Fra le tante e tante storie ogni tanto si trova la storia, narrata e romanzata, la storia dell'infanzia di Tatty.
Al telefono, prima, raccontavo ad una amica, quanto fosse vero e quanto fosse plausibile quel modo di vedere le cose di una bambina. La bambina narrante, Tatty, diventa così tutti noi, osservatrici di un mondo familiare, di uno spazio abitato da casa, scuola, strada e chiesa. Vedremo anche noi, squarciato il velo, vedremo anche noi, come il fratello di Tatty, appena nato, invece di sagome, la famiglia.
Tutti noi, alla nascita, vediamo come se ci fosse un velo, man mano nel velo si formeranno dei buchi, sempre più grandi e "i buchi diventeranno sempre più grossi, finché non ci sarà più nessun velo. Quando questo succederà riuscirà a vederci: riuscirà a vedersi. Ci guarderà e riconoscerà le nostre voci. Allora non saremo più delle sagome. Saremo invece la sua famiglia" Lukey, il fratello di Tatty prende vita dal momento in cui viene battezzato con un nome che significa luce. Parenti, vicini, papà e mamma, fratelli e sorelle da sagome diventeranno familiari. Nel percorso all'inverso che mi è successo io leggo il libro con una partecipazione interiore, da lettrice, ed una partecipazione esteriore, da osservatrice.
Ho scritto quasi a memoria le frasi iniziali del romanzo, scritto e tradotto con pulizia estrema, rarefatto quasi, con frasi aderenti al pensiero, al ritmo del pensiero e degli occhi.
Ha cinque anni la protagonista quando si perde alle corse dei cavalli, dove è andata col suo papà. Lei sa di non essersi persa e sarà la prima cosa che dirà alla mamma rientrando, malgrado la promessa fatta a suo padre di tacere. L'episodio, trasformato e manipolato, le varrà l'appellativo di Tatty, pettegola vuol dire Tatty, con cui suo padre l'apostrofa. Un padre che le offre una pinta di birra da bere!
Una famiglia speciale, come tutte le famiglie, speciale come la sorella di Tatty, Deirdre, una bimba con gravi difficoltà, con frequenti attacchi epilettici e ritardo nell'apprendimento, direbbero le schede. Siamo negli anni sessanta, dal sessantaquattro al settantaquattro. Seguiamo i dieci anni di Tatty, capitolo per capitolo, dai cinque ai quattordici anni, Dall'adorazione del padre alla delusione della figura paterna, al momento in cui, qualsiasi adolescente riesce a togliere il velo sulle sagome che ha adorato e a vederle nella loro verità, fuori dal mito.
Una storia avvincente, viva e capace di lasciare quella voglia di leggere ancora questa autrice, di leggere ancora su questa famiglia, di leggere ancora buoni libri.
Una famiglia problematica, Tatty comincia a strapparsi i capelli, grandi buchi nei capelli di Tatty. Sono i buchi a raccontarci oppure no? In dieci anni si cresce,si diradano alcuni buchi e si creano altri veli, da squarciare ancora. Crescere allontanandosi e crescere osservando, fra lei e il mondo. Crescere e diventare una stella. Tatty si chiama Caroline, anzi si chiama Cara, ed è una ragazza premiata con una stella d'oro, a scuola dove vive da tempo, trova una amica, per poco, pochissimo... e cara, dolce Caroline sei tutti noi.
Ambientato in una Irlanda simile alla Calabria, simile ad un luogo chiamato Famiglia, simile ad una scuola conosciuta, simile e perciò da subito amico diventerà questo romanzo. E vedremo come nello schermo tutti i familiari, vedremo tutti, ma Tatty non vede sè stessa. "Come una piccola fotografia buia sprofondata al centro dello schermo. Come se stessero lì a guadare loro stessi alle tele" Ricordando Aristotele e il primo libro della Metafisica sullo stupore di vedere, sulla meraviglia di vedere. Ricordando Platone e le sagome sulla caverna.
Il libro, amato e tradotto da Sabrina Campolongo con sensibilità e tecnica affettuosa, sarà una lettura amata e cercata da tanti. A novembre al Book Festival di Pisa
Ippolita Luzzo
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