lunedì 6 agosto 2018

Roberto Giardina PFIFF Una storia operaia nella Torino degli anni Sessanta

PFIFF è un suono, una immagine, un cubo, un chilo di acciaio, una piccola di quantità di acciaio, ciò che viene tumulato durante un funerale di un operaio caduto nella colata destinata alle carrozzerie della nuova 500.
Nel gennaio del 1962, vincitore del concorso nazionale per un saggio breve sui cento anni d'Italia, parte da Roma per Torino un giovane studente in legge.
Il premio erano sei mesi pagati nel giornale che aveva bandito il concorso, un giornale che aveva fatto la storia, il simbolo del Risorgimento.
Il protagonista sarà lui, attraverso i suoi occhi leggeremo anni di storia sociale e operaia e anni di giornalismo. 
Un ragazzo che voleva fare lettere all'università e sceglie legge, ma il destino lo riporta allo scrivere, alla scrittura.
Porta con sé un dono, "L'Ulisse" della collana Medusa, casa editrice Mondadori.
 Arrivato al giornale non ha un posto vero, lo mettono nella cronaca, il suo primo pezzo sarà raccontare quel funerale, il funerale di uno dei tanti morti, dei tanti operai caduti sul lavoro in quegli anni.  Sono operai scomparsi senza storia se non fosse per un particolare che continua a farli restare vivi, quel PFIFF di un articolo, quel suono a denunciare una regola fatta di episodi terribili. 
Conosciamo il giornale e ci viene raccontata la vita dei giornalisti, dal di dentro, i consigli, le sigarette, la discrezione.
L'orgoglio di essere un giornale serio "Ci comprano perché conserviamo la dignità antica di quel che fu un giornale nazionale. Quindi abbiamo una pagina culturale d'alto livello, mandiamo inviati in giro per il mondo, manteniamo corrispondenti all'estero, e dobbiamo dimostrare che la nostra cronaca torinese è di qualità combattiva, che diamo del filo da torcere agli altri. Sono pagine che magari non leggono ma che vogliono vedere. E l'amministrazione spende e spande ma risparmia sulla cronaca. Avrai l'impressione di svolgere un lavoro inutile, che pochi leggono i tuoi pezzi. Non importa quanti sono, ma chi sono... sei un cronista non uno strillone" così il capocronista Mauri, soprannominato il pesce rosso, racconta al nuovo arrivato, al ragazzo vincitore del concorso, il giornale, cosa significhi un giornale, quel giornale."La cronaca era una squadra, ognuno aveva un ruolo fisso, e ogni ruolo era di tutti, secondo il momento. Si giocava con l’altra squadra cittadina, più ricca, più forte, con più giocatori. L’unica possibilità di non venire sconfitti era di muoversi compatti, aggredire l’avversario in un punto limitato del campo, tralasciando il resto"
I consigli "Vuoi diventare giornalista? Allora ricorda: qualunque fatto ti chiedano di scrivere, una rivoluzione o una partita di calcio, è uguale. Devi solo pensare a scrivere bene. Le notizie sono un pretesto. L’unica notizia sicura è quel che tu pensi. E il pensiero è il tuo stile"
Quegli anni: gli scontri, il sindacato, le lotte operaie per l'orario di lavoro, per la sicurezza sul lavoro. Allora si andava alla Fiat e dal sud salivano a Torino. "Gli uomini del sud morivano, nella fabbrica, e nelle fabbriche" le donne venivano uccise per quel minimo desiderio di essere libere, un desiderio che al nord sembrava possibile. 
W La Stampa, mi ritrovo a scrivere spesso io da molti anni.
W La Stampa, come entità soprannaturale, come voce nel deserto, come insostituibile compito di denuncia e conoscenza.
Il protagonista passerà poi dalla Gazzetta del Popolo, che non viene nominata, nella redazione della Stampa.
La stampa vista a volte come soluzione alle ingiustizie.
Moltissimi gli episodi raccontati, riporto "L'estate dei funghi avvelenati", ogni estate però racconteranno le cronache ci saranno famiglie avvelenate da improvvidi cercatori di funghi.
A luglio il giovane avrebbe terminato il lavoro, i sei mesi,  ma ormai il giornalismo sarà una seconda pelle e occuperà ogni giorno del suo scrivere.
Un libro come atto d'amore in una epoca in cui si dileggia il giornalismo, in cui si rendono sempre più deboli i diritti dei giornalisti, in cui il confine fra le notizie e le false notizie diventa sempre più labile. Un libro utile per riflettere e ripetere con quanta facilità possano perdersi conquiste. Un libro vigile e nato dal desiderio di conservare un cubo, affinché, conservando quel chilo di acciaio, non si scordi da cosa sia fatto.
Ringrazio Roberto Giardina per la sua testimonianza, per la sua amicizia. Lo ringrazio per essere un giornalista come io ho sempre pensato che debbano essere i giornalisti. Lui con modestia ci scrive che l'immagine del protagonista non gli corrisponde, però io non ho dubbi che il suo modo di lavorare sia aderente ai consigli del  Direttore Giulio De Benedetti. 
PFIFF è un libro amato, parte da un cubo e arriva a noi, un dettaglio importante che non si può dimenticare, e in Litweb non scordiamo i dettagli 
Ippolita Luzzo

Roberto Giardina ha lavorato in Sicilia come giornalista e nel 1986 è stato inviato straniero per i giornali La Nazione e Il Giorno a Bonn . Si trasferì a Berlino con il governo della Germania unita , dove si è stabilito. Corrispondente del "Quotidiano Nazionale", tiene una rubrica per Italia Oggi". Giardina ha pubblicato romanzi e libri di saggistica, alcuni dei quali sono stati tradotti in francese, spagnolo e tedesco.

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