mercoledì 7 ottobre 2020

Una libertà vertiginosa: Filippo La Porta al Fare Critica Festival

Incontro con Filippo La Porta sul fare il critico, sul fare critica, e lui inizia con "I dolori del giovane critico", su ciò che affligge chi si appresta a fare il critico. 

Ci racconta come lui sia diventato critico per caso, in effetti all'università studiava storia, poi per caso ha iniziato a scrivere recensioni e non ha più smesso. 

"Mio padre fa il critico" diceva ai compagni il figlio alla scuola elementare. Il critico che non critica, cioè non la persona che trova su ogni cosa da ridire, non chi sta a criticare, a volte disprezzare ogni cosa, no, spiega, a noi e al figlio, Filippo questa sera, la parola critica deriva dal greco e vuol dire valutazione, saper discernere, fare un ritratto. 

Il critico è in effetti un ritrattista, fa un ritratto verosimile e immaginativo dell'autore e nello stesso tempo fa un autoritratto, scoprendo tratti della sua stessa personalità messa in relazione con quella dello scrittore o regista o artista di cui sta scrivendo. 

Il critico può parlare di tutto, avere una libertà vertiginosa durante la trattazione di un romanzo o di un film, un critico può parlare di amore, di pace, di famiglia, dire le sue idee sul mondo e sulle cose, raccontare, di sfuggita quasi, dettagli della sua vita. Si instaura un rapporto di fiducia fra chi scrive e ciò che è stato scritto, fra il critico e l'autore, fra il critico e i lettori. 

"La critica mi ha regalato un pubblico" ci racconta Filippo La Porta, evidenziando lo spirito di servizio che un critico deve ottemperare: dare informazioni sul testo, sulla trama, scegliere un passo evocativo dello stile dell'autore, e fare un giudizio argomentato. 

"Un giudizio è come un epigramma", ci regala Filippo questa bella bellissima immagine del giudizio che mi riporta a Kant, alla sua Critica del Giudizio.

Ora sul web tutti pensano di poter dare giudizi, in realtà sono solo opinioni, il web è come una pagella cosmica priva però molto spesso di giudizi argomentativi. "Perché questa cosa non mi piace?" non si può rispondere solo "Perché lo dico io" ma saper  fare come un buon avvocato. Preparare un'arringa con gli argomenti a favore o contro la tesi che si sta dibattendo in aula. 

Con Kafka "Un libro deve essere un'ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi" Filippo La Porta ci riporta al compito della letteratura,  sorprenderci, darci la meraviglia, di cui parla Aristotele, nel libro Primo della Metafisica ed il terreno del critico è quello della persuasione


Ci presenta il suo nuovo saggio, uscito a marzo nel 2020, "Alla mia patria ovunque essa sia" raccomandandoci di avere affetto per la patria, benché qui in Italia la parola era purtroppo stata per troppo tempo patrimonio di una ideologia di violenza e sopraffazione. 

La patria non può essere un arroccamento sui confini, un muro contro le altre patrie, ma patria è soprattutto una lingua comune che unisce.

 La nostra lingua è caratterizzata, come dice un poeta russo, dalla rima, una lingua musicale dove tutto rima con tutto, e la patria è di chi ne ascolta il suono, di chi si lascia cullare dalla melodia. Siamo unici e diversi, nella riflessione che questi tempi globalizzati ed esclusivi ci impongono bisogna ritrovare e rispettare lingua e patrimonio, arte e letteratura, nuovo e antico, il diverso e il simile. 

Riflessioni di un critico, ma sono riflessioni di noi tutti, se vogliamo con Socrate e Trasimaco avere opportunità di dialogo sulla verità e sulla giustizia. 

In un mondo disordinato la scrittura forse può dare un ordine, una forma, almeno è ciò che ci spinge sui tasti a scriverne ancora, quella bella opportunità di poter dire "Ho ascoltato, io c'ero, e ora ve lo racconto" 

Un grande ringraziamento a Filippo La Porta al Fare Critica Festival e nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo    

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