Il polpettone che molti
mangiano e io no
De gustibus non est
disputandum
La casa editrice Rizzoli non è
slow food
Nel corso della mia
insignificante vita sono sempre stata bastian contraria. Quindi, da ragazza,
non mi piaceva il ragù, pezzi di carne fatti bollire per ore in una salsa rossa
di pomodoro con una cipolla, che veniva usato per condire bucatini, altro
orrore, e perciatelli.
Non mi piaceva la parmigiana
di melanzane e quella di zucchine, nemmeno il polpettone, una grande fetta di
fesa di vitello, arrotolata e farcita con mollica di pane, aglio tritato uovo
bollito sminuzzato, prezzemolo e salsiccia. Da grande i gusti si sono ancora
più assottigliati, non mi piacciono pasta, fagioli, patate, dolci.
Questi comunque sono affari
miei.
Adoro invece il riso, la
zucca, gli arrosti al sangue, il pesce all'arancia.
Riconosco che anche i cibi
che non piacciono a me sono buonissimi, so capire però se un cibo è artefatto
oppure no.
Da astemia so a naso se un
vino è ottimo, questo mi è stato confermato, così al palato mi basta un
assaggio da esterna.
Questo per quanto riguarda la
cucina di casa mia
Ora passiamo alla cucina
Rizzoli
Quando una casa editrice è sul
mercato deve vendere e per vendere deve seguire il gusto del pubblico. Il
pubblico legge e mangia polpettoni? Tutti i suoi autori devono cucinare
polpettoni.
Così ho capito come mai
Carofiglio, che è un autore stimato, bravissimo nelle Manomissioni delle parole
e in Ragionevoli dubbi, Testimone inconsapevole di Un passato è una terra
straniera, si sia messo in cucina a preparare per la Rizzoli un simile
pasticcio.
Nessuno se ne accorgerà, il
pubblico compra il suo nome, al pubblico piace il suo stile e un polpettone fa
sempre una buona figura in tavola.
Anche la mia amica Eli, con
cui condivido letture, nel porgermi Il bordo vertiginoso delle cose, mi fa:- Ti
piacerà tanto. Bellissimo. Parla tanto di filosofia e poi lui, sai, da alunno
si è innamorato della sua professoressa di filosofia che spiegava, Oh come
spiegava!, ogni sua parola incantava la classe.
Sai, parla di Bari, della sua adolescenza, in fondo racconta di sé, non credi?-
Così, giuro, mi misi a
leggere questo libro con l’acquolina in bocca.
Più leggevo e più mi
irritavo, riconoscevo frasi già dette, in altri suoi libri, ripetute
stancamente, come se lui, Gianrico,
stesse svolgendo un compito di malavoglia.
Anzi ne sono sicura, nemmeno
lui si è divertito a scriverlo questo romanzo.
Poi guardo il catalogo della Rizzoli e l’odore
della cipolla mi assale.
In cucina comando io, campeggia un titolo, oppure Io ti vedo, ti sento, ti parlo, ti lecco, della Cao, anzi visto che ancora non c’è io suggerisco di scrivere Io ti digerisco, massimo dell’erotismo Rizzoli
In cucina comando io, campeggia un titolo, oppure Io ti vedo, ti sento, ti parlo, ti lecco, della Cao, anzi visto che ancora non c’è io suggerisco di scrivere Io ti digerisco, massimo dell’erotismo Rizzoli
Della cucina Rizzoli solo
piatti per palati decisi… sanno quello che vogliono!
Una vera festa dell'insignificanza, caro Kundera, non per niente Adelphi, cucina raffinata, la tua.
Ippolita Luzzo
Ippolita Luzzo