domenica 27 settembre 2015

Sentinelle del mio cuore. Si è spento il sole

La distopia
Si è spento il sole e chi l'ha spento sei tu... gracchia ad alto volume la splendida voce di Celentano alle ore 20,30 sul corso Giovanni Nicotera. La serata degli incompresi continua in una Lamezia che vive di vita cinematografica. Rientrando vedo senatrice locale con amici vari di altro gruppo parlamentare a probabile festa di compleanno e le immagini di Caterina va in città ricompaiono sullo schermo. Sempre insieme l'alto mondo senza alcuna differenza, per le liti si lascia il popolino.
Un pomeriggio iniziato deambulante sulle sentinelle in piedi che alle 18 decidono di leggere per un' ora nella piazzetta di San Domenico, scortati da un servizio d'ordine in maglietta nera. 

Nero rigorosamente è il movimento per la vita. Un ossimoro.
Anche le sentinelle però si seccano di leggere e richiudono libricini e libri  per aspettare l'ora che passi ed una musica lieve aleggia nell'aria.
Dovrò chiedere ai ragazzi che con cuoricini sulle guance e grande bandiere arcobaleno stazionano di fronte alle dieci sentinelle se hanno messo loro la colonna sonora di una ora che non passa mai.... quasi quasi vado a sentirmi un Rosario nella chiesa adiacente.

Chissà cosa leggeranno alle 18 le sentinelle in piedi a Lamezia! A Lamezia leggiamo. Dalla sagra alle sentinelle. Leggono tutti. Leggono sempre. Lamezia gemellata con Calvino e le sue città
 Benedetto XVI "Gesù di Nazareth" legge uno
Intanto un altro legge" Lettera sulla vita contemplativa" di Guigo il Certosino. Curiosissima sono ed infatti mi piace la  riflessione sui quattro gradi spirituali: la lettura, la meditazione, la preghiera, la contemplazione: «lectio, meditatio, oratio, contemplatio».
Questa è la scala verso il paradiso, la scala dei monaci. 
veramente sarebbe la scala di tutti noi che leggiamo, meditiamo, preghiamo e contempliamo.
Non vedo però perché farlo in piedi, perché unirci una strenua difesa ad alcuni diritti che nemmeno nel Vangelo stanno.
"Perché un libro? Le sentinelle leggono perché in un mondo in cui tutto viene manipolato dai mezzi di comunicazione non si accontentano di informazioni imparziali. Leggono perché non vogliono ripetere di slogan superficiali ma conoscere in profondità." dicono sul loro sito e poi scrivono di essere  dei difensori della libertà.
Li guardo stasera, sono pochissimi, una decina, con un servizio d'ordine in nero, ed  hanno messo il libro sotto il braccio e non leggono più.
Le parole non ci servono più se non contempliamo la distonia e la distopia del momento.
Pace?

Parco Dossi Comuni. Gli occhi azzurri di Carlotta

Juan Villoro, Bolaño  e Daniel Sada, Quasi mai. Il libro selvaggio che io consiglio a Caterina per i due bambini accanto a noi sulla navetta per Parco Dossi Comuni. Siamo a Piazza Mazzini alle 10,30 e puntuale parte il conducente a cui tutti abbiamo fatto la stessa domanda: Quando ritorneremo?  per sentirci rispondere alfine: Ci metteremo d'accordo.
Sembra una favola, intanto sale Chiara e lei sa perché. I due bimbi mi confessano di amare cucinare e mi  danno una ricetta con tanta tanta nutella e poi granella. Uno di loro vuol fare lo chef in Francia, primi, secondi e voilà.
Siamo arrivati all'apertura. Al cancello dell' Orto Botanico un grande fiocco aspetta l'arrivo dell'autorità che sciolga il nodo.

Osservo  la fulva chioma a coda di cavallo di Maria Teresa, le magliette verdi con su AGEPA, associazione gestione parchi, le magliette arancio della Protezione civile e il corridoio creato per facilitare cerimonia e fotografie ai giornalisti presenti. Vedo Lina, e poi molti giornalisti, Marcello e poi i bimbi.

L'Orto Botanico mi ricorda il maresciallo della Forestale Morrone quando mi fece fare il giro in questo paradiso che, negli ultimi tempi, era abbandonato e trascurato ormai, mi dicono. Gianluca e suo amico si lanciano i birilli.

Stamani l'Orto Botanico è pulito e curato, saranno un gruppo di associazioni, sportive e non, a curarlo ed a gestirlo per dieci anni. Ci spostiamo in pineta fra la folla, alcuni li conosco altri no. Conoscere è un verbo improprio, diciamo che li ho visti invecchiare, sempre accompagnati uguali: il marito e la moglie bella, il fratello e la sorella a cui ora si aggiunge la figlia di lui, ed io penso sempre chissà perché non ci vedo mai la genitrice della bimba, il popolo insomma del tempo che non mi appartiene.
Aspetto nella folla, e poi compresa nel ruolo di cronista abusiva rimango per rispondere a Giuseppe. 
Mi presenta Alessandro, Luisa e Cesare e saliamo nella pineta.
C'è l'arrampicata, ci sono le arti marziali  di Enzo Failla, ci sono le pizze per chi vuol mangiare e c'è soprattutto Carlotta, la bimba di Alessandro, che vorrebbe vedere i giochi. 

Oggi non ci sono ma si farà area giochi Sorvolando.
Ritorniamo a casa ed io mi siedo accanto a Carlotta e annullo  nei suoi occhi azzurri, nelle sue manine e nei suoi gesti, composti e rilassati come una dama dell'ottocento. Poi alza una mano la mette fra i capelli meglio di Emily Bronte ed io annego nel libro selvaggio di Villoro con la bellissima Carlotta di Goethe.

sabato 26 settembre 2015

Dal fumo ai fumi. Delirio di onnipotenza al Parco

Sono qui che aspetto, in un pomeriggio settembrino, l'assemblea pubblica sui fumi degli zingari che da anni  ammorbano, pardon, profumano la nostra città. Ore 17,30 nessuno c'è. I nostri magnifici compaesani sono sempre felici del puzzo che si diffonde in città, sia esso a salire dal campo zingari, sia a spargersi dai tanti forni di pizzerie non in regola. Ricordo che, per anni, una puzza terribile all'ora del passeggio scendeva sul corso principale facendomi scappare ma nessuno si accorgeva. 

Così stasera pochi animeranno una assemblea sul da farsi.
Intanto arrivano a gruppi sia aderenti a questa riunione sia altre signore troppo profumate e deliziosamente vestite. Dove andranno? Entrano nella sala ma poi vanno in fondo ed io curiosa arrivo nel luogo in cui c'è un infinito potenziale in ognuno di noi. Non ci credete? Basta crederci e salveremo la nostra vita. Mi dicono così le gentili signore mostrandomi un dépliant su un corso di 10 settimane. " Ama te Stesso: puoi guarire la vita" 

Stupefatta apprendo che la scrittrice ha venduto 50 milioni di copie, e che il suo verbo come il più famoso Verbo, si è propagato per i continenti salvando ogni persona. Un metodo che ci salverà creato  da Louise Hay. Un seminario. Lascio sconfitta il gruppo, io che mi amo alla follia, che credo in me quale regina, e che mi auto-aiuto ormai dalla nascita eppure non sono stata tradotta in 30 lingue! Di sicuro non mi saprò auto-aiutare.

Torno dai fumi e stanno parlando, si passano in tanti or la parola, ed io riesco al giorno che ormai lentamente lascia spazio alla sera con una coperta di rosa nel cielo . Rosso di sera bel tempo si spera e domani andremo all'inaugurazione del Parco Dossi Comuni.

venerdì 25 settembre 2015

La lettura non é un vizio solitario

Non credo esistano vizi solitari, comunque. 
Anche quello, nell'accezione del termine, è popolato da mille fantasticherie personali aventi come interprete un altro e un'altra ancora, sempre diversi come diversa poi  sarà la  lettura e diverso il piacere.
La lettura non può essere un vizio solitario perché si nutre di consigli e di rimandi. Si parla con amico o con colleghi oppure su social, su Facebook, che poi questo vuol dire il termine, un libro a vista, e si dà il titolo di un libro e di un altro ancora. Si raccomanda che non si può perdere quell'autore e tu a tua volta parli e parli di chi a te è piaciuto. Ed il piacere aumenta.
Stamani poi in cucina mettevo a posto i vostri piego libri, il modo in cui mi arrivano a casa i vostri libri ed accarezzandoli, le buste vuote accarezzavo, mettevo Massimo  Sannelli ed il suo "Digesto"  dentro la grande busta di Daniele Semeraro "Non è adesso" e poi tutti gli altri e  Romeo Vernazza ed il suo Cenerentola che porterò con me al Tropea Leggere e scrivere per dire a tutti perché leggere è meraviglioso.  Come possedere una bacchetta e puoi dire il tuo desiderio. Il mio si è avverato. 
Parlare di libri 
cosa voglio di più?
Appunti per mia relazione di Novembre all'UNITER
Titolo: Leggere per vivere. Digesto 

Togliendo tutti gli avverbi il risultato non cambia

Mi riferisco agli avverbi di modo formati con il suffisso -mente,
che poi mente stia con bugia e non con pensiero mi è sempre parso più plausibile in  praticamente e chiaramente, ovviamente.
Passati di moda gli avverbi formati col suffisso-oni, a bocconi non piace a nessuno,
vanno alla grande insieme  alle locuzioni avverbiali. 
Mi incuriosisce molto il parlare di questi grandi conferenzieri locali e nazionali. Ricordo uno famoso che disse più avverbi -Mente che sostantivi ed a volte mi diletto a segnare quante volte dirà praticamente Tommaso mentre parla.
Solo una mia curiosità è, nulla del giudizio di cosa parlano e come ne parlano. Ho anche io i miei contrappunti.
Dico spesso... appunto.
Nei modi di porgere un discorso tutte le inutilità che potremmo eliminare ed il discorso sarebbe più leggero e comprensibile finiscono per appesantire ed invadere la mente, ecco la mente dell'ascoltatore che chiaramente ed ovviamente non ne può più di troppi praticamente 
Se solamente si sapesse parlare forse si potrebbe ascoltare.
Gentilmente e brutalmente chiedo ai conferenzieri di togliere tutti gli avverbi in .mente dal loro eloquio, tanto la loro grandezza filosoficamente si svelerà praticamente! Evidentemente.

martedì 22 settembre 2015

Il Fiato del mondo di Marcello Comitini

Di noi che doniamo una parola
in versi, in prosa, su qualche foglio scritto,
resta il piacere di avervi porto un giorno, 
un tempo ed un pensiero, quel pensiero.
Ignari di tutto il vostro mondo
vogliamo regalarvi sempre il nostro,
convinti, certissimi, che sia il nostro
quello e non altri, il mondo ed il modo 
in cui dovreste stare per pensarci un po'.

Regalo a Marcello Comitini questi miei versi scherzosi dopo lettura dei suoi versi che ho sottolineato
 Nel bosco.
" Abbiamo sempre bisogno di credere che siamo sul punto di uscire da un bosco" io poi ho cambiato, accanto, la fauna, e da corvi e gabbiani che vedrei meglio, gli uni volteggiare su burroni aperti, gli altri in riva al mare, ho abitato il bosco di cervi e cinghiali, magari sbagliando, dove stanno i cervi non stanno i cinghiali. 
" Sempre speriamo che una luce ci attragga...
senza quiete cerchiamo
con le parole nuovi sentieri
mentre inciampiamo nelle sperdute
in mezzo alla polvere" 
Faccio cerchi con cui avvolgere in un abbraccio " Allontanarmi" ed infatti io gli chiedo l'ironia dei versi, lui lo sa che leggo deformando a mio uso, affinché la lettura mi sollievi, lenisca la mia impotenza e mi allontani da un vivere che non mi piace. 
Faccio un cerchio su Orfeo@mail.org e ridendo mi ritrovo al tempo in cui vivevo di mail, bellissime mail  sconosciute,  non ho visto mai il mittente, non potevo voltarmi come Orfeo, pena la sua scomparsa.
Ma io non sono Euridice ed ho preso a far mail, a scrivere su blog e dappertutto, a parlare a parlare come se lo avessi sempre fatto.
Potenza di mille mail " Nell'ora incerta"
" Scrivo che non ti aspetto 
su questi tasti neri dove batto
con la malinconia rabbiosa di un errore."
" Il Nuovo inizio"
" Alla luce tagliente ciascun uomo ha cercato
 uno spazio un luogo un campo una casa"
nell'eleganza e nei versi raffinati di Marcello la cura e l'attenzione verso un esistere che ci riguarda tutti ma che filtrato da un singolo uomo diviene altro, un sasso.
Le sue poesie  hanno una parvenza di sorriso, nel " Capodanno delle api" senza miele perché vuoti sono i favi eppure poi ci raccomandano
 " Finite ciò che ho cominciato
di questo lungo giorno che svanisce."
" Fermi nell'attesa del commensale sconosciuto"

ed anche se sappiamo chi sia il commensale 

" Gli occhi adesso vedono con pupille intense la cecità del sole" 

Il fiato del mondo di Marcello Comitini.
La vita e l'amore, al contrario. 

lunedì 21 settembre 2015

L'Attesa di Piero Messina- a Giuseppe

"Il mio augurio non è di trovare te stesso, ma di trovare tanti altri come te. Perché senza il confronto con chi è animato dallo stesso fuoco che brucia dentro di te non potrai mai crescere"

GIUSEPPE PETITTO (1969-2015)


Giuseppe Petitto, regista, va via in una notte di settembre 2015.

Era nato l'11 Luglio 1969 a Stalettì. Uscirà a giorni Occhi chiusi,

sua ultimo lavoro cinematografico. Che lui non vedrà.


Dove sei Giuseppe? Per tutto il film, L’Attesa di Piero Messina, la domanda va, esce dal cellulare di Giuseppe stesso, come un testimone  lasciato da lui a dire agli altri dove si trovi.
Il protagonista è il cellulare tenuto in carica dalla madre, il cellulare che grida e chiede dove sei? Dove sei?
Lo chiedono la madre, la ragazza, lo chiedono gli affetti che guardano alla scomparsa increduli.
Liberamente trattato dalla novella di Pirandello “ La vita che ti diedi” leggo su Wikipedia, racconta l’attesa di una vita per dover dire no. Come la leggenda di Olaf
« -Quando era lontano io dicevo: «Se in questo momento mi pensa, io sono viva per lui».- E questo mi sosteneva, mi confortava nella mia solitudine. - Come debbo dire io ora? Debbo dire che io, io, non sono più viva per lui, poiché egli non mi può più pensare! - E voi invece volete dire che egli non è più vivo per me. Ma sì che egli è vivo per me, vivo di tutta la vita che io gli ho sempre data: la mia, la mia; non la sua che io non so! »
(Luigi Pirandello, La vita che ti diedi)
Cosa perdiamo quando perdiamo i nostri cari, sia che siano morti oppure  in vita, sia che siano altrove. Persi. Per sempre. Li ricostruiamo a modo nostro, li facciamo vivere donando ancora a loro quel che vorremmo avergli dato, quel che vorremmo che loro fossero.
Un film che occupa il nostro posto dal primo momento, dal marmo delle gambe accavallate dal chiodo, nella statua del Crocifisso,  al filo di ragnatela che pende sotto la poltrona del salotto, nella preparazione del lutto. I drappi neri sugli specchi con il chiodo battuto nel muro.
Il lettino rosa gonfiabile che vola nella corte del palazzo, gli oggetti nella colonna sonora bianca. La strada mobile, e poi arriva lei, arriva da Parigi, una rosa, la rosa di Renard. Una ragazza 

alla quale dire 

Il film finisce, lei tornerà a Parigi, riamerà, com'è giusto che sia, perché la vita lo vuole, perché ogni amore è vivo nell'espansione del tempo. Vive nell'acqua e nell'aria, ora Giuseppe, vive nei suoi film, nel mondo invisibile vivono tutti, le parole e le immagini che contano per tanti. Non tutti ma tanti sentono e sentono suonare fra gli alberi e i clacson la melodia di un'arte pura.
A chi rinasce ogni giorno l'attesa non pesa. 

domenica 20 settembre 2015

La punteggiatura del 2011

30 marzo 2011-
La punteggiatura
La virgola è un respiro, il punto la conclusione logica, l’ossigenazione che arriva al cuore, produce energia e ci fa ripartire. Chi scrive ama la punteggiatura, la usa troppo o troppo poco.
Tratti brevi, corti o lunghi, il punto e virgola, i due punti, il discorso diretto, i puntini sospensivi, a volte inconcludenti, pensieri sospesi e ammiccanti il puro niente, le parentesi.
A che servono le parentesi in una frase? segni  algebrici per soluzioni matematiche, racchiudono una pensiero composto di parole che non si sommano, né si dividono, ma che possono, così dice la grammatica, essere facilmente eliminate e il senso del discorso rimane tale e quale perché tutto quello sta nelle parentesi è incidentale.
Virgolettiamo? Ma si! Diamo alla parola un altrove. Un punto esclamativo, per esprimere sorpresa, sconcerto, meraviglia. Lo stupore di come sia possibile tutto e il suo contrario.
Il punto interrogativo poi  è una clitoride, un orgasmo reale, una domanda, un chiedere, un volere. 
Volli  volli volli fortissimamente volli -Alfieri- anche tu? 
Anche tu dovrai rispondere, tutti risponderemo almeno una volta nella vita. 
Ma no, ma perché, basta mettere un puntino sospensivo!
I puntini sono il vuoto con cui Il seduttore-uomo o donna- riempie la testa del’altro già in gabbia. L’uccello becchetta e ribecchetta ogni puntino, lo divora, felice di cibarsi ma lo stomaco rimane vuoto, il corpo rimane fiacco, il cervello si ottunde, si appesantisce. Tutti quei puntini sono una nebbia sempre più spessa, si espandono, diventano molti, moltissimi, e tutto quel nulla, tutto quel niente avvelena chi se ne ciba. Meglio un tratto, mettiamo un tratto come Emily Dickinson. Un asterisco. Una freccia che indichi la via di fuga. Sottolineiamo. Evidenziamo con pennarelli il foglio 
Chi scrive ama il foglio, pezzi di carta bianca, anonimi, da percorrere con penne colorate, fucsia, rosse, verdi.
Chi scrive ama il lessico, la forma, la struttura di una frase e adora i segni di interpunzione.
Ogni persona che scrive ha i suoi preferiti. Tomasi di Lampedusa usava le virgole. Amava la letteratura dava lezioni senza richiedere oboli,una prestazione volontaria e suppongo felice.
Felice l’uomo che possiede un modo, uno solo che lo appassioni, che lo nutra di piacevolezza.
La letteratura, la musica le arti pittoriche -i modi alti, emozionanti. Nutrono occhi, orecchie, pensiero.
Cibo e nello stesso tempo segnali di noi stessi, mentre passiamo fra gli altri.
Felice l’uomo che conosce la punteggiatura dell’anima!
La comunicazione. Un quadro, un libro, una musica. Il film di una vita fra gli altri. Punteggiata con i segni di interpunzione.


Settembre 2015
Ho ripreso questo mio pezzo del 2011 correggendo tutti gli errori. Le spaziature tutte errate. Se ci sono altri errori ditemelo. 


sabato 19 settembre 2015

SosCalabria. In loop andammo

Che cos'è un loop?Nel linguaggio informatico per loop infinito si intende un algoritmo o un frammento di codice sorgente formulato per mezzo della ripetizione di sé stesso un numero infinito di volte 
come in  musica  "il campionamento di una performance che è stato mixato in modo da ripetersi senza interruzione quando la traccia è suonata dall'inizio alla fine.
Abbiamo un loop, geghegeghe geghegè e sai cos'è? il mio saluto al geghegè.
Mostra itinerante con una petizione per salvare il patrimonio storico.artistico della Calabria, così leggiamo da Silvio Gatto, organizzatore, e che ci ha invitato  su Facebook   ed ancora
In mostra i luoghi, i video interventi di Massimo Bray, Diego Fusaro, Tomaso Montanari e una petizione per ridare dignità alla Calabria.
17:30, Piazzetta San Domenico, Lamezia Terme (CZ)
Immaginiamo in tanti la stessa cosa. Interventi video, e arriviamo fiduciosi all'appuntamento. Non siamo andati a mare, C'era Massimo Bray, non siamo andati al Parco Habitat, c'era Tomaso Montanari, non siamo andati da nessuna parte pregustando serata in difesa patrimonio. 
Io arrivo addirittura in anticipo e trovo sul luogo adibito un funerale: riconosco i familiari del morto e saluto, ok, ma la mostra dov'è?

La mostra sono delle poche fotografie incollate su qualche stela e poi dove sono Massimo e Tommaso? 
Sono in loop, mi dice Silvio Gatto e io mi guardo smarrita e lui mi indica un quadratino minuscolo da cui, nel grigio della caligine, appare Diego Fusaro, ahimè!

Intanto Domenico mi rassicura che Silvio farà strada, intanto noi ci facciamo due passi, turlupinati da un loop, intanto che il nulla invade un sabato italiano e lametino nell'aria del sabato sera 
" L'aria del sabato sera" 
l'aria del sabato sera
ritorna leggera da me
un'aria un po' disonesta
mi riempie la testa di te
avevo chiuso pero'
non saprò' dirti di no
quella follia passeggera
e un po' di maniera per te
e finirà' che tra noi
tutto ritorna com'era
aria ruffiana e leggera
del sabato sera


In loop

Soli eravamo. Fabrizio Coscia

Dal Postino di Dara al Postino delle bambole.
Dall'arte di scomparire di Pierre Zaoui alla scomparsa delle lucciole di Pasolini. Scritti corsari che abbiamo sul comodino.
Vivere con discrezione.
Da quando Francesca Tuscano ha postato il postino delle bambole, da quando Domenico Dara ha scritto chi fosse l'autore che riportava un episodio raccontato dalla compagna  di Kafka, io ho preso ad aspettare Fabrizio Coscia
Vedo intanto su You tube un filmato dove viene intervistato e nel mentre aspetto il suo libro leggo Nati due volte di Giuseppe Pontiggia. 
Incredibilmente il protagonista, un professore narrante, forse in qualche modo anche Pontiggia stesso, essendo la storia una sua storia, il protagonista, dicevo, prende il viso ed i gesti di Fabrizio Coscia, professore anche lui, e molto rassomigliante al narrante. 
Così leggo Soli eravamo con una folla in testa, la bella folla di coloro che scegliamo per amici e compagni in giorni caldissimi eppure smorti di una estate italiana senza balli.
Solo letture.
E con le letture mai soli si è, scrive Fabrizio Coscia, ricordando quel verso di Dante dove Francesca da Rimini bacia Paolo, senza alcun sospetto. Senza sospettare che la letteratura possieda un potere ipnotico che avvolge e sconvolge, che arricchisce la vita di ognuno di noi colorandola e colorando i baci di passione.
Amare leggere è piacere, io lo penso da sempre ed ora lo leggo qui a pag 208, sul perché lo scrittore scriva, come atto d'amore, per essere letto. 
Si legge, si scrive e si vuole essere letti e per provare il piacere quasi orgasmico di esser riusciti ad interessare su un argomento, un poeta, un quadro, una musica, un film, colei o colui vogliamo sedurre.
 I lettori tutti, gli alunni, un figlio. Una figlia, nel caso di Fabrizio. Una figlia a cui lui regala un libro e poi lo toglie. Lei piange e lui si ricorda la bambola persa e l'incontro con Kafka.
Incontriamo sempre noi stessi incontrando gli altri, non tutti però, gli altri che ci somigliano, gli altri che ci scegliamo. Don Giovanni di Mozart, e Robert Walser, del quale qualcuno di voi mi ha fatto leggere La passeggiata, e Flaubert che non disse mai di essere Madame Bovary.
Si sorride leggendo, una ironia lieve, quando lui, da giornalista, va a fare intervista per il ritrovamento di  Majorana ed invece deve guardare un manoscritto suppongo di nessun interesse, si sorride alla camera foderata di sughero, che da bambino avrebbe voluto per poter scrivere anche lui la Recherche, si sorride dei tanti episodi con cui lui traccia una sua autobiografia a conclusione di ogni paragrafo di biografia dei suoi amati. Arte amata.
Un libro che fa amare altri libri come solo gli autori che amano leggere riescono a fare, un libro che ama i dipinti di Vermeer, 
Un libro che è il tramite di un credo.
Il credo di Fabrizio Coscia 
Dove si potrebbe andare per essere lontani? Con Tolstoj, sicuramente. Vero?  
Ippolita Luzzo 

giovedì 17 settembre 2015

Cuori bianchi per te

Sul vestito nero, tagliato in vita e con gonna a palloncino, i piccoli cuori bianchi lasciano poco spazio ad altro pensiero che non sia il cuore che batte in quel corpo. L'anello al dito ha la forma di cuore e tutto ricorda quel lontano momento in cui l'infanzia lasciò all'adolescenza il compito di battere forte il cuore per uno.
Sulla spianata del tempio moderno, le pizzerie, si aspetta di festeggiare, come un tempo, con sacrifici umani agli dei, per avere lo sguardo benevolo, l'attenzione, l'affetto, nell'indistinto. 
Si festeggia un compleanno, oppure una consapevolezza. 
Nei riti delle compagnie vi sta questo uso della festa organizzata  senza sapere se il festeggiato o festeggiata gradiscano mai.  
Così aspettiamo, per una ora abbondante. Arriverà? Se non arriverà vado via, pensa una solitaria che ha lasciato a metà un libro sul letto, un film The Committent, e non uscendo la sera ha sonno di già.
Poi arriva lui  in compagnia di abito nero, corto,  fasciato stretto su un corpo giovane e bianco, su gambe infilate in calze snellenti per renderle affusolate. 
Sui cuori in attesa scende la sera.
Nel dubbio lui beve, poco ma beve, lei regge la sfida e l'altra sorride. 
Dalla periferia intanto la retroguardia osserva il brindisi, i gesti che dicono tutto, la superficialità con cui vogliamo un po' tutti liberarci dell'altro se questo diventa un peso per noi.
Nelle compagnie, le individualità continuano a fremere, a vivere ognuno di vita propria, ad amare ed a dispiacersi a non essere uno  la scelta dell'altro. 


lunedì 14 settembre 2015

PER AMY- ventisette anni il 14 settembre. 24 luglio 2011


G io non ti conosco, io non so chi sei, ma ora sei la persona  di riferimento, di chiacchiere, di domande, di risposte. Mi consigli, mi rimproveri, mi porti fortuna. Così mi hai detto. Perché non crederti?Non  ho mai parlato tanto di me con un uomo, non ho mai provato questo gusto di farlo, conserva tu quello che io strapperei, conserva, se vuoi, quello che scrivo anch'io perché ora molte riflessioni  nascono dalla nostra corrispondenza.
Per Amy Winehouse ho una tristezza infinita. Il successo non dà serenità- pace-non è niente.
Credimi.  In piccolo, molto piccolo,  ti racconterò gli ultimi due anni. Nel dissolvimento del mio mondo ho pensato che dire la mia sofferenza  mi avrebbe permesso di essere capita dai miei cari. Così nelle televisioni private, in qualche associazione, elegiacamente  ho intonato il canto dell’amore perduto, commentando poesie di altri poeti, parlando di Emily Dickinson, parlando parlando convinta che i miei cari avrebbero capito le mie ragioni. Sono anche venuti a sentirmi, hanno visto i giornalisti, locali eh, che mi intervistavano, le persone che mi porgevano i fiori, si congratulavano, si erano commossi  gli spettatori e loro:-Adesso ti sei specializzata, adesso puoi fare solo questo!-Capisci! Ed io che parlavo per loro! 
Ho iniziato a parlare per me ed è successo di tutto. L’invidia profonda di chi si sentiva scavalcata, le persone semplici che mi dicevano di avermi visto in televisione, che mi domandavano quando avrei fatto il libro. Ma io non voglio scrivere nessun libro, la mia casa è invasa di libri, di fogli, di agende, scrivo dappertutto. Esco e penso quello che scriverò a casa. Ti credo, quindi, perché penso che ti sia successa la stessa cosa. E’ la fase creativa. Mia sorella quando mi vede con un foglio in mano scappa, ho smesso di leggere alle amiche. Non possono capire il turbinio che abbiamo in testa, le voci, i personaggi, le storie che vogliono essere scritte. A volte scrivo come se fossi in trance! Non so neppure io  cosa racconterò. Poi ovviamente ci diamo una regolata.
Qui pubblicano tutti. A che pro? Una volta lessi un libricino piccolo piccolo, della Sperling forse, la storia di una donna di una piccola città   che faceva conferenze, veniva premiata con qualche premio letterario. Pensai:- Che squallore una vita così!-
Ho cercato a lungo quel libricino, scritto da un ragazzo molto bravo ma non l’ho trovato, giù dove deposito riviste, libri, quaderni.
 Ho cercato - Frammenti di un discorso amoroso- lo sapevo a memoria- dove lo avrò messo?
Amy, già a sedici anni scriveva le sue canzoni, Amy le ha cantate al mondo intero, Amy era infelice, nonostante tutto  non aveva niente.
Hai ragione, abbiamo creato dei mostri, ma non sono gli oggetti  i responsabili, siamo noi  con il nostro uso distorto a creare infelicità e malessere.
 Povera Amy, poveri pazzi, in un momento storico che ha tutto tranne il rispetto  dei sentimenti.

 Amy è nata il 14, io il 13  settembre
Cosa vuoi che mi interessi   quando la corrispondenza finirà e tu potresti diventare famoso?
Certo ti auguro di veder realizzato il tuo sogno, ma per me  il momento più importante è questo, quello del creare. Dopo, vedrai, dirai-Tutto Qui?- 
Dopo la soddisfazione di avercela fatta sentirai come me, come  Amy, la profonda sensazione di essere estraneo a quel che ti circonda.

Perché siamo fatti così, siamo in tanti così, ma va bene così.

domenica 13 settembre 2015

Il centro del mondo è Catanzaro. Mostra di Amendola al Marca


Piero Mascitti, curatore della mostra e  che precedentemente  ha lavorato con Mimmo Rotella, così presenta al Marca ieri sera l’esposizione di 22 ritratti fotografici fatti da Aurelio Amendola ad Andy Warhol nella sua Factory a New York in  periodi diversi, nel 1977 e nel 1986.
 Dal Marca di Catanzaro la Mostra andrà a Torino, a Londra, ad Hong Kong  
Veramente orgogliosa io di esserci e poter prendere appunti dal Ponte verso il mondo.
Dalla terrazza dove ci troviamo, una terrazza sul mondo, campeggia il ponte di Catanzaro e davanti a me gli intellettuali in semicerchio, offrono lo sguardo propositivo sull’arte e sulla bellezza che attraverserà il mondo partendo da qui.
Chiara Busso, storica del costume e per la prima volta a Catanzaro, viene chiamata a fare un intervento e racconta come riuscì a convincere Andy ad esporre suoi reperti…lei usa propria la parola reperto,  nel museo, luogo delle muse, dell’arte, e non immobile contenitore di applaudite bellezze.
Alan Jones, che ha curato i testi del catalogo edito da Silvana, ci parla del curioso legame di De Chirico e Amendola, tra De Chirico ed Andy Warhol dell’enigma e della metafisica, del volto umano nella fotografia,  un enigma in esplorazione.
Avrò perso altri fogli ed altri appunti nel tragitto dal ponte al taglio del nastro ed infatti Silvia mi restituisce qualche foglio, ma resta con me la felicità di entrare nelle sale e vedere Andy.
Nella sala d’ingresso vi  sono gli scatti del 1986 gli ultimi, mentre  nelle sale in fondo gli scatti del ‘77 e noi iniziamo da lì da Andy giovane e guardo il pubblico. 
Rifletto molto su cosa sia  riconoscere e conoscere, su cosa sia la parola e l’azione “ accorgersi”.
Una volta un medico, in ospedale, ebbe un infarto davanti a me a mia cugina  e alle infermiere, e mentre io blateravo che lui stava male e di soccorrerlo, mia cugina insisteva a voler sapere come stesse sua madre e le infermiere badavano a guardare le cartelle. Logicamente poi si accorsero perché il medico scivolò a terra.
Così guardo tutta questa bella gente e mi domando se si accorge oppure no, se si accorge di quanto si possa soffrire, di quanto sia sofferente Andy negli scatti della sala del 1987 e di quanto sia diverso e quasi divertito negli scatti del “77, quasi come recitasse, anzi sicuramente recitava.
Ci accorgiamo delle cose? Ecco che in un altro luogo del Marca viene proiettato un documentario sulla vita di Aurelio Amendola. Prendo appunti sulla cartella bianca e lucida e spariscono gli scritti.
Quello che mi rimane è l’allegria della serata, i molti amici incontrati, l’umanità e la simpatia di Aurelio Amendola che mi fa una fotografia vicino ad Andy, mi dà sua mail e vedo Diego Dolcini che chiede anche lui una foto al Maestro Amendola.
Aurelio Amendola ha fotografato Burri mentre nel fuoco modella il futuro, ha fotografato De Chirico in gondola metafisica e reale, ha fotografato Michelangelo e la sua Aurora, ha fotografato il Davide e me. ahah.
 “Lui sa quello che sta facendo perché è quello che fa anche lui” da una frase del documentario. Lui, Aurelio, sa cosa ha fatto Michelangelo e conosce  ogni sfumatura dell’Aurora e carezza l’Aurora con la stessa stupita delicatezza e purezza con cui iniziò da bambino a carezzare le pellicole  da lavare nello studio di un fotografo del suo paese.
Ogni paese può diventare il centro del mondo se ci si  accorge di vivere. 

venerdì 11 settembre 2015

Alla Ubik c'è Carmine Torchia che suona

-Finisci di sputacchiare. Per le 18,10 passo dal cancello. Si va da Carmine.- Più o meno questo mi scrive ieri pomeriggio  Salvo ed io obbedisco. C'è Carmine alla Ubik. Faccio in tempo a tornare da Catanzaro Lido e riparto per Catanzaro Lido per due volte oggi. C'è Carmine Torchia che presenta il suo terzo album alla Ubik.
-Sai cosa vuol dire Ubik?- sempre Salvo, ed io, certo, una catena di librerie,  ubik deriva dal latino ubique che significa “ovunque”.
No, mi fa lui, Ubik è  « Io sono Ubik. Prima che l'universo fosse, io ero. Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi che esse abitano; io le muovo nel luogo che più mi aggrada. Vanno dove dico io, fanno ciò che io comando. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Mi chiamo Ubik, ma non è il mio nome. Io sono e sarò in eterno »
(Philip Dick, Ubik) Ah ecco! Ora tutto chiaro è. Merci Beaucoup.

Nunzio Belcaro, animatore ed ideatore della Ubik di Catanzaro ora presenta Carmine. "Un Mattoncino di complessità in più, questo fa Carmine, dandoci dei dettami che sono evocativi e poetici, con dimensione universale, inseriti in un percorso musicale, una alchimia di musica suoni e parole. Alchimia che dà la gioia."
Affetti- con note a margine
Questo il titolo del nuovo Cd di Carmine Torchia

Daniela Rabia inizia il suo canto pro Carmine, felice e luminosa, di un amore limpido. " Carmine è un pittore e sulle tracce di De Chirico fa un viaggio per le piazze d'Italia, Sotto Questo Cielo, e poi Bene, ed ora Affetti- con note a margine.
Canzoni d'autore, lettere a destinatari mai spedite."
 Il filo conduttore di Carmine  è il cielo, sta dicendo Daniela,  dall'Astronomo al cielo di Sersale a quello di Milano, dalla Sfera, progetto dedicato a Lorenzo Calogero che scrisse:

Lettere d’amore

Mandai lettere d’amore
ai cieli, ai venti, ai mari,
a tutte le dilagate
forme dell’universo.
Essi mi risposero
in una rugiadosa
lentezza d’amore
per cui riposai
su le arse cime frastagliate loro
come su una selva di vento.
-
Mi nacque un figlio dell’oceano


Carmine, quasi intimidito da tanta passione risponde a Daniela  di essere sempre un boscaiolo di Sersale!

Un boscaiolo con una legge morale in cui crede, e un mondo governato dalla poesia come fede. L'amore è un atto politico, ci canta. L'amore è libertà, e la libertà è il sorriso con cui la sera si addormenta. 
Col garofano e la spada, lui si sente un Don Chisciotte, alla maniera di Rafael Alberti. Carmine combatte con la chitarra.
Daniela ora ricorda Giuseppe Petitto, suo amico, andato nel cielo, da pochi giorni, a girare quel film che uscirà  su schermi immensi, sulle nuvole, nella galassia e nel piccolo nostro mondo degli affetti.  Affetti per noi che crediamo Giuseppe presente ieri sera alla Ubik come lo era al Marina Blu l'altra sera.
Suonano le note di Carmine Torchia, Daniela porge i testi, li intreccia e legge oltre i titoli dei singoli brani, 14, di cui è composto il CD." Dire le cose nostre e le cose altrui con timida luce e poi tornare indietro per ridircele.
Il salmo che viene per te.
La Luce di Ubik


giovedì 10 settembre 2015

Finiva così

Il romanzo  non scritto
Un nuovo commento sulle pagine della Recherche 
Alla ricerca di Proust

Già mi manca  2 novembre 2011         

Mi mancherà moltissimo questo gioco del lento svelare, mi mancherà moltissimo questo tuo leggere quel che io ti scrivevo, mi mancherà moltissimo non poter più sedermi  davanti ad uno schermo e parlare convinta che un altro non solo mi legge ma capisce anche e che mi risponde.
E’ stata questa la vera magia che tu hai inventato ed io ho realizzato, è stato questo il vero confronto fra due anime inquiete, fra due anime stanche del quotidiano, dell’usuale.
Non c’è stato altro, non avrebbe senso, quello che noi abbiamo creato va aldilà del gioco di tutti, banale, scontato e ripetitivo  fra un uomo e una donna,  fra due persone normali.
I rimandi  e le citazioni non erano a caso ma frutto solo di un nostro sentire, quel desiderio ancora non spento di vincere il mondo con la fantasia.
In un mondo alienato, in un mondo che va, abbiamo tentato una rotta diversa, quella dei libri, dei film, della filosofia, convinti che noi ce la faremo, potremo salvarci, forse chissà, quale sarà il nostro domani?
Il compito è arduo, tu l’hai preso d’impegno, d'altronde, mi hai detto, hai risolto casi più gravi!
Anche il mio di compito era molto arduo ma io sono insistente e troppo curiosa.
Ed adesso che andiamo felici in un mare che sembra calmo, che ci lascia nuotare, tentiamo convinti di parlare ancora, col grande languore del momento felice della prima mail  del primo contatto.

E’ vero è tutto così difficile, ci sono sicuro delle difficoltà, ma il mondo che noi abbiamo visto era lo stesso, solo che tu lo hai frequentato ed io l’ho solo letto.

mercoledì 9 settembre 2015

Immaginare è sopravvivere


Il romanzo che non ho scritto

Sei andato via                               16 ottobre 2011
Mi volto e guardo il posto accanto a me, in macchina, perfettamente vuoto.
Comincio a raccontarti un  pensiero, un fatto e tu non ci sei.
Ti faccio la linguaccia nella speranza che tu mi spinga, mi sorrida, ma sento che sei andato via.
Meglio così, diresti tu, meglio così, dico anche io.
Era solo suggestione, pericolosa, mi dici tu, parlare con te come se tu fossi accanto, parlarti, scherzare, chiederti consiglio su ogni cosa, e mentre parlavo con uomini e donne, girarmi e vederti seduto di lato, nel mentre sorridi oppure fai segno di stare zitta, di non parlare, di aspettare.
Ma cosa è stato non so definirlo, tu dici il virtuale, mi dici che a tutti succede così, prendono per vero un sogno, un legame.
Ma io, lo sai, non ho mai sognato, io vivo di già  al di là del reale, non ho mai pensato se c’eri o non c’eri, per me  eri solo la possibilità di un vero reale parlare e parlare con un essere umano, vivente, non letterario, un uomo  diverso dai tanti avvocati, ingegneri, architetti che vedo ogni giorno  per necessità.
Avrei mai parlato ad un collega quaggiù?
Io penso di no, non l’ho fatto mai, per me gli uomini, i miei colleghi, alcuni erano  squallidi, senza  spessore, altri erano uomini grigi e spenti oppure boriosi e prepotenti.
Ad uno di questi io feci una nota, sul registro di classe, proprio come un alunno.
Lui urlò per un po’, disse che ero una pazza, che mai nessuno si era permesso, che io non potevo, ma poi i colleghi  ne furono felici, l’avevo  punito per tutti  e lui capì ed ora, dopo tanti anni, quando mi incontra mi saluta quasi con un inchino, è diventato un racconto, una leggenda, nella sua storia, nella mia storia.
Ad un altro scrissi una lettera di rimprovero, non ne potevo più, i ragazzi mi venivano dalla palestra sudati, bagnati, lo scrissi, dopo aver tanto parlato.
Ma poi sono buona, sono affettuosa e gli stessi colleghi, ai quali a volte urlavo gli orrori che loro facevano, che facevo anch'io, capivano e stavano zitti.
Mi apprezzavano, io ero diversa, arrivavo la prima, prima degli stessi bidelli, con libri, quaderni, fogli, giornali, cadevano i fogli e loro, mentre salivo in  classe, mi raggiungevano, mi porgevano  frasi, parole, pensieri che avevo lasciato  volare sulle scale.
Poi questo anno sei arrivato tu, uno scrittore, un uomo velato, un uomo fissato, peggio di me.
Ho sempre pensato, ma guarda che scrive! ed ho preso a scrivere, a scrivere, senza strappare, su  Paolo e Diana, i tuoi personaggi,  e sul loro viaggio a  Taormina.
E quando  a maggio ho ripreso a scrivere, volevo sapere se avevi finito un racconto iniziato, e quando a maggio  ho detto vediamo chi c’è aldilà del muro, dello schermo piatto, non mi sono delusa, perché lo sapevo, io lo sapevo che quel che era strano  non era il virtuale ma l’essere umano che pian piano svelavo.
Ho fatto di tutto, ho pensato di tutto, di tutto di più, ho trascorso un’estate in un romanzo, in tanti romanzi, ed ora, lo vedi? vado ad un convegno, proprio sul romanzo. Lo vedi?
Tutto ha un senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se non ci interessa.
Ed anche se ora sei andato via, e per casa non posso più offrirti un caffè, posso però completare un romanzo, curare le bozze, leggere gli scritti che mi manderai, curare davvero una biografia, che per quanto riguarda noi soli, inevitabilmente riguarda noi tutti, prodotti di un 'epoca inquieta, indecente, di un'epoca stanca e in disfacimento.
Ma  quel che ci dà il rispetto e l’orgoglio del nostro  vissuto  è quel sentirsi diversi, diversi davvero, da un semplice atto  di sopravvivenza.


lunedì 7 settembre 2015

Francesco Muzzopappa. L'occhio verde del rapinatore

Rido, quando ti leggo rido. Letteratura umoristica. Olè
Questo sarebbe l'occhio verde del rapinatore e non sveliamo altro per non sciupare effetto risata. 
Felice di aver letto "Affari di Famiglia" ed aspettando " Una posizione scomoda" trovo i personaggi del racconto molto simpatici e quel tanto che basti loro per saltare dalla pagina scritta, prendere vita, sedersi al mio tavolo e aver vita propria in un inseguirsi di colpi di scena e di cambi di situazioni. Sono pur sempre Affari Di Famiglia quegli intrecci e Francesco Muzzopappa li intreccia con ironia. Lettura quindi che vi farà sorridere. Unico neo, forse, che nel rutilante susseguirsi degli intrecci e dei colpi di scena a volte vi siano dispersioni e ci si allontana un po' dal tema conduttore, ma l'autore poi facilmente riacciuffa la scena e bacchetta i personaggi riportandoli a casa. A casa, A casa, dove tutte le famiglie felici si somigliano, a casa , a casa, si torna sempre a casa, dice Novalis e con lui, ridendo anche Muzzopappa riconcilia gli affetti sperduti alla ricerca della pietra verde, che qui è un diamante.
Per far assaggiare il testo metto due passaggi:
Affari di famiglia              simpaticissimi sono i dialoghi della Contessa con il maggiordomo poeta. Lei cerca di dissuaderlo dal poetare.


“Orlando, detto tra noi, ma perché non cerchi un
altro svago? Non ti piacciono i cruciverba? Le sciarade?
Guarda che in giro ci sono dei rebus fenomenali.
Mi spiace la prenda così.
Non potrei prenderla diversamente.
Posso assicurarle, signora, che rispetto all'ultima
volta il mio stile è nettamente migliorato.
Mi spiace ricordartelo, ma l’ultima volta lo stile
non c’era.
Non amerebbe ascoltarne anche solo un breve accenno?
Credo proprio non sia il caso.
Nemmeno un assaggio?
Quale termine della frase «credo proprio non sia
il caso» ti è sfuggito?
Ho capito, signora. Non insisto. Mi ritirerò in camera.
Intendo partecipare a un concorso di poesia indetto
dall’ANAS.
Quella delle strade?
Associazione Nazionale Amanti della Scrittura.
Lo guardo, alzo il bicchiere alla sua e trangugio
l’ultimo sorso di vermouth.”

Questo è invece il divertente ritratto che sempre la contessa fa delle aspirazioni universitarie del suo unico figlio.

Seguì un fugace interesse per le Scienze Biologiche,
una breve parentesi in cui si convinse di essere
un ottimo scultore, per poi tornare sui suoi passi e
scegliere di iscriversi ad Architettura.
C’è da dire che io ho sempre avuto stima degli architetti,
lavoratori instancabili che cercano continuamente
di sfidare leggi della fisica o, nel caso di qualcuno,
del buongusto.
All'inizio, quando volle parlarmi di questa nuova
passione, rimasi scettica e lo fissai con occhio sospetto,
ma riflettendoci un paio di giorni mi resi conto
che l’idea non era poi così insensata.
Da piccolo infatti Emanuele aveva una grande familiarità
con i mattoncini Lego. Certo, c’è anche da
dire che per quanto ci si mettesse, mio figlio è sempre
stato uno di quei bambini incapaci di costruire qualcosa
e al contempo infallibili nel distruggerla.
Considerata però la fortuna che un architetto come
Frank O. Gehry ha costruito progettando”


sabato 5 settembre 2015

Lamezia brucia. Olè. Serata spagnola al Chiostro di San Domenico.

La serata inizia alle 21 ma io salgo in centro già alle 18,30. Grandi nuvoloni si alzano dal campo zingari, via Aldo Moro e via Salvatore Miceli sono avvolti da un puzzo irrespirabile. Ritorno ora a casa, dopo aver trascorso ore in Spagna, suonata magnificamente da due chitarristi e recitata dai gesti da mimo francese della poetessa  Annalisa Insardà, e casa mia è avvelenata dai fumi tossici ed ancora tutta via Salvatore Miceli e via dei Bizantini, a scendere, rimangono  stordite dal meraviglioso fumo che, ogni giorno, da più di venti anni, si innalza placido nel cielo.
I tumori nel lametino sono molto pochi, nessuno si è mai ammalato, quindi il fumo, ben tollerato, è solo questione di gusto. 
Nel chiostro però il puzzo non c'era. Aleggiava una leggerissima brezza che mitigava il caldo afoso di una giornata con molta umidità, ed il pubblico accorreva festoso, come in tutte le altre iniziative,  che da più di dieci anni, Raffaele Gaetano organizza. 
Ogni sedia veniva occupata e moltissimi gli spettatori in piedi ed ancora moltissimi altri fuori, assiepati, desiderosi di partecipare.  Ai primi posti seggono le autorità. Inizia la serata con il saluto del sindaco che,  come me, è un fervente sostenitore del Sabato del Villaggio.  Io addirittura, in anni passati, diedi poteri taumaturgici a lezioni di grandi filosofi venuti al teatro Umberto, allora.  Quindi capisco il sindaco. Battiamo le mani. Raffaele impeccabile inizia:    " Cartellone che esula... impregnato di cultura. Qui, nel Chiostro,  la meditazione di Tommaso Campanella sulla Metafisica di Aristotele, e spulciando testi storici qui lo stesso Campanella ordì una congiura verso gli spagnoli." Continua presentando il duo, veramente molto bravo,  che non ho annotato ma farò e poi la serata inizia con testi amorosi. Siamo tutti con gli amorosi sensi. La Spagna è una rosa rossa fra i capelli. La Spagna sono le ragazze vestite di rose, la Spagna è il famoso Ciclone, film di Pieraccioni, nella mia testa. Così, davanti al potere di Raffaele che ci regala la Spagna stasera, io è a lui che chiedo, "con tutto l'amore che posso" altro stupendo verso poetico, di rendersi promotore della cessazione dei fumi che avvelenandoci ci distraggono dalla bellezza. L'amore è anche respirare, poter respirare. Muoio così, moriamo così, senza respiro e cosa può fare l'amore? Può tutto.
   Dal giornale il tema della serata  "l’amore per un popolo passionale e ricco di tradizioni… Ora declinato attraverso la voce intensa e vi-brante dell’attrice Annalisa Insardà alle prese con gli immortali versi di Federico García Lor-ca, Pedro Salinas e Juan Ramón Jiménez, ora dai magici virtuosismi chitarristici del duo  di Nunzio Cambareri, ora dall'elegante danza dei ballerini del Dream Ballet"
                                                            Ippolita Luzzo

Il sale di Salgado sala poco, lo sai

"Il sale della terra" 4 settembre  a Lamezia Terme per  Lamezia Summertime 2015 Cinema e cinema. Rassegna che, nel cortile dell'Edificio Scolastico " Maggiore Perri", presenterà, come ciclo conclusivo all'aperto, "Birdman", grande film, premio Oscar al miglior film 2015. Io avevo già scritto i miei applausi e poi   entusiastica adesione ai giurati. Ottima la scelta  della  rassegna che  continuerà ad ottobre nel Teatro Grandinetti.  

Il sale della terra è un film su Salgado, con regia  e sceneggiatura comune  di Wenders e del figlio di Salgado. 
Salgado che racconta Salgado e troppo sale non si può assaggiare.
Il film vale per quello che è, una raccolta di fotografie, esteticamente perfette e fin troppo perfette, di una carriera lunga e ricca di viaggi e suggestioni. Immagini in bianco e nero che testimoniano visita del fotografo in luoghi di dolore. Lui c'era, dunque. Infatti nel film il testo recita pressapoco così. Io c'ero nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, io c'ero quando bruciavano i pozzi del Kuwait, io c'ero nel Ruanda e c'ero in Thailandia. Lui c'era e fotografava perfette e composte donne con polso piegato e scialle stirato. Lui c'era. Sorretto da un testo fasullo e agiografico,  nel film scorrono le immagini che dovrebbero emozionarvi. Non vi emozionate con Sarajevo?  Non sentite che siamo tutti cattivi come gli Hutu e i Tutsi? Com'è cattivo l'uomo! eppure il mondo è bello, bellissimo e via dunque nel finale rutilante una natura bellissima, le pose plastiche del mare, dei pinguini che si tuffano dall'iceberg e dei trichechi che ballano in gruppo uscendo dal mare come fotomodelle. 
Non vi basta? Allora vi regalo la nuova foresta vergine amazzonica, piantata da casa, piantina per piantina, milioni di piantine e quando loro cresceranno, sono già cresciute! l'acqua tornerà, perché la vita è ciclica e si ritorna sempre all'infanzia. L'infanzia dell'umanità. Unico pensiero condivisibile davanti a tutto un testo che mi ha fatto girare e rigirare sulla sedia per l'enorme vuoto di una rappresentazione finta. Il viso di Salgado come novello guru appariva dentro lo schermo nero a darci la buona novella del suo pensiero, quale che sia io non l'ho capito, infatti nessuno lo ha trucidato sui luoghi di guerra come Rémi Ochlik, morto in Siria nel 2012 per documentare, lui sì, gli orrori in corso. 

In ricordo commosso dei tanti fotografi di guerra che si sono spesi a denunziare davvero gli orrori,  io ho invece visto Salgado, il fotografo buono per buoni e cattivi, anzi buono per fotografare belle stampe da salotti internazionali, per la buona coscienza di Wim Wenders e compagnia. 
Con  troppo sale il cibo immangiabile è