Quest’ombra sul terreno-
Felice Mastroianni
La favola
Mi sveglio.
Ѐ la favola della nostra vita
Quando possiamo affacciarci
A salutare
Un nuovo mattino.
Così Felice Mastroianni
continua l’eterno canto dei poeti che non si stancano di ricordare che nulla è
scontato, che solo le piccolissime cose fanno di noi un essere umano, che
essere felici vuol dire accorgersene, accorgersi che è di nuovo mattino.
Quest’ombra sul terreno,
titolo di una sua raccolta, avviata alle stampe nel 1983, ad un anno della sua
scomparsa, obbedisce ad una disposizione delle liriche, curate dallo stesso
autore.
Il libro è stampato postumo,
nel baule altri suoi scritti aspettano vengano editi.
Le sue raccolte, in vita,
avevano titoli di antiche praterie nei pascoli verdi di Manitù, “L’arcata sul
sereno”, “ Favoloso è il vento”, “ Luna santa luna”, titoli di un amore
sconfinato verso il cielo.
“ Quante volte ho guardato al
cielo” canta Renato Zero, quante volte abbiamo guardato il cielo, noi tutti,
per prendere il volo, per sentirci piccoli dinnanzi alla grandezza, tanto
piccoli da aver inventato il metro, per misurarlo un po’.
Sfoglio e risfoglio questa
raccolta di poesie, la porto in giro per casa, anche a mare, in borsa, in
terrazza, dinanzi al cielo che muta, a nuvole che dipingono rosee, dipingono
grigio, il nostro cielo.
La poesia ci chiede sguardi
sbilenchi, ci chiede di alzare gli occhi, di guardare di lato, di stare sul
baratro fissi a vedere vertigine. La poesia è vertigine, affidare a parole la
vita, affidarsi al giudizio di chi, leggendo capirà altro, non avendo visto lo
sbalanco.
Felice Mastroianni, dal suo
sbalanco, tiene stretto per mano tutti gli altri poeti, suoi simili, a lenire
quella inquietudine di sentirsi un’ombra sul terreno.
“ Perché il vento non si
porti via tutto di me” è la sua preghiera a moglie, ai figli, una preghiera universale che tutti
facciamo nostra. Mentre lui prega che questo accada, che lui rimanga nella
memoria, già sa che
“ Cadranno le mie parole,
col tuo volto
E non sappiamo alba
che venga a risvegliare il tuo nome
e la mia voce,
…Viene un vento d’anni
cui non reggerebbe un cuore.”
Felice "è tardi per noi",
potrebbero rispondere a lui Montale con “ Non recidere forbice quel volto”,
Costabile con la sua apparentemente frivola risata, espressione di una
sofferenza inaudita e “Nel cammino senza tempo questa ombra sul terreno non è
che un istante” vero?
Eterno l’andare?
Eterno e circolare, risponderebbe Sereni, lui che lesse" Sola", lui al quale Mastroianni chiese " Ma a che cosa abbiamo creduto?" rispondendosi " è rimasto il vento delle colline a risonarci dentro" e la risposta soffia nel vento.
Soffiano nel vento della storia le tante domande dull'ingiustizia, sull'infelicità, sull'ineguaglianza.
Parlando con Rocco, suo coetaneo, contadino del paese, Felice cerca la solidarietà, " in te ritrovo... la traccia che può riportarmi lontano agli anni del silenzio" e ancora " tu solo forse hai un'immagine di me la più vera: scaviamo invano io l'anima tu la terra per un filo di sorgiva"
Dal suo vissuto al nostro, dalla storia ai miti, con libri in mano, con scolari davanti, con inchiostro e pennini, siamo arrivati da lui a noi e con lui diciamo " siamo gli eredi delle mani screpolate e incallite gli estranei al cuore della terra" " si spegne la luce... d'un mito di salvezza... all'arca dei sopravvissuti ai diluvi del mondo." Sembra cronaca di oggi, sembra dolore di oggi, sembra che questi versi siano lo scrivere di un nostro coetaneo, di chi stia guardando un mondo senza luce e senza salvezza
Ippolita Luzzo
Eterno e circolare, risponderebbe Sereni, lui che lesse" Sola", lui al quale Mastroianni chiese " Ma a che cosa abbiamo creduto?" rispondendosi " è rimasto il vento delle colline a risonarci dentro" e la risposta soffia nel vento.
Soffiano nel vento della storia le tante domande dull'ingiustizia, sull'infelicità, sull'ineguaglianza.
Parlando con Rocco, suo coetaneo, contadino del paese, Felice cerca la solidarietà, " in te ritrovo... la traccia che può riportarmi lontano agli anni del silenzio" e ancora " tu solo forse hai un'immagine di me la più vera: scaviamo invano io l'anima tu la terra per un filo di sorgiva"
Dal suo vissuto al nostro, dalla storia ai miti, con libri in mano, con scolari davanti, con inchiostro e pennini, siamo arrivati da lui a noi e con lui diciamo " siamo gli eredi delle mani screpolate e incallite gli estranei al cuore della terra" " si spegne la luce... d'un mito di salvezza... all'arca dei sopravvissuti ai diluvi del mondo." Sembra cronaca di oggi, sembra dolore di oggi, sembra che questi versi siano lo scrivere di un nostro coetaneo, di chi stia guardando un mondo senza luce e senza salvezza
Ippolita Luzzo