Se lo immagino esiste.
Siamo in ascolto della genesi del nuovo romanzo di Domenico Dara, questa mattina al Marca, durante il Festival delle parole erranti, organizzato dalla Masnada per la prima volta a Catanzaro.
Più che genesi è gestazione, siamo a metà dell'opera, ci dice Domenico, mentre racconta come sia nata e come sia cresciuta in lui l'idea del racconto in fieri.
A Pietrasanta c'è un Festival dove si parla di libri in uscita, quali saranno i prossimi libri, e si invitano gli autori a raccontare "in corso d'opera" come nascono i libri.
Ciò che prova a fare Domenico stamani, mentre il libro è in crescita, ed è una cosa curiosa ed un po' impudica per noi spettatori impicciarsi quasi di un momento creativo.
Appare sul PC intanto il primo titolo del libro "Il teorema di Malinverno"e il primo probabile incipit "Che passino i filosofi la vita a spremersi cervedda e cervedduzzu..." il vero mistero è la vita e non la morte.
La morte è solo il pretesto per parlare della vita, del filo sottile e fragile che può essere interrotto con un refolo di vento, con una alluvione di poche ore.
"Girifalco era delimitato a nord dal manicomio e a sud dal cimitero" Girifalco il luogo delle possibilità, ci aveva detto già Domenico, prima di invitarci in questa nuova costruzione abitativa dove vive un bibliotecario che di mattina svolge la mansione di guardiano del cimitero.
Un bibliotecario addirittura esistente, esistenza scoperta dopo la sua nascita come personaggio, un vero guardiano di un cimitero lucano.
Nel nuovo luogo, chiamato da Malatimpa a Timpamara, vivono ossessioni, ognuno ha la sua ossessione, e tutte le ossessioni, a loro volta, girano intorno ad una, un unicum, che avvolge lo scrittore, gli scrittori, il personaggio, i personaggi.
Ogni storia ha la sua ossessione e il suo linguaggio, sembra dirci Astolfo Malamura, il bibliotecario e guardiano del luogo, l'io narrante, il tramite, il messaggero, fra noi e il testo.
Astolfo cerca ciò che si è perso sulla terra, da Ariosto, Astolfo è un visionario e un uomo che resta indietro. Come lui tutti gli abitanti sono, o hanno, nomi dei personaggi letterari. Dalla nascita.
Si scopre, anche qui dopo averlo immaginato, che esiste un paese a Macerata, Piòraco, in cui gli abitanti hanno nomi stravaganti, nomi dalla letteratura e dalle arti, come Mercedes, da Dumas, nel Conte di Montecristo.
In questo luogo, inventato da Domenico, la commistione fra vero e immaginato si invera, nel macero immenso dove scompaiono libri e volano sciami, stormi, sui secchi di spazzatura, sulle riviste, sull'immenso cartaceo intorno. Sparisce tutto e allora si prova ad imparare fogli a memoria, io prendo appunti, ringrazio Piero, l'amico di Domenico, che porgendogli un foglio di giornale, con un articolo, ha fatto virare la storia, vissuta in una città letteraria. Nel mondo della letteratura la concezione animistica vive e si incontra, i libri hanno vita, i personaggi si innamorano tra di loro come succederà a Don Chisciotte ed Emma Bovary, e intanto scopriamo che non si nasce quando ci tagliano il cordone ma quando intuiamo di vivere.
"Quando io nacqui avevo 12 anni, cinque mesi e centosessantaquattro ore" nel passaggio dalla terza alla prima persona del nuovo incipit del romanzo noi tendiamo una mano a Roland Barthes "Lui scrisse un piccolo libro che potrebbe essere l’insegna di tutta l'opera: Le plaisir du texte, Il piacere del testo.
"Il testo che tu scrivi deve fornirmi la prova che mi desidera. Questa prova esiste: è la scrittura. La scrittura è questo: la scienza dei godimenti del linguaggio, il suo kamasutra." Era il 1972. Nei Nuovi saggi critici, Roland Barthes scrive un libro su se stesso, è dedicato alla «scienza dell’agio dei godimenti del linguaggio». Il segreto dell’inaudita libertà di cui sembra godere, è tutto qui."
Nella libertà di scrittura e lettura di poter spaziare nel grande paese della letteratura dove "non esiste la morte", citazione mia, dal regno della Litweb: Se lo immagino esiste.
Ippolita Luzzo
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