tutte cinque stelle. Lussuose, megagalattiche, con cibi curati, ottima cucina, dolci superlativi, sempre colazione abbondante, pranzo- cena, sempre super nutriti, ben satolli, siamo rientrati a casa con due o tre chili in più!
REGENCY PALACE
Ho dormito dove dormì Poirot e Jacqueline Kennedy
E scrivo. A Petra
Nulla è per sempre.
Una frase banale nella sua ovvietà.
Allora perché noi, umani, continuiamo a chiedere ai nostri pensieri, ai nostri affetti, ai nostri progetti una eternità inesistente?
Avrei voluto mettere la crisalide sotto una boccia di vetro per impedirle di mettere le ali, di trasformarsi, di essere altro, avrei voluto per sempre la mia adolescenza, mia mamma giovane, mia nonna che raccontava le favole, mia sorella giocare a basket lanciando il suo pallone contro un divieto d’accesso, avrei voluto, per sempre, sentimenti ondeggianti e sway, come la nota canzone, barcollanti. -Mi amerai per sempre?- E’ una banalità, ma può essere vera se poi aggiungi- finché sarà possibile- finché avrò vita- finché tu lo permetterai-
Poi si scoprirà che il sentimento è univoco, poi si scoprirà che per sempre è un bellissimo sogno, come un bellissimo tesoro celato alla vista degli altri da portare con noi in quei pochi istanti di confine tra la vita e la morte,.
Quando attraverseremo la barriera porteremo con noi per sempre pochissimo e moltissimo, nei flash finali, il sorriso di nostro figlio, se c’è stato, la pazienza di mamma, la sollecitudine di sorella, e un grande amore e rimpianto.
Non so proprio per sempre come sarà. Le persone entrano ed escono dal nostro spazio vitale dandoci testimonianze diverse.
Come attori, anche noi, pronunciamo battute e andiamo avanti, come attori mal diretti improvvisiamo, poi, ogni tanto, stanchi del logorio di battute stantie e ripetute, scambiamo i logori fogli del copione con altri già recitati.
Nel cerebrale delle mie costruzioni mentali le parole di libri letti prendono forma e vita, le faccio mie e nel giorno che nasce nuove frasi appaiono confortanti.
Nulla è per sempre, tutto è diverso, e chissà perché mi viene in mente Petra rosa, vista dal Siq, scomparsa, ritrovata, visitata, troppo poco. Irrimediabilmente sciupata ed amata nel tempo.
Giugno 2010
Appunti di Viaggio in Giordania con la Golden Helm
Il viaggio che non ho fatto.
Il viaggio che ho fatto.
Ne dovevo fare uno e ne ho fatto un altro, totalmente diverso, ma reale, pratico, duro.
Non culturale, come sghignazzando o enfatizzando si usa questo aggettivo,
un aggettivo che connota, ora, il vuoto della conoscenza, della consapevolezza critica, della coscienza di una diversità.
Tutto è uguale… In questo viaggio melassa la storia è annullata, gli individui inesistenti, la capo scostante e indifferente, la guida, scelta per l’uopo, non ha colpe.
Eppure questo vagare senza senso da un albergo ad un altro comincia a piacermi, a darmi il polso di un malessere che pervade il nostro tempo.
Guardo e scopro affinità, tristezze e malinconie negli occhi di alcuni, sofferenze per come la vita li abbia cambiati, ci abbia cambiato, solitudini risolte o nascoste col cibo, con l’acquisto continuo e reiterato di piccoli oggetti da portare via, da regalare poi come un obbligo ottemperato. Sento, percepisco una rassegnazione, una accettazione, una obbedienza alla vita, in generale, e al capo, in questo viaggio, senza scatti, prona,
eppure questi posti avrebbero dovuto essere visitati con la coscienza di viaggiare nel tempo a recuperare le origini del nostro cammino umano.
Oggi la città dei nabatei! Che meraviglia! Rosa, scavata nella roccia, dimenticata, la città che nel terzo secolo avanti Cristo era vivace, fiorente ed ora non c’è più.
Un viaggio non si fa solo per vedere, abbiamo cinque sensi, possiamo usarli e sicuramente, al di là dell’inganno di un viaggio promesso sulla carta da una agenzia di viaggio e non mantenuto, questo viaggio avrà la sua personalità, il suo personalissimo valore. Un viaggio non è un viaggio se non ci sono smarrimenti, imprevisti, ritardi, equivoci, litigi, intolleranze, delusioni.
Un viaggio non è un viaggio senza stupore, meraviglia, fascinazione di luoghi.
Un viaggio non è un viaggio se gli occhi della mente non si abituano a vedere le differenze, le somiglianze, a sentirne il contatto e il profondo baratro fra mondi diversi.
Se viaggiare è questo, allora, nonostante tutto, ho viaggiato.
Stimoli diversi- dicevo. Ostacoli superati con facilità, per ora.
Prima sera: stanza ermeticamente chiusa, aria condizionata, difficoltà respiratorie.
Risposta secca, dura del capo - te ne vai
Io, decisa, ferma- Sì, me ne vado-
Non smarrita davanti alla aggressione, alla indifferenza, ma consapevole che era l’unica risposta che io sapessi dare. Forse non quella giusta.
Perché è il capogruppo che si fa carico dei problemi del suo torpedone. Qui è diverso.
Poi un principe, il cugino del re, come nelle favole, comprende e fa aprire una suite reale con terrazzo, la fa pulire e risolve, per quella sera, si badi bene.
Rimane quindi valido l’imperativo e il consiglio di andare ad acquistare subito il biglietto di ritorno. -Dove?
-Sono affari tuoi
- E un sussurrio … non avrà i soldi … non ha ancora dato la mancia!
Si scoprirà, in seguito, molto in seguito, che le finestre degli altri alberghi si aprono tutte.
Come? Si scoprirà facilmente, banalmente, telefonando, se telefonando …
Ma la nostra capa, senza una erre da mettere dove si vuole, come mi suggerisce MeriLou, non sa.
Tante le cose che non sa, scopriremo più tardi, malgrado i suoi innumerevoli viaggi.
Ma, forse, il suo è l’atteggiamento giusto, responsabilizza l’altro, lo riporta all'ordine e alla disciplina, lo ignora per lungo tempo e lo blandisce solo al passaggio del fogliettino che pubblicizza l’ennesimo tour.
Merylou perde il bastone, la Kapo si gira dall’altra parte, qualcuno cade, noie!
Vai a Petra e vuoi vedere il monumento più importante,- è lontano - è la sua risposta - non c’è tempo- E così siamo andati a Petra senza esserci stati, come se fossimo andati a Roma senza vedere il Colosseo.
Ma lei, prostrata da una raucedine fastidiosa, probabilmente sintomo di qualcosa di più serio, non raccoglie, è una lastra, e si è scelta una guida all’uopo. Docile, inconsistente, senza contenuti, asmatico, stanco, l’uomo guida è affiancato dal responsabile del Garden Travel, nervoso e diseducato, diabetico e infelice, che per fortuna, va via subito. Mi è sembrato di essere su Scherzi a parte.
Era un bel viaggio sulla carta, ma la carta è solo un pezzo di carta.
Qui ora ho visto alberghi confortevoli e lussuosi, ottimo cibo, e per caso, ma questo non era incluso nel programma, una compagna di camera gradevole, acuta, sorniona, una presenza piacevolissima, una miss Marple giovane, una Elisabeth di Ragione e sentimento, più adulta, una camperista, quindi abituata a gestire con poco spazio, poca roba le sue esigenze.
Io le sarò sembrata con troppi bisogni, di docce, di riposo, di cibo. Eccessiva, dicono i miei cari. Comunque è andata bene. Questo era un optional. Lo pagherò a parte. Non all’agenzia di viaggi, però, ma alla nostra cara amica comune che, lungimirante, ci ha messo insieme.
Resta, comunque negli occhi lo scenario rupestre e infinito del deserto del Wadi Rum.
Il nostro scorrazzare su scassate quattro per quattro nel laboratorio di uno scultore senza limiti e confini, uno scultore, un architetto, un disegnatore insuperabile.
Lo spettacoloso della natura basterà da solo a ripagarci di tutte le noie della villeggiatura.
Ci ripagherà e sentiremo il desiderio di voler ritornare ancora in un deserto vero perché lì ci sentiremo meno soli del nostro permanere nel deserto quotidiano fatto di incontri e vicinanze. Ristorante giordano Giovedì. Accanto a me una tavolata di uomini- giovani- tutti- tranne uno due tre forse i capi che portano a pranzo gli operai, i dipendenti.
Mangiano silenziosi, a volte sorridono, concentrati. Due splendidi occhi assorti. Riprendono a mangiare. Sono pranzi di lavoro. Non si dicono niente. I subalterni temono il capo e stanno composti, sottomessi, il capo guarda, si intrattiene con gli altri anziani- capi
Alcuni indossano la giacca, altri portano i baffi, avranno la donna a casa, con i piccoli.
Dedicheranno un pensiero a questa donna, una attenzione in altri giorni, capiranno che esiste anche l’altra, chissà!
Intanto cosa sanno di loro, al di là del possedere un orifizio dove immettere cibo, mettere lo stuzzicadenti, tenerlo ben dritto, stretto.
Fanno foto di gruppo, mi ricordano altre fotografie, di altri uomini, che mangiano, che bevono, lontani con la mente, con il cuore, con il corpo, da un corpo che saltuariamente li ospita, lontani anche da se stessi.
Cosa pensano, oltre al lavoro, oltre alla pancia, alla tasca, al dominio, non so.
Eppure vedo da un altro lato uomini con le mogli, una di queste velata e coperta interamente di nero, uomini, alcuni attenti, altri seccati, alcuni generosi, altri dediti. Allora esistono altre categorie di uomini che non si annoiano con figli e mogli, non sempre almeno, che sanno ritagliare del tempo anche per la compagna, che diventa sorella, amica, compagna di un cammino umano difficile senza di lei, senza di lui!
Un cammino senza eredità di affetti non ha senso. Ma anche così, se guardo intorno a me, anche così, se si ha interesse verso i nostri simili, possiamo cancellare tavolate di soli maschi e dirigerci leggere verso la conoscenza di chi ha il piacere di conoscerci.
Giordania che non ho visto, il viaggio che non ho fatto, eppure resta di tutto questo una profondità saziante. Questo solo possiamo dire:- ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Sono bulimici, i nostri compagni di viaggio, bulimici e annoiati, ripetono che non ne possono più di viaggi, ma già si preparano a scorrere il foglietto del prossimo che la capo gli fa pervenire sollecita sotto gli occhi. Sono appena ritornati, alcuni di loro, pronti a ripartire.
La mia alter ego mi rimanda una immagine discorsiva, descrittiva, analitica, organizzata di un modo di vivere che facilmente non può essere che condiviso.
Mi invita a studiare gli uomini del luogo, i loro sguardi, il modo di parlare, la loro cortesia, la benevolenza verso un turismo che sicuramente porterà benessere e posti di lavoro.
Oltre c’è lo scambio di un ciao in arabo, di un vocabolario italiano-arabo, raro in questo paese sotto il dominio inglese, un vocabolario da rilanciare, una occasione
LE PROMESSE NON MANTENUTE. - Oggi potrete fare un giro in barca e vedrete i fondali del Mar Rosso, la barriera corallina, i pesci più colorati, più diversi, uno spettacolo al costo di venti euro.-
Mi propongo alla escursione, ho letto che ad Aqaba c’è un parco marino, esiste veramente quello che viene promesso. Così in venti seguiamo fiduciosi fino al porto la guida che ci fa salire su barconi sconnessi e luridi, con oblò scarsamente trasparenti.
Guidati da uomini scortesi, veniamo fatti girare per tutto il tempo nel porto fra puzza di petrolio e navi ancorate, ci indicano, con scherno, l’unico pesce che per caso passa inavvertitamente da lì.
Gli unici pesci che abbiamo visto erano stampati sulla mia borsa Braccialini, sul foulard in tinta, sul portachiavi a strisce, bianchi e neri e non a caso l’unico pesce che abbiamo avvistato era a strisce bianco nero. Renato era contento lo stesso! Era il pesce della Juventus!
Ritorniamo all’albergo, ed eccetto me, tutti giustificano la guida che certo sapeva quello che non avremmo visto e certo sa cosa avremmo dovuto vedere.
Un luogo bellissimo che potremo ammirare guardando i documentari sulla barriera corallina di Aqaba, la più settentrionale di tutte le barriere.
Ma ora dovrò dire di tutte le altre promesse non mantenute, quest’ultima non era inserita nel programma.
Non abbiamo visto Amman, la Cittadella, il Museo che conserva alcuni rotoli del mar Morto, la Moschea, il tempio di Ercole, o per essere precisi, ci siamo passati, tutto molto fuggitivo, l’esposizione, la visita, in fretta, non c’era tempo, c’era l’appuntamento al suk o da uno scultore. Questi, gentilissimo, ci ha ricevuto in casa, e prima a fare acquisti e poi in una vera casa araba a mangiare e a bere the – caffè arabo con cardamone – frutta - e poi lo scultore ci regala - tutti gli arabi sono generosi!- statuine di modesta fattura che tiene lì in mostra nel portico antistante. Non c’è tempo nemmeno il giorno dopo e viene cancellata la visita ad Umm Qais, l’antica Gadara, una delle decapoli romane, troppo simile a Jerash, evidentemente, dove di controvoglia veniamo lasciati per un’ora o meno.
D’altronde come dicono alcuni romani di Roma del nostro tour, loro vivono a Roma, cosa importa del decumano, del cardo, del teatro che non vediamo, di ogni struttura che ricorda loro i fori imperiali che ogni giorno hanno sotto gli occhi.
Cara mia compagna di stanza abbiamo fatto un bel viaggio, ma sulla tua guida Lonely Planet, ogni giorno avidamente leggevamo quello che non avremmo visto e nascondevamo diplomaticamente la nostra delusione, essendoci accorti che, per quasi tutti gli altri componenti del tour, era quello il migliore dei viaggi possibili.
Questo che non è stato un tour culturale, è stato invece un tour gastronomico- alberghiero. Ben cinque le strutture visitate. Tutte cinque stelle. Lussuose, megagalattiche, con cibi curati, ottima cucina, dolci superlativi, sempre colazione abbondante, pranzo- cena, sempre super nutriti, ben satolli, siamo rientrati a casa con due o tre chili in più!
REGENCY PALACE
Ho dormito dove dormì Poirot e Jacqueline Kennedy
E scrivo. A Petra
Nulla è per sempre.
Una frase banale nella sua ovvietà.
Allora perché noi, umani, continuiamo a chiedere ai nostri pensieri, ai nostri affetti, ai nostri progetti una eternità inesistente?
Avrei voluto mettere la crisalide sotto una boccia di vetro per impedirle di mettere le ali, di trasformarsi, di essere altro, avrei voluto per sempre la mia adolescenza, mia mamma giovane, mia nonna che raccontava le favole, mia sorella giocare a basket lanciando il suo pallone contro un divieto d’accesso, avrei voluto, per sempre, sentimenti ondeggianti e sway, come la nota canzone, barcollanti. -Mi amerai per sempre?- E’ una banalità, ma può essere vera se poi aggiungi- finché sarà possibile- finché avrò vita- finché tu lo permetterai-
Poi si scoprirà che il sentimento è univoco, poi si scoprirà che per sempre è un bellissimo sogno, come un bellissimo tesoro celato alla vista degli altri da portare con noi in quei pochi istanti di confine tra la vita e la morte,.
Quando attraverseremo la barriera porteremo con noi per sempre pochissimo e moltissimo, nei flash finali, il sorriso di nostro figlio, se c’è stato, la pazienza di mamma, la sollecitudine di sorella, e un grande amore e rimpianto.
Non so proprio per sempre come sarà. Le persone entrano ed escono dal nostro spazio vitale dandoci testimonianze diverse.
Come attori, anche noi, pronunciamo battute e andiamo avanti, come attori mal diretti improvvisiamo, poi, ogni tanto, stanchi del logorio di battute stantie e ripetute, scambiamo i logori fogli del copione con altri già recitati.
Nel cerebrale delle mie costruzioni mentali le parole di libri letti prendono forma e vita, le faccio mie e nel giorno che nasce nuove frasi appaiono confortanti.
Nulla è per sempre, tutto è diverso, e chissà perché mi viene in mente Petra rosa, vista dal Siq, scomparsa, ritrovata, visitata, troppo poco. Irrimediabilmente sciupata ed amata nel tempo.
Giugno 2010
martedì 23 agosto 2016
Il valore
Fra i tanti significati della parola "Valore" ci sta il significato di prezzo, costo.
Valore di scambio:quantità di un bene o di moneta che si dà in cambio di un altro bene o servizio di cui si abbisogna o che si desidera.
Valore aggiunto:aumento di valore che riceve una cosa per effetto delle lavorazioni e trasformazioni delle materie prime ausiliarie impiegate.
Valore come pregio. Ciò che è vero, bello, buono, secondo un giudizio personale più o meno in accordo con quello della società dell'epoca. Il valore artistico di un quadro, di una statua, di una ceramica.
Il valore è distinzione. Ciò che distingue e mostra a tutti un qualcosa da ammirare.
Tutto ciò di introduzione sul valore di cui oggi voglio raccontarvi.
Il valore che ciascuno di noi attribuisce ad un libro, ad un articolo, ad un pezzo, secondo una personale stima.
Alcuni anni fa passeggiavo per via Garibaldi, guardando il barocco dei palazzi e le intemperie degli anni e degli uomini sui muri, sui balconi, quando fermo lo sguardo su un dipinto esposto in una galleria d'arte che ora non c'è più.
Prendo appunti, entro, chiedo il prezzo, chiedo mail dell'artista e riesco. Il quadro viveva nella mia testa, i fiori volteggiavano felici davanti i miei occhi e aperto il PC ho iniziato a scrivere. Un pezzo.
Felice di questo mio blog che mi permette di scrivere a Scianna, Daverio, Recami e Di Paolo, come se fossero amici e di avere da loro gentilissime risposte.
Non mi aspettavo altro quindi che una mail, ma la realtà ci sorprende sempre e dopo qualche tempo mi vedo arrivare il bravissimo artista a casa con il quadro ammirato in dono.
Rifiuto e protesto che non posso accettare e mi convince argomentando sul valore che dà al mio pezzo, già messo nella sua cartella pubblica, come presentazione, insieme agli altri articoli che parlano di lui.
Il mio pezzo ha un valore per lui.
Altri artisti, negli anni a venire, hanno ripetuto il gesto dando il valore ai miei pezzi.
Così ho deciso di raccogliere questo anno i pezzi sull'arte, sulla mia felicità di applaudire la bravura, e dopo aver pubblicato su lulu, la piattaforma di autopubblicazione, ricevo un'altra telefonata. Dalla Sicilia,
- Ciao, Ippolita, voglio regalarti un mio quadro e comprare il tuo libro.
- Cosa dici? Io il libro te lo regalo e non posso accettare un tuo quadro.
Lui però mi fa il discorso del valore, del valore che si dà alle cose, agli scritti, alle parole come ai sentimenti, ai libri come ai dipinti, alle azioni come alla vita tutta. Il valore che si riconosce.
E mi riconcilia sul genere umano che ha valore e dà valore.
Valore di scambio:quantità di un bene o di moneta che si dà in cambio di un altro bene o servizio di cui si abbisogna o che si desidera.
Valore aggiunto:aumento di valore che riceve una cosa per effetto delle lavorazioni e trasformazioni delle materie prime ausiliarie impiegate.
Valore come pregio. Ciò che è vero, bello, buono, secondo un giudizio personale più o meno in accordo con quello della società dell'epoca. Il valore artistico di un quadro, di una statua, di una ceramica.
Il valore è distinzione. Ciò che distingue e mostra a tutti un qualcosa da ammirare.
Tutto ciò di introduzione sul valore di cui oggi voglio raccontarvi.
Il valore che ciascuno di noi attribuisce ad un libro, ad un articolo, ad un pezzo, secondo una personale stima.
Alcuni anni fa passeggiavo per via Garibaldi, guardando il barocco dei palazzi e le intemperie degli anni e degli uomini sui muri, sui balconi, quando fermo lo sguardo su un dipinto esposto in una galleria d'arte che ora non c'è più.
Prendo appunti, entro, chiedo il prezzo, chiedo mail dell'artista e riesco. Il quadro viveva nella mia testa, i fiori volteggiavano felici davanti i miei occhi e aperto il PC ho iniziato a scrivere. Un pezzo.
Felice di questo mio blog che mi permette di scrivere a Scianna, Daverio, Recami e Di Paolo, come se fossero amici e di avere da loro gentilissime risposte.
Non mi aspettavo altro quindi che una mail, ma la realtà ci sorprende sempre e dopo qualche tempo mi vedo arrivare il bravissimo artista a casa con il quadro ammirato in dono.
Rifiuto e protesto che non posso accettare e mi convince argomentando sul valore che dà al mio pezzo, già messo nella sua cartella pubblica, come presentazione, insieme agli altri articoli che parlano di lui.
Il mio pezzo ha un valore per lui.
Altri artisti, negli anni a venire, hanno ripetuto il gesto dando il valore ai miei pezzi.
Così ho deciso di raccogliere questo anno i pezzi sull'arte, sulla mia felicità di applaudire la bravura, e dopo aver pubblicato su lulu, la piattaforma di autopubblicazione, ricevo un'altra telefonata. Dalla Sicilia,
- Ciao, Ippolita, voglio regalarti un mio quadro e comprare il tuo libro.
- Cosa dici? Io il libro te lo regalo e non posso accettare un tuo quadro.
Lui però mi fa il discorso del valore, del valore che si dà alle cose, agli scritti, alle parole come ai sentimenti, ai libri come ai dipinti, alle azioni come alla vita tutta. Il valore che si riconosce.
E mi riconcilia sul genere umano che ha valore e dà valore.
lunedì 22 agosto 2016
Sulle note degli U2
22 agosto 2012 scrivevo così: Sulle note degli U2
With Or Without You.
Il complesso guidato dalla voce dell’avvocato Massimo Sereno ha dato voce a tutta una cittadinanza giustamente fiera che il tribunale fosse rimasto lì, non perché fosse città di mafia, questo no, ma perché Lamezia terme è una città grande, viva e normale e vuole tutto funzionante, ospedale, scuole e tribunale.
Il canto si librava nell’aria sereno e gridava a tutti che non è vero con te o senza te sia la stessa cosa, ma che tutto è necessario in questo mondo di ladri, altra canzone cantata, dove tutti noi andiamo vagabondi, e qui abbiamo cantato tutti.
Io vagabondo che son io.
Una splendida batteria ha battuto I tempi della riscossa con una nota di rimpianto, triste elegiaca al pensiero degli avvocati che non erano presenti, su tutti uno in particolare, GianLuca Materazzo, da poco non più , per un banalissimo incidente in moto, non causato da lui e che probabilmente in un ospedale più attrezzato avrebbero saputo salvare.
Ma il nostro ospedale non è più.
Ed allora la prossima dovrà essere la mobilitazione seria per un ospedale non più sguarnito, ma cuore vero di una cittadina bisognosa di cure pronte e attente, bisognosa di aria , di studi, di vita.
La serata ha intonato il canto e l’inno del tribunale e le parole di un sindaco giustamente orgoglioso ma….
Ricordiamoci sempre di voler l’impossibile, un ospedale efficiente in una città viva.
Ippolita luzzo
With Or Without You.
Il complesso guidato dalla voce dell’avvocato Massimo Sereno ha dato voce a tutta una cittadinanza giustamente fiera che il tribunale fosse rimasto lì, non perché fosse città di mafia, questo no, ma perché Lamezia terme è una città grande, viva e normale e vuole tutto funzionante, ospedale, scuole e tribunale.
Il canto si librava nell’aria sereno e gridava a tutti che non è vero con te o senza te sia la stessa cosa, ma che tutto è necessario in questo mondo di ladri, altra canzone cantata, dove tutti noi andiamo vagabondi, e qui abbiamo cantato tutti.
Io vagabondo che son io.
Una splendida batteria ha battuto I tempi della riscossa con una nota di rimpianto, triste elegiaca al pensiero degli avvocati che non erano presenti, su tutti uno in particolare, GianLuca Materazzo, da poco non più , per un banalissimo incidente in moto, non causato da lui e che probabilmente in un ospedale più attrezzato avrebbero saputo salvare.
Ma il nostro ospedale non è più.
Ed allora la prossima dovrà essere la mobilitazione seria per un ospedale non più sguarnito, ma cuore vero di una cittadina bisognosa di cure pronte e attente, bisognosa di aria , di studi, di vita.
La serata ha intonato il canto e l’inno del tribunale e le parole di un sindaco giustamente orgoglioso ma….
Ricordiamoci sempre di voler l’impossibile, un ospedale efficiente in una città viva.
Ippolita luzzo
Padre, madre, figlio, figlia, zia e cognata, cugina e nipote, scrivono tutti.
- E come state in famiglia?
- Bene, grazie, scriviamo tutti.
Così rispondono i fortunati consanguinei della penna, gli scrittori dei florilegi e dei madrigali.
Solo a casa mia se apro bocca vengo redarguita con: - Smettila di parlare di mafia - mio zio alquanto seccato, e a nulla vale per mia discolpa chiarire che io di mafia non scrivo.
- Bene, grazie, scriviamo tutti.
Così rispondono i fortunati consanguinei della penna, gli scrittori dei florilegi e dei madrigali.
Solo a casa mia se apro bocca vengo redarguita con: - Smettila di parlare di mafia - mio zio alquanto seccato, e a nulla vale per mia discolpa chiarire che io di mafia non scrivo.
- Allora smettila di parlare di gay! - mi intima ancora più seccato. Mah! dove avrà letto da me non so, sono sicura che non mi ha letto mai.
Sono altresì sicura che non mi hanno letto mai i miei familiari, dal più stretto al più allargato.
Non solo. Nella mia famiglia la scrittura è vista con fastidio. Da sempre. Mio padre leggeva moltissime riviste, ogni giorno. Mia madre, quando poteva sedersi, sfogliava il giornale e ora ha imparato la settimana enigmistica, fratello e sorella non leggono e non scrivono da poeti e scrittori, quindi finisce qui il rapporto con le amene letture a casa mia.
Io fuori sto. Da lettrice.
Noto però con vero piacere e ammirazione che esistono famiglie in cui tutti leggono e scrivono, uno poi presenta e incensa l'altro, e nella felicità più assoluta stanno, avendo un libro per le mani. Il loro.
Io fuori sto. Da lettrice.
Noto però con vero piacere e ammirazione che esistono famiglie in cui tutti leggono e scrivono, uno poi presenta e incensa l'altro, e nella felicità più assoluta stanno, avendo un libro per le mani. Il loro.
Evviva.
Felice per loro che non conosceranno mai i dispiaceri degli esiliati, degli esclusi, di chi legge per sopravvivere un testo al giorno e che non sia il suo o della proprio famiglia.
Felice per loro che non conosceranno mai i dispiaceri degli esiliati, degli esclusi, di chi legge per sopravvivere un testo al giorno e che non sia il suo o della proprio famiglia.
Leggersi la letteratura prodotta nelle stanze di casa propria deve dare quella soddisfazione spalmabile che prende a chi prepara le marmellate in estate, autunno e inverno. Fatta in casa meglio è.
La marmellata.
La marmellata.
giovedì 18 agosto 2016
Piangere per la Siria. Ferragosto 2016
Laggiù nel Medio Oriente
come un bufalo impazzito
Sarà ricordata così questa epoca insanguinata di civili usati come soldati, di merce uccisa per far spazio alle armi.
Mi rende conto di non voler conoscere nulla da alcuni anni, da molti anni, e di aver spento audio e video sul mondo da troppo tempo. Al Jazeera era l'unica televisione che vedevo allora dopo aver spento ogni altra. E ora accendendo Tiscali vedo dal PC il volto in lacrime del giornalista denunciare la stessa impotenza che mi prese quando decisi di spegnere, solo che ora l'impotenza deve accendere una azione. Spegnere e accendere, sul mondo del male, delle armi, del capitale, della ricchezza e della infamia, spegnere e accendere nel mese delle ferie, del ferragosto di guerra.
da Lettera 43 tutti i numeri della catastrofe: In cinque anni 470 mila morti. Il 45% della popolazione ha perso la propria casa. Quasi 5 milioni di profughi. L'Onu: «Ad Aleppo rischio di disastro umanitario».
TG1 online:Il dramma dei civili in Siria. L'immagine di un bimbo estratto dalle macerie e messo in salvo su un'ambulanza diventa il simbolo della catastrofe ad Aleppo, colpita ripetutamente dagli attacchi aerei. Le Nazioni Unite sospendono la task force di aiuti umanitari. "Aiuti impossibili"
Aleppo: È patrimonio dell'umanità dell'UNESCO dal 1986.
Nell'anno 2006 Aleppo è stata la prima città a fregiarsi del titolo di "Capitale culturale del mondo islamico".
La cartina per situare un luogo geografico con i confini anch'essi insanguinati nel tempo: Libano, Israele, Giordania, Iraq, Turchia.
Il Medio Oriente. Abbiamo appeso la bandiera partigiana della nostra Palestina. Una Palestina che sia pace per tutti i popoli
Laggiù nel Medio Oriente come un bufalo impazzito trionfa il pirata americano... (russo e cinese uguale è) era una canzone degli anni settanta, ora Il Disastro umanitario.
Ferragosto 2016 Siria, «Qui ad Aleppo i bambini non hanno più nulla da mangiare»: giornalista di Al Jazeera in lacrime in diretta.
Il reporter Milad Fadel stava raccontando la drammatica situazione nella città siriana sotto assedio ed è scoppiato a piangere.
Laggiù nel Medio Oriente
Mi rende conto di non voler conoscere nulla da alcuni anni, da molti anni, e di aver spento audio e video sul mondo da troppo tempo. Al Jazeera era l'unica televisione che vedevo allora dopo aver spento ogni altra. E ora accendendo Tiscali vedo dal PC il volto in lacrime del giornalista denunciare la stessa impotenza che mi prese quando decisi di spegnere, solo che ora l'impotenza deve accendere una azione. Spegnere e accendere, sul mondo del male, delle armi, del capitale, della ricchezza e della infamia, spegnere e accendere nel mese delle ferie, del ferragosto di guerra.
da Lettera 43 tutti i numeri della catastrofe: In cinque anni 470 mila morti. Il 45% della popolazione ha perso la propria casa. Quasi 5 milioni di profughi. L'Onu: «Ad Aleppo rischio di disastro umanitario».
TG1 online:Il dramma dei civili in Siria. L'immagine di un bimbo estratto dalle macerie e messo in salvo su un'ambulanza diventa il simbolo della catastrofe ad Aleppo, colpita ripetutamente dagli attacchi aerei. Le Nazioni Unite sospendono la task force di aiuti umanitari. "Aiuti impossibili"
Aleppo: È patrimonio dell'umanità dell'UNESCO dal 1986.
Nell'anno 2006 Aleppo è stata la prima città a fregiarsi del titolo di "Capitale culturale del mondo islamico".
La cartina per situare un luogo geografico con i confini anch'essi insanguinati nel tempo: Libano, Israele, Giordania, Iraq, Turchia.
Il Medio Oriente. Abbiamo appeso la bandiera partigiana della nostra Palestina. Una Palestina che sia pace per tutti i popoli
Laggiù nel Medio Oriente come un bufalo impazzito trionfa il pirata americano... (russo e cinese uguale è) era una canzone degli anni settanta, ora Il Disastro umanitario.
Ferragosto 2016 Siria, «Qui ad Aleppo i bambini non hanno più nulla da mangiare»: giornalista di Al Jazeera in lacrime in diretta.
Il reporter Milad Fadel stava raccontando la drammatica situazione nella città siriana sotto assedio ed è scoppiato a piangere.
Laggiù nel Medio Oriente
mercoledì 17 agosto 2016
Sebastiano Lo Monaco Il berretto a sonagli
Togliere il berretto a sonagli della pazzia e... beeee
A Lamezia Summertime 2016 commedia in esclusiva per la Calabria.
A Lamezia Summertime 2016 commedia in esclusiva per la Calabria.
Quando la rabbia acceca e la vendetta, sperata e invocata come libertà, diventerà una prigionia, questa in sintesi la traccia della rivisitazione teatrale di Sebastiano Lo Monaco, nel portare in scena il testo di Luigi Pirandello.
Noi non sappiamo quale strada prenderà una azione, e su questo non sapere, su questo mistero dovremmo stare sul ciglio della decisione ed alimentare il dubbio, sembra ci dica nel primo tempo l'attore e regista, che giocando coi toni della farsa, della commedia, si distacca dal testo quel poco che basti a inscenare un rapporto di complicità con il pubblico, nel patto di fiducia che si instaura fra spettatori e attore, un patto di affidamento e di partecipazione. Stiamo giocando, sembra che ci dica nel primo tempo il regista, e gli scappa da ridere su tutto un assetto, su tutto un prendersi troppo sul serio, che va dall'atteggiamento della moglie del cavalier Fiorica al sussiego del delegato Spanò, al moralismo della madre, fino allo stesso Ciampa, marito geloso eppur consapevole del tradimento, a cui sarà costretta, noi supponiamo, sebben perpetrato dalla moglie, donna tenuta sotto sale, come le sardine, chiusa con un catenaccio.
" Moglie, sardine ed acciughe: queste, sott'olio e sotto salamoja; la moglie, sotto chiave."
Tutto si regge fino a quel momento, sembra dicano nel primo tempo gli attori, se non prendiamo sul serio i propositi di verità.
Pausa, primo atto.
Secondo atto. Pupi, tutti Pupi, nel dramma. Il puparo non sta sulla scena del berretto a sonagli. Non si vede e benché tutti ne parlino o ne subiscano sue prepotenze si rivolgono al suo indirizzo con sussiego. Sola a ribellarsi la moglie, non tanto per rivendicare una sua identità ma per desiderio di scoperchiare un inganno: La vanità della moglie di Ciampa che esibisce, alla finestra, i gioielli avuti in dono dal cavaliere e il regalo di una collana a pendagli che non vedremo.
Come nella vita, nella società civile e non, nel secondo atto la conclusione dell'azione va per strade sconosciute a chi l'ha voluto e assistiamo allo sconcerto, al rimescolar di carte, al terribile non ritorno delle conseguenze.
Come nella vita, nella società civile e non, nel secondo atto la conclusione dell'azione va per strade sconosciute a chi l'ha voluto e assistiamo allo sconcerto, al rimescolar di carte, al terribile non ritorno delle conseguenze.
Il berretto a sonagli, commedia in due atti di Luigi Pirandello, fa parte della raccolta Maschere nude, analisi di una società civile che esiste se indossa una maschera, se ognuno dei partecipanti recita per bene il ruolo che gli viene assegnato, o quello che trova, o quello che viene imposto, nello spazio ristretto e asfittico della libertà personale.
Alla fine, fra gli applausi finali, Sebastiano Lo Monaco ci intrattiene, ci trattiene con lui, quasi a voler ricominciare la recita di un copione libero, un altro copione, il suo, sul suo vivere di teatro, un teatro sempre più difficile da far vivere e da viverci, sui legami che si creano fra una compagnia teatrale e un luogo, un pubblico, il piacere di tornare e voler ritornare ancora a Lamezia, la prima risata che unisce spettatori e attori in una complicità.
Ogni dramma dissipa l'azione umana, svanisce al vento, e svanire è anche il mezzo con cui si vince o si perde, nel momento individuale e nel fatto sociale.
Uno strumento da accordare giorno per giorno, il nostro ruolo con il contesto e risentiamo le parole di Ciampa mentre ci allontaniamo dai ruderi dell'abbazia benedettina, composti e meditabondi.
"La corda civile, signora. Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa.
La seria, la civile, la pazza. Sopra tutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile; per cui sta qua, in mezzo alla fronte. ‑ Ci mangeremmo tutti, signora mia, l'un l'altro, come tanti cani arrabbiati.
Ma può venire il momento che le acque s'intorbidano. E allora... allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr'otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!"
e "Potessi farlo io, come piacerebbe a me! Sferrare, signora, qua
per davvero, tutta la corda pazza, cacciarmi fino agli orecchi il berretto a sonagli della pazzia e scendere in piazza a sputare in faccia alla gente la verità. Sono i bocconi amari, le ingiustizie, le infamie, le prepotenze, che ci tocca d'ingozzare, che c'infràcidano lo stomaco! il non poter sfogare, signora! il non potere aprire la valvola della pazzia! Cominci, cominci a gridare!" Eh no...
martedì 16 agosto 2016
La parabola dell'asino
Da Esopo a noi
Non potremmo mai contentare gli altri e, ogni cosa facciamo, per un altro sarà sempre una stranezza.
Ho pensato esattamente così quando, uscita da una conferenza stampa, incrocio loro due, conoscenti, che, salutandomi, mi domandano cosa io facessi per poi commentare al mio indirizzo con frase similare ai passanti della storiella qui riportata in varie versioni.
Dalla più antica di Esopo (Esopo, ca 620 a.C. - ca 560 a.C.) all'altra storia dopo Cristo, cambiano i personaggi ma nulla è immutato.
Esopo:Un vecchio faceva il cammino con il figlio giovinetto. Il padre e il figlio avevano un unico piccolo asinello: a turno venivano portati dall'asino ed alleviavano la fatica del percorso. Mentre il padre veniva portato e il figlio procedeva con i suoi piedi, i passanti li schernivano: "Ecco," dicevano "un vecchietto moribondo e inutile, mentre risparmia la sua salute, fa ammalare un bel giovinetto". Il vecchio saltò giù e fece salire al suo posto il figlio suo malgrado. La folla dei viandanti borbottò: "Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo, mentre indulge alla sua pigrizia, ammazza il padre decrepito". Egli, vinto dalla vergogna, costringe il padre a salire sull'asino. Così sono portati entrambi dall'unico quadrupede: il borbottio dei passanti e l'indignazione si accresce, perché un unico piccolo animale era montato da due persone. Allora parimenti padre e figlio scendono e procedono a piedi con l'asinello libero. Allora sì che si sente lo scherno e il riso di tutti: "Due asini, mentre risparmiano uno, non risparmiano se stessi". Allora il padre disse: "Vedi figlio: nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci".
Oppure
"Maria, incinta di Gesù, e Giuseppe sono in viaggio verso Betlemme. Giuseppe cammina, mentre Maria cavalca l’asino. Passano in un paese e la gente, indignata, mormora: “Che vergogna! Quell'uomo anziano è costretto a camminare, mentre lei, così giovane, è comoda sull'asino”! Giuseppe e Maria si confrontano e decidono di scambiarsi i posti. Giuseppe sale sull'asino e Maria si mette a camminare. Attraversano un altro paese e la gente, scandalizzata, dice: “Guarda quella povera donna incinta, lasciata a piedi mentre l’uomo, sano e forte, si fa portare dall'asino”! Maria e Giuseppe ci rimangono molto male, pertanto decidono, per evitare di essere nuovamente criticati, di salire entrambi in groppa all'asino. Nel paese successivo, però, un gruppo di persone mostra grande disaccordo sulla scelta, ritenendo che i due viaggiatori siano delle persone davvero crudeli, per aver deciso di far trasportare entrambi i loro pesi al povero asino. Maria e Giuseppe, allora, scendono dall'asino e proseguono a piedi. Attraversano l’ennesimo villaggio e qui la gente esclama, divertita: “Guardate che stupidi quei due! Hanno un asino e vanno a piedi”!
Ritornando a noi, io vorrei aggiungere all'indirizzo di chi si sorprende del fare altrui, trovando sempre il difetto:-Non si accorgono, simili spettatori, che gli asini sono loro?
Ah tu con questa letteratura! mi dicono infatti
Non potremmo mai contentare gli altri e, ogni cosa facciamo, per un altro sarà sempre una stranezza.
Ho pensato esattamente così quando, uscita da una conferenza stampa, incrocio loro due, conoscenti, che, salutandomi, mi domandano cosa io facessi per poi commentare al mio indirizzo con frase similare ai passanti della storiella qui riportata in varie versioni.
Dalla più antica di Esopo (Esopo, ca 620 a.C. - ca 560 a.C.) all'altra storia dopo Cristo, cambiano i personaggi ma nulla è immutato.
Esopo:Un vecchio faceva il cammino con il figlio giovinetto. Il padre e il figlio avevano un unico piccolo asinello: a turno venivano portati dall'asino ed alleviavano la fatica del percorso. Mentre il padre veniva portato e il figlio procedeva con i suoi piedi, i passanti li schernivano: "Ecco," dicevano "un vecchietto moribondo e inutile, mentre risparmia la sua salute, fa ammalare un bel giovinetto". Il vecchio saltò giù e fece salire al suo posto il figlio suo malgrado. La folla dei viandanti borbottò: "Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo, mentre indulge alla sua pigrizia, ammazza il padre decrepito". Egli, vinto dalla vergogna, costringe il padre a salire sull'asino. Così sono portati entrambi dall'unico quadrupede: il borbottio dei passanti e l'indignazione si accresce, perché un unico piccolo animale era montato da due persone. Allora parimenti padre e figlio scendono e procedono a piedi con l'asinello libero. Allora sì che si sente lo scherno e il riso di tutti: "Due asini, mentre risparmiano uno, non risparmiano se stessi". Allora il padre disse: "Vedi figlio: nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci".
Oppure
"Maria, incinta di Gesù, e Giuseppe sono in viaggio verso Betlemme. Giuseppe cammina, mentre Maria cavalca l’asino. Passano in un paese e la gente, indignata, mormora: “Che vergogna! Quell'uomo anziano è costretto a camminare, mentre lei, così giovane, è comoda sull'asino”! Giuseppe e Maria si confrontano e decidono di scambiarsi i posti. Giuseppe sale sull'asino e Maria si mette a camminare. Attraversano un altro paese e la gente, scandalizzata, dice: “Guarda quella povera donna incinta, lasciata a piedi mentre l’uomo, sano e forte, si fa portare dall'asino”! Maria e Giuseppe ci rimangono molto male, pertanto decidono, per evitare di essere nuovamente criticati, di salire entrambi in groppa all'asino. Nel paese successivo, però, un gruppo di persone mostra grande disaccordo sulla scelta, ritenendo che i due viaggiatori siano delle persone davvero crudeli, per aver deciso di far trasportare entrambi i loro pesi al povero asino. Maria e Giuseppe, allora, scendono dall'asino e proseguono a piedi. Attraversano l’ennesimo villaggio e qui la gente esclama, divertita: “Guardate che stupidi quei due! Hanno un asino e vanno a piedi”!
Ritornando a noi, io vorrei aggiungere all'indirizzo di chi si sorprende del fare altrui, trovando sempre il difetto:-Non si accorgono, simili spettatori, che gli asini sono loro?
Ah tu con questa letteratura! mi dicono infatti
domenica 14 agosto 2016
L'autobiografia di Alessandro Moscè
"Dove i piccioni volano più in basso dei merli, dove i merli volano più in basso dei gabbiani, dove i gabbiani volano più in basso dei cormorani" termina così "L'età bianca" di Alessandro Moscè uscito nel giugno 2016, che continua "Il talento della malattia" entrambi per la casa editrice Avagliano, testimonianza di una guarigione che lo rende un privilegiato.
Così racconta lo stesso Alessandro in una intervista:"Ho acquisito un linguaggio medico dopo anni di studio sui sarcomi ossei. Oggi guarisce il 25% dei malati, allora erano pochissime possibilità di scamparla. Pubblicare il libro è stato invece molto difficile, perché gli editori non credevano che fossi uno dei due unici guariti, negli anni Ottanta, dal sarcoma di Ewing ischio-pubico, secondo la casistica personale del grande Mario Campanacci, direttore dell’Istituto Rizzoli e luminare internazionale nel campo dell’oncologia ortopedica. Uno dei maggiori editori italiani ha interpretato il romanzo definendolo miracolistico. Per questo lo ha rifiutato. Franco Brevini mi ha restituito l’onestà almeno dell’intenzione letteraria, dicendo di “una grande storia di guarigione nel segno del calcio”.
Così racconta lo stesso Alessandro in una intervista:"Ho acquisito un linguaggio medico dopo anni di studio sui sarcomi ossei. Oggi guarisce il 25% dei malati, allora erano pochissime possibilità di scamparla. Pubblicare il libro è stato invece molto difficile, perché gli editori non credevano che fossi uno dei due unici guariti, negli anni Ottanta, dal sarcoma di Ewing ischio-pubico, secondo la casistica personale del grande Mario Campanacci, direttore dell’Istituto Rizzoli e luminare internazionale nel campo dell’oncologia ortopedica. Uno dei maggiori editori italiani ha interpretato il romanzo definendolo miracolistico. Per questo lo ha rifiutato. Franco Brevini mi ha restituito l’onestà almeno dell’intenzione letteraria, dicendo di “una grande storia di guarigione nel segno del calcio”.
Leggo dunque la sua vita, da lui delineata su i capisaldi essenziali che la tengono: la passione per il calcio, per Chinaglia, eroe e amico, forte e combattente, la passione verso una lei, quasi una rincorsa verso l'illusorio della condivisione amorosa, e la malattia da cui si guarisce, restandone sempre segnati, come riscatto. E in tutto questo il giornalismo, la scrittura e la poesia, la voglia di esserci e di essere protagonista.
Leggo su "Pelagos", rivista di letteratura contemporanea, un suo articolo in cui si interroga sul romanzo e riporta un pensiero di Franco Cordelli sul destino del romanzo, nel quale Cordelli ha dichiarato che ci sono all'interno delle cose vere, delle cose verosimili e gli episodi autobiografici. Alessandro Moscè ha seguito questi tre momenti e ha costruito la storia inserendo via via la malattia, referti e studi sulla malattia, vari pezzi giornalistici, articoli del periodo a cui fa riferimento, indagini da cronista e repertorio sportivo, riguardante la carriera e la vita di Chinaglia, da lui indicato come un motore. Ci sono quindi molti momenti in cui il giornalismo prende la mano al narratore e la storia si sposta sul foglio della rivista. Ho, per caso, incrociato, grazie al racconto di un mio amico, la storia di un altro miracolato, di uno scrittore che si salvò dalla tisi, e poi lo raccontò nella trasposizione letteraria del sanatorio della Rocca. Bufalino, in "Diceria dell'untore" racconta come chi si salva e veda gli altri perire abbia come il rimorso d'aver tradito «il silenzioso patto», stretto con i compagni della Rocca, di non sopravvivere ad essi. Per lui, reciso il «comodo cordone ombelicale col sublime», dismessa la parte di prim'attore di tragedia, si riapre, con il ruolo di comparsa, il tempo ordinario dei giorni. Se la morte resta uno scandalo, la guarigione è una caduta da cui potrà riscattarsi rendendo «testimonianza, se non delazione, d'una retorica e d'una pietà», componendo la sua diceria.
Raccontava Calvino che lui avrebbe scritto e riscritto una sua biografia personale in modo sempre diverso a secondo del momento che lui viveva, proprio perché ogni nostro momento vive nel paese dell'immaginazione, proprio come scrive de Maistre e come Moscè riprende.
"Leggeva Xavier De Maistre e il suo "Viaggio intorno alla mia camera" in cui ripercorreva in sequenza tutti gli oggetti della stanza: la poltrona, il letto, le stampe, i quadri, lo specchio, la scrivania, la sedia usandoli come principio di libertà, tanto da scrivere: “Incantevole paese dell’immaginazione, che l’essere benefico per eccellenza ha concesso agli uomini per consolarli della realtà, ti debbo lasciare. Oggi stesso, certe persone da cui dipendo hanno la pretesa di ridarmi la libertà, come se me l’avessero tolta”.
L’ossessione della memoria rimane un caposaldo. La malinconia stessa, in fondo, non è altro che un ricordo inconsapevole. Il lavoro di ricostruzione di aneddoti ed episodi è stato certosino. La letteratura non salva niente, è un artificio. L’età bianca precede la malattia... un film, la vita, ha bisogno non solo di eros, ma di silenzio, di preghiera.
Tutto questo per dire che ogni storia raccontata, nel momento che viene raccontata, va oltre la trama e il fine e può diventare romanzo e racconto se incontra la letteratura. Un incontro tra parole e suono, ritmo, musicalità.
mercoledì 10 agosto 2016
Lit Art con Litweb Dalla Pop Art alla Post Art
Litweb
in Lit-Art
Dalla Pop
Art alla Post Art.
Art Lit in Litweb.
Leggere l'arte con
letteratura nel regno della Litweb
MERCOLEDÌ 22 GIUGNO 2016
Venti post/umi per voi, era una prima raccolta di venti pezzi dal mio blog Ippolita la regina della Litweb nel 2014. Il titolo scelto da Bruno Corino, inventore della Litweb, rimandava ad una mia poesiola in prosa dal titolo Io Pubblicherò Postuma. Post/umi infatti. La raccolta dei pezzi dal blog continua con La favola della gabbietta, scritta a puntate, nell'estate del 2012 e raccolta per il Maggio dei libri del 2015 e prosegue con Litweb Marchio Depositato, pezzi sui libri letti nel 2015, presentato al Tropea Festival Leggere e Scrivere con grande felicità. Ora assemblo l'arte, le occasioni che mi hanno vista presente, il fruire e discorrere sulla bellezza, sulle forme artistiche più varie. Unisco tutti i pezzi sotto questo, il ventesimo, che sta in alto e riassume un po' tutto uno svolazzare che nella carta, vediamo, era già presente.
Carta vetro francese per poter inglobare le particelle del pigmento
Scaccia mostri delle crisalidi, intitola questa carta del settembre 2014 Caterina Luciano inventando per me il personaggio alato che vedete in mantello coccinella pronta a combattere e a far linguaccia ai mostri.
Ma i mostri sono le zanzare? Quindi le scaccio affinché non attacchino le crisalidi? Chiedo a Caterina
e lei mi risponde:- Certo, sono succhiatori o succhiatrici di sangue di tutti gli esseri viventi. Il tuo ruolo è di trovare e aiutare le crisalidi, per me erano artisti di vario genere: scrittori, pittori, crisalidi che diventeranno farfalle grazie a te.-
Beh, faccio io, grazie della stima. Evviva Evviva, certo che vorrei fosse così, ma non esageriamo sui miei compiti. Gli artisti sono già grandi artisti ed io mi limito a dirlo al mondo della Litweb con un megafono, con lo stile e nel regno che ci ospita.
... poi continuo
DOMENICA 15 MAGGIO 2016
Agostino Tulumello da Be
Cause
Si chiama Poesia Visiva e nasce, come movimento
negli anni sessanta " "cultura del neo-ideogramma" la nuova
civiltà dell'immagine, della tecnologia e dei mass-media, in cui l'Arte
e la Letteratura divenivano un semplice messaggio, uno strumento
dell'informazione e della comunicazione, a vantaggio del contenuto e del
significato. È nella cultura del neo-ideogramma che la poesia diviene un segno,
più precisamente un segno culturale e semiologico." Segno verbale e segno
visivo assumono un rapporto reciproco di equilibrio senza subordinarsi a
vicenda, avendo lo stesso peso nell'insieme dell'opera d'arte.
Dopo lo studio sulla corrente a cui possiamo ascrivere Agostino Tulumello,
artista del segno, visivo e verbale, seguiamo le sue opere appese in scala
cromatica lungo le bianche pareti della galleria Be Cause.
Assaggiando gli aranci che, nel trionfo di mandarini della Sicilia, arrivano al giallo solare dei limone di Amalfi, ci vestiamo delle trame e dei colori di Missoni, del tweed, quel tipo di tessuto in lana originario della Scozia, un tessuto con rigatura diagonale o disegni ricavati da varie combinazioni come la lisca di pesce e giungiamo nelle gradazioni del verde, dal verde bosco al verde prato, al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Nei colori di Agostino non mancano i rossi e il bianco, il grigio ed il celeste, il viola, l'azzurro che, dall'intenso, si accompagna al cielo del celeste che albeggia.
Trame e colori, presentati da Gianfranco Labrosciano, in apertura della mostra, come poesia visiva, un lungo lavoro di struttura e sovrastruttura alla De Sassure," Nella lingua, al contrario, non v’è altro che l’immagine acustica, e questa può tradursi in una immagine visiva costante..."
Agostino rende concreta la parola, la scrive e la riscrive fino a fonderla con il colore, viaggia sulla tela con i pennelli, scrivendo in orizzontale, in verticale, in trasversale, facendo sovrapposizioni di strati, uno sull'altro, così come i giorni si sovrappongono uno sull'altro sui mesi, sugli anni, sull'eterno.
Guardiamo noi quel lavoro impresso sulla tela, quel movimento di tempo, di mani, di spazio, che va a colorare, a riempire una tela che non finisce, potrebbe continuare, l'artista, a sovrapporre ancora un'altra scrittura ed avremmo un libro aperto verso l'infinito creativo della meraviglia.
D'altronde l'artista si chiama Agostino, e come Agostino D'Ippona, nelle Confessioni, ci domanda e si domanda "Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede non lo so più."
Il tempo come distendere su tela, come sovrapposizione, come azione della nostra gioia per essere partecipi ad un flusso eterno.
Negli occhi dell'artista quella passione, quel colore nel gesto, quella soddisfazione di poter giocare con un meccanismo che potrebbe ingabbiare. Il tempo per lui è un gioco che si può colorare.
LUNEDÌ 9 MAGGIO 2016
Scrivere per collage.
Quel che ci accomuna con Fausta è questo nostro raccogliere e conservare in borsa, riponendo e dimenticando, ritrovando e rifacendo altro pensiero da quello fatto nel momento iniziale.
Un pensiero originale, nuovo, una sorpresa, su quell'oggetto, quel pezzo di carta, quel filo conservato per chissà quale scopo.
Credo di sentirmi, pur nella giocosità adulta, una compagna di Fausta, anche e solo nel gesto del raccogliere, io raccolgo pensieri, gesti, attimi, per poi buttare o fissare su brevissimi formati word.
Un foglio.
Lei mette su cartoncino i suoi pezzi di ogni materiale, crea collages, alcuni ora in mostra, giovedì 9 giugno, ore 17,00, in via Clitunno, 5, Quartiere Coppedé. Ci saranno 5 collages incentrati sui volti femminili e poi in autunno di nuovo con il progetto Dall'Emozione all'Immagine con Jole Chessa Olivares e Daniela Fabrizi.
... riprendo oggi 19 maggio a scrivere di Fausta, dopo aver tenuto i suoi collages con me, sul tavolo da cucina, sul comodino, accanto al PC come amici a far bello il mio tempo.
C'è un grande prato verde che si chiamano ragazzi, cantava Gianni Morandi, in una delle sue canzoni, ed io ripeto con lui stamattina che c'è un grande prato verde, il prato dell'amore per le cose belle.
Una grazia compositiva che ingentilisce le piccole cose, osservate e raccolte, riproposte con gesti delicati, oggetti da amare di nuovo.
Prato di fiori
Ritaglio di stoffa e fili di lana. Dal prato verde gli steli esili hanno colori verde pallido, verde intenso, quasi a darci l'età del fiore, il fiore più alto ha il verde più scuro nel suo stelo. Girandole di fiori, come giocattoli realizzati su una ruota per incanalare l'aria e roteare su un perno attaccato ad un bastoncino. Sarà sufficiente soffiarci per farla girare o orientarla ad un debole vento. Così i fiori di Fausta girano al vento, colorati di rosa, di grigio, di blu, a righe, a cerchi, con quadrotti, losanghe, petali inconsueti finora.
Pioggia
Ritagli di giornale, carta lucida, fiori di carta vellutata.
Piove sul prato che ora sembra un campo di grano, ci sono le spighe qua e là, e la pioggia sono chicchi che cadono, il pane che sarà.
Donne
Stencil, colori acrilici, carte veline disegnate, porporine colorate.
come fiori anche le donne ci appaiono nel fregio di un mosaico, tra l'architrave e la cornice. Donne vestite di colori, arabescate, in foglie, e a puzzle con tanti quadretti, oppure in tinta unica, in verde, in rosa arancio color carne, donne che fanno esercizi in una palestra ideale ed io sono lo specchio e di lato c'è un istruttore, un efebo di Mozia, simbolo dei giochi olimpici della città di Atene.
"Ha sorvolato cieli, continenti, mari, dopo aver trascorso millenni senza testa sotto una spessa coltre di terra in un tempio ormai devastato dalla furia degli eventi umani, naturali. L’efebo era lì a rammentarmi che la bellezza resiste, non ha paura, la bellezza classica conforta e concilia un’armonia vera fra uomo e uomo, uomo e natura, uomo e divino. Il movimento del suo braccio, ripiegato indietro, sulla spalla, come se reggesse un’elsa, increspa le pieghe del peplo, l’altra mano, poggiata sul fianco, sposta leggermente il suo baricentro. Sinuoso, fermo, ci aspetta, si offre al nostro sguardo con l’atteggiamento distaccato di chi ne ha viste e non ne ha viste tante da ritenerle tutte importanti ma superflue." così scrissi io un tempo lontano e con l'efebo nella palestra ideale di Fausta Genziane Le Piane noi stiamo. " Gli oggetti hanno un potere magico" Scomporre la realtà e ricomporla a piacimento, con le parole di Fausta, sorprende. L'oggetto che vive " Freme e respira" a dirla con Kandinskij, e stamattina l'efebo di Mozia si presentò nel fotomontaggio di un collage, nel frottage surrealista di Max Ernst. Il profumo del caffè raggiunge il foglio, le tante copertine che Fausta ha creato per i suoi "Ostaggio alla vallata" " La Chiave di Se Stessi" "Duo Per Tre" e Volo sul mare per il libro di poesie di Iole Chessa Olivares "In Pura Perdita" ed altre ancora. Per Kenavò, rivista da lei creata.
Da Casa Duir " il castello di cui è regina, un angolo di terra celtica trapiantato in Sabina, in una bellissima campagna nei pressi di Casperia." riprendo da Patti, Fausta regala a noi tutti poesie e collages, parole e colori per amare di nuovo dipingere.
SABATO 19 MARZO 2016
Al Marca
con Veronica Montanino Paint it black
Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero.
Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido.
Tantissimi smarties sui volti dei bambini al cioccolato,
sui corpi spennellati per essere preparati al sacrificio del rito. Era così un
tempo il colorare i visi, i corpi, nel sacro offrire al Dio un corpo
disegnato.
Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi
blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole
sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata
dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e
curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop
Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la
provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei,
l'arte non è più arte è ideologia.
Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa
MARTEDÌ 15 MARZO 2016
Sai c'è una ragione di più per dirti che vado via,
cantava Ornella Vanoni, e porto anche con me la tua malinconia,
continuava il testo di Califano e Reitano ed io stamani la sento in testa con
altre canzoni e fra queste
Una ragione vera non c'è... della Formula tre su testi di Mogol Battisti.
"Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco."
Nelle canzoni la ragione ha un bel dire, la ragione ci chiede un comportamento, una azione, una scelta.
Alberto Badolato sceglie proprio questa ragione per dare il titolo alla mostra ancora in corso da Be Cause a Lamezia Terme. La Ragione dell'Informale.
Una ragione vera non c'è... della Formula tre su testi di Mogol Battisti.
"Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco."
Nelle canzoni la ragione ha un bel dire, la ragione ci chiede un comportamento, una azione, una scelta.
Alberto Badolato sceglie proprio questa ragione per dare il titolo alla mostra ancora in corso da Be Cause a Lamezia Terme. La Ragione dell'Informale.
Avevo in testa anche un'altra canzone, che ora si perse nel tragitto dalla cucina al computer, per appuntare le mie suggestioni sui quadri e sull'incontro tra amici che avverrà nella stessa galleria Be Cause giovedì 17 Marzo alle ore 18, una chiacchierata amichevole sul tema della Ragione, sul tema dell'Informale nei quadri di Alberto.
Intanto la scelta che l'artista fa dei materiali; carta da parati, sacchi di canapa, gesso, foglia d'oro, corda, stucco. Colori Colori, Colori a volontà, perché è il colore la ragione di tutto il dipingere, quand'anche fosse un semplice bianco.
Alberto mi dice che uno dei suoi quadri più ammirati è quello bianco, bianco e viso insieme, secondo Mario Maruca, attore e regista. Lui, guardandolo, vide un bianco riflettente il viso di una donna. Un bianco che ridona ai fruitori una soddisfazione tale da far dire: Mi piace.
Sono tanti i colori che, informali, ci attendono, appesi in un bianco pulito, lungo le pareti della galleria. Una galleria da sembrare una stazione di treni con gli orari e i tabelloni di arrivi e partenze sulle pareti all'ingresso e alla fine il saluto. Il saluto del colore.
Mi sono imposta di non cercare forme nei colori appesi, altrimenti, mi ha spiegato Alberto Badolato, sarebbe quasi un fallimento, per l'arte, se nell'informale noi vediamo una forma, e vogliamo trasformare quel verde in una caverna di Platone,
oppure nell'orecchio di Dionisio, quel rosso caldo nei
divani Frau,
quel giallo oro nei capelli platino di
Marilyn Monroe.
Giovedì saremo quindi immersi nei colori che gioia e sapore danno alla vita, dal piatto fumante del rosso pomodoro al golfino viola, dalla gestualità colorata dell'artista alla materia lavorata per donarci informale.
Una ragione vera non c'è
Un tuffo dove l'acqua è più blu, niente di più
DOMENICA 17 GENNAIO 2016
L'allegria di esserci ancora, malgrado i fastidi di un
corpo che danza con le tante molecole colorate dei farmaci. L'allegria dell'arte
che ci colora attimi, giorni e secoli, nel continente uomo.
Dai collage ai plastici e ai murales, alle linee di una Guernica che abbaglia, al dinosauro che ci accoglie dal dì che storia divenne il nostro apparir sulla terra, andiamo.
Siamo al Marca di Catanzaro per Giorgio Lupattelli. Conferenza esplicativa super affollata, ed io non riesco ad entrare.
Pubblico sciamante intorno a Giorgio su, nelle sale, e raccolgo da lui solo la storia dell'elefante che si piega lentamente addormentandosi, da una canzone che mi avrà detto, alla storia di Mac, il suo cane, raccontata in un video. Il cane, lentamente si addormenta. Potrebbe morire, o almeno, il morire potrebbe essere con lo stesso, lento, abbandono del corpo, del movimento.
Questo mi dice Giorgio, allontanandosi per accontentare una signora con una foto insieme.
La morte ed il sonno sono simili, penso io. anche il silenzio. Morire è il silenzio. La sfida al silenzio è un duello continuo. L'arte è la spada, continuo a pensarlo. Questa la forbice con cui si tagliò il nastro. Mac sorveglia.
Dai collage ai plastici e ai murales, alle linee di una Guernica che abbaglia, al dinosauro che ci accoglie dal dì che storia divenne il nostro apparir sulla terra, andiamo.
Siamo al Marca di Catanzaro per Giorgio Lupattelli. Conferenza esplicativa super affollata, ed io non riesco ad entrare.
Pubblico sciamante intorno a Giorgio su, nelle sale, e raccolgo da lui solo la storia dell'elefante che si piega lentamente addormentandosi, da una canzone che mi avrà detto, alla storia di Mac, il suo cane, raccontata in un video. Il cane, lentamente si addormenta. Potrebbe morire, o almeno, il morire potrebbe essere con lo stesso, lento, abbandono del corpo, del movimento.
Questo mi dice Giorgio, allontanandosi per accontentare una signora con una foto insieme.
La morte ed il sonno sono simili, penso io. anche il silenzio. Morire è il silenzio. La sfida al silenzio è un duello continuo. L'arte è la spada, continuo a pensarlo. Questa la forbice con cui si tagliò il nastro. Mac sorveglia.
Quello che però ho ricostruito nella mia testa sta tutto nelle canzoni di Lucio Dalla, Piazza Grande, Quale allegria, negli infusi del port, quella vena succlavia che beve e beve una pozione magica, in Spiderman, in Rita Levi Montalcini, L'asso nella manica a brandelli. La vecchiaia è complicata, dice mia mamma al telefono.
Vivere è complesso, ridendo le rispondo. Poi chiedo" E Il piede?" e lei, pur rallegrata di averlo il piede, mi risponde che non l'ha neppur guardato.
Tutti i colori di Giorgio Lupattelli al Marca sono un grande saluto a noi, al mondo che ci piace, tanto, tantissimo, ancora di più, se percepiamo la caducità, del cane, del dinosauro, della mente.
Una sensibilità che potrebbe implodere, dice con me Vittorio Pio, oppure esplodere.
Meglio sarebbe lasciarla andare su tela, pannelli, su braille in ceramica e riderne ancora una volta di più.
Dovrò venire a fine mostra per vedere il ponte che lui costruirà con i mattoncini lego, quel ponte sull'acqua, quel ponte tra noi, che si chiama amicizia. Partendo tutti insieme dall'altra parte della luna con lo sputnik della fantasia.
VENERDÌ 25 DICEMBRE 2015
Già il viaggio per Vibo diventa un viaggio a Tusa, quel luogo dove Antonio Presti, imprenditore e mecenate italiano ha dato vita alla Fondazione Fiumara d’Arte. Su suggestione di quel che io mi porto dietro, salendo sull'auto. Il libro "La Tusa dei desideri" di Gianfranco Labrosciano
Un viaggio.
Ed è "Un viaggio" l'opera di Giuseppe Stissi, al Limen, un libro aperto per non vedenti quello che leggo e vedo. Un viaggio dall'Africa verso l'occidente, andata e ritorno, raccontato da un bambino a Giuseppe. Un viaggio da toccare.
In macchina parliamo con Antonio, Silvia e Saverio, mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti, imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il più grande d’Europa. Nel suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti per la decorazione di camere d’arte.
L’ultima delle sculture della Fiumara d'arte, la Piramide – 38º parallelo di Mauro Staccioli sull’altura di Motta d'Affermo, noi avremmo dovuto vederla questo anno. Eravamo nei paraggi ma l'autista ci sconsigliò.
Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale
alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di
Vibo Valentia.
Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile
del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti
mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il
genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno
quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava
di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di
opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia,
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia,
già vincitrice del Limen 2013 con una installazione
"Soglie" e Saverio Tavano, regista di Patres,
per non parlare di Antonio Puija Veneziano, di cui
taccio, per non esser accusata di parzialità. Insomma il genio della lampada
non poteva che aver più terreno fertile di quello. Ed infatti nella Litweb
eravamo orgogliosi. Nel salutare Massimo Iritano e sua moglie Lara Caccia, già
incontrati a Lamezia con Gioacchino da Fiore, abbiamo percorso le opere con la
grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti
ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la sede del
regno della Litweb.
Alessandro Vinci mi fece foto per la stampa, per la posta
e le telecomunicazioni ed io andrò ad abitare in uno dei palazzi lasciando
l'altro a voi artisti.
GIOVEDÌ 29 OTTOBRE 2015
Questa sera nello Studio Gallery di Domenico
Mendicino con l'associazione P-Art inaugurazione mostra "INTORNO
A BURRI / SCATTI D'AUTORE a cura di Tonino Sicoli e Andrea Romoli Barberini
La manifestazione promossa dalla Regione Calabria, nell'ambito di un POR CALABRIA FESR 2007/2013 è organizzata dal MAON (Museo d'Arte dell'Ottocento e Novecento) in Calabria, per il Centenario della nascita di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza. 1995), uno dei massimi artisti del Novecento.
Le celebrazioni di quest'anno: mostra al Guggenheim Museum di New York, a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo e in Italia nella sede della Fondazione di Palazzo Albizzini intitolata a Burri a Città di Castello"
Che vi dicevo? Da Lamezia a Cosenza, a New York.
Stasera siamo qui con gli scatti fotografici di Sanford H. Roth, Sandro Visca, Aurelio Amendola, Willem Sandberg, Vittorugo Contino.
La manifestazione promossa dalla Regione Calabria, nell'ambito di un POR CALABRIA FESR 2007/2013 è organizzata dal MAON (Museo d'Arte dell'Ottocento e Novecento) in Calabria, per il Centenario della nascita di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza. 1995), uno dei massimi artisti del Novecento.
Le celebrazioni di quest'anno: mostra al Guggenheim Museum di New York, a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo e in Italia nella sede della Fondazione di Palazzo Albizzini intitolata a Burri a Città di Castello"
Che vi dicevo? Da Lamezia a Cosenza, a New York.
Stasera siamo qui con gli scatti fotografici di Sanford H. Roth, Sandro Visca, Aurelio Amendola, Willem Sandberg, Vittorugo Contino.
Esauriti i preliminari possiamo passare ai momenti della serata. Non conoscevo la galleria ma molti dei presenti erano miei coetanei, quindi vedo un compagno di scuola, la collega di lettere con amica, la giornalista del Quotidiano, varie televisioni, e la critica d'arte insieme col curatore della mostra e poi due giovanissime Silvia e Federica del Marca di Catanzaro. Eccomi mentre leggo.
Intanto mi intrattengo con i gentili soci,
con Francesca Ferraiuolo dell'associazione su un tema da me molto
sentito. Lo spazio. La possibilità per ogni gruppo, oppure singolo, di poter
usufruire e gioire per iniziative che rafforzano a vicenda il tessuto di
interessi e di stimoli di una cittadina.
Lamezia Terme, negli anni passati, è sempre stata un luogo di fermenti vivaci, sia nelle arti pittoriche e la presenza stasera qui di Francesco Antonio Caporale e di Silvia Pujia lo confermano, sia nella fotografia e in ogni suggestione artistica.
Una città viva, certo con pochi mezzi, ma con gallerie d'arte e con sollecitazioni continue. Ne siamo felici. Guardiamo le belle fotografie fatte a Burri da grandi fotografi nel corso di età diverse e all'improvviso riconosciamo in una un volto, una somiglianza, Rocco Papaleo, Burri somiglia a Rocco almeno in questa.
Lamezia Terme, negli anni passati, è sempre stata un luogo di fermenti vivaci, sia nelle arti pittoriche e la presenza stasera qui di Francesco Antonio Caporale e di Silvia Pujia lo confermano, sia nella fotografia e in ogni suggestione artistica.
Una città viva, certo con pochi mezzi, ma con gallerie d'arte e con sollecitazioni continue. Ne siamo felici. Guardiamo le belle fotografie fatte a Burri da grandi fotografi nel corso di età diverse e all'improvviso riconosciamo in una un volto, una somiglianza, Rocco Papaleo, Burri somiglia a Rocco almeno in questa.
In altre foto è un uomo fascinoso e tenebroso di cui
innamorarsi, Omar Sharif,
in altre un uomo semplicissimo, insomma la fotografia è
come un mago, una bacchetta magica misteriosa e l'uomo che viene ritratto
sono tanti uomini, tanti visi, nella molteplicità che ci
contraddistingue.
LUNEDÌ 26 OTTOBRE 2015
Strill "Da “Il Collezionista di Ossa”, dopo “Nero a
Manhattan” e “Requiem per una pornostar”, Deaver
racconterà, all'interno del Museo Marca di Catanzaro, “Hard
News”, l’ultima avventura della “Trilogia di Rune”: una storia dal ritmo
serrato ambientata a New York dove, dietro il paravento del grande giornalismo,
si nascondono volgari menzogne e pericolosi inganni." Dallo scrittore
all'artista. Inizia propria parlando delle opere di Alberto Biasi Deaver
E noi siamo al Marca stasera fra le opere di
Alberto Biasi che in una intervista a Stile arte aveva dichiarato "Credo
che il senso del gioco e l’ironia non debbano mai mancare in un artista.
L’ironia e l’autoironia. Una volta ho realizzato un’opera cinetica che aveva l’inconfondibile forma di una vulva, una vulva – è ovvio – in movimento. L’ho intitolata L’inganno di Afrodite. Poi ne ho creata un’altra dove queste “vulve” erano tre, ed il titolo è stato Le tre Grazie…" Io le vulve stasera non le fotografai, attratta dai colori e dalle forme che cambiavano a secondo della distanza dei nostri occhi dal quadro.
L’ironia e l’autoironia. Una volta ho realizzato un’opera cinetica che aveva l’inconfondibile forma di una vulva, una vulva – è ovvio – in movimento. L’ho intitolata L’inganno di Afrodite. Poi ne ho creata un’altra dove queste “vulve” erano tre, ed il titolo è stato Le tre Grazie…" Io le vulve stasera non le fotografai, attratta dai colori e dalle forme che cambiavano a secondo della distanza dei nostri occhi dal quadro.
Sta dicendo Jeffery: E così come cambia la percezione delle cose cambia anche la comprensione della trama e dei personaggi nei miei libri. Lo scopo dell'arte è proprio questo. Fuori dall'abitudine farci precipitare nel continuo stupore afferrati al filo della narrazione.
La complessità fortissima che Nunzio Belcaro,
emozionato libraio della Ubik di Catanzaro, sta porgendo all'autore, con
le domande sui personaggi della trilogia insieme alla lotta interiore che
li contraddistingue contro i limiti personali giganteschi, ha un nome: Una
battaglia per la verità. Sarà una battaglia contro il crimine e per la verità
che muoverà un paraplegico, tale è il protagonista del Collezionista di ossa, a
sfidare i suoi limiti corporei e andare oltre con la forza dell'intuito e della
razionalità.
Nei miei libri, dice Deaver, sarà come andare sulle montagne russe, mano a mano che leggerete l'idea che vi sarete fatti cambierà, così come cambia la visione di questi quadri man mano vi allontanate. Presi dalla lettura non vi accorgerete di trovarvi a Milano mentre avreste dovuto essere a Salerno, ed è stato il treno della lettura a rapirvi.
Un mio libro è come una piramide, lo costruisco come un architetto costruisce una trave, l'architrave e poi tutto il palazzo, mi documento per mesi e mesi, non improvviso. E qui differenzia il giornalismo ed il blogger, questa strana figura che sembra giornalismo e non lo è, non possedendo un codice di riferimento, etico, tale da impedire che possa dire una bufala. Ci sono vari livelli di controllo nella professione del giornalista, nessuno nel fare il blogger. Infatti in un altro suo libro parla della disonestà del blogger, della facilità con cui si può essere disonesti .Tesi da me sempre sostenuta. Ne sono veramente convinta. E dopo aver detto che lui era un ragazzo sfigato, visto che non era interessato allo sport e leggeva come sua unica occupazione da Holmes a James Bond di Fleming, riprende a dire che solo grandi lettori scriveranno e scriveranno. E nel bel ricordo di Giorgio Faletti a Roma che gli consegna un foglietto con un suo ritratto perfetto, fatto in cinque minuti si chiude una serata che non finirà in ascensore...
GIOVEDÌ 15 OTTOBRE 2015
Sabato 10 Ottobre al Marca di Catanzaro per la Giornata
del Contemporaneo Rassegna di Video Arte con opere di Bianco-Valente,
Coniglioviola, Con.Tatto, Corpicrudi, Mocellin-Pellegrini, movimentomilc
L'arte concentrata in pochi attimi e ti ho detto tutto, avrebbe esclamato Totò. In pochi filmati un concetto che arriva con fotogrammi contati. Scendiamo a vedere il video dopo essere stati ai piani superiori dove i quadri appesi alle pareti stavano. Fermi. E il gioco consisteva nell'interpretazione diversa che alcuni allievi dell'accademia avevano riprodotto ed in una improbabile installazione di un albero della cuccagna desolante e da pilone autostradale più che da fruizione estetica.
Intanto incontro un caro amico e nella felicità del rivederci conosco Michele, coautore di movimentomilc, uno dei video che vedremo. Scambiamo poche frasi e
L'arte concentrata in pochi attimi e ti ho detto tutto, avrebbe esclamato Totò. In pochi filmati un concetto che arriva con fotogrammi contati. Scendiamo a vedere il video dopo essere stati ai piani superiori dove i quadri appesi alle pareti stavano. Fermi. E il gioco consisteva nell'interpretazione diversa che alcuni allievi dell'accademia avevano riprodotto ed in una improbabile installazione di un albero della cuccagna desolante e da pilone autostradale più che da fruizione estetica.
Intanto incontro un caro amico e nella felicità del rivederci conosco Michele, coautore di movimentomilc, uno dei video che vedremo. Scambiamo poche frasi e
Le prime immagini che ci vengono incontro, camminano imbavagliata lei e cieco lui, fino a scomparire dopo essersi tolti, l'un l'altro, il bavaglio e la fascia sugli occhi
lei mima un urlo.
Gli appunti mi riportano a momenti di grande commozione.
Lui e Lei che strappano uno la pelle dal viso dell'altro, la tirano e la
tolgono dal viso, e delicatamente tolgono i residui della sovrastruttura
lasciando il viso pulito.
La medusa con nel suo corpo trasparente la forma di un
uomo ed un mare che risuona straziato i rumori dei tanti lamenti di corpi
annegati. Nel terribile mondo della migrazione. Il dramma.
Appena fuori di casa mi misi a correre... comincia a
scrivere così dal diario a Mario e continua a scrivere parole e parole sulle
parole quella penna che va sullo stesso foglio, sulla stessa pagina "Il
mare non bagna Napoli" di Anna Maria Ortese, "Figli di un Dio Minore"di
Massimo De Cataldo e via via fino a che il foglio diventa nero.
Poi appare lei, la nuvola di Michele. Non sappiamo se è
una nuvola oppure un secchio. Se lo domandano i due filosofi Locke e Leibniz.
per Leibniz è un secchio. Il secchio è la sostanza? domanda Locke e
Leibniz afferma che esiste. E qual è la sostanza del secchio? L'acqua, risponde
Leibniz... un domandarsi su forma e contenuto che riporta Locke a dire"
potremmo ricominciare daccapo il dialogo...
così come io vorrei ricominciare daccapo il dialogo con
Michele, medium di un'arte che invade il campo e chiede il sacrificio della
scontentezza... per continuare a domandarsi e a conoscere la bellezza della
comunicazione pur nella difficoltà dei corpi.
"Ritratti e Méduses" che dal Marca sono andati al Tropea Festival Leggere&Scrivere il 13 Ottobre
"Ritratti e Méduses" che dal Marca sono andati al Tropea Festival Leggere&Scrivere il 13 Ottobre
DOMENICA 13 SETTEMBRE 2015
Piero Mascitti, curatore della mostra e che
precedentemente ha lavorato con Mimmo Rotella, così presenta al Marca
ieri sera l’esposizione di 22 ritratti fotografici fatti da Aurelio Amendola ad
Andy Warhol nella sua Factory a New York in periodi diversi, nel 1977 e
nel 1986.
Dal Marca di Catanzaro la Mostra andrà a Torino, a
Londra, ad Hong Kong
Veramente orgogliosa io di esserci e poter prendere
appunti dal Ponte verso il mondo.
Dalla terrazza dove ci troviamo, una terrazza sul mondo,
campeggia il ponte di Catanzaro e davanti a me gli intellettuali in
semicerchio, offrono lo sguardo propositivo sull’arte e sulla bellezza che
attraverserà il mondo partendo da qui.
Chiara Busso, storica del costume e per la prima volta a
Catanzaro, viene chiamata a fare un intervento e racconta come riuscì a
convincere Andy ad esporre suoi reperti…lei usa propria la parola reperto,
nel museo, luogo delle muse, dell’arte, e non immobile contenitore di
applaudite bellezze.
Alan Jones, che ha curato i testi del catalogo edito da
Silvana, ci parla del curioso legame di De Chirico e Amendola, tra De Chirico
ed Andy Warhol dell’enigma e della metafisica, del volto umano nella
fotografia, un enigma in esplorazione.
Avrò perso altri fogli ed altri appunti nel tragitto dal
ponte al taglio del nastro ed infatti Silvia mi restituisce qualche foglio, ma
resta con me la felicità di entrare nelle sale e vedere Andy.
Nella sala d’ingresso vi sono gli scatti del 1986
gli ultimi, mentre nelle sale in fondo gli scatti del ‘77 e noi iniziamo
da lì da Andy giovane, e guardo il
pubblico.
Rifletto molto su cosa sia riconoscere e conoscere,
su cosa sia la parola e l’azione “ accorgersi”.
Una volta un medico, in ospedale, ebbe un infarto davanti
a me a mia cugina e alle infermiere, e mentre io blateravo che lui stava
male e di soccorrerlo, mia cugina insisteva a voler sapere come stesse sua
madre e le infermiere badavano a guardare le cartelle. Logicamente poi si
accorsero perché il medico scivolò a terra.
Così guardo tutta questa bella gente e mi domando se si
accorge oppure no, se si accorge di quanto si possa soffrire, di quanto sia
sofferente Andy negli scatti della sala del 1987 e di quanto sia diverso e
quasi divertito negli scatti del “77, quasi come recitasse, anzi sicuramente recitava.
Ci accorgiamo delle cose? Ecco che in un altro luogo del
Marca viene proiettato un documentario sulla vita di Aurelio Amendola. Prendo
appunti sulla cartella bianca e lucida e spariscono gli scritti.
Quello che mi rimane è l’allegria della serata, i molti
amici incontrati, l’umanità e la simpatia di Aurelio Amendola che mi fa una
fotografia vicino ad Andy, mi dà sua mail e vedo Diego Dolcini che chiede anche
lui una foto al Maestro Amendola.
Aurelio Amendola ha fotografato Burri mentre nel fuoco modella
il futuro, ha fotografato De Chirico in gondola metafisica e reale, ha
fotografato Michelangelo e la sua Aurora, ha fotografato il Davide e me. ahah.
“Lui sa quello che sta facendo perché è quello che
fa anche lui” da una frase del documentario. Lui, Aurelio, sa cosa ha fatto
Michelangelo e conosce ogni sfumatura dell’Aurora e carezza l’Aurora con
la stessa stupita delicatezza e purezza con cui iniziò da bambino a carezzare
le pellicole da lavare nello studio di un fotografo del suo paese.
Ogni paese può diventare il centro del mondo se ci si
accorge di vivere.
VENERDÌ 12 GIUGNO 2015
Cisco Mendicino fotografa dettagli per raccontare storie
Appese con catenelle e mollette metalliche le fotografie
di Cisco Mendicino resteranno in mostra ieri, oggi e domani alle Officine
Sonore di Lamezia Terme, poi andranno ad Amantea nel locale
“ La Pecora nera” e questa estate, la bella estate,
a Tropea. Seguiremo le storie che Cisco ci racconterà fotografando, con
un gesto alla volta, il farsi di un oggetto, di un gioiello, di un liuto.
Raccontare storie in fotogrammi che
scorrono, in me ricordano il gesto nel film Nuovo Cinema Paradiso,
il bambino che taglia la pellicola per conservare tutti i baci famosi. Qui da
Cisco il gesto del fare, un singolo momento.
Con rispetto e luce. C’è tanta luce nel locale mentre io
parlo con lui, una luce interiore che va dagli occhi di Cisco alle sue
fotografie, che illumina le persone presenti in una fotografia vivente. Vedo
tanti dettagli. Sabrina e Debora, Piero e Vincenzo, Fernando, artigiani della
manualità ritrovata.
Artigiani prima che artisti, nella riscoperta di una
manualità che renda tutti persone uniche prima che massa, gruppo,
folla.
Ad uno ad uno i gesti creano, ad uno ad uno le persone si incontrano, ad uno ad uno fa click la macchina fotografica e ferma immagine sull'ispirazione. Si appendono quindi non tanto i gesti ma le speranze, i suoni nell'aria vibranti dal liuto, la bellezza creata dalle pietre colorate, la luce delle lampade o la mannaia con cui Fernando mozza le malelingue, onnipresenti in tutti i contesti di collettivi e associazioni umani.
Ad uno ad uno i gesti creano, ad uno ad uno le persone si incontrano, ad uno ad uno fa click la macchina fotografica e ferma immagine sull'ispirazione. Si appendono quindi non tanto i gesti ma le speranze, i suoni nell'aria vibranti dal liuto, la bellezza creata dalle pietre colorate, la luce delle lampade o la mannaia con cui Fernando mozza le malelingue, onnipresenti in tutti i contesti di collettivi e associazioni umani.
SABATO 6 GIUGNO 2015
La fantasia è una fotografia
La realtà fatta di pomodorini, pere e pecore,
associazioni libere per volare via dal noia.
Simboli e significati restano uguali, nella religione, in
politica, sulle poesie, quel che cambia è la rappresentazione. Sorprendente.
Assolutamente geniale, per sorridere insieme.
La Sacra Famiglia in iconografia classica: San Giuseppe e
Maria, in un delizioso presepe ortofrutticolo, sono genuflessi su un
bambinello, due pere su un pomodorino illuminato da un raggio di sole.
Una luce bianca. Zucchero o sale raffinato?
La letteratura diviene quadro pop art e leggiamo
questa poesia in versi così:
Tomatosophy.
"A questa immagine, come a tutte le altre di quel lavoro, è associato un testo, che in questo caso è la poesia di Quasimodo "Alle fronde dei salici"
E anche in questa immagine, i miei pomodorini
rappresentano un popolo inerme, testimone di ciò che accade, ma sempre
spettatore mai protagonista della scena."
Il pomodoro per illustrare il Quarto Stato di Pellizza Da Volpedo.
Il pomodoro per illustrare il Quarto Stato di Pellizza Da Volpedo.
Nella sua ricerca continua Daniele denuncia l'omologazione di modelli sempre uguali propinati da un televisivo e da un mondo dell'arte decisamente in mano a pochi, in una continua emarginazione di chi offre ariosità e diversità. Tutto in poltiglia, schiacciato e fatto in salsa, neppure saporita, sembra ai suoi, ed anche ai miei occhi, il mondo artistico e letterario, tutto un mercato. Nel caso del letterario vengono venduti, dopo aver commissionato, libri poltiglia, in arte sembra uguale e unica forma permessa sembra sia quella che nasce in strada. Per strada e On The Road dunque, di nuovo come Gli Impressionisti, come i nuovi fermenti nacquero sempre e solo nella strada.
Consapevoli che solo una bella curiosità sia il motore di ogni azione umana, lui non ci sta a far parte del gregge e invita tutti ad aver sguardo che sia ancora di proprietà degli occhi che mettono a fuoco. Fuori Schema. Fuori sistema.
Riflettiamo, questo il suo invito continuo. Non
intruppiamoci in masse convinte davanti un qualsiasi avvenimento sponsorizzato
da Alta Cultura, mai come ora la parola cultura viene usata a sproposito, non
intruppiamoci e voltiamoci indietro, di lato, guardiamo in alto e non
sempre per terra. Ci sorprenderemo di quanta sia vasta la fantasia prima di
essere noi passati al setaccio. Se poi la salsa dovremmo fare, almeno che sia
una nostra salsa, e che ci dia ancora una volta il gusto di assaporare.
LUNEDÌ 25 MAGGIO 2015
Un punto di amaro e mezzo di dolce, capovolgendo la
formula: sintetico, essenziale, il manifesto è esemplare dello stile
maturo del grande grafico torinese, orientato nella direzione della massima efficacia
comunicativa:
Nel vasto spazio bianco del foglio, la sfera e la semisfera impongono con forza all'occhio dello spettatore, grazie al tono rosso acceso, il colore del liquore, e al rilievo tridimensionale che assumono attraverso il gioco delle ombreggiature:
La nitidezza formale del manifesto risente delle contemporanee ricerche astratte di matrice concettuale."
Nel vasto spazio bianco del foglio, la sfera e la semisfera impongono con forza all'occhio dello spettatore, grazie al tono rosso acceso, il colore del liquore, e al rilievo tridimensionale che assumono attraverso il gioco delle ombreggiature:
La nitidezza formale del manifesto risente delle contemporanee ricerche astratte di matrice concettuale."
Un Punto di dolce quindi vermut corretto con mezza
china, amara, sembra la formula dell'equilibrio nel gusto.
Un punto di storia e mezzo d'artista, al contrario, come Armando Testa. La storia è l'amaro.
Un punto di storia e mezzo d'artista, al contrario, come Armando Testa. La storia è l'amaro.
Al castello ducale di Corigliano Calabro Mario
Panarello presenta la mostra di Antonio Pujia Veneziano.
Segni_Tempo_Spazio a cura dello storico dell'arte Alessandro Masi.
πάντα ῥεῖ Tutto scorre.
Panta rei- il tempo scorre e non passa mai. Essere
e divenire nella concezione orientale ed occidentale. Il mutare esterno e
l'immutabile interiore. I Punti, Le linee, I tracciati, i confini, del nostro
passaggio che immobile sta. Un Punto e mezzo, a seconda, a volte più amaro, a
volte più dolce.
Il viaggio verso Corigliano, luogo dove si terrà la
mostra, è un lungo indagare sulle ragioni per cui il nostro sud sia fermo, non
sappia usare i beni che ha, anzi li sciupi e li danneggi. Mario, storico
dell’arte, ci sta raccontando come alcuni beni vengano falsificati e manomessi
nelle chiese da sacrestani, ed io ricordo il bidello della mia scuola
intento in un restauro non autorizzato. Danneggiare sembra sia molto più
facile che conservare, rispettare. Il viaggio procede con l’immagine del
dipinto di una madonna, che, decapitata dalla sua testa originaria, verrà
trovata dallo storico con la testa di un altro dipinto, in un collage che
genera disarticolazione di elementi spazi temporali. Una distonia che
impedisce il movimento. Fermo quindi il sud, come il dipinto alla Frankestein,
incubi e mostri in sovrapposizione. Anche quando giungono a pioggia i
contributi europei, oppure da Roma, peggio sarà, perché tale ricchezza verrà
impiegata per spartire e comprare favori rovinando ulteriormente, in restauri
alla qualunquemente quel che vivacchia di un passato.
Il viaggio si interroga sul compito dell'artista e siamo
ora nel Castello di Corigliano, dove al primo piano si tiene la mostra e
la presidentessa della Dante Alighieri ci informa che il Salone degli
Specchi è stato scelto come simbolo calabro all'Expo.
Nel mondo, dunque. Da tanta periferia.
Appunti presi mentre Mario Panarello racconta
i quadri di Antonio, esposti in quattro sale del castello: Il segno- La
materia- La forma- I concetti.
Seguendo un percorso a ritroso l’artista con un gesto
raggiunge equilibrio nella realizzazione delle opere, un gesto meditato,
con coerenza.
Il valore del segno è nel gesto che traccia su
carta su tela con pennelli e pastelli la forza che sta nel significato.
Nel valore semantico dei segni l’arte si condensa nello
spazio della rappresentazione. Se valgono le cose, i punti, le linee, i colori,
se valgono sono. Da sala in sala, nella seconda sala il doppio, l’ambivalenza,
il cerchio, il segno perfetto.
Nella terza sala la natura, la forma circolare della
terra, la terracotta, piccoli rami, luce lunare, aria e acqua. Aria dipinta.
Nella quarta sala la luce sublimata. Oro e bianco
stemperato, tutto l’oro dell’estasi con tutto il biancore della luce ottenuto
piegando e ripiegando la tela in una pittura scultura. Attraverso le
pieghe quasi del Bernini nella Transverberazione di santa Teresa d'Avila.
Dall'estasi al benessere, Antonio Pujia, nel prendere la
parola, con molta semplicità, ci informa che lui dipinge per star bene, per dar
forma cioè ad un benessere fatto di tanti riferimenti in un dialogo continuo
con tanti, prima e dopo, con poesia e filosofia.
Henry Michaux sulla via dei segni, il libro scelto
da Saverio Tavano per dialogare con le tele e le carte di Antonio Pujia
Veneziano, risponde a quel punto e mezzo di Armando Testa, al gesto e al colore
per dire no, all'avventura del voler dire sì, a sbuffi e spruzzi che son
punti fermi nell'immaginario dell'umanità.
Nel punto amaro di storia di sconfitte, di
denominazioni, il gusto dolce dell'artista che prova a far bello un suo mondo
interiore.
Nel punt e mes di interiore ed esteriore, di segni e cancellazioni, l'equilibrio mutevole dell'avventura artistica.
E mentre il Castello di Terranova teatro del settecento si sgretola, sgretolando ogni esteriorità, nel ritornare alla finestra della storia, fermi nel tempo, segni nello spazio gli artisti tracciano perché se noi siamo vivi un motivo è
Nel punt e mes di interiore ed esteriore, di segni e cancellazioni, l'equilibrio mutevole dell'avventura artistica.
E mentre il Castello di Terranova teatro del settecento si sgretola, sgretolando ogni esteriorità, nel ritornare alla finestra della storia, fermi nel tempo, segni nello spazio gli artisti tracciano perché se noi siamo vivi un motivo è
GIOVEDÌ 21 MAGGIO 2015
Tutti gli uomini scompaiono- mi risponde così Ferdinando
Scianna a mio sconcerto che, di Tommaso Giglio, grande direttore del giornale
Europeo, esista pochissimo in rete, oltre al mio post ed a sue testimonianze.
Tutti gli uomini scompaiono, ribatto io, però Tommaso
Giglio vorrebbe parlare, parla attraverso noi, altrimenti perché io continuo a
scriverne, io che leggevo sempre il suo giornale?
C’ è fra gli uomini l’incontro trasversale, esiste una
comunicazione oltre il gestuale e riconosciuto scorrer degli eventi che ci
porta dappertutto a fotografare l’attimo vivente, l’incontro fra l’usuale e lo
straordinario, l’attimo fuggente del volo, della striscia di fuoco che scende
giù, vero Michela?
Michela Cimmino, classe 1988, fotografa, Freelance. Sua
la tesi con pubblicazione, Edizioni Accademiche italiane, sulla fotografia, la
storia della fotografia, la comunicazione fotografica, fotogiornalismo e
reportage, fotografia 2.0…
la fotografia a portata di mano, con uno Smartphone
siamo tutti reporter? In potenza, direbbe i filosofi, poi
aggiungerebbero che per essere reporter ci vuole occhio, testa e contesto…
Instagram: Fotografie condivisibili con tutti i
social, fotografie e hastag, etichetta applicata per fornire un tag di ricerca,
per creare community, cioè contesto.
Oggi il contesto sembra che sia il Big Data, il campo dei
database, grandi aggregazioni di dati, accessibili grazie a smartphone, sensori
e computer.
Mappe rintracciabili con un hastag, con una legenda e
strumenti di navigazione.
“Tracce virtuali lasciate sul nostro territorio
possono formare una mappa di dati capaci di prevedere e conoscere”
Una rivoluzione fra il diritto al rispetto delle proprie
tracce e il diritto di accedere alla conoscenza.
Tracce di noi che non siamo un’orma sul terreno, benché
capisca la risposta di Scianna, e Mappe, Contesto in cui muoverci per
orientarci.
Mi sembra sempre che La lanterna di Diogene sia utile e
che non manchi mai la consapevolezza del nostro usare nuovi mezzi per dire e
fotografare quel nostro passaggio sul terreno che nessuno di noi vorrebbe solo un'ombra sul terreno.
Tommaso Giglio, Scianna, Salgado, Michela… a tutti
noi che amiamo la fotografia… fotogiornalismo sarà
Cogli l'attimo, quell'attimo, quello che storia diventerà
Cogli l'attimo, quell'attimo, quello che storia diventerà
LUNEDÌ 20 APRILE 2015
A Domenico, bimbo di sei anni, piacciono i mattoncini come piacciono a
Michele Volpicella
Conosco i paesi di Michele, fatti con tanti mattoncini
Lego, alla mostra a Cosenza.
Era una domenica mattina ed insieme a sorella e cugina siamo entrate per curiosare. Siamo rimaste a lungo, poi uscite con in mano le sciarpe di Lodola e negli occhi le meraviglie di Michele, che io avrei comprato tutte.
Era una domenica mattina ed insieme a sorella e cugina siamo entrate per curiosare. Siamo rimaste a lungo, poi uscite con in mano le sciarpe di Lodola e negli occhi le meraviglie di Michele, che io avrei comprato tutte.
Paesi ricostruiti pezzo per pezzo, rifatti, come se fosse
possibile, come solo nel mondo dell’arte è possibile: Essere custodi di un
territorio.
Michele Volpicella ha poetica e architettura,
disegno e geografia di luoghi. Ha i Sassi di Matera nelle mani.
“Presentato a Matera, lunedì 29 dicembre2015,
presso la Galleria Opera Arte e Arti, il progetto realizzato dall'artista in collaborazione con la “Lego”, produttore di giocattoli danese, famoso
per la sua linea di mattoncini assemblabili: La casa del custode dei
mattoncini. Sulla base di una serie di lavori del Maestro è
stata realizzata, nei laboratori dell’azienda e firmata dal capo-progetto Jeff
Denoyell, una riproduzione tridimensionale “Lego”, ispirata nella tematica ai
Sassi di Matera, patrimonio Unesco e nuova Capitale Europea della Cultura
2019.” Una scheda questa.
Mi riprometto di scrivere molto di più su questo
fascinoso modo di reificare le case, i sassi, gli archi, sui colori e sul modo
in cui lui, l’artista, poi riponga le sue opere, offrendole composte e protette
da uno sguardo che non possa sporcare.
Oggi però scrivo sotto l’urgenza del caso che mi fa
incontrare il piccolo Domenico Pileggi, di sei anni, la sua mamma e la maestra,
i compagni di scuola. Una prima elementare.
Domenico ha i mattoncini nella sua testa. Vuole costruire
una realtà fatta di mattoncini Lego. Il cinema
La scuola
e poi scarpe, orecchini, anelli, spille, con
mattoncini.
Fa questo e vuole sempre più mattoncini, sempre più complessi, per costruire tanto. Entusiasta, ha già un suo ordine in testa, come tutti, come ognuno di noi, se siamo liberi. Giustamente fiere di lui mamma e maestra annuiscono.
Fa questo e vuole sempre più mattoncini, sempre più complessi, per costruire tanto. Entusiasta, ha già un suo ordine in testa, come tutti, come ognuno di noi, se siamo liberi. Giustamente fiere di lui mamma e maestra annuiscono.
Non esiste in Calabria una sezione della Lego, lo faremo
sapere, così come vorremo vedere negli occhi di ogni bambino la stessa felicità
di Domenico fra i suoi mattoni.
Con il sorriso neo metafisico, dicono gli esperti, di Michele...
Con il sorriso neo metafisico, dicono gli esperti, di Michele...
VENERDÌ 13 MARZO 2015
Tristezza con strass. Mestizia di una lei che non
guarda mai. Le donne di Giusi Pallone
Non hanno sguardo le donne di Giusi Pallone, non
guardano, come se non guardando potessero non vedere la realtà.
Sono dipinte in ambienti colorati, con pennelli e tele, con unghie
smaltate in love e lazzi, eppure non un gesto, non un fremito vitale. Stanno in
attesa, fuggendo, perché sono fuggite lasciando soltanto un corpo nel
letto, come nella canzone Albergo ad ore.
Colori che vivi non sono più, eppure mantengono il
profumo del sogno, nei verdi, nella sottoveste che indossa l’altra.
Lei è l’altra, mi sta spiegando l’artista, di fronte ad un dipinto di cui io, per sbadataggine, non ho una immagine.
Lei è l’altra, mi sta spiegando l’artista, di fronte ad un dipinto di cui io, per sbadataggine, non ho una immagine.
Ho però i volti coperti da maschere, un particolare
che non parla, se non con tristezza. E mentre Tristezza per favore vai via,
canta la Vanoni insieme a Giusi, mostrandomi una corona, poggiata su uno
sgabello, corona di un principe che non ci sta più, perché nessun uomo regge al
gioco del principe azzurro, io guardo golosa quella corona e la poggio
idealmente sulla testa di Giusi, regina del regno che lei si è dipinta.
Sarai regina e regnerai le cose che tu sognerai diventeranno realtà, canta la canzone La Chimera, che io magicamente sento cantare fra i quadri di Giusi in un andante con brio che spazzi via ogni perduta malinconia
Sarai regina e regnerai le cose che tu sognerai diventeranno realtà, canta la canzone La Chimera, che io magicamente sento cantare fra i quadri di Giusi in un andante con brio che spazzi via ogni perduta malinconia
Nel regno della fantasia di Love e Lazzi si sta come
d’inverno sugli alberi le donne. Fiorirà la primavera, in mostra con
Giusi Pallone Da B Cause. Marzo 2015
A Cosenza al Museo MAM, curatori Mimma Pasqua e
Maria Rosa Pividori, Friuli e Calabria si incontrano nella amicizia che
legò Francesco Leonetti a Pasolini, sul tema del partire e del restare,
allargato a senza limiti e confini.
In viaggio con Antonio Puija Veneziano
Mi ritrovo a guardare altra mostra di Tornare@Itaca, dedicata
a Calogero e Merini, nel 2011, e insieme al filo, alla Guglia, sono nello
spazio di Vertigo Arte, stasera.
Cucire il tutto, stamani, impossibile è. Come se avessi
in mano molti pezzi di colori diversi, di tessuto diverso, in un paniere,
Panaru, che altra mostra è.
Voglio però ritornare al Tempo che tu mi hai regalato,
quando studente al Liceo di Vibo Valentia, nelle ore che non eri in classe,
andavi a trascorrere le mattine al Palazzo Gagliardi, allora Museo
archeologico, ad osservare le testimonianze, le fonti, i resti, i cocci di
quello che fu un passaggio di genti.
Passare in tanti lasciando orme sul terreno, ti direbbe
il poeta Mastroianni.
Un viaggio che facciamo nella testa, prima di prender
auto, valigia e andare.
Tu non hai parole, dici, eppure le tue parole da un
viaggio ad un altro, compongono un tessuto, civile, di chi ha studiato, di chi
osserva come il ribaltamento di conoscenze approssimate e farraginose sia ora
preferito ad impegno e competenza.
“ Liberare parole perché nessuno punisce non vuol dire
che questa abbondanza liberi. Soffoca invece. Liberare parole uccide la libertà
di espressione che ha bisogno di limiti e confini, di riferimenti e studio, di
serietà, per esistere.”
Questo ci diciamo in una serata piena di incontri e doni,
di racconti e immagini.
Est ovest da dove si arriva. Ex stasis, da
fuori, mi sta dicendo Orazio Garofalo con suo video, Estasi, che proietta
le ombre sul muro fuori dallo schermo. Ombra sei, come non ti vedi mai. Tua
ombra, le spalle. Est ovest, mi sta dicendo stasera Antonio, con sua opera,
davanti due immagini di confini, segnati, affrontati da est e ovest con
correnti marine e correnti di cielo, linee azzurre sporcate da ossido di
piombo. Stesso colore usato in stoviglie di terracotta che rilasciavano veleno.
Veleno che man mano nutriva, avvelenando umore. Mondo rivoltato.
Prospettiva rivoltata. Stasera. Come racconto di Saverio Tavano sul pesce
appena pescato che saltella morente sui grossi ciottoli della battigia e bimba
meravigliata, saltellante a sua volta, sorpresa. Su una spiaggia in cui un
pescatore anziano osserva continuando suo fare e uomo giovane sorride della
scoperta di sua bimba. Un capovolgimento che vita è. Morte per uno e felicità
per altra nelle sfumature di tre generazioni.
Stasera poi tanti altri capovolgimenti impediranno
il tornare ad Itaca. Che mai si torna da nessuna parte. Restano qui accanto i
libri di Franco Araniti. "Di quel via vai... D'amore" che mi
accingo a leggere.
Orfeo con la tua voce
voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere
che ti chiamai per nome
e dileguandomi
ti ho fatto voltare
L'ombra di Euridice che dice di voltarci indietro per perderla
Orfeo con la tua voce
voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere
che ti chiamai per nome
e dileguandomi
ti ho fatto voltare
L'ombra di Euridice che dice di voltarci indietro per perderla
DOMENICA 21 DICEMBRE 2014
Litweb intervista Daverio. Daveru?
Daveru?- mi domanda spesso una amica, non so
se perché non ci creda affatto o per dire che quella cosa, quand’anche fosse
vera, sarebbe niente, visto che lei dopo un attimo l’ha già scordata, infatti
me la ridomanda.
Così, davvero, vi riporto mia intervista con Daverio, al
Limen e sulla soglia del Palazzo Gagliardi di Vibo Valentia, ieri sera.
Intervista da Litweb, aerea e senza televisione, senza
registrazione. Solo tasti di tastiera.
Conferenza, conferenza, ci sediamo inizia il Limen
Arte da far incontrare, da mostrare e da gustare per
infine premiare.
Guardar lontano veder vicino, L'arte di guardare
l'arte, L'arte è la nave, Arte stupefacente. Da Dada alla Cracking art. Installazioni
In corsivo titoli di libri di Daverio, che solo stasera
conosco, venendo io da un paese straniero, dalla Litweb, appunto, come
inviato speciale.
Ascolto suoi aneddoti storici sui balconi di ghisa
inglese nei palazzi nobiliari di Vibo Valentia e su navi, con
arance e vino verso l’Inghilterra, ritornanti, per stabilizzar peso, carichi di
ghisa, (a minor prezzo di quella di Mongiana) e su come il marmo di
Carrara stia sulle soglie delle scale del palazzo Gagliardi, essendo la
proprietaria cugina dell’arciduca di Toscana.
Una vera commistione di elementi, commenta Daverio, forse
maggiore di oggi in cui tutto sembra commisto e non lo è.
Continua e ci porta in Parlamento Europeo a chieder
vocianti solo di immagini, di statue e dipinti, gridare che con arte
Italia sia fatta, salvata, dice lui, per il vero motivo che sia Italia e
Calabria il paese dell’immaginazione.
Così lo ascoltiamo e lo seguiamo per stanze e
dipinti fermandoci insieme a dire bravo, interessante, molto carino oppure
niente, sentendolo dire che per esser veri bisogna dire una bufala grande,
dirla con forza e crederci davvero, convincere gli altri che questa sia vera,
come fu con Capalbio, luogo di residenza di intellettuali, ma quali? Sorride
lui, eravamo solo quattro amici che volevano divertirsi, eppure Capalbio
diventò quello che per scherzo lui aveva detto.
Ed a questa sua asserzione io dico:- Ahah come il
regno della Litweb!-
Lui mi dà mail ed io manderò mio stralunato post su
incontro Daverio -Daveru?- direbbe mia amica.
Daverio sarebbe pronto a fare un catalogo, perché un
catalogo ci vuole, è come una casa, ed io son già nel film La migliore offerta
e ricordo Virgil, il protagonista, Geoffrey Rush, alle prese con un catalogo
che stravolgerà la sua vita.
Daverio come Geoffrey?
Da Dadaista al Regno. Inviato in redazione il 21
dicembre, IV domenica d’avvento alle ore nove e venti. Venti Post\umi per voi.
Le élite
Io sono Litweb in rosso.
DOMENICA 12 OTTOBRE 2014
La Camera Chiara
Da Barthes « La società si adopera per far
rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in
faccia a chi la guarda »
Dalla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi,
postare piatti, torte, bimbi, costumi, seni, cosce, mare, cielo,
dalla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite,
dalla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui,
di occhio che scatta,
ne usciremo mai?
Silvia Pujia e Federica Longo provano a far conoscere
un’opera, una soltanto, nell’unicità che dilata, impressiona e prolunga il
tempo dell’apprendimento.
Si impara e si vede se tempo tu hai, il tempo
dell’attesa.
L’artista Luigi Cipparrone, con la fotografia stenopeica,
tecnica che utilizza uno stretto foro come obiettivo, riprende il principio
della camera oscura.
Le camere oscure, chiare, le camere che delimitano,
scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o
immobile, tutte le camere della nostra percezione che poi ci fanno credere
quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo
foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Così la fotografia di Luigi al ristorante con gli amici
ha tempi lunghissimi, più di un’ora di esposizione, ed in quest’ora sola ti
vorrei, gli amici hanno mangiato, fumato, chiacchierato e sono andati via,
lasciando soltanto una nuvola, una impronta nella pellicola o in digitale, Come
nella canzone Albergo ad ore i due corpi lasciati nel letto, immobili.
Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole
vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di
essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore
che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.
VENERDÌ 12 SETTEMBRE 2014
Pastelli e collage su carta vetrata di Caterina Luciana da Be Cause via Enrico Toti Lamezia Terme- 13 settembre 2014 fino ad Ottobre inoltrato. Da una idea di Ippolita Luzzo.
Con tutto l'amore che posso.
E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te
non sciuparla
Dall'ignoranza che schiaccia l'insetto, ignorando un turbinio di vita simile,
al mantra del Siamo tutta luce, conosciamo se c'è luce, luce e ombre.
Senza ombra niente luce. Senza luce niente ombre.
Dal piede che schiaccia, passando per tutte le modificazioni che riti sociali ed educazione hanno elaborato per piagare coscienze e costruito ordine, alla confusione incredibile di un tempo senza apparenti regole e confini.
Un periodo cieco, con occhi di bimbi chiusi, un momento storico di maschere, apparenza, e sostanze piramidali, appartenenti a pochissimi.
Il restringimento di beni comuni, la predazione, il nuovo ordine mondiale basato sulla sottrazione, con l'abbuffata di fotografie vuote, di stimoli basici su corpi putrefatti e terribilmente siliconati.
Il nulla dell'offerta, come uno sciame che acceca, come cavallette che divorano e zampettano sui raccolti distruggendo affetti, desideri, sacrificio, parentele, come acari, zecche, vermi e sanguisughe, bevono sangue fino a schiattare, così il nostro momento ora.
E se non puoi la vita che desideri...
Mettila su carta, Trasformala, elabora simboli, e diventa profeta di un tempo nuovo. La rinascita
Dalla sapienza del Siamo tutta luce la spes unica dea, dalla Sapienza
a noi, a Caterina Luciano, alla sua semplicità, alla sua umiltà, al grande lavorio e impegno di denuncia verso tutti gli irresponsabili e invertebrati, a Paola Bottero, una macchina da guerra, un motore sempre con acceleratore pigiato al massimo, ad Alessandro Russo, la sua dolcezza e la sua pazienza, l'abnegazione, a Luciano Pesce, titolare di Be Cause, alla sua carica umana, l'accoglienza, la disciplina, e un grande bacio ad Angela, sua splendida compagna, da tutto questo sono nati #vivonotranoi, orgogliosa di esservi vicina
La X delle lucciole
L'incognita che cerchiamo in tutte le equazioni.
L'incognita che cerchiamo in tutte le equazioni.
Quando ero alunna, davanti a problemi algebrici,
risolvevo di fantasia, e le stesse equazioni difficilmente mi davano risultato
simili, ogni qualvolta risolvevo la x.
Una incognita sempre diversa mi si svelava.
Nessuna sorpresa dunque sulle tante dinamiche
interpersonali che hanno risolto questa equazione del #vivonotranoi a Lamezia
Terme
Noi siamo tutta luce
Il mantra dei nostri giorni difficili.
Siamo tutta ombra.
Insieme
Senza ombra niente luce
Così fra ignorare e non guardare
fra silenzi e lontananze
appaiono nuove lucciole.
Le lucciole della comprensione
SABATO 7 GIUGNO 2014
Animals di Simone Miletta alla Be Cause
Nasce scultore e poi fa pittura come se scolpisse assemblando zoccoli di cavalli, pance di maiali e tutto il bestiario che c'è in noi.
Mi fermo dunque su scultura che solitaria sta in un angolo, sola su un pezzo di mogano recuperato. Accanto uno sgabello, sopra sta un uccello grasso, che sia un uccello rimpinzato eccessivamente me lo spiega lo scultore, io non lo avevo riconosciuto.
Nasce scultore e poi fa pittura come se scolpisse assemblando zoccoli di cavalli, pance di maiali e tutto il bestiario che c'è in noi.
Mi fermo dunque su scultura che solitaria sta in un angolo, sola su un pezzo di mogano recuperato. Accanto uno sgabello, sopra sta un uccello grasso, che sia un uccello rimpinzato eccessivamente me lo spiega lo scultore, io non lo avevo riconosciuto.
Ero troppo intenta a fare raffronti fra lo
spaventapasseri, così mi spiega Simone che fosse quel tipo, e il mio Pinocchio,
in legno.
Eccolo dunque, costruito con gesso, con tubi di impianto dell'acqua e spunta dall'omero la ruota, eccolo lì, pronto per andare a scuola con la sua camicia bianca fatta indossare per l'occasione e poi ingentilita da tanti pois. Devo riconoscere che all'abbraccio non era male, avrò tentato oppure me lo sono immaginato, insomma sembrava un compagno perfetto. Guardava attento e infatti aveva un viso familiare.
Mentre io elucubravo simili divagazioni, Simone Miletta mi dice che è lui quel viso, si lega i capelli con un elastico e all'improvviso autoritratto appare evidente con mutazione nel realizzare.
Riconoscere l'umano nel non umano, nell'animale che siamo e non siamo, nel bestiario di troppi rimandi a cominciare da favole lontane, da Esopo e La Fontaine, da Fedro a noi.
Dai tanti che ci raccontarono favole orribili se fatte da animali, favole che al nostro tempo di cinghiali feriti e vespe impazzite e mistificatorie, al tempo di serpenti e insetti che siamo un po' tutti, diventano solo una divertente curiosità. Se ci incuriosiamo potremo scoprire quanto di noi ci sta del cavallo, quanto di noi è una capra, un maiale, un gatto, una leonessa. Quanto somigliano ai cani i padroni che portano a spasso l'un l'altro, come possiamo poi umanizzare i nostri compagni canini, felini e pappagallini. Un mondo che si impasta così, con gesso, con resina e tubi e poi
l'odore animale non se va, resta su pelle e resta anche il vino, e insieme a Noè che fece arca, noi porteremo su barca il vino e tutte le specie per ripopolare dopo il diluvio. E primavera è
Eccolo dunque, costruito con gesso, con tubi di impianto dell'acqua e spunta dall'omero la ruota, eccolo lì, pronto per andare a scuola con la sua camicia bianca fatta indossare per l'occasione e poi ingentilita da tanti pois. Devo riconoscere che all'abbraccio non era male, avrò tentato oppure me lo sono immaginato, insomma sembrava un compagno perfetto. Guardava attento e infatti aveva un viso familiare.
Mentre io elucubravo simili divagazioni, Simone Miletta mi dice che è lui quel viso, si lega i capelli con un elastico e all'improvviso autoritratto appare evidente con mutazione nel realizzare.
Riconoscere l'umano nel non umano, nell'animale che siamo e non siamo, nel bestiario di troppi rimandi a cominciare da favole lontane, da Esopo e La Fontaine, da Fedro a noi.
Dai tanti che ci raccontarono favole orribili se fatte da animali, favole che al nostro tempo di cinghiali feriti e vespe impazzite e mistificatorie, al tempo di serpenti e insetti che siamo un po' tutti, diventano solo una divertente curiosità. Se ci incuriosiamo potremo scoprire quanto di noi ci sta del cavallo, quanto di noi è una capra, un maiale, un gatto, una leonessa. Quanto somigliano ai cani i padroni che portano a spasso l'un l'altro, come possiamo poi umanizzare i nostri compagni canini, felini e pappagallini. Un mondo che si impasta così, con gesso, con resina e tubi e poi
l'odore animale non se va, resta su pelle e resta anche il vino, e insieme a Noè che fece arca, noi porteremo su barca il vino e tutte le specie per ripopolare dopo il diluvio. E primavera è
certo una primavera così, da giugno 2014, non certo
quella botticelliana alla quale l'immagine rimanda per quei fiori che scendono
da una bocca animals
LUNEDÌ 28 APRILE 2014
Ciao, sono Ippolita
Surrealista per surrealista. Io faccio collage. Pezzi. A
strappi.
Mi sembra simile lo strappo e cuci sovrapposto
Sulla Grande Bellezza io mi soffermai sulla scena
dei mille scatti per fermare il cambiamento ed il cambiamento non venne fuori.
io scrissi questo senza aver letto nulla,
all'uscita dal cinema. Già in macchina scrivevo e scrivevo. La grande bellezza
è il cambiamento.
tu e la kefiah
per questo ti parlo e scrivo?
sarà per una kefiah che mi riporta ad un sentire comune
di solidarietà ad un popolo oppresso e rinchiuso in riserve, al popolo
palestinese e a tutti i popoli anche individuali condannati ad un destino di
silenzio?
Ultimamente ho pensato molto a Remi Ochlik molto. Morto a
ventotto anni.
il reporter francese morto in Siria..
"Il problema non è rappresentato da quella vittima bensì dalle migliaia di vittimi innocenti, cadute in ogni angolo del pianeta per le guerre più assurde.. Per i motivi più futili..."
"Il problema non è rappresentato da quella vittima bensì dalle migliaia di vittimi innocenti, cadute in ogni angolo del pianeta per le guerre più assurde.. Per i motivi più futili..."
Non conosco il novantanove per cento di quello di cui tu
parli. Sull'uno per cento di riferimento ci possiamo relazionare. Su Remi che è
con me da quando lessi articolo di sua morte penso che le morti non sono tutte
uguali. Assurda la guerra e assurde le sofferenze ma alcune morti privano tutta
l'umanità di occhi spalancati, altre morti rimangono privazioni intime. Certo
dolorose ma solo per chi le vive. La morte di Remi ha oscurato il suo obiettivo
per noi. Comunque un grazie di cuore per avermi fatto riprendere un filo. Elvio
Chiricozzi. Ho riconosciuto fra tanti quei voli ma non sapevo assolutamente
dove e quando. Ricordo che uscii dalla sua mostra e scrissi- Ciò che non muta-
stranamente è il primo pezzo del mio calendario nudo. Lo scrissi allora il
pezzo.
Mi e ti appunto questo. Fotografia imperfetta.
Trascinamento immagine. Trasformazione. Movimento. Bosco che ti parla.
Fotografare per affetto. Io: scrivere imperfetto, sporco, grammaticalmente
parlando, trascinamento sul testo, movimento, io che parlo con loro, con gli
autori, con i personaggi, con il film, con il libro. Per affetto. Parlo tanto
con loro come tu col bosco. Ecco perché saranno le tue fotografie a parlare del
mio non libro. Un post. Una regina non chiede. Decide.
LUNEDÌ 28 APRILE 2014
Inquinarte Aracri
Lo scatto in più che imprime una immagine in mutazione.
Mentre già se ne va. E mentre tutto si allontana i colori si dilatano e si
sfocano, le figure si sovrappongono, il reale si dilata con tutto il languore
di esser stato. Lo stato delle cose. Che non stanno eppur ci stanno con il
muoversi mentre l'uomo fa un click per fermare, per prendere solo un attimo. E
tutto un attimo diviene. Foto che scappano via da noi, offrendosi nella
intimità di un racconto. Loro parlano con te. Parlano di te, parlano e tu sai
che fai parte insieme a loro di quel click che un autoritratto fece. Se dico
selfie, sarebbe come voler per forza avvicinare selfie senza nessun carattere
con foto ignoranti imperfette irregolari ma con personalità
Dalla stazione di Lele, ultima foto scelta, scambio
binari e viaggio continua con mezzi volanti. Su mongolfiere. Dall'alto il mare
e il cielo si scambiano i posti, negli alberi due soli curiosi ci sono, due
soli sul mare e nel doppio sfocato del vero e del falso tutto diventa una
avventura. La nostra avventura in foreste fuggenti, mare schiumante di rabbia
continua, una curva e uno Spappolamento. Basteranno gli ombrelli soli?
Un orologio vorrebbe parlare al viso dell'uomo che
vorrebbe certezze. Vorrebbe dir che questa è l'ora. La ventunesima ora! Solo un
film?
E mentre suoniamo musiche che dovrebbero lenire le paure,
il ricordo, il niente che non vogliamo sentire, e mentre suoniamo felici e
immemori se incontriamo uno sguardo vicino e fraterno dimentichiamo tutte le
infanzie e riprendiamo a risalire nel vento nei venti fra alberi che anche loro
invidiosi fuggono via al nostro passare
Sono storie bellissime
21 grammi è il peso ipotetico che perdono i corpi
esalando l’ultimo respiro.
Il peso del fiato
Anima è
LUNEDÌ 21 APRILE 2014
Dall’uccello del paradiso alle geometrie celesti
Dal Nevada Aranciato giallo blu verde dai tuoi monti e
dai colori ho scritto un nome:-Libertà.
Paul Eluard
Libertà sono i tuoi quadri, libertà di vivere la vita
come ognuno lo sa fare.
Se io posso immaginarti è perché tu stessa ti dipingi
come un fiore come un tacco, come verde che discende. Col calore, con amore tu
mi dici:-Stai tranquilla, sempre luce ci sarà e i colori, in un rosso che ci
avvolge di giallo, daranno un po'di felicità
Accoglienza e serenità, sono colori caldi,
caldi, sono colori primari e colori che sono vicini vicini per non sentirci
soli.
Se guardo te sono con te, se guardo te volo via con te.
A volte gli artisti non sono così amici, dopo il
dipinto se ne vanno, esauriscono in un farsi tutto il loro momento,
tu offri di più, offri te, una consolazione, offri una presenza.
Sei sul quadro a tendere una mano, celeste, del 2005, le
tue geometrie celesti, insegnano a tutti che possono ribellarsi senza urlare,
un grido può essere un colore, un tratto può essere infinito e il mondo
bellissimo sarà se la rivoluzione intorno a tutti i pianeti avviene.
Visti da lontano tutto i paesaggi sono colori
VENERDÌ 18 APRILE 2014
Paolo Scarfone- Le Urla dal silenzio
linguaggio-non linguaggio.
Il nostro braille quotidiano
Il braille è per i ciechi, ma se è solo stampato e non
tangibile il cieco non sentirà nulla e il vedente non capirà nulla.
A testa bassa accetteremo supini maree di immagini che
non rimandano, questa è ora la nostra comunicazione.
Galleria muta
La monade di Leibniz in galleria muta di Paolo Scarfone.
L'insostenibile leggerezza dell'essere.
Unidirezionale galleria ci porta verso la vita,
spingendoci fuori con contrazioni. Solo contraendosi le pareti noi vedremo la
luce. Mai potremo parlare tanto. Lo abbiamo già fatto andando fuori. Il primo
urlo ci vien richiesto, aria nei polmoni. Urliamo alla vita, per respirare, dopo
tanta acqua, tanto silenzio. Poi parleremo. Dopo mesi. Dopo anni. Forse mai.
Paolo Scarfone ricerca sempre quel primo luogo della comunicazione. Ricerca in
lui, nel foglio bianco, il foglio amico, ricerca in carta che fa da solo,
impastando, unendo cellulosa, pezzi di corteccia, di alberi diversi, ricerca
lui un motivo comune a sordi e a ciechi, a noi che non lo sappiamo se lo siamo
o non lo siamo. Siamo sordi? Mi dice un po' la dottoressa che mi porge protesi,
ma io con quelle sento meno, meglio quindi stare più attenta. Sono cieca? Certo
che se non metto occhiali non potrei guidare. In una galleria non guiderei mai.
Siamo tutti impediti anche se non lo sappiamo. Arrivare però con disciplina ad
affermarlo comporta studio sperimentazione passione. Quella che tu, Paolo,
trasmetti, con le tue carta con carta orientale per segni braille, carta
occidentale per paesaggi, mi ripeti, da google, presi dai tanti non paesaggi
che troviamo qui, su internet, la galleria muta.
Quadri che come possiamo mettere sulle nostre pareti
anonime?- Mi sono domandata entrando in galleria ieri sera. Quadri senza
cornice, un solo spillo appuntava il foglio sul suo post-it. Quadri come
appunti. Ti appunto un quadro per dirti quello che non so, quello che potrei
dirti solo se conoscessi il codice tuo che non è il mio. Dove potrei mettere il
tuo libro che libra dalla parete? Dove? In libreria no, in openspace si
perderebbe e allora?
Io non lo so. Non sono quadri, sono tentativi, sono
strumenti per dire. Come può parlare un muto? Con i segni.
Il foglioamico, con me sta, invece Paolo Scarfone crea il
foglio. Il fogliofiglio, per lui è. Il foglio che ci salverà. Con un foglio in
mano noi tutti possiamo dirlo, scriverlo a tutti e non dire a nessuno, ognuno
di noi sa quel che sa, sente quel che sente, ognuno di noi ha un
riferimento. Ripeto sempre Levi- Strauss e il suo fenomeno di riferimento
necessario alla comprensione. Dobbiamo sapere di cosa parliamo quando parliamo,
di cosa ascoltiamo quando ascoltiamo. Cosa conosco di Paolo? Che lui ci crede,
crede moltissimo nella ricerca, crede moltissimo nel foglio bianco, è lui il
quadro.
Il bianco foglio, il suo candore che urla insieme a chi
non può. Ai tanti imbavagliati di Massimiliano, ai tanti carcerati, ai tanti
menomati, impediti da leggi fisiche e mentali, sociali e ingiuste di parlare.
Un silenzio che batte e batte sui tasti di una comunicazione che non vuol
morire. Ascoltate la voce del silenzio- Ci dice Paolo- L'ho ritagliata da
Internet.
Per non dover tagliarmi il cuore- Marianna Ucrìa
La lunga vita dal silenzio
La voce del silenzio. Paolo Scarfone
Alcuni cose che ho letto di te dopo aver scritto di te
“E’ Paolo Scarfone il vincitore di Alterazioni visive
2013, il concorso di arte contemporanea dedicato al tema “Il
Risveglio delle origini”
L’opera con cui il ventiquattrenne calabrese si è
classificato primo è “Appartenenza”, una composizione in 24 fogli di
carta, che ha realizzato artigianalmente seguendo le tecniche delle cartiere
del ‘600 italiano. Le immagini prese da google maps, e trattate una per una,
raffigurano vedute paesaggistiche di Catanzaro, luogo di nascita dell’artista.
Oltre al tema delle origini, il lavoro pone una riflessione sulle difficoltà di
fruire del paesaggio reale: è la denuncia di un mondo vissuto sempre più sulle
tastiere e sempre meno dal vivo.
Quindi la parte paesaggistica è la carta, l’utilizzo
della carta lavorata a mano, quello che non si vede è proprio la parte più
paesaggistica, perché più sono le foto e meno è la fruizione del paesaggio: è
la denuncia esasperata del tentativo di esplicare la memoria su un tabulato di
cerchi e in più vivere quei paesaggi che sono solo nella memoria. È l’idea
della serialità, l’idea del paesaggio ma al contempo c’è l’antitesi ovvero la
presenza della naturalezza del supporto che nel momento in cui è fatto a mano
non è più solo supporto ma è testimonianza di un processo che ti porta a
contatto con la materia: dalla pianta al foglio finito.
L’antitesi nell’installazione è la leggerezza/peso nella
concezione calviniana
Paolo Scarfone, l’artista che non sapeva di aver vinto
martedì 6 agosto 2013 ·
, del progetto per i diritti dei detenuti “Le urla dal
silenzio” e delle sue prossime sfide artistiche.
Dimenticate per un attimo la geolocalizzazione dello
smartphone e concedetevi il tempo per leggerla.”
VENERDÌ 28 FEBBRAIO 2014
Di inchiostro nero è
diventato il verde mare
da quando so che non
potrai più ritornare.
Ogni giorno l'ora del
tramonto sempre sarà.
Il mio mondo è nero
com'è nera l'oscurità.
Ok, ritorno
sempre alle canzoni dell’infanzia. Questa era Caterina Caselli.
Testo all'italiana
Testo all'italiana
Paint It Black. Questi sono i Rolling Stones
Guardo dentro di me e
vedo il mio cuore nero
Vedo la mia porta
rossa, devo averla pitturata di nero
Forse dopo sparisco
cosi non devo guardare in faccia il fatto
Non é facile stare a
testa alta quando tutto il mondo é nero
Devo voltare la testa
finché l’oscurità dentro me se ne va
Vedo gente voltare la
testa e guardare velocemente lontano
come un bambino
appena nato,
Mai più il mio mare
verde tornerà di un profondo blu
non potevo prevedere
questa cosa che ti sta capitando
voglio vederlo
pitturato, pitturato di nero
nero come la notte,
nero come il carbone
Voglio vedere il sole
cancellato dal cielo
“ Ognuno ha la sua
storia”
La storia del
bavaglio è solo sensazione, un modo di essere in evoluzione, di stare al mondo
con precise scelte e poi dal bavaglio svolazzante del 2009 passare al più
stretto e avvolgente bavaglio talebano. Noi siamo talebani, ti dicono gli occhi
delle sue figure, delle sue fantasie. Rigide, serie. Senza sconti, senza scatti
alla risposta.
Perché questo é un mondo che non paga l'artista.
Ogni volta che parlo con un artista, con uno col fuoco col calore con la voglia di dire, so già che mi dirà:- Non mi pagano-
Come tutti gli artisti veri. Questo é il tratto caratteristico.
Loro non sono felici delle mie osservazioni alte e distaccate
eppure vissi d'arte, vissi d'amor
e questo è il dono che prezzo non ha.
Il sospetto che l'artista sia essere di altro mondo, sia sensibilità ed educazione, sia angelicamente puro, io penso che baluginerà spesso nelle teste avvezze a piaceri più concreti e lo trasformano in realtà.
Non dando mercede- come si lamentava Michelangelo di Giulio II
E così più che la fama potè il digiuno- sorridendo, ripenso a come l'arte, quella colorata e allegrissima, i pupazzetti con occhi intelligenti e mobilissimi delle sue creazioni, possano camminare e muoversi senza compromessi e senza accettare. Se accetti sei già perduto!
e tuffando gli imbavagliati nel verde mare degli occhi dell' autore mi accorgo che imploderanno oppure esploderenno con gran rumore.
un rumore coloratissimo. Tutto nero.
« C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo! Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale! E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta. »
(Rino Gaetano ad un concerto prima di cantare Nuntereggae più nel 1979) A mano A mano vedrai che nel tempo...
Perché questo é un mondo che non paga l'artista.
Ogni volta che parlo con un artista, con uno col fuoco col calore con la voglia di dire, so già che mi dirà:- Non mi pagano-
Come tutti gli artisti veri. Questo é il tratto caratteristico.
Loro non sono felici delle mie osservazioni alte e distaccate
eppure vissi d'arte, vissi d'amor
e questo è il dono che prezzo non ha.
Il sospetto che l'artista sia essere di altro mondo, sia sensibilità ed educazione, sia angelicamente puro, io penso che baluginerà spesso nelle teste avvezze a piaceri più concreti e lo trasformano in realtà.
Non dando mercede- come si lamentava Michelangelo di Giulio II
E così più che la fama potè il digiuno- sorridendo, ripenso a come l'arte, quella colorata e allegrissima, i pupazzetti con occhi intelligenti e mobilissimi delle sue creazioni, possano camminare e muoversi senza compromessi e senza accettare. Se accetti sei già perduto!
e tuffando gli imbavagliati nel verde mare degli occhi dell' autore mi accorgo che imploderanno oppure esploderenno con gran rumore.
un rumore coloratissimo. Tutto nero.
« C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo! Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale! E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta. »
(Rino Gaetano ad un concerto prima di cantare Nuntereggae più nel 1979) A mano A mano vedrai che nel tempo...
VENERDÌ 27 DICEMBRE 2013
Si può dipingere ogni
cosa
Basta soltanto
vederla. Giorgio Morandi
Leggo questa frase
sulla rivista di arte che lui mi porge, prima di aprire la pagina sui suoi
quadri.
Leggo e ascolto la
bella sinergia, la capto, ecco perché la sento, fra Alberto Badolato e Amedeo
de Benedictis, due modi di essere, due modi di vedere la materia, il colore, la
percezione.
Loro due possono
dipingere ogni cosa, loro.
La vedono e la
trasformano.
Uno astraendola,
l’altro mutandola.
Dall’astratto alla
metamorfosi, due atteggiamenti di caratteri diversi, entrambi con connotazioni
forti, scelte di vita, prima che pittoriche.
Ogni artista butta
nel momento creativo il suo carattere, la personalità che è. Per questo
mi affascinano le biografie, nonostante poi Amedeo mi dica che bisogna guardare
solo il quadro, solo il racconto, così mi dicono anche altri, io non riesco. Il
quadro mi parla di chi l’ha fatto, perché come dice Cocteau, chi scrive o dipinge
o suona, sempre il suo autoritratto fa.
Vi cito Cocteau,
perché dice le stesse cose che dico io, non per un delirio di supponenza ma per
avvalorare le parole di una sconosciuta che parla senza avere mestiere.
Sono una
semplice fruitrice del bello e dell’arte che scrive solo per affetto.
Diverso è invece
quando si giudica un prodotto da chi l’ha fatto ed è il nome che vende
bene e non il suo contrario. Ma questa é una logica di mercato che
non ci appartiene. Non siamo fra venditori ma fra persone che
posseggono il fuoco della creazione, l’urlo delle forme che vogliono nascere,
il parto generativo del momento parlante. Se parlo se scrivo se dipingo un
motivo c’è…
E così mi ritrovo a
canticchiare
Sincera
come l'acqua di un
fiume
di sera
trasparente eppur mi
sembri nera
diceva Lauzi...
Ho visto
cattedrali di luce
nel cuore
Troppo sole può fare
morire
Ecco proprio non
sapevo che questo testo mi sarebbe apparso nel momento in cui io danzavo con i
fiori in mano.
I fiori di
Amedeo de Benectis non somigliano a nessun fiore, eppure profumano e si
spappolano musicalmente in note gioiose...
L'idea di fiore non è
un fiore. Una idea è pur sempre un'astrazione, dicono insieme Gaber ed Hegel.
Le gerbere, dalla realtà della composizione al divenire colore su tela,
camminano da un concreto verso l'immaginario trasformandosi. La metamorfosi che
tutti attuiamo quando introiettiamo in noi quello che odoriamo, tocchiamo,
vediamo. E poi ributtiamo in forme varie a secondo come riusciamo a goder di
tanto dono
Dalla realtà
all'astrazione e poi di nuovo realtà, un masticare che dovrebbe dare una
maggiore digeribilità ... Tanto per citarmi da sola
Alberto Badolato
interviene " Dall'astrazione all'idea astratta e poi dall' idea
astratta all'astrazione. La realtà è dentro e fuori di noi, ci dà ricordi,
sensazioni, emozioni... l'astrazione nasce nella realtà ma non è realtà... è
rinuncia alla realtà. Ma l'astrazione non è fuga dalla realtà né tanto
meno può diventare un mezzo per superare i "colpi reali". Per me è un
modo di essere che si libera dalla realtà nel momento, e solo nel momento, in
cui riesce a liberarsene".-
Ed io dico:
"Liberiamoci, dunque, dalle nostre catene. Possiamo? In una bella poesia
di un carcerato lui vedeva le sbarre delle nostre astrazioni più reali e
chiudenti delle sue sbarre. Temo che abbia ragione. D'altronde abbattere le
sbarre dell'astrazione comporta coraggio! Quello sì, reale. Astrarsi comporta
rinuncia. Anche gli eremiti sì astraevano
Ci si libera
liberandosene, come dice Alberto.
Ed io concludo
indegnamente questo collage di canzoni, spezzoni di dialogo, da conversazione
reale a conversazione virtuale, un mio parlare di colori fatti di
fiori, di fiori viventi e parlanti che danzano al suono della metamorfosi
generale, dopo che il cavallo ha perso la maschera, la grinta ha affrontato
sputi sentenze e umiliazioni, dopo che il tempo passò e l’urlo divenne solo
fioco ricordo, esile momento di rabbia che accecava il vedere, dopo
che "dall'asfittico spazio del destino", scrive la poetessa Pina
Majone Mauro, si è trovato il varco della poesia, dei colori, dei fiori.
Molti rimangono
intrappolati nella rabbia, nel rincrescimento diventano prigionieri dei loro
stessi lamenti, altri, vanno altrove con in mano soltanto un fiore, una penna,
una tavolozza di colori, una nota… facciamo sette, le sette note, i sette
colori dell’arcobaleno, la legge del sette di Gurdjeff, dove
tutto è energia…
Come coriandoli, una
manciata di petali. Nuovi coriandoli sopra di noi scendono e si fermano solo se
vedono la tela
Si spiaccicano
proprio
Splash, il suono del
colore
….
Come dice la figlia
delle sue tele: sono loro che osservano te, con affetto aggiungo io. Con grande
serenità.
DOMENICA 1 DICEMBRE 2013
Ieri Be Cause Art
Space ha inaugurato la mostra di Diegokoi
unica in tutta
Italia, poi l’artista esporrà a New York, in Messico e nel Principato di
Monaco… nel regno della Litweb espone da anni!
Non potevo non
esserci
In anticipo sull'apertura mi aggiro fra i disegni, assaporandomeli.
- Durante la serata di inaugurazione il 30 novembre eseguirò un action painting di un'opera inedita!- dice Diego.
- Durante la serata di inaugurazione il 30 novembre eseguirò un action painting di un'opera inedita!- dice Diego.
Guardo alcuni dei
suoi quadri avvolti da acqua che scivola, da impalpabile nebbia, da trasparente
cellophane e ricordo Il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, altra opera
suggestiva, uguale, quasi che la pietosa copertura renda ancor più nude ed esposte le povere membra.
Un chirurgo tra
noi... Bisturi, prego.
Attendo pazientemente che Diego inizi un suo intervento con matita e gomma. Aspetto ora accucciata vicino la scatola di Graphite by Caran d'Ache, custode del segreto di un'arte che prende vita. La sedia e il cavalletto sono pronti. Il cartalegno aspetta la sua mano. Iperrealista è stata chiamata la sua arte. I suoi disegni viventi e inquietanti, sereni e domandanti, sono oltre. Sbandano dalle strade usuali, e trovano nuovo offrire di una realtà banale se non trasfigurata dall'arte. Grazie d'esistere, scriverei, se non mi rendessi conto di ricordare una canzone. Una bella canzone. Quello che mi piace di tutto questo, della vita che ci sorprende, è il sorriso stupefatto di Diego, il suo essere semplice, sempre incommensurabile ma umile, tra noi, lo sguardo leggero e deliziato come se in lui abitasse un visitatore dei luoghi dell'immaginazione che riproduce con abilità le sfumature dei visi.
Sotto il ragno una scritta: Tanto nessuno mi accetterà.
Così il titolo dell'opera. Forse si riferisce al ragno, un ragno terribile, non come i ragni grandi e materni di Louise Bourgeois. -Noi che veniamo dal surrealismo noi che andiamo oltre la percezione del piatto e banale, noi capiamo con la fotografia una realtà che parla urlante il particolare che svolge, noi non viviamo sul sentiero tracciato.- Potrebbero dire entrambi e io insieme a loro.
Questo è un lavoro fatto solo con matita e gomma, un lavoro di sfumature, a settori, mi dice una donna, accanto a me, a pezzetti, poi da quei pezzetti uscirà il viso intero come se sorgesse dalla tela. Sorge un quadro e chi lo sorge sei tu.
Attendo pazientemente che Diego inizi un suo intervento con matita e gomma. Aspetto ora accucciata vicino la scatola di Graphite by Caran d'Ache, custode del segreto di un'arte che prende vita. La sedia e il cavalletto sono pronti. Il cartalegno aspetta la sua mano. Iperrealista è stata chiamata la sua arte. I suoi disegni viventi e inquietanti, sereni e domandanti, sono oltre. Sbandano dalle strade usuali, e trovano nuovo offrire di una realtà banale se non trasfigurata dall'arte. Grazie d'esistere, scriverei, se non mi rendessi conto di ricordare una canzone. Una bella canzone. Quello che mi piace di tutto questo, della vita che ci sorprende, è il sorriso stupefatto di Diego, il suo essere semplice, sempre incommensurabile ma umile, tra noi, lo sguardo leggero e deliziato come se in lui abitasse un visitatore dei luoghi dell'immaginazione che riproduce con abilità le sfumature dei visi.
Sotto il ragno una scritta: Tanto nessuno mi accetterà.
Così il titolo dell'opera. Forse si riferisce al ragno, un ragno terribile, non come i ragni grandi e materni di Louise Bourgeois. -Noi che veniamo dal surrealismo noi che andiamo oltre la percezione del piatto e banale, noi capiamo con la fotografia una realtà che parla urlante il particolare che svolge, noi non viviamo sul sentiero tracciato.- Potrebbero dire entrambi e io insieme a loro.
Questo è un lavoro fatto solo con matita e gomma, un lavoro di sfumature, a settori, mi dice una donna, accanto a me, a pezzetti, poi da quei pezzetti uscirà il viso intero come se sorgesse dalla tela. Sorge un quadro e chi lo sorge sei tu.
Sgravo, alleggerisco,
libero, allevio- mi dici dal quadro- ed ogni mattina, guardandoti io
alleggerisco, libero e allevio, Sgravo i miei pensieri consegnandoli
all’arte che ci fa volare.
Grazie al genio
universale che ogni tanto scende a visitare l’umanità…che si occupa di altro.
Nelle lezioni americane Calvino dice che la sua
operazione sia stata il più delle volte una sottrazione di peso; ha cercato di
togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città;
soprattutto ha cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al
linguaggio.
Non so come altro definire questo lavoro
sull’inquietudine del togliere, sul brinamento e conseguente congelamento
di rarefatte esistenze paesaggistiche che poi svaporano nelle nebbie.
In chimica il brinamento è il passaggio dallo stato
aeriforme allo stato solido senza passare per lo stato liquido, e l’immaginario
silenzioso di quadri, diciamo su aspetti naturali e paesaggistici, sembra abbia
ottenuto questo brinamento della materia, lasciandoci inquieti e tristi.
Quello che è materia non lo è, non è morta e non è viva,
è distante, infatti lui ha tolto il vitale. Materia ormai inutile all’uomo-
dice Alberto- sotto un suo quadro, e continua a togliere, con una reiterazione
del gesto.
Spalma, rispalma, livella, poi ritorna sui colori per
trovare il varco dal quale scorgere angoscia che lui trattiene sotto. Colori
gelidi, nessuna concessione ad una facile fruizione visiva, guardare questi
dipinti ci inquieta, tanto il suono afono ci respinge.
Nunc est bibendum- ora, nel presente, in questo
presente, lui tenta la carta del mito, ritorniamo tutti al mito, per
spiegarci il perché di tanta tristezza, un tentativo rosso, non pompeiano, un
rosso diffuso timido scolorante.
Allegria di naufragi-diceva Ungaretti
Allegria di una vita infelice, malgrado tutto.
E mi sembra vera lettura di questa offerta visiva schiva
e ritrosa, il pensiero di Anna Badolato , la figlia, restauratrice e storica
dell'arte, che ci dice di essere stata spettatrice delle cose non dette che diventavano
forme, di pensieri timorosi che bevevano solo colori, delle mostre mai fatte,
di opere su tele, su tavola, su muri, con olio, con calce, con gesso, per
togliere sempre, in un dialogo interno verso l’armonia.
Le nozze di Cadmo e Armonia era il titolo di un libro di
Roberto Calasso che io ho letto e riletto fino ad impararlo a memoria.
«Queste storie non avvennero mai, ma sono sempre». Tali
parole di Sallustio – forse la più bella, certamente la più concisa definizione
del mito – si leggono nell'epigrafe delle Nozze di Cadmo e Armonia.
Il suo primo libro, senza
senza titolo le sue opere, senza un sole che ci
illumini, senza facilità di prendere fiato, lui, l’artista quasi ci chiede
scusa di essere stato solo un tramite di un disagio esistenziale che si è
adagiato sulle sue tele armonizzandosi solo in modo dissonante e inquieto, con l’ultima
figura che a me sembra Simenon oppure Maigret, indagante un caso di difficile
soluzione…
Togliere è un'arte ostica, togliere è non dare elementi, tracce per risalire al misfatto...
Concludo con un sorriso.
Mi dice l'autore che nel quadro finale non è Maigret, è un particolare del quarto stato di Pellizza da Volpedo, e quindi Avanti popolo, sempre una condizione molto complicata e difficile!
18 settembre 2013
Una cassetta di Cucirini Cantoni Coats, che ha
contenuto spolette di tanti colori nel negozio di merceria della mamma,
ora contiene i suoi cuori di lamiera.
Il ragno di Louise Bourgeoise “i ragni sono la madre
sotto cui ci sente vulnerabili e protetti” dice l’autrice, segnata fin da
bambina dalla violenza "Mio padre provocava in me una continua perdita di
autostima". Ecco da dove può nascere un artista!
Nella continua rilettura di violenze ingiustificate,
immeritate, di offese incredibili, di territori calpestati ad anime in
formazione, si legge e si rilegge senza smettere mai e qualche volta da quei
destini il varco dell’arte.
La porta strettissima e bassissima da cui si scappa via
lo stesso, si realizzano le idee, si parla al mondo che qualche volta risponde,
non importa quando.
Dopo il racconto Louise siede immobile e a stento
trattiene le lacrime: "A distanza di tanti anni, l'episodio è ancora così
vivo nei miei ricordi. Come fosse successo ieri. Cosa possono fare i bambini,
la notte, se non piangere, piangere? Anche se è inutile: i genitori arrivano
con uno specchio e dicono 'guarda come sei brutta quando piangi' ".
Fermo il ricordo, si può solo sublimare, fare uscire,
mandarlo a spasso, mostrarlo.
Così lei mostra i falli che il padre la derideva di non
possedere, così lui mi mostra i cuori , le emozioni che doveva trattenere
davanti a suo padre.
Louise è morta riconosciuta dal mondo, lui, lo scultore è
riuscito solo adulto a laurearsi col massimo dei
voti all'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, prima
aveva trovato solo un professore che, indicato un sentiero, una scuola di
ceramica, sterzava un destino.
Ora siamo lì, fermi in quegli anni lontani, eppure siamo
qui, nel 2013
Siamo sul limitare di una confessione: una vita di
cuori.
Ancora più indietro risaliamo insieme e insieme saliamo
su una millecento bianca, comprata nel 1964 al costo di un milione e
sessantamila lire. Una millecento dove lui, seduto dietro con i suoi fratelli,
litigava prendendo tanti schiaffi dal papà. Conservata.
Una millecento fatta un cubo pressato, compattata nel
2000, insieme a tutti quei giorni trascorsi solo per far volume.
Ma ora siamo nel 2013 e dal cubo, dagli sportelli
rimangono solo i cuori di lamiera che verranno cristallizzati, mi dice
l’artista, verranno immersi nella resina e come l’ambra imprigiona il fossile,
così lui imprigionerà tutti i suoi giorni di allora.
Louise dice” " Mia madre sedeva al sole per ore ad
aggiustare arazzi. Le piaceva davvero. Questo senso di riparazione è
profondamente radicato dentro di me. Lei era la mia migliore amica. Come un
ragno, mia madre era una tessitrice. Come i ragni, mia madre era molto brava.
Lei era intelligente, paziente, opportuna, utile e ragionevole. Era
indispensabile come un ragno.”
Anche Fernando ha un rapporto di amore verso la mamma,
lui ritorna da Perugia quando lei lo chiama, cambiando così un suo destino.
Ma come i tessitori veri, come ogni tessitrice sa, il
ricamo sarà sempre più bello se più vario, se più sofferto il lavorio e
l’intrecciarsi di fili, se incessantemente non ci si stancherà di arricchirlo
con nuovi colori e immagini.
Il ricamo è la creatività
La creatività esorcizza i demoni, allenta ansia e paura,
esalta e scavalca anni e prepotenze, rimodella ed espone, canta e scrive al
mondo intero la bellezza di aver vinto, nonostante tutto, tutto il brutto,
tutto il male che hanno fatto a un io… che siamo in tanti
Tantissimi cuori franti, tantissimi cuori, forme di
pietre levigate da altri o da situazioni, tantissimi cuori che insieme ci risponderemo.
Musaba mi viene incontro questa sera, in questo buio, fra gli ulivi, la prima immagine che ho avuto, arrivando fra sculture che crescevano dal terreno. Musaba anche da noi?
Qui a Terina, su un terreno che ha sepolto altre testimonianze, altri fremiti, sopiti da ignoranze senza limiti e confini. Ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini. E mentre noi guardiamo il quadro di Fernando e salutiamo Tamara De Lempicka, mentre Pollock ha appeso i suoi polli spennati, noi mangiamo una pizza gustosissima, che Anna ha preparato, discorrendo del tempo e dell'età, dei figli che siamo stati, dei figli che ora abbiamo. Una creazione che continua- con un cuore.
Musaba mi viene incontro questa sera, in questo buio, fra gli ulivi, la prima immagine che ho avuto, arrivando fra sculture che crescevano dal terreno. Musaba anche da noi?
Qui a Terina, su un terreno che ha sepolto altre testimonianze, altri fremiti, sopiti da ignoranze senza limiti e confini. Ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini. E mentre noi guardiamo il quadro di Fernando e salutiamo Tamara De Lempicka, mentre Pollock ha appeso i suoi polli spennati, noi mangiamo una pizza gustosissima, che Anna ha preparato, discorrendo del tempo e dell'età, dei figli che siamo stati, dei figli che ora abbiamo. Una creazione che continua- con un cuore.
ed oggi aggiungiamo
...cuore che lui nel 2016 continua ad offrire in lamiera
autentica. Con i nostri auguri per il suo compleanno
DOMENICA 7 LUGLIO 2013
“Suggestioni” Collettiva di giovani artisti contemporanei
a cura di Miriam Guzzi
Associazione Altrove- Lamezia Terme
La prima stanza non si scorda mai.
L’amore è disarmonia. La sezione aurea di Marcello
Montoro
Un pomeriggio un po’ così, nel salotto dove lei riposa su
un sofà Michetta di Gaetano Pesce,
un divano liquido come la nostra società.
un divano liquido come la nostra società.
Marcello, tutto questo poi lo sa, quello che non sa è che
lei ha dormito placidamente e niente e nessuno l’ha svegliata.
Dall’iperrealismo al minimalismo- da Marcello Montoro ad
Armida Nicotera
Dal più di te al meno, al poco, al ritorno minutissimo
del solo tratto linearizzato in uno sgualcito e strappato foglio, un pizzino…
di Provenzano memoria, no, no, qui non ci sono ordini mafiosi, Armida ha
stilizzato un albero, una casa, una poesia, fulcro che ci solleva e ci
fortifica. Armida ha così lasciato sul foglio i palazzi e la
Madonnina, le Chiese, e le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e
poi giù il deserto. Ci ha regalato il corso Numistrano, ma noi …
Ritorniamo a lei, alla nostra donna che dorme e
accanto volgiamo lo sguardo ad un anello verde, all’inseguimento
della pietra verde, unghie smaltate di rosso, incurvate, ogni dito sembra
faccia parte di una zampa.
Siamo in un’altra storia. Una lei?
Forse, il sesso è incerto, lei si nasconde, i muscoli
delle braccia troppo grossi rimandano ad un maschio, l’effetto è dilatato dal
ravvicinarsi.
Spostiamoci e già lo sappiamo, ora è una lei che si
contorce, poggiando le scarpe nere con tacco sodo verso la parete grigia,
con una torsione del busto rovesciato , come un sinuoso corso di un fiume, si
gira e mi guarda con disapprovazione.
Par che mi dica che io non ho capito, che niente io possa
capire di lei, non abbiamo nulla in comune, nemmeno il suo intreccio di lacci
cingenti il polso che occupa lo spazio fermo, allungandosi.
Non la capisco infatti e ritorno dall'altra, che,
poggiata sul piumino bordò, riposa.
Ha un bellissimo sottoveste di satin rosa antico, lucente
e setato, le gambe bronzee, sparsi i capelli, il petto respira.
Lei è vera, lei è qui, la sento mi è amica.
Il riflesso di una bellezza più grande- è vero, Marcello,
nel tuo dipinto si cela la sensazione che non siamo soli, che lei è con noi.
Certo è una mostra magica, questa stanza è una stazione,
arrivi e partenze, e tu non arrivi.
Ti guardo sul monitor del mio pc e ti faccio ciao ciao lo
stesso perché chi parla per te parla di più.
Sull’altra parete i visi familiari e cari del tuo papà,
di tuo fratello, di te stesso, ritratti da Valerio, mi sembra di rivedere i
volti del Caravaggio, la luce, l’asfittico vuoto in cui vorremmo non essere.
Nel seppellimento di Santa Lucia, del Caravaggio, tanta più
si allarga la scena dalla morente tanto più lei rimane
sola, così mentre Marcello posta dipinti surrealmenteamici,
Valerio, benché ritorni alla famiglia, allarga la scena per fuggire, restando
solo.
Rimasta a lungo nella prima stanza prometto che un giorno
andrò oltre e scriverò delle altre stanze, dove espongono altri artisti, tutti
bravissimi, già presentati dalla curatrice Miriam Guzzi e dalla presidente
dell’associazione Altrove, Anna
Cardamone, gemella in un comune sentire.
Rimango qui a testimoniare come ci possa rapire una lei,
dormiente e serena accanto a noi che la vegliamo con tenerezza.
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