sabato 11 giugno 2016

Alessandro Raveggi Il grande regno dell'emergenza

Dal regno della Litweb al regno dell'emergenza una alleanza fra regni.
Leggo Il grande regno dell'emergenza di Alessandro Raveggi  il venerdì 10 giugno 2016 e già scrivendo così mi accorgo di quanto mi abbia preso la lettura.
Alessandro Raveggi termina ognuno dei racconti con la data e la rivista dove lo ha pubblicato: Nazione Indiana, La Nuova Frontiera, Nuova Prosa, oppure su quale  giornale e in quali antologie si trovano. Così ora faccio io, inconsciamente prima e poi consapevole di aver letto e riletto quelle date e quel modo inconsueto di presentare un racconto col suo indirizzo di casa e data di nascita. Come una persona, quasi che ci dica dov'è nato e dove abita.
Il libro mi parla da subito, con quei tre fratelli, uno in copertina e due nascosti nel retro, un lupo, una giraffa e un colibrì, con maschera in  testa e col corpo antropomorfico.
Tre fratelli e un quarto lontano, in Giappone, a far corrispondente, da destinatario di lettere. 
Il libro, con la sua camicia floreale ben ampia quasi smanicata, mi regala I nostri oggetti paterni, i rapporti fra fratelli, che sarebbero sconosciuti se non fosse il legame, quasi una nemesi, con il padre, Destino. Più che un padre, un Deus, una divinità che, bizzarra, si diverte con i suoi prodotti. 
Nel Romanzo da spiaggia trovo Firenze da me amata, una città con troppi ponti, per questo una città di tante solitudini.
Siamo nel regno. 
Nell'emergenza del terremoto sia esso familiare che individuale si cerca spesso il fermo, la zeppa della scrittura, colei che tutto tiene, il collante del nostro continuo girovagare fra un paese e un altro, fra una casa e un'altra o semplicemente, come accade a me, fra una stanza e un'altra. Una zeppa alla porta. 
La porta del regno della letteratura. Eppure anche questo regno  ha subito una catastrofe, ci racconta Alessandro, nel suo racconto Essi Scrivono, che mi rileggerò tante volte per ridere ancora.
La differenza fra Loro Scrivono ed Essi scrivono diventerà un mio must, e sono felice di aver trovato quel discrimine fra letteratura e scrivere la qualsivoglia chiamandola narrativa. Nella mia battaglia quotidiana verso Essi che scrivono e vogliono presentati.
" Rilassati" mi dice un'amica. Io mi rilasso così, leggendo testi scritti per bene e invitandola a leggersi questi racconti.   
Il decimo capitolo "Altre vite illustri" è il risultato di interviste a personaggi reali trasfigurati, e noto, sempre diventando consapevole dopo, che il suo far parlare i cibi nell'Eloquente menu di Tribeca, fa parlare ogni pagina del suo libro con me.
Come se ogni pagina fosse quell'insalata, quel risottino,  quei piatti introspettivi, che ragionano, ragionano, e amano. 
I racconti di Alessandro Raveggi sono scritti come uno studioso può scriverli. 
Lui è Una specie di Rimbaud che aveva rinunciato al genio del secchione accademico per inoltrarsi nell'Africa nera.
Il  libro di Alessandro ama la letteratura Panamericana, mi riporta Fuentes e Tutte le famiglie felici, mi cita Gregory Corso di cui ho recentemente presentato Bomb!Burning Fantasy, fa tanti rimandi, alcuni li so, altri no, e ci invita a leggere fermandoci sui termini, sulle costruzioni, sulle frasi complesse del suo personalissimo immaginario plasmato e ricreato dalle letture fatte.

Un grande regno dell'emergenza nella duplice alleanza con il regno della Litweb.
  

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