venerdì 1 dicembre 2017

Metaintervistina 15 su WRITING BAD

 writing bad mi ha intervistato a questo link e ringrazio Walter White per le domande attente e professionali   https://writingbadweb.wordpress.com/2017/11/27/metaintervistina-15/
si scrive… si legge…

Metaintervistina 15

27 NOVEMBRE 2017 ~ WRITING BAD
Ippolita Luzzo



1) WW: Ippolita Luzzo: professoressa, lettrice “forte”, scrittrice, giornalista, esperta di letteratura, blogger, come posso definirla?



IL: Le definizioni sono per loro natura sempre imperfette.  Dal mio ruolo da professoressa, quasi come abito di vita, rimane l’atteggiamento di voler spiegare, conoscere e trasmettere. Lettrice da sempre, mi vedo  con un libro in mano, giorno e notte. Racconto spesso che mio padre mi vietò la lettura notturna. Allora io presi a nascondere l’abatjour sotto le coperte e vi infilavo la testa in un contorsionismo  che garantisse lettura e oscurità. Da quegli anni mi porto dietro miopia e scoliosi! Non credo di essere scrittrice e nemmeno giornalista. Non posseggo un tesserino. Blogger, come definizione, mi piace di più, scrivo sul blog “Ippolita la regina della Litweb” da cinque anni.  Non so se sono esperta di letteratura, non credo, più leggo meno esperta mi sento.  Scrivo sorridendo e sorridendo vorrei si leggesse di me. Ringrazio da subito per l’intervista.



2) WW: Ci racconta quale è stata la sua carriera legata al mondo della letteratura?



IL: Ho insegnato lettere e mi rimane il piacere di parlare di un libro. Da qualche anno molti scrittori mi inviano i libri, di loro volontà, aspettando un mio parere. Mi inviano libri anche alcune case editrici Indipendenti. Capita quindi, per caso, che il mio blog sia un piccolissimo luogo di consultazione e di letture condivise. Moltissimi autori mandano a me le loro opere prima che a qualunque altro lettore o blog, convinti che un mio pezzo sia un augurio di buon viaggio nelle librerie.





3)    WW: Com’era il suo rapporto con la letteratura prima del web?



IL: Letteratura è vita vera, raccontare i giorni, trasformare in narrazione ciò che ci succede. Ricordo sempre l’espressione di Tabucchi:” La letteratura deve essere come un giardino coltivato”. Tutto l’inaspettato che non viviamo, oppure se lo viviamo non sappiamo affrontarlo, in letteratura possiamo scorrerlo e scorrerlo di nuovo. In questa modalità per me letteratura è sempre stata vita. Prima del web era una vita interiore e soffocata nel silenzio, dalla nascita del mio approccio quassù è diventata una finestra sul mondo.





4)   WW:   Lei ha un forte interesse per l’editoria medio-piccola, quali sono i motivi? Cosa contesta, o cosa non attira la sua attenzione, nell’editoria con la “E” maiuscola?



IL: Editoria canaglia, mi verrebbe da cantare. La grande concentrazione non giova alla libertà. Le troppe offerte di fuffa letteraria, fatte da chi può raggiungere tutte le librerie e i centri commerciali, uccidono il talento di moltissimi autori validi che dovranno ritagliarsi piccoli spazi.

Moltissime e virtuose sono le medie e piccole case editrici come La Voland, la NNE, PaginaUno, Casa Sirio, LiberAria,  TerraRossa, NEO, Nutrimenti, Tunuè, Tempesta, interessanti nella cura e nell’attenzione verso autori e lettori.  Viene  da loro il nuovo e il fermento letterario in crescita.





5)   WW: Blog, siti letterari, che valore aggiunto danno al mondo della letteratura? Che pericoli nascondono?



IL: Ho iniziato a scrivere su un sito letterario chiuso da poco, Neteditor.  In questo luogo virtuale postavamo pezzi e racconti, sottoponendoli al giudizio dei lettori e scrittori. Le liti erano violente ma restava il fascino del dibattito, sembrava di stare in un collettivo anni settanta.  Blog e siti sono vivacissimi strumenti di vitalità letteraria, facendo opportuna cernita. Sono interessanti esperimenti di interazione. La lettura unisce e divide. I pericoli sono quelli di sempre: aggressività, intolleranza, supponenza. Basta arginarli.





6)   WW: Nella scelta e nello sviluppo di questo suo progetto virtuale, si è ispirata a qualcuno, a qualche lettura in particolare? Qual è stata l’idea scatenante o l’istinto? Quali sono i traguardi che si prefigge nel breve periodo? Nel medio? Nel lungo?



IL: Non avevo nessun progetto virtuale, quando ho iniziato a scrivere sul web, se non quella fortissima esigenza di relazione su un terreno letterario, relativo ai miei interessi vitali: la lettura. Sono poi sopraggiunte la fiducia delle case editrici, degli autori, gli inviti a far parte di Premi letterari importanti, come il Premio Brancati, in qualità di Litweb, gli inviti ai festival letterari nazionali, come il TropeaFestival Leggere e Scrivere. Anche aver vinto proprio l’anno scorso il concorso indetto da Radiolibri su Blog e Circoli letterari, quale intervista più ascoltata, mi divertì molto. Ritorno questo anno a Roma a Più Libri più liberi per salutare tutti gli amici.  Non ho traguardi, basti che funzioni, diceva Woody Allen, ed io con lui.





7)  WW: il suo lavoro è stato fonte d’ispirazione per numerosi altri blogger, crede di aver dato il via a un movimento che si ritaglierà spazi importanti e creerà un nuovo modo di vivere la letteratura, o teme di aver creato dei “mostri”?



IL: Il mio blog esiste da cinque anni. I blog ci sono da molti più anni e seguo blog collettivi e riviste,  nuove realtà letterarie. Essere con i miei pezzi su ACHAB, la rivista di Nando Vitali e Maria Rosaria Vado,  su CabaretBisanzio di Enzo Paolo Baranelli,  su Blog collettivi come Liberi Di Scrivere di Giulietta Iannone, sul blog di Giacomo Verri, su Senzaudio di Gianluigi Bodi, mi fa sentire partecipe della realtà.  Antonello Saiz e i Diari di bordo a Parma, le librerie come la sua, mi sembrano la strada. La strada esiste, si tratta di esserne padroni, illuminandola con le lanterne delle nostre letture. Chi ci legge si fida e non dobbiamo deludere. Se si scrive di un libro bisogna attenersi ad un unico principio: Non essere falsi.





8)  WW: Ci parla del suo regno, il regno della Litweb? Tra i vari aspetti collegabili a questo progetto, che spazio trova il “sistema delle relazioni” e in cosa si differenzia dallo stesso sistema originabile in altre realtà?



IL: Sistema di relazioni, mi sembra bellissima definizione del regno della Litweb. Sistema di relazioni educate. Orgogliosa io dei successi altrui. Nel regno vi sono i pezzi scritti da me e i libri di cui scrivo vincono tutti perché io scelgo i bravissimi.

Bruno Corino, inventore del termine Litweb scrive: LA LITWEB è racconto mediale. Litweb è racconto mediale, che va in scena quando la narratività coincide con l’evento raccontato, quando la performatività si sostituisce alla referenzialità.
Noi non facciamo altro che mettere negli ingranaggi della comunicazione qualche zeppa che ne inceppi il meccanismo, senza farci grandi illusioni. A proposito, ricordiamoci che, come scriveva Aristotele: “L’anima non pensa mai senza un’immagine” (De Anima, 431a, 16-17).



9)  WW: Che rapporto ha con gli autori? Senza fare nomi le va di raccontarci un aneddoto buffo, uno drammatico, uno lieto? La sua attività da blogger ha migliorato o peggiorato il suo rapporto con gli autori? E con gli editori? E con i giornalisti?



IL: Amicizia pura con tutti gli autori. Felicità vera quando posso presentare un loro libro in una scuola o ad associazioni. Rapporti splendidi con case editrici e giornalisti. Essere io in un regno a parte, inesistente, evita e annulla la conflittualità. Uno degli episodi più simpatici mi sia accaduto fu a Casa Berto, un anno fa. Si teneva la premiazione del vincitore ed erano presenti fra i giurati D’Orrico del Corriere della Sera e Alessandro Zaccuri dell’Avvenire. Io ero andata  grazie al passaggio amicale  di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele, in arte Lou Palanca, autori di “A schema libero”, ora. Ebbene andai da entrambi, da D’Orrico e da Zaccuri, e dando la mano mi presentai: Sono la regina della Litweb. Entrambi accolsero la notizia con aplomb giornalistico. Con Zaccuri nacque bellissimo scambio di letture e affettuosità sui suoi libri “Lo spregio” e “ Come non letto” e sono felicissima del Premio Mondello  vinto da poco. Nel domani aspetterò D’Orrico sulle pagine della Lettura.





10) WW: Come cambia la recensione di un libro all’aumentare dei lettori che leggeranno questa recensione? Preferisce leggere una recensione frutto di teoria e tecnica con tutte le sue brave regole o una viscerale, soggettiva, non professionale? Stessa domanda per quanto riguarda scrivere una recensione…



IL: Non credo che le recensioni spostino granché in termini di vendite, bensì sono utili a far nascere curiosità, a far sì che giri un titolo. Per vendere basta un’ospitata televisiva in prima serata. Si può  con una recensione amabile e non troppo specialistica raggiungere lettori e creare comunità. Questo il fenomeno di ora. La nascita delle comunità di lettori attorno ad un libro, “Billy e il vizio di leggere” è una delle più seguite.



11) WW: Un aspirante scrittore oggi dovrebbe: seguire i canali tradizionali per arrivare alle Ce, partecipare a quanti più concorsi possibili, veicolare i propri scritti tramite il web, procedere con il self publishing…?



IL: Molti consigliano ad una aspirante scrittore di frequentare una scuola di scrittura qualificata, potrà almeno conoscere qualche nome. I suoi professori, intanto. Alcuni consigliano di trovare una buona agenzia letteraria, ed io credo ve ne siano ottime.  Un buon esercizio è partecipare ai concorsi letterari, trovo ottimo il Premio Calvino, per esempio, così come sono ottimi i consigli che Vanni Santoni ripete da sempre. Scrivere e farsi conoscere sulle riviste letterarie.



12) WW: dal web si avvistano in anticipo le avanguardie letterarie? Chi ha il diritto e la competenza per stabilire se una presunta avanguardia rappresenti un fenomeno culturale, un segno dei tempi?



IL: Credo che leggendo sul web si trovino i segni del tempo. Sulle pagine dei social  sembra si sia rifugiata l’avanguardia, chiamiamola così, io direi retroguardia,  in senso positivo, una retroguardia che difenda tutto il serio, il vero, il significato di cosa voglia dire scrivere.



13 ) WW: Con quali percentuali incidono nel creare un best seller: autore / agente / editore / distributore / critica.



IL: Chi crea un caso letterario oggidì? I followers, dicono i giornali. Più followers hai, più vendi libri, più followers hai, più le case editrici ti pregano di scrivere un libro. Non sai scrivere? Non fa nulla. Te lo scriverà qualcuno che saprà mettere insieme due frasi e tu potrai metterci la firma. Guardo smarrita la maggior parte dei libri costruiti così e ormai non li vedo più. Vendono.  Troveranno recensori che ne parlano bene, troveranno tutta la fuffa di cui ho parlato e il polverone altissimo si innalzerà.



14) WW: la letteratura nel suo insieme sostiene veramente la crescita culturale di una società? Nel rapporto d’interconnessione tra società e letteratura lo scambio è equo o una delle due influenza in misura maggiore l’altra?



IL: Troppo complesso il mondo per dare un tale ruolo alla letteratura come possibile luogo di influenza. Unico luogo di influenza nella società mi sembra l’economia e lo sfruttamento, il danaro. Tutto è merce, purtroppo.  Resta invece la parola di colui che grida nel deserto, dal Vangelo, ed il ruolo della letteratura come ruolo civile, di ripensamento e riflessione.



15) WW: La parola “cultura”: mi è capitato di leggere sue dichiarazioni nelle quali lei afferma l’utilizzo a sproposito o inadeguato di questa parola, ci spiega?



IL: Cultura è una parola usata a sproposito per riempire vuoto assoluto. Se si ascolta qualche autore bravissimo vedrete che mai pronuncerà la parola cultura, essendo lui stesso veicolo. Chi non la possiede la nomina. La nominano  alla Regione , nel mio caso alla Regione Calabria, il luogo meno adatto nel contesto, la nominano negli uffici comunali e dovunque si possa, con questa parola,  accedere a fondi europei, o nazionali. Un uso improprio.



16) WW: alla fine di questa metaintervistina, ci dice cosa è per lei la letteratura?



IL: Letteratura, scrissi una volta, è una perifrastica attiva.  Lettera-Turas-turos- tura, stare per fare una lettera. Stare per scrivere al mondo che a me non rispose mai, dal verso della Dickinson. E il mondo stavolta risponderà.


WW: Grazie, buone letture e buone scritture

giovedì 30 novembre 2017

Da Anassimandro a Carlo Diano

Passeggiavamo per via Toledo a Napoli con Ernesto Ruocco parlando dei libri di Carlo Diano, di un libro di Carlo Diano, forse quello che ci permise la conoscenza tramite Francesca Diano, sua figlia.
Carlo Diano ha insegnato qui a Napoli, al Liceo "Vittorio Emanuele II", a 100 metri dal "Genovesi". Ernesto mi indica il Liceo ed ora ci ritroviamo a parlarne per perorare la causa di far ristampare il libro di Carlo Diano. 
Con Anassimandro noi possiamo dire: Questa [natura dell'infinito] è eterna e non invecchia. (frammento 2)
Con Francesca la Litweb chiede interesse e attenzione verso questo libro e verso questo studioso conosciuto in tutto il mondo
"Carlo Alberto Diano (Vibo Valentia, 16 febbraio 1902 – Padova, 12 dicembre 1974) è stato un grecista, filologo e filosofo italiano, storico e traduttore sia di classici greci sia di poeti svedesi e tedeschi."    


Ed eccoci qui con le parole di Francesca Diano: Bene, oggi ho saputo che Boringhieri ha deciso di non procedere alla ristampa de "Il pensiero greco da Anassimandro agli Stoici" ormai esaurito (ma se è esaurito comunque si è venduto no?) con la motivazione che "non viene più adottato."
L'unico libro ancora reperibile del pensiero di Carlo Diano scompare così definitivamente dalla scena italiana.
Diano non ha bisogno di "essere adottato" (leggi: imposto agli studenti dei corsetti universitari per vendere prontuari che altrimenti nessuno leggerebbe e comprerebbe mai) è un classico. Diano dà fastidio, non deve interferire, non si deve sapere cosa ha scritto. La concorrenza sarebbe troppa. 
In questi anni mi sono mossa in tutti i modi, mi sono rivolta a persone che, volendo, potrebbero fare la differena e hanno fatto molte promesse. Tutto invano.
E adesso mi sono stufata. Ora creo un gruppo su FB perché ci si attivi a livello nazionale per porre fine a questa vergogna e poi vedremo come muoverci. Io non mi arrendo.
Riusciremo ne sono sicura. 
Il nome del gruppo per chi volesse iscriversi è  "Dare Forma all'Evento. Ripubblicare Carlo Diano" qui link per firmare la petizione  https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.change.org%2Fp%2Fdario-franceschini-ripubblicare-le-opere-del-filosofo-carlo-diano-un-azione-dovuta-della-cultura-italiana%2Ffbog%2F57854881%3Frecruiter%3D57854881%26utm_source%3Dshare_petition%26utm_medium%3Dfacebook%26utm_campaign%3Dshare_for_starters_page&h=ATOxgxQdRmusA7X52T3VhFJVpQLT0VRFtAe99IKXKLfaAS1DBLxRvNyOP80p_aV5HKVWsHyJnzbmZuXjaAqOGTdz7Py452jrMiKqjIbu-KHXezyMPaXGimaT6FhLJfg9eRIIVN57WHNU
Ippolita Luzzo 

Il veleno alle piante

Il Glisofato e altre amenità
Il mio papà chiamava "veleno" ciò che era abitudine fare alle piante da parte dei coltivatori. 
Anche lui, proprietario di un appezzamento di terra coltivato, in quel periodo a pescheto, diceva: Oggi faccio il veleno alle piante. 
Faceva mettere agli operai maschera e guanti, raccomandava loro ogni genere di precauzione, sapendo di maneggiare prodotti altamente tossici. 
Mio zio invece usava un eufemismo: Faccio la medicina alla vigna. Per lui era medicina e un giorno fece il prodotto senza maschera e stava per morire. 
Fra medicina e veleno intercorreva lo spazio bianco del nostro cibarci di tossici elementi cancerogeni. 
Così dicono oggi i giornali e l'Organizzazione della Sanità:"Gli Stati hanno autorizzato l’uso del contestato erbicida, il più diffuso in agricoltura. L’istituto anticancro mondiale lo ritiene «probabilmente nocivo», non così l’autorità Ue per la sicurezza alimentare"
Ma gli Stati Europei, compresi i nostri parlamentari, hanno votato a favore dell'uso.
Ricordo lo sconcerto di mio padre quando, negli anni ottanta, doveva vendere il prodotto del pescheto. Venne il commerciante all'improvviso e papà aveva appena fatto il veleno. Di regola dovevano passare almeno venti giorni prima di poter raccogliere e vendere. Il commerciante aveva fretta. O tutto e subito o niente. Papà provò a farlo ragionare e non riuscì. Non avrebbe trovato altro compratore facilmente e arrabbiato dovette cedere all'imposizione. 
Avvelenatori, dunque. Ogni volta che entro da un fruttivendolo penso di stare in una bottega di streghe e malefici, di veleni. 
Veleni approvati.
Dal glisofato ad altre amenità 
Avveleniamoci così, senza rancore
Ippolita Luzzo    

sabato 25 novembre 2017

Cieche speranze da Massimo Iiritano all'Uniter

Il dono di Prometeo, il libro di Massimo Iiritano, traduce e interpreta un passo di Eschilo tratto dal Prometeo incatenato. Nel dialogo con il coro che chiede a Prometeo la ragione del suo gesto, Prometeo risponde di aver rubato il fuoco agli dei per donare agli uomini una possibilità di vivere senza guardare la morte, donando insieme cieche speranze, illusioni.
Comincia in questo modo la lezione di Massimo Iiritano all'Uniter, dopo il saluto e la presentazione dell'autore da parte di Costanza Falvod'Urso, vicepresidente Uniter.
Una lezione sulla fragilità che ci ha trasportato sull'isola di Calipso, nel verso dell'Odissea, tradotto da Luna Renda, più volte citata da Massimo, quando la ninfa prega Ulisse di non abbandonarla e gli offre l'immortalità. Ulisse rifiuta e accetta la fragilità dell'essere mortale come dono ancora più grande di una condizione divina. 
Continua Massimo con Eugenio Borgna, e le parole che ci salvano nella tensione, nell'inquietudine e nella necessità di cui è costituito il nostro infinito. Rilegge un canto di Petrarca, dal Canzoniere, "La vita fugge" e con Rovelli, con Sant'Agostino, il tempo fugge, benché non esista, ma sia "Emozione del tempo", brivido di esistere.
Negli interessanti interventi finali mi piace ricordare altri libri: 
La bellezza che resta di Fabrizio Coscia, l'intervento del neurologo Gianni Caruso, i dialoghi di Leucò di Cesare Pavese e Pico della Mirandola nell'intervento di Italo Leone,  ricordare l'essenziale linguaggio umano che crea il tempo da Cesare Perri,  l'elegia di Rilke, finendo con Gli angeli sopra Berlino di Wim Wenders.
Nella cieca speranza di esserci qui, hic et nunc, in felicità con gli studi amati. Dare vita agli anni e dare tempo al tempo.
Un dono che rileggeremo. 
Ippolita Luzzo   

giovedì 23 novembre 2017

Claudio Grattacaso: La notte che ci viene incontro. Manni Editori



"Filiamo a 150 all'ora" La collana Pretesti della Casa Editrice Manni pubblica il secondo libro di Claudio Grattacaso, autore segnalato al Premio Calvino, menzione speciale nel 2013 con La linea di fondo, libro uscito da Nutrimenti nel 2014.
Pretesti pubblica La notte che ci viene incontro nell'ottobre del 2017 ed io sto con questo libro aperto nelle molte suggestioni che mi rimanda. "Stava arrivando la fine del mondo via etere e noi ne eravamo spettatori" così davanti agli schermi arrivavano le immagini di terremoti, di invasioni di cavallette, e una pioggia di stelle ci avrebbe sommersi. 
Quel giorno l'apocalisse non arrivò. 
Seguo questa lettura con i ventimila euro tagliuzzati in mano, guardando truce mio fratello, così lontano dal vivere da avermene fatto perdere altrettanti, e non credo sia fiction o fantasy quel che leggo ma ormai una quotidianità fatta da immagini destabilizzanti, alle quali ci siamo abituati sia nel mondo fuori che in quello delle nostre case. 
Leggo alcuni passaggi sorridendo, benché siano passaggi drammatici, nella "calma inverosimile, una sensazione di dolcezza che mitiga il dramma, gli oggetti attorno a noi assumono un aspetto solenne, sono testimoni della maestosità del trapasso, la vita soffia, va altrove"
Sarà il modo di raccontare di Claudio, l'odore tenero di campagna e di vento" ad addolcire i fatti, il fuoco con cui inizia il racconto, ardeva nelle sue pupille in un falò gigantesco.
Il fuoco sembra catarsi e rigenerazione, uguale significato di un continuo bruciare, nello sguardo e negli affetti tagliuzzati, dopo la dispersione degli averi. 
Non si possiede nulla tranne la coscienza e la voglia di raccontarsela immaginando come irreale quello che in effetti stiamo vivendo davvero. 
I finanziamenti saranno sbloccati fra qualche giorno...
Ieri sera vado a vedere un film che mi sembra abbia a che fare, solo come tematica, con questo libro. The place di Paolo Genovese
Ebbene anche lì ci stava un corruttore, colui che induce altri al male, ci stava la corruzione, il guastarsi, il degenerare quando si è in preda ad un desiderio da soddisfare a tutti i costi, e ci stava quel consegnarsi, incaprettati, dico io, al signore sconosciuto, che può manovrare noi e il nostro libero arbitrio se non riusciremo a star fuori dalle ossessioni. 
Io vorrei andarmene, lo dico col cuore in mano.Vorrei abdicare da questo consorzio di pazzi corrotti" Volare"
Filiamo a 150 all'ora.
Con Claudio Grattacaso
Ippolita Luzzo 



lunedì 20 novembre 2017

Relazione Uniter 10 Novembre 2017


 https://liberidiscrivere.com/2017/11/16/le-amiche-etica-nicomachea-di-aristotele-a-cura-di-ippolita-luzzo/
Venerdì 10 Novembre 2017 ho fatto mia relazione sulle amiche e Mario Maruca ha letto un mio antico pezzo “La pianta grassa” il cactus che non siamo.

Qui però, sorridendo, scriverò alcuni esemplari amicali incontrati negli anni. E osservati tali e quali dall'adolescenza all'età della saggezza.
Le amiche al guinzaglio, sono coloro, spesso sempre in due insieme, che non ammettono distrazioni una dell’altra. Se passa un altra conoscente è permesso il saluto ma non fermarsi a salutare.
Le amiche dominanti, coloro che comandano, hanno sempre ragione, e se l’altra esprime un dubbio viene zittita.
Amiche diverse che non telefonano mai, che telefonano solo se hanno chiamato a tante altre e avendo avuto buca poi chiamano te.
Amiche care che si lamentano con te delle altre amiche, a loro dire indifferenti e lontane.
Amiche che diranno sempre di te si spera bene, visto che affermano che sei tu la loro migliore amica.
Amiche di una età adulta, uguale e precise alle amiche della adolescenza, perché come ha detto Lidia Ravera l’altra sera, questo periodo della nostra vita è La seconda Adolescenza.
Amiche del cactus, La pianta grassa
Questo il pezzo di anni fa
La pianta grassa
Al cellulare:- L’amicizia è una pianta grassa.
Non ha (quasi) bisogno di acqua- mi dice la mia amica  da Recanati, in gita con i suoi allievi, e continua- Sì, ho visto le tue telefonate, tranquilla, io ci sono sempre.-
Mi ritrovo a dover spiegare che:- Pensato avessi perso il telefonino, ho pensato che lo avessi rotto, ho pensato che-
Ma non l’ho detto- che del cactus io sento solo le spine.-
Molto probabile che siano solo spine difensive, solo spine involontarie, solo tempo che non c’è.
Clara Sereni, giornalista e scrittrice, un tempo fece un tentativo.
Inventò un luogo dove chi avesse avuto bisogno di compagnia, di aiuto amicale, sarebbe potuto andare.
Il marito, fiducioso, pronosticò il successo.
Lei era convinta del contrario e così chiarì all’ignaro e ingenuo uomo.- Vedi, tutti siamo disposti ad aiutare, vi sono infatti moltissime associazioni di volontariato in tal senso, aiutano le ragazze madri, i carcerati, i tossici, gli alcolizzati, gli ammalati, aiutare ti fa sentire forte, grande,  ma nessuno è disposto a far vedere quanto lui abbia bisogno di uno sguardo, di compagnia, quanto lui sia vulnerabile.
Amicizia, strana parola, rara trovarla, più rara viverla insieme.
Bisogna accontentarsi che essa esista nel deserto arido del deserto
Clara Sereni decise ad un certo momento di andare a vivere in una casa di riposo.
Una stanza chiusa.
Una stanza da dove, impercettibilmente, il mondo del fuori sparirà, senza spine,
e nel chiuso di un nuovo ordine ognuno ripercorrerà i sentieri dei nidi di ragno,
raccontandosi storie che avrebbe voluto raccontare a quella amica, alla sua amica.
Non ha bisogno di acqua l’amicizia, mi sembra la stessa frase dell’uomo che ti dice:- Sono dentro te- mentre è lontano mille miglia, con nella mano un’altra, un altro.
Abbiamo tutti bisogno di acqua… senza acqua non si vive.
Dirlo non è debolezza, è solo una forza-
Noi non siamo cactus

Etica Nicomachea 1 aprile 2011

L’Etica Nicomachea parla delle virtù. Nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Chi la possiede la usa sia verso gli altri che verso se stessi. Libro V. Tutto un libro per la giustizia. Nei libri ottavo e nono si parla dell’amicizia
Ma cosa sono le virtù? Un’attività dell’anima razionale, una scelta verso il fine ultimo, la felicità. Ecco perché le virtù etiche non si posseggono, si scelgono e in questa scelta ci fanno diversi, ci costruiamo intorno un modus, un abito, un luogo dove noi trascorreremo la nostra vita. Cosa scegliamo?
In medio stat virtus. Il giusto mezzo, attraverso l’agire nel giusto mezzo si può raggiungere la felicità, perché noi siamo liberi di agire.
Ogni individuo – dice lui – è libero di scegliere perché è il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli. E nel libro VI dopo le virtù etiche ecco le virtù dianoetiche: la scienza – l’arte – la saggezza – l’intelligenza – la sapienza che è il grado più elevato, la somma fra scienza e intelligenza.
Due libri sulla amicizia la virtù che si accompagna alle virtù. A che servono tutte le altre senza questa? A chi dico ciò che so, se non ho amici. Con chi trascorro o scelgo di trascorrere il mio tempo se non ho un amico a cui riferirmi? Telefono al telefono amico? Tutta la storia dell’uomo virtuale o pratica è basata su legami fra individui, nelle convenzioni vi è sempre questo rito della socialità.
Poi l’amicizia; un sentimento che invera tutto ciò che pensi e che fai. Simile con il suo simile. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Begli amici che hai! Ci si giudica dalle frequentazioni. O no? E’ sempre stato così. Aristotele lo dice meglio di noi.
L’amico è una proiezione. Mi proietto in un altro, l’altro di me è l’esterno che vedo in me. Non è vero che ci sono tante forme di amicizie, una sola è l’amicizia, le altre conoscenze sono forme di socialità.
L’attenzione, la condivisione, le scelte, riguardano una sfera piccola, piccolissima, ristretta, dei pochi amici che noi scegliamo.
Aristotele dedica due libri dell’Etica all'amicizia, sentimento disinteressato, altrimenti si chiama opportunismo, lavoro, pranzo di lavoro, occasione sociale. Sentimento di simpatia.
Chi ci obbliga ad uscire, a ridere, a parlare con un altro? Certo la cortesia, il garbo, l’educazione quando una persona non ci piace ci trattengono ma perché poi continuare a frequentare chi non sentiamo amico? Nessuno ci obbliga, l’amicizia non è un obbligo, a volte io posso essere amico tuo, ma tu puoi essere o non essere amico mio. Può essere che l’altro ti accolga, ti sorrida, ti ascolti, ma tu non sei per lui il suo amico di riferimento, ti dimostri benevolenza, ma non cerca la tua benevolenza. Non sono mai semplici le cose. Sant’Agostino nelle Confessioni dedica pagine di una commozione immensa per la morte del suo amico. Le strade che avevano percorso insieme, i discorsi, i progetti, tutto parlava di lui che non c’era più. Uno sperdimento doloroso.
-Come ci siamo allontanati
Che cosa triste e bella
Così Vittorio Sereni e Franco Fortini erano due destini, uno giudica l’altro, ma chi sarà a condannare o assolvere entrambi?
si chiama Etica Nicomachea, perché Nicomaco è il figlio di Aristotele Ah Nicomaco come passato, passato sei! Un figlio che raccoglie e divulga ciò che il padre ha detto. Una bella stranezza in questo nostro tempo di figli viziati e onnipotenti – chiamati amore – tesoro e incitati allo scherno del giusto mezzo. E’ improprio parlare di amore e di amicizia nei rapporti che includono un dovere e una responsabilità, una severità e una disciplina. Scambiamo ora i nostri figli per amici – amori – tesori – e loro giustamente ci rispondono per le rime. Il nostro linguaggio come tutti i linguaggi è un virus . Il meme che abbiamo trasmesso ha creato una stortura. Come il gene per la genetica, il meme, unità di base è una informazione culturale replicabile nel pensiero di uno, di tanti. La memetica è l’eredità culturale. Una idea, una lingua, una melodia, una abilità che si trasmette commutazione, da un pensiero ad un altro. Aristotele mi fa compagnia da più tempo ora, si è adagiato come un meme nel mio pensiero che libero può ritornare a studi passati con sguardo recente.
Mi dice Fausto Torre: gli uomini sono asociali. Tutto ciò che costruiscono insieme ha senso utilitaristico. Mia cara Ippolita, tutto quello che facciamo è a nostra immagine e somiglianza. Oppure saremmo semplicemente diversi.
Etica Nicomachea due- Segnali di fumo
La parcellizzazione dell’amicizia
Cellulare – messaggi – internet – facebook – messenger – posta elettronica i nostri segnali di fumo oggi. Con i richiami ed i rinvii si crea l’abitudine, l’abitudine ad attendere. L’attesa che nasce in tutti noi è inevitabile e impalpabile. Lo spiega bene Saint- Exupery, forse glielo avrà detto Consuelo, sua moglie e sua musa ispiratrice, probabile vittima amorosa. Questo atteggiamento si chiama addomesticamento, lasciare che un altro attenda quello che tu hai già dimenticato. Nonostante questo nasce, sempre, negli animi deboli o in quelli forti, insopprimibile il bisogno di un affetto, di un amico. Non si può vivere solo con cose. Si tenta però, sostituiamo persone con altre persone, con cani, con gatti, gioielli, automobili, computer, amicizie virtuali e perciò non comprendibili l’alterità. C’è ora una alienazione degli affetti – dell’amore – dell’amicizia – della dedizione – del sacrificio – del rimorso – della nostalgia . Una rimozione. Ora si parcellizza tutto.
La parcellizzazione dell’amica.
Con una parli solo di acquisti, con un’altra solo di film, e via via amica che viene, argomento che vai. Si gira intorno ad una conversazione diventata asfittica, limitativa, un parlare a pezzi, a bocconi. Un boccone di famiglia, muuh! Buono, un po’ salato, un boccone di politica, di sport, di malattia. Un po’ di mistero. Nessuna notizia personale, potrebbe essere maneggiata, travisata, riportata, meglio non dire, o dire – Ho un impegno – Ci vediamo – Non ci vediamo – chissà!
Telefona tu – telefona quando vuoi, lo sai che mi fa piacere. Io no, è vero, non telefono, ma lo sai ho tanto da fare e poi non vorrei essere invadente. –
La benevolenza sociale ti lascia il dubbio di essere tu la sbagliata. Cosa farai? Telefonerai e sarai invadente, non avrai nulla da fare! Oppure non telefonerai ed imparerai la buona educazione? Ma dopo aver aspettato tanto e alla fine capitolato e telefonato ecco: – Ti sei persa, stavo proprio pensando a te, ti avrei chiamato sicuramente io oggi – e tu resti indecisa se urlare, imprecare, ucciderla o molto più prosaicamente stare in silenzio.
La benevolenza ti lascia così, con cortesia, con un sorriso, nel dubbio se quella persona voglia o no mai condividere un po’ quel che tu vuoi.
Condivisione umana che ci fa diversi dagli animali – così dice Aristotele a pag. 813 dell’Etica Nicomachea- BUR-. “In questo senso si predica il vivere assieme per gli uomini e non come per le bestie il consumare il pasto nel medesimo luogo. Bisogna percepire assieme all’amico anche che egli è, esiste e questo avrà luogo nel vivere assieme e nell’avere comunanza di discorso e di pensiero.”
Gli animali mangiano in gruppo ma non progettano un vivere sociale, spiega Aristotele. Io, guardando gli occhi buoni di Argo, il labrador di mia sorella, penso che il filosofo non fosse a conoscenza di quanto affetto possano dare cani e gatti, come ci rimproverano, come ci attendono, come ci ascoltano.
Manca sicuramente il momento della lite, delle recriminazioni, della parità, essi dipendono da noi, dalla nostra ciotola, proprio per questo non possono essere nostri amici.
Non hanno la libertà di sceglierci. Siamo noi a sceglierli. Vorremmo fare così anche con le persone.
In questa parcellizzazione odierna scompaiono i bocconi buoni, lasciando solo sapori artefatti di una cucina emulsionata e addensata, una cucina priva di amicizia. La parcellizzazione dell’amicizia ha lo stesso effetto alienante e spaesante del parcellizzare ogni settore della vita umana.
Le conversazioni fra amici, amiche, conoscenti, colleghi ripetono ritornelli sempre uguali. Ma tutto questo è perfettamente normale con i conoscenti, con un’amica no, non dovrebbe essere così. Perché un’amica ti cambia, con una sei in un modo, con un’altra sei diversa, cambia il sorriso, la postura, le frasi, gli argomenti, anche il lessico, a volte. Stupefacente, ma vero, è l’alchimia che ci testa. Bella, finché dura l’intesa, poi tutto finisce e iniziano le lamentazioni.Lamentele in effetti è più corretto, ma lamentazioni mi sa di biblico – Lei non mi capisce, è invidiosa, non telefona- e via da una parte e dall'altra.
Non c’è il tempo per una vera amicizia tutto scorre epidermicamente, in superficie, senza poter fermarsi a guardare.
Un’amica mi ha detto che la cucina preferita ora è quella pronta, già precotta, cibi da mettere velocemente in forno e portare in tavola, così senza spreco di tempo, di pensiero. Così è.
– Addirittura! – L’esclamazione di una donna ad un’ amica che le confessava di pensarla come riferimento importante nei suoi affetti, forse l’unico, in quel dato momento della sua vita.
Forse non era un rimprovero però, ma un modo per ridimensionare, per non enfatizzare, un modo per relativizzare rapporti umani tendenti fatalmente ed erroneamente all'assoluto.
L’altra pensò a quell' addirittura in vari modi, sempre via via diversi e il positivo si dispiegava lentamente e decisamente cancellando l’amarezza di non aver avuto come risposta il più banale
– anch'io – rimandante un’alterità utopica e perciò non realmente esistita.
Ciò che Aristotele, Sant'Agostino hanno argomentato sull'amicizia, sull'affetto, sul sentimento, rimane nella sfera dell’opinabile, del desiderabile, della tensione ma difficilmente e raramente in quella della realtà, del concreto.
Dal cactus che non siamo
Ippolita Luzzo

giovedì 16 novembre 2017

Conversazioni sentimentali in metropolitana di Elena Bibolotti

Associo il personaggio di Lara, incontrata da Carola alla stazione ferroviaria di Valle Aurelia, ad una mia amica di un tempo lontano. Carola, giornalista ed in possesso di un suo  apparente equilibrio, mi sembra di conoscerla e leggo quindi il libro, pur nelle differenze di fatti lontanissimi, come una immersione nelle relazioni difficili e complicate, sia fra donne che fra uomini e donne nel campo minato della passione, dell'affetto, dell'amore, dell'amicizia.
Mi ritrovo a riflettere su quanto sia improbabile che si possa aiutare un altro o un'altra che non voglia essere aiutata, su quanto sia improbabile che possiamo noi aiutare noi stessi. 
Carola scrive e ha pronto un suo romanzo, il suo compagno vorrebbe distoglierla dalla scrittura, una particolare forma di scrittura"Franco non vuole più che pubblichi certe storie"le dico aggrappandomi ad un sorriso forzato. Non posso confessarle che preferisco incatenarmi a uno che mi schiavizzerà presto, piuttosto che lottare ancora per la mia autonomia"dice ad un certo punto Carola.
Cosa sia l'autonomia femminile mi sembra il tema di queste Conversazioni sentimentali, scritte da Elena per riflettere su  modelli di relazioni già oltremodo confusi e poco praticabili, essendo decaduti tutti i modelli a cui fare riferimento. Bugie e prevaricazioni, prostituzione e video, truffe, mail, ricchezza:"I pochi veri ricchi che ho conosciuto sono arroganti, nascono e muoiono sotto il peso della ricchezza di molte generazioni" e seduzione "La seduzione è una materia di studio, non l'orlo dell'esistenza" 
Rimane inalterato questo comportamento seduttivo per cui ognuno di noi vorrebbe condurre con sé e da sé l'altro, questo è proprio il significato della parola, quel condurre un altro verso di noi, quella necessità vitale fatta di sguardi, di gesti, odori e parole: Conversazioni.
Nelle Conversazioni di Elena la seduzione della scrittura lascia il piacere di farci accompagnare con lei su quel volo dove Lara non si presenterà. Noi sì
Ippolita Luzzo