13 agosto2017
Nelle letture e nei racconti spesso ricorre l'amante, la persona fuori da un rapporto ufficiale e proprio per questo condannata alla clandestinità. Uomo o donna, amante, sa che non deve e non può telefonare al suo amato o amata, sa che non può chiedere se e quando si potranno rivedere, sarà l'altro o altra a dire quando, l'amante dovrà essere disponibile a rivedersi quando l'altro vorrà.
Sa che a ferragosto, Natale e Capodanno, ogni domenica, onomastico e compleanno, sono dedicate alla famiglia, alla moglie, al marito e solo o sola l'amante sta.
Una posizione scomodissima tale da non favorire progetti, programmi e illusioni.
Ho sempre sconsigliato simile posizione a chiunque mi ha chiesto consiglio ed io non avrei mai pensato di creare una situazione simile come amante o come amato. Non ho infatti mai avuto un legame simile.
Eppure riflettendo sui rapporti amicali degli ultimi anni non trovo simbologia più attinente se non questa. Sono così strutturati i pochi e piacevoli incontri con amici. Non conosco dove abitano questi amici, non conosco le loro case, non potrei neppure andare in visita, suppongo, e so con precisione quanto siano illusorie le promesse. Gentilissimi, educatissimi, eppure Ciao Ciao, e non li vedrai più.
Devo aspettare, aspettare che qualcuno di loro telefoni, aspettare il caso e la buona sorte, e sorridere sempre delle straordinarie nonché uniche opportunità di poter anche io vedere la vita.
Ringrazio sempre e ringrazio ancora eppure poi, sbagliando forse, mi illudo di aver un ruolo amicale tale da poter telefonare io, tale da poter proporre, tale da poter viver dentro quell'amicizia e non fuori.
Leggendo e leggendo, spesso questa condizione, dalla sorte avuta in regalo, sembra sia la vita di scrittori e artisti famosi, di persone messe fuori, intente a bussare e bussare a quel portone chiamato vita sociale.
Una vita letteraria dunque.
Del brusio delle occasioni sociali non rimane più il ricordo da quando, spenta la televisione, nessuno abita più qui.
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