venerdì 31 luglio 2015

E.T. a Palazzo Nicotera

                                        


Se ne stava lì tutto solo, sul pianoforte, a guardare senza guardare, con i suoi occhioni tondi e tristi, la sala  preparata per l'occasione. La sua occasione. La conferenza stampa per pubblicizzare evento, organizzato dalla Fondazione Culturale Carlo Rambaldi,  che si terrà a Villa Ventura il 10 Agosto 2015.
Un evento che regalerà  ai bambini del reparto Pediatria un sorriso e alcuni peluche, che somigliano all'E.T. che ci guarda ora. Insieme ai giochi, anche un lettore dvd, regalato da UNA associazione ed  il dvd del film. 
Un gala per raccolta fondi da donare al reparto ed infatti il primario Dottor Saullo sta ringraziando i figli di Carlo Rambaldi per la disponibilità dimostrata.

Sono presenti due figli, Victor e Daniela, è presente la moglie di Rambaldi che vive ormai con Daniela ed i nipoti a Los Angeles, dove andrà subito dopo il 10 Agosto. 
Io ho visto Carlo Rambaldi una sola volta in televisione, si aggirava con gli stessi occhi stupiti di stamane negli studi televisivi di una domenica pomeriggio, suppongo. 
Seguiva i tempi veloci del ciak si gira, senza aver lui il tempo di dire alcunché.
L'ho ritrovato stamattina nelle parole e nello sguardo del figlio Victor, che ha saputo dar vita al  papà, ricordando le sue parole.
Il valore evocativo dei reperti, del fantastico, di un bambino che crede possibile educare con la fantasia, con il gioco. 
I molti giocattoli meccanici creati, fin dall'infanzia, per farsi compagnia e per far compagnia ai bambini del suo paese con un primo spettacolo di burattini. Così è il movimento che crea emozione, raccontava lui  al figlio, e stamattina Victor ci regala la potenza evocativa delle immagini che, con un aneddoto, fa vivere.
Nel 1983 a Città Del Messico un bambino autistico sciolse i lacci della sua incomunicabilità grazie alle immagini forti del film di Rambaldi. La forza delle immagini che richiama a sé la liberazione e la speranza di poter noi tutti raggiungere casa.
Anche Victor ama le immagini, ha scritto libri per ragazzi, e con "Il soffio dell'anima" suo ultimo film,  racconta la lotta individuale per farsi spazio oltre le strettoie del corpo,  delle convenienze e delle convenzioni  sociali e mediatiche.
Stamattina a Palazzo Nicotera.
Come conoscere una persona con dettagli interessanti. 
Solo se ci interessano le cose, le persone, vivono con noi.
 E.T. extra-terrestre telefono casa
                                                               Ippolita Luzzo

L'Orgasmo per la Giornata mondiale dell'orgasmo

ed allora posto questi versi 


L'orgasmo

A modo mio 
  
L’incontro è
Capelli - pelle - tatto
Profumo - respiro - eros

L’incontro è
Mente - pensiero - emozione
Scelta - conoscenza - passato presente

L’incontro è
Anima  -  tutto - insieme
E occhi chiusi - l’altro scompare-  scompari anche tu

Perdersi in un altrove, perdersi in un vortice
nel flusso del movimento
armonia di respiri, di ansimi, di soffi
di gorgoglii, onde che si rifrangono
che vanno, si ritirano, cerchi concentrici di piacere
che aumentano, si smorzano, riprendono intensità.

Pause - piccole  lente - lente

Sensazione nostalgica

Nostalgia di nuovo di riprovare, di ricominciare
Subito.


Ed è nel ritorno, nel ritrovare quel che si pensava perduto per sempre,
che diventa più intenso il turbamento,
più vicino al nulla, all'infinito
all'appartenenza al cosmico ancestrale sentimento della vita e della morte.

In un momento, in alcuni secondi, attimi concentrici, circolari per la donna
e, suppongo, lineari, di volo, di fuga,  per l’uomo


sarà simile il librarsi nell'eternità del divenire


No, ero bidella. La maleducazione del sud

Non me ne voglia chi si rivedrà se uso particolari e stralci di conversazione per fare esempi sul vizio comune di screditare colui o colei che  si è dimostrato gentile,  ha fatto un favore o semplicemente  sembra inoffensivo. 
Vizio del sud. 
Così incontro organizzante che, informandomi di evento, dice: "Viene tizio a suonare, a ballare, a dipingere. Il primo che ho trovato"
Ribatto che ottima scelta mi sembra e rimango malissimo per quel tizio che, benché bravissimo e disponibile, rimarrà il primo che ha trovato. 
Ricordo altra conversazione con sedicente politica che, di una candidata del suo partito, ad alta voce, dal parrucchiere diceva:
" Poverina, l'abbiamo accontentata." Screditando la candidata "poverina", il suo partito, e screditandosi nello stesso tempo.
Così non capirò mai questo gusto che prende ad alcuni di ridicolizzare e  sminuire l'altro.
Credo sia incapacità di stimare l'altro per il valore che ha, come se, attribuendo valore ad un altro,  venisse sminuito il proprio, come se, screditando l'altro,  si acquistasse maggior prestigio. 

Mah

Rumino per digerire simili scorrettezze 

Così forse farò più felici alcuni miei conoscenti se, invece di essere stata io docente di lettere, loro possano pensare che abbia svolto mansione di bidella, di assistente alle loro sudate carte, di aver spolverato la cattedra dove  si sedettero.
Oppure le farò felici se non parlerò più, nella maleducazione che regna sovrana nel sud.
Ripetete Kant, ogni tanto, miei cari suddici...

domenica 26 luglio 2015

A Sud con Pasqualino Bongiovanni

A sud delle cose- Pasqualino Bongiovanni
Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai- Al sur de las cosas
Noi parleremo di intuizione, attitudine naturale a conoscere l’intima essenza delle cose, prima di ogni processo logico e razionale. Particolare forma di conoscenza della realtà non evidente. Come conosciamo quando conosciamo, nei gradi della conoscenza l’intuito viene subito prima di analisi e ragionamento.
Lo sentiamo, lo percepiamo il pericolo, per intuito arriviamo alle cose.
Sveliamo le cose prima nascoste e nel momento di porgere quello che abbiamo intravisto, che ci è palese,  ognuno trova un modo. Pasqualino Bongiovanni ha trovato il verso, la poesia per svelare il dettaglio.
Una poesia attenta, e nello stesso tempo semplice, non  che porti in balia di emozioni il lettore, ma lo guidi nella scena, nel momento  che lui ha visto. Con disciplina e metodo.
Metodo: procedimento attuato per dare misura, e non seguire ogni impulso. 
La differenza fra tanta poesia emozionale, da emozione, movimento che smuove sentimenti di pancia, direi, e poesia di intuizioni, che svela, la differenza è fra poesia vera e poesia non vera, fra falso e vero.
La poesia di Bongiovanni è vera in ogni verso che lui ci dona. Una realtà che è esistita e che esiste, un mondo interiore ed esteriore che ci appartiene e che amiamo, davanti a noi, svelato. Poesia del contadino. Morte di un contadino. Sudati anni,/ sputi nelle mani,/ giacche assolate/ stanche,/ saluti/ con cappelli/ di polverosa umiltà./ Oggi/ rasato dal barbiere/in un bellissimo/ abito/nuovo. Lamezia terme 20 marzo 1966
Oggi Pasqualino mi confida “Sai, Rigoni Stern mi diceva che "scrivere è come scolpire, bisogna cavare via", cioè bisogna togliere, come chi scolpisce toglie materiale dal blocco di marmo per giungere alla forma desiderata e tra le altre cose, nella mia poesia ho cercato di imparare a fare questo
Per  Calvino, nelle sue Lezioni americane, "togliere" è funzionale al raggiungimento della leggerezza, non   superficialità, ma capacità di vedere le cose dall'alto ("la nuvola, e il falco alto levato" scrive Montale in una sua poesia)" 
Per Pasqualino  "togliere" significa conferire maggior peso e densità (e drammaticità!) alle "cose", anche a quelle "cose" piccole e quotidiane che abbiamo sempre distrattamente davanti agli occhi.”
La sua poesia è  intuizione che svela i dettagli,  e diventa  dominio interiore nel dire con Armonia, musicalità. Lui che musicista è sa  che la musica come la poesia  matematica è,  come l'armonia dell’universo, nelle cellule, nel verso, l’armonia che ci regola, nel nostro corpo.
Per Sentir suonare la melodia del nostro passaggio sulla terra ognuno sceglie un suo loggione. Come a teatro. Lui ha scelto A sud delle cose.
«Penso che ogni cosa abbia un suo sud – spiegava lui  nel 2006 in occasione della pubblicazione di "A sud delle cose" – una prospettiva meno spavalda e sicura, un lato più povero e malinconico da mostrare, un lato forse triste e meno fortunato, ma che proprio per questo merita attenzione. È da questo lato che ho scelto di pormi per poter osservare e poi descrivere il mondo che mi circonda. Così il sud delle cose diventa il sud di un quartiere, di una città, di un paese, del mondo intero. E la questione meridionale si allarga fino a riconoscersi nella questione del terzo mondo e dei paesi poveri».
 Io invece penso che esista un sud interiore e che si chiami solitudine

A sud delle cose- Una solitudine affollata
Una volta la solitudine non esisteva, nel senso di individuo solo e sconnesso dal suo abitare. Non esisteva questa solitudine perché ognuno aveva un ruolo ed era connesso, funzionante al suo stato. Non c'era alienazione a sud delle cose. Esisteva la lontananza, la malinconia, la nostalgia. Il dolore del ritorno, la struggente voglia di un paese amato e la estraneità al nuovo, dopo emigrazione. Lunghe lettere univano gli emigranti ai familiari e le rimesse venivano impiegate per alzare stanzette per la vecchiaia, quando questi  sarebbero ritornati a sud, per sereni giorni e infine essere seppelliti nel piccolo cimitero del paese natio.
Mai più nessuno tornerà a sud. 
Tramontato quel mondo, i nuovi emigranti vanno a nord per insegnare, per studiare, e nuovi migranti giungono a sud da ancora più a sud, soli e sconnessi da loro mondo.
Il fluire di modi ha creato nuove solitudini di individui vaganti e residenti in luoghi che non saranno di alcuno.
Senza storia.
Una solitudine astorica, lontana dai sensi di un conoscere fonti e testimonianze, lontana da studi, e relegata in centri di accoglienza, centri commerciali, centri di niente. 
Dal sociale all'individuo poi anime smarrite ed inconsapevoli vivono il disagio di stare in uno spazio che non riconoscono. Più che il tempo è lo spazio che è sconosciuto benché affollato, troppo affollato. 
Attrezzarsi quindi dobbiamo, nel messaggio civile della poesia, a lenire, a raggirare, a superare il varco col salto dei versi, con l'ironia, l'intelligenza, la conoscenza di chi poetò per noi e per lui.
Due  mie poesie sole ho scelto per dialogare insieme con lui
Lui mi parla: In una sera d’estate. Pag82
Io rispondo con una mia cosa: La dignità della solitudine

Ho popolato il mio tavolo di voi/ho fatto colazione pranzo e cena
chiacchierando con voi/ e / fuori/ poi / ho continuato a chiedermi di voi/senza però chiedervi niente/ non si sfugge/al nostro destino
però si può
sicuramente
raggirarlo.
Una solitudine come destino
io l'ho presa in giro con un libro in mano,
con lo schermo di un pc
con un foglio bianco
che mi chiede
-Come stai?-
Lui mi risponde con Fraternità. Pag 90 del suo libro
Il foglio che ci unisce. Entrambi abbiamo moltissimi amici in comune. Le nostre letture.
E in un giorno di Luglio io scrissi
6 Luglio 2010
Quando col rastrello si portano via le foglie,
la terra nuda.
Quando si pota un albero
la linfa sgorga,
quando ad un uomo vengono cancellati i germogli,
la parola è muta
Il respiro corto
La giornata lunga ma non impossibile.
Basta aspettare e si riforma dall’albero la patina,
 dalla terra la vegetazione,
dall’uomo la speranza.

E lui mi risponde con Questo  continuo separare. Pag 97.

Poesie che amerete anche voi portare con voi come Le gemme da innesto. Pag 77 dal libro A sud delle cose.
                                                                              Ippolita Luzzo

Scherzosamente ed indegnamente  finisco con  miei versi al sud

Io non sono una donna del sud
Non ho mai fatto la salsa di pomodoro
Le melanzane ripiene, la conserva di peperoni.
Non ho mai  insaccato una salsiccia, non l’ho mai bucherellata
Mi fa senso il sanguinaccio, non lo mangerei mai
Non pranzo  dalla suocera, però l’ho tanto amata
Non vado a matrimoni, battesimi  e prime comunioni
Non vado neppure ai funerali.
Come potrei salutare quelle persone
Affrante
messe lì, in fila indiana
Non conosco il parentado, non ricordo  i vari gradi
 Mi sfuggono gli intrecci, proprio quelli più succosi
Mi distraggo, e poi apro le finestre, tiro giù le tende
Su balconi spalancati.
Non spedisco barattoli a mio figlio, non stiro le camicie
E poi non mi nascondo, non dico- ho un impegno-
Non ho mai gente a casa, a volte solo amiche
Non ho mai abitato qui,
non ho mai vissuto qui, ma ora che lo vedo,
ne sono tanto fiera.
Il sud  lo porto nel sangue, nel suo colore, nel suo calore
Nella  storia, nel presente,
nel mio viso da bambina
Nel dolore delle mamme,
delle donne
Sempre attente, sempre pronte
Sempre vigili e custodi
di una cura sempre eterna
13 agosto 2011
Sono fiera del sud di Pasqualino Bongiovanni




Il cerchio di Dara- A Falerna marina

Si chiude così, come era iniziato lo scorso luglio ad altra presentazione,  l'incontro con Domenico Dara, nostro interessante autore di terra calabra, autore del libro "Breve trattato sulle coincidenze", libro finalista al premio Calvino 2013.
Siamo a Falerna marina, seduti di fronte al cielo blu notte dallo stesso colore leggermente più cupo del vestito di assessore alla cultura che ha patrocinato appuntamento letterario.
Aspettiamo Domenico e Rosy, sua moglie, che, con un programma ricco di incontri, fanno conoscere in tanti paesi un libro che parla di un loro paese " Girifalco", paese con a Nord il manicomio ed a sud il cimitero. Metafora di paesi e paesi al centro dell'ipotetico mondo che pur esiste, se si muove.
Alla maniera di...
Flaiano alla presentazione di Dara. Ennio Flaiano ha preso appunti sulle ginocchia di un Sud di cui scriver non si può. Non so se qualcuno di voi conosca le precise e pungenti pagine che Ennio ha riportato dagli spettacoli teatrali che lo vedevano protagonista nel pubblico e che furono raccolte nelLo Spettatore addormentato. Vi consiglio di leggere quel libro. Così come vi dirò che Damilano, giornalista,  mio angelo custode, nell'indicarmi la strada verso il dire vero, stavolta non mi soccorre.
 Difficilissimo parlare al Sud. Il Sud è niente. Nel film di Fabio Mollo infatti zitti stanno. Ed io capisco i microfoni, stasera, che zitti stanno, malgrado Ugo li accarezzi e li congiunga a casse enormi, inginocchiandosi, quasi. Nulla. Loro si rifiutano. Così diventa fatica far giungere a tutti, al numeroso ed attento pubblico, la voce dell'autore del Breve Trattato sulle coincidenze. 
A sud delle cose, scrive Pasqualino,  la parola è muta. Lui scrive "l'amore". Ed è quell'amore, inteso come forza vitale, come modo di essere, che, nel libro di Domenico Dara, ha cucito e rammendato i buchi nei calzini, non con la guglia bensì col filo della scrittura
Dara scandisce le parole, che a me giungono chiarissime, e ci regala uno scoop, per noi della Litweb: il titolo provvisorio del suo romanzo in itinere "Dalla pietà celeste"
Nell'enumerare i sette personaggi che passeggiano nel libro in fieri, Domenico Dara ci dice che sono accomunati dalla mancanza, dalla perdita, come se ci fosse stata una frattura, quasi lo sbalanco di Girifalco che divide i due alberi di ulivo. Mancano infatti i personaggi di un padre, di una mamma, di figli. Mancano nella perdita e sembra tutto fermo fino a che  arriva il circo che cambierà con un giro di giostra destini e  donerà  illusione ai protagonisti  di esser saliti davvero su quella ruota.
Domenico Dara ringrazia Savina, libraia che ama i libri come Carmelo Calì e Cristina Di Canio, e risponde alle  domande di Ugo Floro.
"Il successo del libro può nuocere alla creatività dello scrittore?"
"Il postino è  un mediatore sociale?"
Dara risponde che la scrittura è un balsamo che cura vuoti, dopo la frattura avvenuta. Che suo personaggio, il postino, guarda il mondo come il protagonista del film citato, "La finestra sul cortile", e che la scrittura è per postino,  come per lui, un modo di essere al mondo.
Floro intanto dipinge atto del postino con un aggettivo " delicato"  un modo di fare con  delicatezza, dunque. Siamo alla fine.
Il nuovo libro già partecipa con noi, già tra noi, con la preghiera all'angelo che è il nostro custode, a cui siamo affidati dalla pietà celeste. I sette personaggi, come gli arcangeli, si guardano dietro per assicurarsi quale sia il motivo per cui sono venuti qui, nel mondo.
Con i pensieri del filosofo teutonico sul cavallo e sul nostro ciuccio, con l'occhio mitologico di  Lete, messaggera di Oblio e dimenticanza , di  Tiresia e di Lachesi, credo che io, da spettatrice, ieri sera abbia chiuso il cerchio. 
Da luglio a luglio.
Dalla prima presentazione a cui ho assistito all'ultima di ieri sera.
Aspettiamo "Dalla pietà celeste" l'angelo custode. 
Un abbraccio ai libri che nascono e vivono al di là delle tastiere sociali

mercoledì 22 luglio 2015

Il passeur che passerà- Michele Lupo- Io sono la Montagna


Il monologo interiore di Io sono la Montagna
E gli uomini vollero piuttosto la tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19

"Una esagerazione" scrive in prima pagina Michele Lupo "Ci sono cose che ti restano addosso per sempre"
Io sono la Montagna. Tutto passa, tanto tutto passa, tranne  la paura.
La conseguenza del passare, come passa quando passa la rovina.
Raccontato con la velocità di un parlarsi fra sé e cercare, nello stesso tempo, di cavarsela, in una lettera al mondo che a lui non rispose mai, il protagonista nel libro  di Michele sembra quasi ravveduto. 
Imprigionato in schemi che non gli appartengono e quindi sorpreso che, benché lui abbia fatto tutto per benino,  poi gli sia successo incubo, uno dietro l’altro.
Con una scrittura sempre all'altezza della situazione, mai rallentata, sempre sul ritmo della storia, Lupo ha descritto l’abisso del carcere, l’abiezione che io conosco per aver letto  ultimamente “Fuga dall'assassino dei sogni” di Alfredo Cosco, scritto con Alfredo Musumeci, ergastolano ostativo. 
Un inferno raccontato dalle sbarre.
La galera è una macchina per esperimenti- dice il personaggio, scrivendo una lunga a lettera a Vera, ritmando ogni episodio della sua vita  con una battuta musicale, di batteria.
Incubo poi è la vita in famiglia, le incomprensioni, le vessazioni, la sessualità rapace e subita, la mancanza  di dialogo al quale unico scampo resta  la fuga.
La fuga, incubo suo e di tanti derelitti che fuggono, scappando da luoghi in guerra e stuprati, luoghi svenduti e massacrati, luoghi che non esistono più.
Fuggono in tanti, fuggono nel cassone del camion del protagonista, un container, chiuso ermeticamente alla partenza e riaperto in Germania, forse riaperto, e dal container scende giù la disperazione di voler  ancora  tentare una vita dignitosa. Di farcela ancora.
Come si augura il protagonista, dopo aver passato l’inferno del carcere, con soprusi e percosse, atti di sodomia subiti ed essersi rifiutato di far subire. Come si augura ciascuno, di passare indenne ai fuochi incrociati della violenza e della nequizia.
Oggi ho letto il tuo “Io sono una montagna”, Michele Lupo,  lettera ad un modo di vivere che a noi non piace, non solo negli aspetti più terribili del carcere e della trasmigranza forzata  ma anche nella abiezione del quotidiano dei rapporti familiari, fra sconosciuti, conviventi
Un racconto che farei stampare e lasciare che sia letto negli stessi luoghi che ripercorre il protagonista, sottoposto alle perdite di Giobbe, sottoposto alla perdita che attanaglia tutti,  di una vita dignitosa a cui aspirano: Il perdono.


Felice di avere un buon scrittore nel regno della Litweb, il regno che non esiste e dove mi sono rifugiata in fuga dal mondo. Addio Mondo crudele.

Riprendo questo testo oggi, 27 Agosto, nel leggere  la cronaca  aprire il portellone di altro Tir in Austria, più di settanta i profughi siriani, morti, probabilmente per soffocamento. Una cella frigorifero per l'Europa. Abbandonati dall'autista che è stato arrestato. Emergenza profughi nei Balcani. Tristemente con Io sono la Montagna, la denuncia letteraria e profetica di Michele Lupo

Una sera con Angelo Maggio e Francesco Lesce

A parlare di sud. Se stiamo a sud un motivo c'è. 
 Badolato superiore in  piazza per una pizza. 
 Tavolo numero otto oppure siamo in otto? Ci contiamo. Sul tavolo c'è adesivo bianco con  scritto otto  Non siamo in otto, bensì in sei. Eppure alla fine della serata la  ragazza che  porta il conto ci interroga sulle consumazioni e scopriamo che esistono due tavoli numero otto incrociatisi nelle ordinazioni. 
Chiediamo pizza bianca, la portano rossa. 
Vogliamo cambiare? "Non è il caso", ci informa addetto alle pizze, "il cuoco è nervoso, meglio non averci a che fare, stasera." 
A me la portano bianca perché lui scordò mia ordinazione e la riscrisse dopo aver servito gli altri. 
Un amico chiede bibita ma non è fresca. " Se vuole la mettiamo in frigorifero, ora" fa conciliante il ragazzo del bar. 
Simpaticissima serata fra richieste non esaudite oppure distorte. 
Tutto scangiato- direbbe nel siculo inventato Camilleri.
E lo scangio, il falso che ci avvolge, dal falso storico a quello di un culturale falso e vuoto, fu il tema della serata sorridente e leggera che abbiamo trascorso.
Se lo racconto