mercoledì 27 gennaio 2021

Pezzi recensiti da Giovanna Albi


Quello di Ippolita Luzzo è davvero un nomen omen; la regina delle Amazzoni non sì è fatta decurtare però del dono del suo cinturone, che la rendeva invincibile, e certo Eracle non lo portò ad Euristeo. Non ha sposato Ifito e nemmeno Teseo e non è la madre di Ippolito. Lei è rimasta l’indomita amazzone, oggi una delle più versatili e folgoranti critiche letterarie contemporanee, che ci parla dal regno della litweb. La casa editrice Città del sole, con la curatela di Letizia Cuzzola, ha selezionato alcuni pezzi dell’autrice “liquida”; non saprei dire se i più belli, ma certo tali da cogliere lo spirito pugnace, dissacrante, irrisorio, ma al contempo profondamente umano di chi combatte ogni giorno per far emergere in questa elefantiaca produzione pseudo-culturale autori che forse non avrebbero la risonanza che meritano. Non sto qui a consigliare il libro per vincolo amicale, anche se, come dice Ippolita, l’amicizia ha bisogno di acqua, e noi non siamo cactus, non sto qui a portare acqua al mulino di una amica, ma perché credo che i pezzi della Luzzo compongano un puzzle animico di assoluto interesse. Dalla presentazione che fa di sé come una donna sui generis, che non rientra certo nella categoria standard della donna del Sud: non ha mai fatto la salsa di pomodoro, le melanzane ripiene, non stira le camicie…si sente che il Sud sta spostato in un altrove, che è nel suo sangue, nello spirito creativo e ribelle, nella ricerca indefessa della sua anima, perché per lei scrivere è la sua droga e sottende la fiducia illimitata in un giorno migliore che certo verrà. Un giorno da condividere da donna con le donne; perché è sempre la giornata della donna per la Luzzo che la “incarna la quintessenza femminea” con tutte le folgorazioni del caso. Stile intuitivo, immaginifico, sospeso, taciuto, svelato con parole che si rincorrono con lena: parole scavate, tese, irridenti, ironiche e pur di denuncia di tutto quello che non va in questa società che soccombe alla crisi. Nel passo dedicato alla Donna Marisa Belisario si registra la condanna delle idee ex coro e amaramente: ”un giorno le idee coltivate (negli horti conclusi) restarono anch’esse senza rivoluzione e nella città in cui tutto si confuse anche le idee, disoccupate, presero la borsa e andarono a spasso!”

Le idee della Luzzo però non cadranno in prescrizione, non rimarranno disoccupate, perché la rivoluzione la alimentano dal di dentro, con la sua passione di lettrice curiosa e i suoi pezzi in punta di penna; mentre fuori impazza la tempesta, qui nel regno della Litweb splende sempre il sole delle idee rivoluzionarie e indomite. La Luzzo non si piega alla convenzione, nemmeno della scrittura, lei procede per immagini, per intuizioni che non hanno un approccio ordinato logicamente, sono attraversate dal furore dionisiaco e nietzschiano, attraverso cui ciò che è solitamente protetto nell’hortus conclusus viene preso a martellate. La chiamerei la critica del martello: ”Così oggi la letteratura ha preso a dire baci e bacini, caffè e cioccolata, sospiri e caramelle, il bello che avrete, “ Un giorno in più” e a vendere e vendere la carità a ogni angolo di strada . Connivente con la pubblicità.” Oggi la pubblicità domina e manipola il mercato della cartastraccia e in questo emporio di scambi e favori, le idee vanno alla rovina e la democrazia non esiste: il voto è uno scambio, che si ammanta di legalità. Eppure, “ Esiste l’amore, ne sono certa, esiste e continua a creare, a conoscere, a comunicare che la vita è amore, che mangiare un gelato allo yogurt bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate. Esiste quello che non hai , perché più bello sarà andare a cercare amore nelle pieghe di una tovaglia che ondeggia, nella ballata sul mare salato di Hugo Pratt, che riscritta su un telo si asciuga al sole di una terrazza al caldo vento di agosto.” Profondamente platonico questo concetto: l’eros esiste ed è figlio di Poros e di Penia; nasce sulla mancanza e non si stanca mai di cercare, anche nei luoghi e nelle circostanze più strane e più lontane dal consueto, ma anche in un gesto banale, in fondo al vasetto di uno yogurt bianco, ma soprattutto l’amore sta nelle parole. Di queste Luzzo ”il saltimbanco” ha da venderne.”

Giovanna Albi su Satisfiction



venerdì 22 gennaio 2021

Un villaggio chiamato Lamezia Terme


Ora intorno tanti brutti fabbricati. 

Il 14 gennaio 2016 scrivevo: La seconda cattedrale nel deserto periferico di un mostro chiamato città. Lamezia Terme non è una città. Vi sono tre agglomerati urbani con due distinti e pregevoli centri storici. Una stazione centrale e tre cimiteri. Uno per ogni villaggio. Tre villaggi. Nonostante sia stata da apprezzare l'idea di crearne una città per essere più forti e contare di più nelle richieste, questa unione ha ormai generato un mostro. Con la testa del Minotauro. Come un connubio a tre mal riuscito la città non è riuscita a far sue le meravigliose idee che aveva nel nascere: università, polo industriale, strade efficienti, sviluppo conserviero e agricolo, pulizia e compostaggio dei rifiuti, soluzione ad un campo Rom dilagante ed ora capannoni e accoglienza a numerose persone in attesa di passaporto e che si fermerebbero per andarsene ed invece ne vengono trattenuti come impigliati nelle maglie del business locale. Una città con troppi cimiteri, con pompe funebri che portano due carri, uno per il morto ed uno per le corone, che ogni morto blocca una via principale per ore senza che un vigile si veda, anzi col permesso forse dei vigili stessi, ora questa stessa città inesistente chiede una nuova cattedrale. Perché?

 Ha già moltissime e bellissime chiese.

 Ha due cattedrali un santuario, conventi e prega. 

Preghiamo veramente che il Signore  illumini quest'atomo opaco del male!

 In un medioevo prossimo venturo

Ippolita luzzo

giovedì 21 gennaio 2021

Le Imperfette


Le Imperfette. 

Storie di donne nell’Inghilterra vittoriana e post vittoriana 

Traduzione: Emanuela Chiriacò

Editing: Paola Del Zoppo

Coordinamento del Progetto: Antonia Santopietro

In collaborazione con LITERARIA (Promozione culturale edivulgazione ambientale) www.literaria.it

Alla metà dell’Ottocento, in Inghilterra nascono molte riviste femminili che documentano la visione del ruolo della donna nella società. Il progetto Le Imperfette. Storie di donne nell’Inghilterra vittoriana e post vittoriana raccoglie dieci racconti, pubblicati su riviste inglesi e antologie di racconti, nell’arco di un quarantennio. 

Le autrici e gli autori (George Moore, Ella D’Arcy, George Egerton, Netta Syrett, Arthur George Morrison, George Gissing, Virginia Woolf, May Sinclair, Elinor Mordaunt, e L.Parry Truscott) ci parlano di "donne diverse per età, carattere, cultura e provenienza in procinto di sposarsi, già sposate, in fuga o in relazioni fuori dall’istituto matrimoniale." questo e altro nella prefazione di Emanuela Chiriacò. 

Fermiamoci qui "Il Cuore Fedele di George Moore

" C’era stato un periodo in cui la signora Shepherd si era resa conto della sterilità della sua vita; ma era cresciuta così, ci era abituata, e aspettava il maggiore in quella terribile poltrona, contenta di sentire i suoi passi e quasi felice quando le sedeva accanto e le raccontava cosa accadeva a «casa»"

Viverci dentro poi crea un malessere immenso, vivere nelle imperfette, leggere di questi destini straziati, sciupati. La letteratura cerca di dare voce allo sciupio, di dare coscienza e voglia di riscatto, di testimoniare l'orrore, anche quando nemmeno sembra orrore, di scrivere il tortuoso meccanismo della dipendenza affettiva, il lungo processo di una emancipazione con leggi ma anche con un nuovo modo di intendere la dignità personale. Essere donna.

Nel seguire l'ottimo lavoro delle curatrici del progetto si nota la cura e l'amore verso una letteratura civile che riesca come con un grimaldello a scardinare i pregiudizi, le forme di schiavismo, i soprusi, una letteratura che io amo proprio perché si oppone alle ingiustizie mostrandole, scritte sulla pagina. 

Consiglio la lettura di questi racconti affinché il dibattito resti sempre aperto, e non si perdano diritti già conquistati. Nel libro di Anna Vinci su Tina Anselmi, a livello politico questi temi erano trattati, e Tina raccomandava la vigilanza, affinché non si perdessero conquiste tanto dolorosamente raggiunte. Attraverso i racconti scelti noi facciamo una immersione storica sulla condizione delle donne e insieme un viaggio nella letteratura. Come dice nel saggio finale Paola Del Zoppo Tutti i racconti qui riuniti trattano di passaggi obbligati, tra cui spicca in maniera inequivocabile il rito del matrimonio, che per le donne dell’epoca, e molto spesso ancora oggi, rappresenta il rito di passaggio per eccellenza: l’accettazione dell’età adulta data dall’affidarsi alla protezione a un uomo diverso dal padre, che comporta l’agire sociale secondo alcune regole prestabilite. Qui però vediamo personaggi, maschili e femminili, che in alcuni casi non compiono il passo, ma più spesso non riescono a conciliare la visione sociale consolidata con il proprio sentire, relegandosi in esistenze votate all’infelicità o comunque all’assenza di autonomia di desiderio e aspirazioni. Se da una parte sono gli uomini sotto accusa, perché perpetrano alcuni meccanismi di conservazione dello status quo, dall’altra sono le donne, in molti testi, a vedere se stesse proiettate nella società solo tramite la padronanza della dinamica matrimoniale. Ma non mancano, in questa raccolta sapientemente composta, situazioni in cui sono le donne a scegliere una condizione diversa, e cioè proprio una condizione di “liminalità permanente”, rifiutando il passaggio."

In Litweb con stima immensa un plauso ad Emanuela, Traduttrice, a Paola, che ne ha curato l'editing, e ad Antonia per aver coordinato il progetto. A tutte le donne per tutte le donne e agli uomini di buona volontà. 

Ippolita Luzzo

mercoledì 20 gennaio 2021

Annarosa Maria Tonin L'uomo nell'ombra


Per la casa editrice Digressioni nel 2020 Annarosa Maria Tonin pubblica un racconto "Anatolia" e un saggio atipico, quasi una serie di bozzetti, "L'uomo nell'ombra"
Il raffinato racconto "Anatolia" viene ben recensito e accolto, ho appena letto la recensione di Nicola Vacca per Gli amanti dei libri,e vi invito a leggerla "A cosa serve  la letteratura se non a raccontare la vita attraverso la fitta rete dei suoi misteri?
Anatolia di Annarosa Maria Tonin è un romanzo molto particolare e tra le sue pagine il lettore troverà lo scorrere inquieto della vita attraverso diversi registri di narrazione dei quali fanno parte i personaggi.", e io invece vorrei fermarmi su "L'uomo nell'ombra" letto da me come se fossero piccoli racconti, ritratti in pittura e in parole.  

"L'uomo nell'ombra" sono quattordici dipinti, 
ritratti d'epoca, quando non esisteva lo smartphone, spiegati e raccontati con passione e competenza ma soprattutto con affetto. 
Impariamo a conoscere i grandi protagonisti della Storia, Luigi XV, la regina Enrichetta Maria, Carlo IX, Filippo II, Massimiliano I, ed insieme a loro, ai sovrani, gli imprenditori, Iseppe Da Porto , la famiglia Lange, oppure altri occasionali soggetti, il ragazzo col cane, la bevitrice di assenzio. Due opere del primo Novecento fanno da cornice iniziale e finale, e poi stiamo nel trionfo di Paolo Veronese, Francisco Goya, Sofonisba Anguissola e molti altri. 
Dovrete leggerlo per restarne ammaliati. Io sono rimasta legata al quarto dipinto, "Il conto eretico" di Paolo Veronesi, Iseppo Da Porto con il figlio Adriano, opera del 1555, circa. La tela è ora conservata alla Galleria degli Uffizi, mentre allora stava a Vicenza, nel fulgore del periodo di Palladio. 
Andrea Palladio, amico del conte da Porto, progetta il palazzo, mentre l'abbellimento delle pareti  è affidato a grandi pittori, come Paolo Veronese, anche lui amico del conte. Due tele saranno dipinte da Paolo, in una il padrone di casa con il figlio, e nell'altra la moglie Livia e la figlia Porzia, con un delizioso abito verde, chiamato proprio verde Veronese. Invidio queste splendide amicizie del conte, faccio amicizia col conte, e improvvisamente ne vedo una somiglianza perfetta con un mio amico scrittore. Potenza dell'arte, dei visi, della memoria! Sembriamo lì insieme a loro, e intanto Annarosa ci racconta il periodo storico, la condanna per eresia del conte, e insieme ci spiega i dettagli dell'opera.  
Del 1561 un altro ritratto, queasta volta di Carlo IX ci ricorda il massacro degli Ugonotti, e alla fine leggo nella bibliografia di riferimento, (a cura di Giovanni Comisso) Gli ambasciatori veneti, e tutto un lavoro accuratissimo di ricerca storica. 
Leggendo ho pensato molto a Fabrizio Coscia, anche lui raffinato saggista di opere pittoriche, e mi piacerebbe quasi vedere entrambi i due studiosi cimentarsi insieme in una conversazione. 
Sogni per ora, in tempi così difficili, ma chissà!
Intanto i miei applausi ad Annarosa Maria Tonin nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
  
Annarosa Maria Tonin è nata il 22 aprile 1969 a Vittorio Veneto (TV), dove vive. Laureata in Lettere Moderne a Cà Foscari con una tesi di storiografia dal titolo “Per una storia della corte praghese di Rodolfo II. Gli inviati veneti (1595-1609)”, ha svolto attività giornalistica e di ricerca ed è stata docente di Materie Letterarie e Storia dell’Arte. Si dedica alla scrittura narrativa e saggistica e all’organizzazione di eventi culturali legati alla promozione della lettura. Collabora con la rivista cartacea di cultura Digressioni.
Ha pubblicato le raccolte di racconti “Vento d’autunno” (2011), terza classificata al Premio Kafka Italia 2012, “Tele di ragno” (2016), “Le visitatrici” (2018) e i romanzi “Rivelazione” (2014), “La scala a chiocciola” (2015), “Il segreto di Alvise” (2017). 

mercoledì 13 gennaio 2021

Stanno smontando il mare e altri racconti di Piergiorgio Paterlini

 

"Il mare, a proposito. Qui volevo arrivare e qui volevo portarvi. Perché, finalmente, a metà ottobre, avrebbero smontato il mare. Era naturalmente l'operazione più complessa, più delicata, più laboriosa. Tutti i suoni erano già stati sbaraccati, rimanevano adesso i sapori e gli odori. Venivano smontati gli odori delle creme solari, quelli della mucillagine, e il sapore dell'acqua salata quando si mescola al sudore agli strangozzi alla piscia di migliaia di bagnanti. Infine, i colori. Bisognava smontare con particolare cura l'azzurro dell'acqua, e il verde, e il blu, e anche il marrone, e i riflessi rosso accecante del tramonto, il rosa tenue dell'alba. Fino a che il mare non fosse tornato al suo colore a riposo, il grigio, un grigio il più uniforme possibile."

"Pronto per essere rimontato, ogni volta come nuovo, ai primi di marzo o giù di lì"

Il racconto fa parte di una raccolta da domani in libreria, questo era stato già pubblicato su " La Repubblica" del 30 giugno 2015

Mi fermo su questo perché l'unica volta in cui io sono stata a Rimini era inverno ed il mare non lo ricordo. Ricordo proprio quel grigio uniforme, gli alberghi fatiscenti, nonostante sulla carta fossero tre stelle, e poi il pronto soccorso efficiente, il convegno sul romanzo delizioso. Dovrei trovare il pezzo ma non è necessario perché basterà leggere questo racconto per sentire Rimini nel cuore.

I racconti sono suddivisi in tonalità di luce e "Stanno smontando il mare" sta nel "Buio, poi troveremo in  "Oltre il buio" apocalittici eppure ragionevoli racconti sulla nostra estinzione, come pianeta, come organizzazione sociale, come individui mortali. Estinzione che ci appartiene in quanto viventi anche se "Nessuno è pronto"

Noi però facciamo la lettura inversa e da "Oltre il buio" risaliamo accendendo di volta in volta ogni racconto per raggiungere la "Mezza luce" della "Scuola serale" il bellissimo racconto sulla scuola, sul potere della letteratura che illumina, che libera, che regala la "Luce Piena" dell'amore che va e viene, nell'amicizia dei "I liceali" negli affetti padre e figlio leggendo "La Tregua"

Nulla è facile, ma tutti noi possiamo avere con noi "La borraccia" che può essere qualsiasi oggetto testimone di un momento, di un incontro, di un affetto. "Guardo con affetto la mia (la sua) borraccia, e le chiedo di proteggermi ancora, fino alla fine. è lì per questo, è stata sempre lì per questo e sono certo che lo farà" " A ricordarci la gioia irripetibile dei vent'anni. A ricordarci di ricordare"

Io non avendo avuto nulla da ricordare ho però sul tavolo una fotografia di qualche anno fa, sono ad un festival di letteratura e mi piace ricordare che tutto può avere inizio nonostante ed ora nel Regno della Litweb leggiamo libri bellissimi.


Ippolita Luzzo



lunedì 11 gennaio 2021

Essere rosso di Javier Argüello


"Raccontiamo le nostre vite - come sto facendo io adesso - con la speranza di riuscire a dargli un senso che in realtà non hanno, e releghiamo gli episodi più dolorosi in sotterranei dimenticati, sperando così di liberarci di essi. E invece li lasciamo in eredità ai nostri figli. Ciascuno di noi porta nel suo fardello i dolori non sopiti dei propri genitori"

"La storia dell'umanità è la storia degli scontri, delle umiliazioni, delle violenze, delle invasioni, degli sfruttamenti, degli stupri, delle imposizioni e delle offese che nell'insieme come specie ci siamo inflitti, e nulla cambierà finché continueremo a cercare dei colpevoli"

Essere rosso è il racconto di Javier, dei suoi genitori, di come suo padre diventerà un funzionario delle Nazioni Unite, di come incontrerà sua moglie, la mamma di Javier, al festival della gioventù comunista a Vienna. Racconta molto altro, le due diverse origini dei genitori, il caso fortuito di come il padre di Javier possa continuare gli studi, il caso fortuito di incontri e situazioni che creano la storia di un individuo. E poi il 1973, a settembre, in Cile, il golpe e le strade vuote di Santiago del Cile. Il padre di Javier cercherà di salvare i dissidenti da un regime di torture, di fucilazioni in massa, nei campi sportivi. 

Javier racconta dell'Europa, dell'Ungheria, della Russia, nel momento in cui la Lettonia, la Bielorussia e l'Ucraina sono diventati stati indipendenti. Racconta di come i movimenti storici intrecciano i destini individuali, Stalin, la guerra fredda,  e in fondo "non si trattava né di colori , né di idee ma di persone che ritenevano lecito annientare l'altro per difendere i propri interessi"  

"Il nemico si nasconde a destra e a sinistra e "Si traveste da destra e da sinistra e ha sempre lo stesso volto"

Un libro da portare nelle scuole, da far leggere agli alunni che un giorno mi chiesero come mai la storia fosse un susseguirsi di fatti orrendi. Io risposi con le parole di Javier, però poi guardandoli dissi loro che vi erano stati molti progressi, nella medicina, nel modo di vivere, conquiste sociali e che c'era sempre insieme la voglia del riscatto, della dignità umana che si fa spazio.

Il romanzo intreccia la vita di Javier ora, il suo ricordare Berlino, la caduta del muro, lo svelamento della dittatura, ma anche i limiti del capitalismo, la dittatura del consumismo. 

Il 25 novembre 1998 prima in Spagna, poi a Parigi e in Germania e infine la Commissione Giustizia della Camera dei Lord a Londra giudicano Pinochet colpevole per crimini contro l'umanità. 

"Tutti i libri hanno una storia. Non quella raccontata dalle loro pagine, ma quella del libro stesso." 

" Sono rosso" ci confessa Javier, perché "crede che la comunione degli uomini sia ancora un obiettivo. Per dignità e per bellezza. Per orgoglio. Per testardaggine e per obbligo" io credo al di là di come venga applicato un sentire, un sentire non è un applicazione di torture ma un luogo di libertà. 

La storia siamo noi, nella libertà di sentire, di essere uomini che stimano altri uomini nella molteplicità delle idee. 

Un grazie commosso del Regno della Litweb, regno inesistente e libero, a questo bel libro di Javier Argüello, tradotto con maestria da Francesco Ferrucci e un grazie alla Voland per portare in Italia autori come Argüello.

Ippolita Luzzo   


mercoledì 6 gennaio 2021

Paolo Romano Quando cavalcavo i mammut


Paolo Romano pubblica con le Scatole Parlanti due libri, il primo è "La formica sghemba", il secondo "Quando cavalcavo i mammut". 
Già i titoli, l'ultimo è tratto da una frase, in un tema di quarta elementare,  del figlio Giovanni, ci dicono come sia estroso e nello stesso affettuoso l'autore, legatissimo a figlio e genitori. 
Il tema del libro sui mammut è proprio il legame del protagonista  con il padre. Padre al quale io mi sono affezionata moltissimo.  
Leggendo alla mia maniera sghemba, di lato, dalla  fine, dal centro, verso la periferia, Luigi Giavatto, "impiegato alla terza sezione civile del Tribunale di Roma, ordinava fascicoli di giorni, intanto pensava al jazz, alla parte irrealizzata di vita nei cui confronti era più indulgente", lui quasi scompare nella lettura e da "insopportabile, malinconico, propenso a quello stato di accidia che guasta i soli anche i più luminosi, si stava antipatico". 
Il personaggio dunque è nevrotico e narciso, ed anche le situazioni che lo riguardano vengono descritte con un lessico che si adegua a lui. 
Diverso invece l'apparire del padre, malato, bisognoso di cure e con una storia che ci porta ad Ibla, a Scicli, alla Sicilia. 
Cambia il periodare, cambia il racconto e noi tutti con negli occhi il barocco di Scicli, seguiamo il papà di Luigi, conosciamo il suo maestro, Arcangelo Piazza, al quale io mi sono legata di grande affetto, maestro d'altri tempi. 
Arcangelo Piazza capisce che quel Peppino, alunno promettente, non doveva lasciare la scuola, e trova un modo per convincere il padre. Commovente e salvifico il ruolo della scuola nella vita del padre di Luigi Giavatto. 
Quando cavalcavo i mammut non è un romanzo, vi può irritare, come Luigi, e vi può commuovere come ha commosso me se anche voi vorreste conoscere il maestro Arcangelo Piazza e il suo alunno Peppino. 
Felice di aver potuto leggere nel Regno della Litweb il libro di Paolo Romano, con il mio radar curioso e attento, faccio a lui e ai suoi libri i miei migliori auguri
Ippolita Luzzo