domenica 27 maggio 2018

Il Cantico dei Cantici di Roberto Latini

Non Guardarmi.
I tuoi occhi mi dissolvono.
Il Cantico dei Cantici in scena al Teatro Comunale di Catanzaro, ultimo spettacolo della rassegna Oscenica, dissolve in un solo momento luci ed ombre dell'inconsistente eppur vitale gioco dei rapporti amorosi interpersonali. "I tuoi occhi mi dissolvono, non guardarmi."
Sarebbe piaciuta moltissimo a Daniele Rizzuti  questa implorazione, ed avrebbe poggiato accanto al dj una fotografia senza corpo, solo aria, la forma dell'aria, avrebbe portato quella dissoluzione colorata, quei corpi fatti anima, alone, visti con "La coda dell'Occhio", "il vuoto da elaborare e l'atteggiamento dell'artista nell'accedere alle alte stanze ormeggiate al margine del precipizio e private del bianco filo a piombo" da Ghislain Mayaud sulla fotografia di Daniele Rizzuti.
Non guardarmi, l'immagine può dissolversi. L'immagine come diniego dell'altro, della realtà, e abbassiamo gli occhi davanti al divino. 
Lo spettacolo di Roberto Latini, la musica, la voce, il corpo, trasferiscono sulla accezione del divino il rapporto fra l'individuo e  l'oggetto del suo amore, in una preghiera On Air lampeggiante di rosso. 
Da Radio On Air lui manda in onda il libro dei libri, un testo eterno, un testo senza un autore, dissolto anche lui.
Occhiali scuri, lui fuma, fa una telefonata. 
Sulla consolle la testa del manichino porta una parrucca verde fluo e un telefono fisso esiste ancora a ricordarci la cornetta con il filo in una realtà senza fili. 
La dicotomia divino- sacro, "c'è del sacro ai nostri occhi, sempre laddove l'immagine si apre a qualcosa altro rispetto a se stessa" la dicotomia fra un divino che fa abbassare lo sguardo e il sacro che fa innalzare la testa, in alto lassù, scrive Gianfranco Neri, nella "Coda dell'Occhio"
Tutto lo spettacolo di Roberto Latini è una dicotomia ipnotica, fra essere e non essere, fra amore e sonno, fra sveglia e desiderio, nella seduzione che incanta e porta via. 
Stiamo lì rapiti dalla voce, dai gesti, lui diventa un altro, mette le cuffie, toglie le cuffie, dondola la panchina, abbraccia e balla con un albero sulle note di "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà,  toglie la parrucca verde al manichino, toglie la parrucca che porta lui, "Che peccato, Che Peccato!" e al telefono nessuno. 
Stiamo in apnea.
Lo spettacolo è finito. Come finito? ne vogliamo ancora...
Agli applausi finali lui ancora tremante di tutto l’amore portato in scena con parole e opere, suono e voce, lui si piega verso terra per raggiungere in un solo momento il terreno del ricongiungimento fra il corpo e l’anima
Vi rimetto pochissimi appunti per sentire la dolcezza delle carezze, la dolcezza della voce, la dolcezza del teatro, e la disperazione del vocativo. Ti chiamo e tu non ci sei, anche quando ci sei. 
La favola di Amore a Psiche, Il cantico dei cantici e il teatro sulla scena del nostro amore.  
Il nostro Letto è primavera, non svegliate il mio amore che dorme, l'inverno è finito, le piogge spazzate, primavera, io sono un fiore di campo, io sono un giglio della valle, ora mettimi tra i fiori, tra i fiori e tra i gigli, per tutte le piazze ho cercato e non l'ho trovato...
Non guardarmi, i tuoi occhi mi dissolvono. 
Ippolita Luzzo 


Cantico dei Cantici adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti (Premio Ubu 2017 'Miglior progetto sonoro o musiche originali')
luci e tecnica Max Mugnai
con Roberto Latini (Premio Ubu 2017  'Miglior attore o performer')
organizzazione Nicole Arbelli
produzione Fortebraccio Teatro 
  

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