sabato 20 luglio 2024

La storia dei Ferrise e della gassosa al caffè

18 marzo 2011


La storia dei Ferrise e della loro fabbrica

Una saga, un romanzo che risale alla fine del 1800.

Una famiglia numerosa, due maschi  Bruno e Vincenzo, tre femmine.

Bruno nato nel 1870 e Giovanna Provenzano nata nel 1893 si sposano nel 1912.

Vincenzo, il fratello piccolo è andato a lavorare fuori, a Portici, vicino Napoli e da lì era ritornato a  Nicastro.

Vincenzo porta con sé una nuova bevanda al caffè, gassata, contenuta in una bottiglia con la pallina. Con questa nuova idea mette su nel 1904 una piccola fabbrica nel Largo Angotti. Lavoravano tutti lì, la fabbrica è a conduzione familiare, Bruno Ferrise e Giovanni Torchia, marito di una sorella di Bruno, ed il piccolo Pietro De Sarro, figlio di un’altra sorella il cui marito era emigrato in America.

Bruno Ferrise morirà giovane nel 1919, per un tumore in bocca, dopo essere stato più volte operato a Napoli dal chirurgo Dattilo, di origini lamettine e parente quindi del nostro Don Vittorio Dattilo.

Bruno lascia la moglie Giovanna di appena venticinque anni con due figli piccoli e uno ancora in grembo. Bruno o Ninnuzzo, come familiarmente verrà chiamato poi, nascerà quaranta giorni dopo la morte del papà .Le famiglie vivevano allora tutti insieme. Tutti sotto lo stesso tetto. Tutti in pochi spazi. Sembrerebbe assurdo oggi che case ampie e comode non bastano a pochi e scontrosi abitanti.

Nel 1936 la fabbrica si trasferisce nei magazzini comprati da Vincenzo Ferrise dal barone Stocco, siti nell’omonima piazza Stocco ora Via San Giovanni. 

Avevano un casale a tre piani con un giardino sul fiume .La casa risuonava nella sua infanzia del suono del pianoforte comprato dal papà a Napoli per far studiare musica ai ragazzi. Un papà che amava leggere e ascoltare musica.

Vincenzo, rimasto vedovo nel 1927 di Consolatina Fedele ed avendo perso anche il figlio morto appena nato, abitava con una signora che badava alla casa. Da lei ebbe tre figli che poi ebbero tutti il suo cognome 

 Nel 1942 sposa la vedova del fratello la signora Giovanna Provenzano. Una donna energica, una donna capace di affrontare e risolvere le tante traversie della vita inventandosi di volta in volta un lavoro per tenere con dignità e coraggio la sua famiglia. Il telaio le aveva permesso prima di essere autonoma ora lavorerà nei locali della fabbrica Ferrise e gestirà una trattoria adiacente e di loro proprietà. Sempre  lei sarà vista come il punto di riferimento per parenti e nipoti. 

Eredi della fabbrica alla morte di Vincenzo resteranno i tre fratelli: Vincenzo, Domenico e Ninnuzzo, figli di Bruno insieme con Domenico, Mimì, figlio dello zio Vincenzo, che rimane proprietario degli immobili.

Nel 1962-3, poiché Mimì si dissocia e disdice il contratto di fitto ai cugini, la fabbrica si sposta in via San Giovanni, dove ora vi è un negozio di mobili.

Chiamato mastro Giuseppe Dattilo i locali verranno restaurati e all’inaugurazione ci sarà la benedizione per mano del vescovo Moietta, il vescovo che nella sua brevissima ma intensa permanenza a Nicastro ha suscitato col suo amore e con la sua parola entusiasmo e calore nella popolazione.

Era l’aprile del '61, e lui  giovane e fiducioso, veniva accolto nella nostra città in festa. 

Sembra vederla la folla in piazza Bovio, in via San Giovanni, i macchinari lucidi, il nastro trasportatore dove le bottiglie capovolte venivano fissate su dei perni e poi in fila venivano lavate, la spuma, la nuova bevanda che Vincenzo, ora di 94 anni e sempre in gamba, preparava.

Quando Vincenzo, ora è lui che racconta, preparava insieme al fratello Bruno, lo zucchero caramellato che dava sapore, colore e schiuma alla gazzosa, e litri e litri di caffè alla napoletana per la gazzosa al caffè, via San Giovanni, Largo Angotti, Via Indipendenza, profumavano di caffè.

Accanto  vi era il bar dei Ferrise, gestito da Domenico, ed ora dal fratello Battista, tuttora il punto di ritrovo imprescindibile per tanti, per molti altri durante la tredicina di Sant’Antonio. La piazza antistante pulsava di vita energizzata dall’aroma del caffè. Si racconta che l’aroma era così forte da creare in una signora che abitava di fronte vere tachicardie, eccitazioni del cuore troppo forti, una patologia causata da un profumo inebriante. Quasi un luogo arabo.

Poi la tredicina, terminava con la processione di Sant’Antonio, il Santo, allora ed ora, si fermava in via San Giovanni, entrava nella fabbrica che non c’è più e lì veniva incoronato, i portantini venivano dissetati per primi e poi bevande per tutti, lo spumone usciva a fiotti dai sifoni per la banda, i fedeli, le autorità. Una festa di popolo.

Nel 1977 la fabbrica Ferrise chiuse e consegnò i suoi  macchinari antichi, un salmatore a colonna, un tiraggio riempimento sifone, un tiraggio riempimento meccanico, al museo delle arti, che allora era in piazza Bovio, una volta piazza Mercato, la piazza delle terrecotte.

Ora i nostri ragazzi ritornano spesso in questa piazza e si riuniscono, ascoltano musica, chiacchierano e di nuovo nell’aria vibrazioni  di vita cittadina.

Intanto la storia della gazzosa continuava con un'altra ditta, La De Sarro&Torchia che ormai non c'è più

Ippolita Luzzo 


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