Fra Africo eBianco, la favola racconta Anime nere
Ho
applaudito felice quando il padre di Leo
ha puntato la pistola, sparato il fratello e poi tutti i responsabili della morte del figlio. Sollevata e giuliva avrei voluto parlarne ma
non sapevo con chi.
Avrei voluto
dire che quando la moglie:- Posa la pistola- esorta verso il marito, il film
finisce ed entriamo nella realtà.
Dopo il racconto, il fabuloso mondo da tragedia greca si era dissolto con il deus ex machina di due o tre colpi di pistola.
Dopo il racconto, il fabuloso mondo da tragedia greca si era dissolto con il deus ex machina di due o tre colpi di pistola.
Anime nere.
Una favola nera. Una tragedia individuale.
Non è un
film denuncia. Un racconto. Da un romanzo.
Alcune volte
succede che indicibile realtà abbiano bisogno di capovolgimento letterario, si abbia necessità di ricorrere a
strumenti insoliti per narrare quelle anime, quei silenzi inespressi forieri di
tragedie vere.
E’ nell’aria,
si sente che tutto si svolge e nell’aria andrà via.
Così come il
postino, personaggio di un altro libro su un paese della Calabria," Breve Trattato sulle Coincidenze" di Domenico Dara scrive di una
Girifalco all’epoca dello sbarco sulla luna, una Girifalco fra il sonno e la
veglia, panni appesi e lettere artatamente trascritte e rispedite per reificare
il corso di avvenimenti, così, nel libro e nel film dello scrittore Criaco e del regista Munzi, il padre di Leo, Luciano, primogenito appartenente ad una numerosa
famiglia di Africo, già segnato dall’uccisione
lontana di suo padre, riscrive storie di un sud fatto di silenzi.
Un sud
magnificamente fotografato, Aspromonte percorso nelle sue curve e mulattiere,
le case non finite, lo squallore e le bestie scannate e mangiate senza
aspettare che vada via la cadaverina, che si frollino le carni, mangiate ancora
vive. Fumanti di vita, di sangue, uccise e squartate, sgozzate e divorate con
crudele fame, divorando insieme ogni
possibile e probabile bellezza.
Tutto deve
essere brutto nel regno della bruttezza, della malavita, si chiama proprio
così, e chi ne vuole scappare può andare via solo nell’onirico, nella
mescalina, nella rinuncia a farne parte, con bontà.
La bontà
dell’uomo che cura le bestie e le accarezza contro la violenza del coltello che
tronca il giugulare e fa zampillare il sangue.
Dal sangue
del sud, e questo è un sangue universale,
il conflitto all’interno di tutte le famiglie, l’odio e le differenze in una
saga, dal sangue la parca recide il filo ed il destino si compie. Resta lo
sguardo di Luciano, che interpretato da un attore bravissimo, Fabrizio Ferracane, ci rimanda nel
riscatto che attendiamo da millenni, dal dì che tutto ebbe inizio. Resta uno scarto fra realtà e racconto che non riguarda una regione, un paese, un gruppo. La sottile linea al di là dello sguardo, degli occhi velati di pianto, di una bontà costretta alla violenza con una volontà mai abbandonata di esser diversi.
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