Miei appunti impressi su uno spazio bianco chiamato social...
Stradario di uno spaesato è la storia di un conflitto fra una generazione e un'altra, fra un dentro e un fuori, fra un sé e la realtà, fra la storia e chi siamo. Sentiamo il conflitto se siamo vivi, se interiorizziamo il tempo, se apparteniamo ai fenomeni sociali come protagonisti, dissentendo. Un conflitto fatto di strade, di tante strade che percorriamo o non percorriamo, basta che si sappia che ci siano. E Mauro queste strade le ha percorse fisicamente e ci sta portando sulla statale 18, altro suo libro, "Statale 18" che va da Paola a Catanzaro, dove insegnava all'Accademia delle Belle Arti, ci porta nei suoi innumerevoli autostop fatti per raggiungere Cosenza da ragazzo, in una Calabria che vedeva la sua prima Università. Una bellissima opportunità, una grande illusione e realtà, la favola bella degli studi che siano un riscatto, una opportunità per tantissimi ragazzi che erano sempre andati fuori. Una favola alla quale io credo ancora, alla quale bisogna credere come necessità. Siamo negli anni settanta... E una generazione di studenti si formerà all'Unical, con incontri prestigiosi, Giorgio Bocca, Danilo Dolci, con "il mondo fra le mani e una gran voglia di fare".
Mi viene da cantare scrivendo su realtà che non conosco, io andai a Messina all'Università a fare filosofia, ma ora Mauro, dal suo libro, ci regala quel mondo universitario, fatto di incontri, di scontri, di libertà, e nello stesso tempo di delusioni e di amarezze. Fra ciò che sembrava possibile e ciò che poi è stato c'è la voragine, la voracità, la condizione dolorosa di una realtà smagliata.
E si allarga lo sguardo di Minervino su tutta la Calabria, percorsa a cento all'ora, di giorno e di notte, soprattutto, con la testa fuori dal finestrino, a cercare la libertà dei pensieri, a cercare una ragione di tanta dissolvenza. Una Calabria smagliata, senza centro, composta da 400 e più comuni, sempre meno abitati, una Calabria che costruisce case, sempre case, non finite, non finito calabro è diventato un genere artistico, una Calabria che non ha saputo spendere i soldi, quando sono arrivati, una Calabria che lentamente muore e si disfà nell'indifferenza e nell'incuria.
Dal 1970 ad oggi, il libro ci propone le strade interiori di un pessimismo lucido, di un antropologo che si occupa dello spazio abitato dagli uomini, uno spazio senza più aggregazione che non siano i non luoghi, come ci ricorda Marc Augè, antropologo di grande sensibilità, amico e prefatore di un altro libro di Minervino. Una Calabria che non sa abitare uno spazio con decenza. Un pessimismo che ci mostra come siamo diventati, dove abitiamo, come vi abitiamo, senza finzione, perché la speranza non nasce dall'inganno ma dal conoscere la realtà. "Tutto ciò che è fuori è anche dentro di noi" sta dicendo Mauro, nel consegnarci l'Apocalisse, i sacchetti della spazzatura ad ogni angolo di strada, una raccolta differenziata che sembra il sogno impossibile, il deturpare continuo di mare, fiumi, aria, e l'anarchia della volontà dei singoli, di chi può.
"La libertà è mettere dei vincoli al mio passaggio, al passaggio di ognuno di noi, altrimenti nessuno si sente responsabile del male che causa."
In una Calabria, che potrebbe essere come la Scozia, dove qualcuno lascia, in boschi incontaminati, la consegna di una panchina affinché un altro possa sedersi e ammirare la bellezza del creato, ci sono 4000 incendi circa all'anno. In tutta Europa nello stesso periodo sono circa 2000. Una Calabria che brucia come se bruciasse la pelle, una Calabria che si disprezza. Penso al film di Albanese, a Cetto La Qualunque che butta un mozzicone ed incendia un bosco. Una Calabria bruciata, con la pelle arsa dal disprezzo di alcuni, pochi abitanti. Il danno su un territorio non amato. "La Calabria Brucia" altro libro di Mauro Minervino che ora ci chiede di mettere attenzione, perché gli incendi sembrano una prova generale dell'Apocalisse di Giovanni, in cui l'elemento dominante, come ricorda Hillman, è il fuoco che viene dal cielo e il fuoco nero che sale dalla terra.
"Antropologo mercante di stupore" è la sua definizione di cosa sia un antropologo, di come debba stupire per dare quella meraviglia, da Aristotele, che spinga alla conoscenza.
Restiamo a chiacchierare un po' prima che inizi la conferenza, restiamo a ritagliare altri momenti con in mano "Nuovi Argomenti", l'ultimo numero dedicato a "L'Europa quando piove" con un articolo di Mauro su "Gissing, come fosse oggi"
Gissing, da lui amato, studiato e tradotto. Gissing che scrisse "Sulla riva dello Jonio: Appunti di un viaggio nell'Italia meridionale" nel 1901. Nelle chiacchiere amicali di una fratellanza che si chiama letteratura appare sorridente una rivista dal nome del cane di Mishima in cui collaborarono, nei lontani anni ottanta, Mauro Minervino, Francesco Garritano e Massimo Celani e tanti altri che fanno parte del regno degli spiriti liberi, conflittuali, che dissentono con ironia, con leggerezza, abitando il mondo delle città invisibili di Calvino, il mondo della trasposizione letteraria. Prendiamo un caffè, e lui, davanti alla mia Lavazza, inquinante mostro di cialde, mi dona la ricetta del suo caffè alla turca, due dita d'acqua bollente e un cucchiaino di caffè macinato, bevuto con tutta la sabbia del deserto, da Istanbul all'Ungheria...e mi piace finire questo pezzo con la marmellata di arance fatta con le arance di Enzo Siciliano, raccolte in quella casa che si chiama Vertano, vicino Feroleto Antico, la casa della sua mamma e riportate a Roma, in regalo da Mauro ad Enzo, nella casa dello scrittore, da spalmare per il rito della prima colazione Gli affetti che ci fanno uomini. Gli affetti che sono civiltà, dai Sepolcri di Foscolo.
Mauro Francesco Minervino, fra le tante attività di cui si occupa, cura per la Luigi Pellegrini Editore la collana Itaca Itaca che sta per dare alla luce i racconti di Quiroga, autore ispano americano, tradotto da Marino Magliano e Luigi Marfè.
Nella stessa collana: Zibaldone Norvegico di Luigi Di Ruscio con la prefazione di Angelo Ferracuti (il vangelo adoperato come poetica) e Naïs Micoulin e altri racconti, racconti inediti di Émile Zola con prefazione di Pierluigi Pellini e traduzione di Paolo Fontana
Collana : Itaca, Itaca
e già viaggiamo nei libri come Ulisse, come Kavafis, in un viaggio con un libro in mano. Ritorno ad Itaca. Ritorno a casa.
Un viaggio generazionale da spaesati
Ippolita Luzzo
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