martedì 27 marzo 2018

Agnès Varda e JR al cinema San Nicola di Cosenza

"Non ci siamo incontrati su una panchina, non ci siamo incontrati alla fermata di un tram, non ci siamo incontrati alla cassa di un bar, ci siamo sfiorati e non ci siamo incontrati. Poi però ci siamo incontrati." Comincia così il film di Agnès Varda e JR, lei un nome della Nouvelle Vague, regista, e lui fotografo, curioso di ingrandire i volti che entrano nel suo camioncino fotografico.
Iniziamo a viaggiare con loro nei villaggi francesi profumati di lavanda, nei villaggi di minatori ormai abbandonati, al porto di Le Havre, e andiamo a vedere un bunker precipitato sulla spiaggia e diventato la culla di un momento per un amico defunto di Agnès. Dondola dondola il vento lo spinge e poi la marea tira giù l'immagine incollata il giorno prima da JR.
Sparita, pfui.
Eppur ci resta quella tenerezza dell'istante, ci restano insieme le immagini di quell'ombrellino bianco e fatto di trine, ricordo di un matrimonio di molti anni prima, e messo in mano alla ragazza del bar, fiabesco personaggio ora che sta incollata su un muro, ci restano le risate di quella panchina da dove Agnès non potrebbe scendere se non con l'aiuto di JR.
Ci resta quell'immagine sfocata degli occhi di JR, lui toglie gli occhiali per fare un regalo ad Agnès, per consolarla del rifiuto di Godard, e lei non riesce a vederli. Non riusciamo a vedere gli occhi, la nostra visione sempre parziale sarà, offuscata, sembra ci dica Agnès. 
Resta la piacevolezza dell'incontro fra generazioni lontane, questa è proprio il grande regalo dell'arte, andare oltre il corpo, le rughe, gli impedimenti e saltare il dislivello con la voglia, l'incoscienza e la follia di esserci, di guardare, non appannati, di guardare oltre miopia, presbiopia e cataratta. Andare in quel piccolo cimitero di dieci tombe e salutare Henri Cartier-Bresson, andare da Godard e non essere ricevuti. 
Ti voglio bene lo stesso, scrive sul biglietto a Godard una dispiaciuta Agnès.
L'ho capita: Come se io andassi da una mia cara amica che mi ha bannato e scrivessi uguale.
D'altronde si vuole bene a ciò che ci piaceva fare con loro, a ciò che abbiamo conosciuto insieme e tutto si porta con noi, nel nostro costruire identità, se è stato vivente l'istante, se sono stati viventi gli anni e le conversazioni.
Elogio al vivente, alla serenità, a quella grande gioia che ci fa saltare dalla sedia, prendere l'auto e andare, pioggia o non pioggia, al Cinema San Nicola.       
 La tela e lo schermo continua oltre; la quarta edizione della rassegna di "Falso Movimento", patrocinata dal Comune di Cosenza al cinema San Nicola, ha indagato il rapporto tra cinema e arti visive, con Egon Schiele, "La morte e la fanciulla" e  ieri sera "Visages Villages". Cito solo i due film dove ci siamo incontrati, io e il cinema San Nicola, come Agnès Varda e JR, insieme a chi si riconosce per assonanza, consonanza, somiglianza e avvia un motore di ricerca verso altri volti, altri spunti di conoscenza, nel regno felice delle opportunità e del caso.
Nel film, delizioso, la Varda dice a JR: Il caso è il migliore dei miei assistenti, e noi con lei, noi, partecipanti alla visione del film, noi che ci tratteniamo a fine serata davanti al cinema a parlare di visioni, di ponti, di associazioni mentali, noi diciamo lo stesso, augurandoci di partire come lei, e con lei poi fermarci su quella panchina insieme a JR, insieme a Mara, Gianluca, Daniele, Giuseppe, insieme al cinema che ci fa incontrare. 
Ippolita Luzzo   

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