"Dove i piccioni volano più in basso dei merli, dove i merli volano più in basso dei gabbiani, dove i gabbiani volano più in basso dei cormorani" termina così "L'età bianca" di Alessandro Moscè uscito nel giugno 2016, che continua "Il talento della malattia" entrambi per la casa editrice Avagliano, testimonianza di una guarigione che lo rende un privilegiato.
Così racconta lo stesso Alessandro in una intervista:"Ho acquisito un linguaggio medico dopo anni di studio sui sarcomi ossei. Oggi guarisce il 25% dei malati, allora erano pochissime possibilità di scamparla. Pubblicare il libro è stato invece molto difficile, perché gli editori non credevano che fossi uno dei due unici guariti, negli anni Ottanta, dal sarcoma di Ewing ischio-pubico, secondo la casistica personale del grande Mario Campanacci, direttore dell’Istituto Rizzoli e luminare internazionale nel campo dell’oncologia ortopedica. Uno dei maggiori editori italiani ha interpretato il romanzo definendolo miracolistico. Per questo lo ha rifiutato. Franco Brevini mi ha restituito l’onestà almeno dell’intenzione letteraria, dicendo di “una grande storia di guarigione nel segno del calcio”.
Così racconta lo stesso Alessandro in una intervista:"Ho acquisito un linguaggio medico dopo anni di studio sui sarcomi ossei. Oggi guarisce il 25% dei malati, allora erano pochissime possibilità di scamparla. Pubblicare il libro è stato invece molto difficile, perché gli editori non credevano che fossi uno dei due unici guariti, negli anni Ottanta, dal sarcoma di Ewing ischio-pubico, secondo la casistica personale del grande Mario Campanacci, direttore dell’Istituto Rizzoli e luminare internazionale nel campo dell’oncologia ortopedica. Uno dei maggiori editori italiani ha interpretato il romanzo definendolo miracolistico. Per questo lo ha rifiutato. Franco Brevini mi ha restituito l’onestà almeno dell’intenzione letteraria, dicendo di “una grande storia di guarigione nel segno del calcio”.
Leggo dunque la sua vita, da lui delineata su i capisaldi essenziali che la tengono: la passione per il calcio, per Chinaglia, eroe e amico, forte e combattente, la passione verso una lei, quasi una rincorsa verso l'illusorio della condivisione amorosa, e la malattia da cui si guarisce, restandone sempre segnati, come riscatto. E in tutto questo il giornalismo, la scrittura e la poesia, la voglia di esserci e di essere protagonista.
Leggo su "Pelagos", rivista di letteratura contemporanea, un suo articolo in cui si interroga sul romanzo e riporta un pensiero di Franco Cordelli sul destino del romanzo, nel quale Cordelli ha dichiarato che ci sono all'interno delle cose vere, delle cose verosimili e gli episodi autobiografici. Alessandro Moscè ha seguito questi tre momenti e ha costruito la storia inserendo via via la malattia, referti e studi sulla malattia, vari pezzi giornalistici, articoli del periodo a cui fa riferimento, indagini da cronista e repertorio sportivo, riguardante la carriera e la vita di Chinaglia, da lui indicato come un motore. Ci sono quindi molti momenti in cui il giornalismo prende la mano al narratore e la storia si sposta sul foglio della rivista. Ho, per caso, incrociato, grazie al racconto di un mio amico, la storia di un altro miracolato, di uno scrittore che si salvò dalla tisi, e poi lo raccontò nella trasposizione letteraria del sanatorio della Rocca. Bufalino, in "Diceria dell'untore" racconta come chi si salva e veda gli altri perire abbia come il rimorso d'aver tradito «il silenzioso patto», stretto con i compagni della Rocca, di non sopravvivere ad essi. Per lui, reciso il «comodo cordone ombelicale col sublime», dismessa la parte di prim'attore di tragedia, si riapre, con il ruolo di comparsa, il tempo ordinario dei giorni. Se la morte resta uno scandalo, la guarigione è una caduta da cui potrà riscattarsi rendendo «testimonianza, se non delazione, d'una retorica e d'una pietà», componendo la sua diceria.
Raccontava Calvino che lui avrebbe scritto e riscritto una sua biografia personale in modo sempre diverso a secondo del momento che lui viveva, proprio perché ogni nostro momento vive nel paese dell'immaginazione, proprio come scrive de Maistre e come Moscè riprende.
"Leggeva Xavier De Maistre e il suo "Viaggio intorno alla mia camera" in cui ripercorreva in sequenza tutti gli oggetti della stanza: la poltrona, il letto, le stampe, i quadri, lo specchio, la scrivania, la sedia usandoli come principio di libertà, tanto da scrivere: “Incantevole paese dell’immaginazione, che l’essere benefico per eccellenza ha concesso agli uomini per consolarli della realtà, ti debbo lasciare. Oggi stesso, certe persone da cui dipendo hanno la pretesa di ridarmi la libertà, come se me l’avessero tolta”.
L’ossessione della memoria rimane un caposaldo. La malinconia stessa, in fondo, non è altro che un ricordo inconsapevole. Il lavoro di ricostruzione di aneddoti ed episodi è stato certosino. La letteratura non salva niente, è un artificio. L’età bianca precede la malattia... un film, la vita, ha bisogno non solo di eros, ma di silenzio, di preghiera.
Tutto questo per dire che ogni storia raccontata, nel momento che viene raccontata, va oltre la trama e il fine e può diventare romanzo e racconto se incontra la letteratura. Un incontro tra parole e suono, ritmo, musicalità.
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