IPPOLITA LUZZO: RITRATTO DI DONNA NON CONVENZIONALE
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia -sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro. I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola che ascolta i Joy Division di Romeo Vernazza.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Non ama defininirsi blogger, anche se ha un blog seguitissimo. Non è una donna del Sud. Recentemente ha scoperto il termine fanzine. Ma in realtà è una linker ovvero una persona che riesce a creare collegamenti in una prospettiva multidisciplinare e di scambio continuo.
Ippolita, regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è “soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non a tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno.
Il regno della Litweb, finestra sul mondo. Elemento architettonico familiare dalle molteplici declinazioni estetiche o funzionali, la finestra gioca un ruolo essenziale nella vita quotidiana, tanto individuale quanto sociale: essa è fonte di luminosità, di visibilità, di comunicazione e, nel contempo frontiera tra due spazi, quello esterno e quello interno, spesso antitetici. Nel primo caso, quello esterno, delimita un frammento di reale che si offre alla rappresentazione. Nel secondo caso, quello interno, perimetra uno spazio altro, più intimo, votato alla contemplazione e all’immaginazione.
Tuttavia, la finestra chiusa segna una separazione radicale tra questi due spazi antitetici organizzati intorno ai poli opposti silenzio/rumore, solitudine/folla, calma/frenesia, calore/freddo.
Se invece la finestra è aperta o socchiusa, lo spazio privato può far trapelare delle informazioni personali, intime che investono lo spazio pubblico e viceversa ciò che appartiene allo spazio pubblico può interferire con il proprio privato influenzandolo e modificandolo.
Se invece la finestra è aperta o socchiusa, lo spazio privato può far trapelare delle informazioni personali, intime che investono lo spazio pubblico e viceversa ciò che appartiene allo spazio pubblico può interferire con il proprio privato influenzandolo e modificandolo.
Testimone di questa reversibilità degli spazi, la finestra partecipa così al doppio gioco della esibizione e della dissimulazione diventando dunque metafora dell’occhio e quindi della stessa attività di creazione estetica, poetica o simbolica.
È così che Ippolita elabora una propria visione del mondoriuscendo in quel delicato e difficile lavoro di sintesi del “doppio sguardo” che procede dall’esterno all’interno e viceversa.
I suoi scritti sono a prima vista deliranti, non certo nell’accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione - del conformismo dire io.
In questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori, Ippolita è una eretica della scrittura che non ama compiacere. I suoi testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con leggerezza (che leggerezza non è superficialità, come diceva Italo calvino), ci invitano a leggere la contemporaneità in una prospettiva nuova, insolita a volte, ma mai banale.
1 commento:
Brava Giovanna, hai fatto centro,Ippolita è nelle tue parole: frizzante irriverente sincera spontanea perspicace competente
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