venerdì 23 giugno 2017

Il veleno chiamato Lamezia

Respiro veleno.
Ho dimenticato di chiudere gli infissi della camera da letto ieri sera e l'aria avvelenata dai fumi del Campo Rom riposa sul comodino, sul cuscino. Impossibile dormire qui, in camera.
Scendo giù e mi addormento sul divano del soggiorno, avevo per fortuna ben chiuso i balconi al primo piano prima di uscire e mi addormento fra giornali e fogli nella tristezza assoluta di vivere in un luogo avvelenato. 
Avvelenato senza scampo di salvezza. 
Avvelenato in ogni particella vivente, avvelenato nell'aria, nell'acqua, nella terra, nel fuoco. Fuoco avvelenato, terra avvelenata, acqua avvelenata, aria avvelenata. 
Avvelenato in ogni più infinitesimale forma di pensiero corporeo e incorporeo, avvelenato nella carne e nello spirito, avvelenato nel respiro. 
La puzza vivente del veleno si deposita sui polmoni, sulla pelle, nel sangue, nei pensieri.
Una puzza pesante, immobile, gigante.
Ha un corpo questo veleno, una testa e tante braccia.
Mi risveglio al mattino soleggiato e nel verde del nuovo giorno, per un attimo senza puzza, vado a seppellire mio padre, un uomo fortunato. 
Ippolita Luzzo    

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