Le cose che non ho- Così è la
vita
Due libri, uno francese e l'altro
italiano- Grégoire Delacourt e Concita De Gregorio
Giuro che non l’ho fatto
apposta a mettere questi due autori, già nel nome, uno specchio dell’altro.
Mi è venuto senza
accorgermene, naturalmente, stavano
poggiati insieme sul mio comodino stamattina, si abbracciavano e io, nel
portarli al blog, solo scrivendo mi sono accorta che, anche nel nome, erano
della stessa famiglia.
Grégoire Delacourt:
“Rileggo la lista dei miei
bisogni e mi sembra che la ricchezza consista nel poter comprare in una volta
sola tutto quello che sta scritto nelle liste- tornare a casa con tutte le cose
che avevi annotato, distruggere la lista e dirsi, ecco, non ho più bisogno di
niente. Ho solo desideri ormai. Solo desideri.
Ma non accade mai
Perché i nostri bisogni sono
i nostri piccoli sogni quotidiani. Sono le nostre piccole cose da fare che ci
proiettano verso il domani… a tenerci vivi-
La lista dei bisogni. Ho
letto e riletto la lista che, ogni volta, la protagonista stila e la trovavo
sciocca, bisogni futili, bisogni di cose che si possono comprare.
Sui bisogni feci un esame di
filosofia, (feci) in due significati, i bisogni indotti, ci spiegava il nostro
prof, l’espansione dei bisogni, i bisogni che non sono necessità.
Abbiamo necessità di acqua,
cibo, calore, pulizia, salute, affetto. Punto. Abbiamo necessità di bellezza,
di voglia di vivere. Fine. Tutto il resto, per tutto il resto c’è mastercard e
non c’è niente.
-Voglio quello che ho perso-
dice la protagonista del romanzo a pag130 ed io mi domando:-Cosa ha perso?-
Non si perde nulla perché
nulla si ha
Ogni sei minuti il suo papà
dimentica tutto, lei reinventa la vita di lui, sempre più bella e gliela
racconta.
La vita è un racconto. Non si
perde un racconto. Non si acquista un racconto. Si vive un racconto. Si
immagina un racconto.
Posso fare una lista di
immaginazione, di cosa mi racconterei sulla mia immaginifica vita? Non potrei
mai comprare quello che immagino.
Così è la vita di Concita de
Gregorio:
-Il nome delle cose-
Non c’è niente di cui abbiamo
più bisogno. Ridare un nome alle cose. Daccapo, rinominarle come quando dopo
un’epidemia, una perdita di memoria collettiva arriva un superstite con le
etichette e le attacca alle cose: tavolo, sedia, lampada, penna…sapete cos’è, a
cosa serve?-
E noi sappiamo di cosa
parliamo?
Come possiamo raccontarci la
vita, la nostra vita se non sappiamo di cosa parliamo? Se siamo estranei a noi
stessi? Se non sappiamo di cosa abbiamo necessità non bisogno.
Così è la vita, una truffa, un
imbroglio, però possiamo raccontarcela in mille modi e in nessun modo.
Finché sapremo raccontarcela
saremo ricchissimi, felici, avremo sogni e desideri, quando non sapremo più
cosa dirci sarà la vergogna di esserci
stati per avere così poco, di esserci venduti per nulla…, perché il possesso di
cose, di milioni di cose, è sempre una cosa non nostra.