mercoledì 27 marzo 2013

Casa Alzal



Casa Alzal- Me ne sono andata

Casa Alzal: Una casa accoglienza per ammalati di demenza senile.

Sono in anticipo, aspetto il mio papà, stiamo facendo varie prove affinché lui si abitui a venire qui, da quando lo abbiamo disperso nella nebulosa degli atti di riconoscere, di orientarsi. Certo è ancora autonomo, si fa per dire, è autonomo fin quanto regge una solida rete familiare, un sostegno di accudimento, di pazienza, di rinunce.



Seduta sulla cassapanca li guardo mangiare, un grande tavolo, molti anziani.

Accanto a loro  tavolo gli operatori, giovani, entusiasti, partecipativi.

Un uomo dall’età del mio papà mi saluta, un uomo elegante.

Vestito blu a righe sottili, cravatta, gilè, camicia.

Molto ben vestito, curato, un uomo gentilissimo.

Mi parla con distinzione, io lo interrompo, non capisco, poi cerco di orientarmi anche io.

Guardo l’operatrice, ascolto lei, mi distraggo, faccio le foto, sfocate, ai ragazzi, ritorno a sedermi accanto a lui, a Gerardo, il suo nome.



Mentre ascolto, mentre guardo i visi di uomini, di donne smemorate, una grande tristezza, una infinita malinconia, e la voglia di urlare, di piangere, è forte.

Lui continua a parlarmi, io ne sono rapita.

Accanto a me un libro di poesie.

Lo ha portato lui, è il libro del maestro Francesco Sisca.

Lo sfoglio, lo leggo.

Poesie delicate e dedicate alla sua terra. Una sezione è  di narrativa, con  il ricordo di chi non c’è più, per fissare la loro vita sul foglio.
Alunni scomparsi troppo presto, amici, conoscenti, alcuni, noti a tutti in città, li ricordo anche io

Leggendo non mi accorgo che  hanno finito di mangiare, che tutti ci siamo persi, noi, loro, che anche la mia città ha assunto i tratti di una demenza svaporante e ormai da troppo tempo vaga nelle nebbie brumose di un inverno di sentimenti.

Leggo e rileggo poi alzo gli occhi e rivedo gli occhi belli e fiduciosi di Gerardo, sento il suo saluto, ne sono felice, mi sento vicinissima ora a lui, a loro, alla mia città



Prendo in macchina un libro, appena comprato, Seneca, La vita beata, lo regalo a lui, e prometto che mi siederò e racconterò anche io di loro, di noi, affinché il foglio viva per noi,

affinché il foglio fissi su carta, su web, sul blog, la grande avventura di ogni vita, la grande illusione di essere almeno presenti, almeno un momento, nell’affetto di un altro.

Per non dimenticare, per non essere dimenticati, per non dimenticarsene.



1 commento:

Anonimo ha detto...

Finalmente un resoconto di un pezzo di vita che scorre in una casa di riposo. Purtroppo si invecchia, anche perché i nostri genitori ci hanno donato una vita a termine, così come è sempre stato. Chi ha inventato la vita ha applicato il discorso della scadenza, come quella che è impressa sui prodotti in vendita al super.
Fermati, sei bello! diceva qualcuno all'attimo fuggente. Ma non fu ascoltato. Buona Pasqua! Baldo