domenica 12 ottobre 2014

dalla camera chiara alla camera oscura. Noi



La Camera Chiara

Da Barthes « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Dalla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, postare piatti, torte, bimbi,  costumi, seni, cosce, mare, cielo, dalla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, dalla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta,
 ne usciremo mai?
Silvia Pujia e Federica Longo provano a far conoscere un’opera, una soltanto, nell’unicità che dilata, impressiona e prolunga il tempo dell’apprendimento.
Si impara e si vede se tempo tu hai, il tempo dell’attesa.
L’artista Luigi Cipparrone, con la fotografia stenopeica, tecnica che utilizza uno stretto foro come obiettivo, riprende il principio della camera oscura.
Le camere oscure, chiare, le camere che delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione che poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Così la fotografia di Luigi al ristorante con gli amici ha tempi lunghissimi, più di un’ora di esposizione, ed in quest’ora sola ti vorrei, gli amici hanno mangiato, fumato, chiacchierato e sono andati via, lasciando soltanto una nuvola, una impronta nella pellicola o in digitale, Come nella canzone Albergo ad ore i due corpi lasciati nel letto, immobili.

Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.

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