Gennaio 2019 con un libro carissimo in arrivo. Quasi un fratello, così lo sento al primo sfogliare.
“Ricucio la trama sfibrata/ e nascondo la cicatrice/ In un mondo che si trasforma/ mi trasformo anch’io”
Ogni pensiero, ogni pezzo, ogni quadro di questo libro mi appartiene a cominciare da "Camere di vita quotidiana", i nonni, l’infanzia, l’amore come “illusione benefica di immortalità” dalla etimologia stessa della parola.
Stranissimo incastro con altra mia etimogia. Francesco cita “A-mors” amore, toglimento di morte ed io “A-moveo” muovere verso” non più la a privativa ma l’andare incontro.
Anche questo libro è fatto di pezzi e ogni pezzo contiene il tutto, come la logica dell’ologramma. Ogni pezzo ha in sé rimozione e ricomposizione del tempo, degli incontri, ed insieme, per mano, io e Francesco passeggiamo nei boschi narrativi mostrandoci il Liceo Classico in un vecchio convento carmelitano, la facoltà di filosofia, il binario 20 bis “la metafora più compiuta del Molise. Dal Molise, suo luogo di nascita, Venafro, a Roma, ora in pullman leggendo un romanzo e chiacchierando con un occasionale ragazzo biondo esilissimo dagli occhi cristallini. Stazione Termini, ed è la nostra stazione nel biglietto scritto di getto lasciando “Roma alle spalle sul primo treno regionale”ed ora “(Mal)destri: il ricordo di Tangentopoli, di una politica mediatica, fenomeno di Bagaglino. Crescere intanto e osservare posticci immagini di escort al servizio di ciò che era ideologia e speranza. Non esiste una destra liberale e il telegiornale è la fabbrica della paura. Una delle fabbriche. Troveremo conforto in Spinoza? Ci diciamo io e Francesco mano in mano camminando nello scorrere degli anni. Forse è il caso di spegnere il televisore, mi dice lui, ed io l’ho già spento da anni il televisore e non saprei più riaccenderlo. Pensieri su pensieri: su ciò che sia diventata ora la politica, subordinata alla tirannia di nuovi campi come Auschwitz.
Un mondo dove troviamo campi di concentramento nelle varie campagne e serre di raccolta di pomodori, di fragole e di ogni altro cibo.
Pensare come forma di resistenza. L’imperativo di Francesco è meditare, pensare. Nel “Pensiero d’appendice” la riflessione su noi e gli altri, sul diverso, sullo straniero. “L’invenzione del nemico è l’esaltazione del pregiudizio” del resto Lèvi-Strauss scrive che è proprio del barbaro respingere quanti, esso stesso, considera barbari. E Van Gennep parla di civiltà se vi è apertura. Come se ci leggessimo i nostri stessi pensieri, le conferme, in Marginalia stiamo con Deleuze: siamo macchine desideranti. Un vuoto da riempire con la creatività, con il cinema, con Virzì, un regista di sentimenti nel suo film con un omaggio a Livorno.
Se di incontri si può parlare su Facebook allora questo con Francesco Giampietri è uno dei più compiuti, nella somiglianza di immagini conservate: Hegel adulto, Talete caduto nel pozzo per distrazione, il Socrate di Aristofane in un cesto, Luciano con l’asta dei filosofi, per venderli al maggiore offerente. I filosofi visti come stravaganti e d'altronde quando io scelsi filosofia mio padre in disaccordo mi disse profetico: “Povera e nuda vai, Filosofia” eppure “la filosofia è la chiave di volta per la comprensione e poi la spiegazione dell’informazione”
"La filosofia è un metodo, una via da seguire”
Francesco Giampietri è storico del pensiero filosofico e collabora con l’Università di Roma Tre. Questo è il suo Diario minimale dove smonta pezzo per pezzo nel tentativo di darsi da fare per contrastare l’ozio, primo passo verso la stupidità, e per rimandare ad altro, affinché si raggiunga un senso delle cose.
“L’armonia è una ispirazione” ci lascia in regalo lui a chiusura di una resistenza umana. “Resistere è creare.” “Quello che fai accadere ti salverà”
Con l’augurio che il libro di Francesco giunga nelle menti pensanti e possa io parlarne in una scuola, in una libreria, in uno dei meravigliosi luoghi del nostro vivere possibile, lo affido al Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
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