lunedì 4 gennaio 2016

Un piccolo teatro come Il Piccolo. Patres al teatro Umberto

Immaginando di stare a Milano al tempo di Paolo Grassi ascoltiamo Alessandro Toppi e Dario Tomasello parlare di Patres con il regista Saverio Tavano. Dalla  platea affollata, con spettatori in piedi, si sono appena sentiti gli applausi ripetuti a Gianluca Vetromilo e Dario Natale, i due attori protagonisti dell'atto unico "Patres", spettacolo già più volte visto, da alcuni di noi, e amato come un nostro simile.
Con più di quaranta rappresentazioni in molti teatri italiani Patres è stato più volte premiato. Più e Più, scrissi io a Saverio Tavano, al suo conoscerlo, rapita dal suo talento, oltre i confini geografici e temporali. 
Patres sconfigge l'augusto spazio dei luoghi, del pantano locale, per sfuggire, malgrado la netta collocazione del navigatore, ad una matrice che non sia quella umana. 
Come Dario Tomasello chiude il suo intervento con quell'aggettivo
"Umano" che connota la differenza fra teatro di genere e teatro con la T maiuscola, questo testo appena visto ha spostato la marginalità del territorio in un universale che ci appartiene, malgrado il dialetto e nonostante lui. Forse un dialetto impreciso, non propriamente del Cafarone, ma cosa importa? Non è il dialetto la dominante del testo. Qui domina il tragico destino individuale di scelte di singoli che soggiacciono a disegni malvagi. Ineluttabile mondo de I Vinti  di Verga, dei pescatori di Aci Trezza, dei pescatori che ormai potranno pescare cadaveri nelle loro reti.
Getta le tue reti, cantava Bertoli, tanto pesce pescherai.
Ora il pesce ancora sta sui banchi delle pescherie e surgelato ci guarda mentre tutto non è più buono, non solo il pesce. 
Nella denunzia del male, del tumore che incalza, come la lebbra del nostro secolo, ci sta dolente il rapporto padre-figlio. 
Un rapporto terribile. Sulla disillusione, sull'inganno, sulla non accettazione. 
Il padre non accetta il figlio, il padre va via, torna e lo lava, lo abbandona di nuovo a quella corda che sembra il destino di un figlio problematico.
Con foto di Aldo Tomaino
Moltissimi ormai fanno dei loro limiti una vittoria, una forza, qui, nel testo, ed in alcune tristi realtà, quel limite diventa la condanna ad un esilio da scontare da vivi, perché la morte si sconta vivendo. Nello spostamento dal verticale all'orizzontale sul  piano di una relazione cercata e non ottenuta sta il discorso di Dario Tomasello, mentre la testimonianza di Alessandro Toppi, da critico teatrale attento a un teatro vivente, urla compostamente quanto di bello ci sia in teatri piccoli, in sperimentazioni che avrebbero bisogno di essere sostenuti perché validi, senza tagliare fondi "alla cicatigna" per dirla in dialetto e chiamare teatro quello che non lo è. Ricordando Emma Dante e suo spettacolo, durante queste feste natalizie, in un piccolo teatro, con trenta posti, Alessandro ci ha ridato la magia del recitare, del poter applaudire un vero spettacolo.
Con in mano il libro edito dalla casa editrice "La Mongolfiera" voliamo anche noi nei cieli del teatro vero. Da spettatori uscenti sul palco della vita.

Piccola nota per sorridere: Da pubblico in piedi, e accoccolata sul gradino, io poi presi il posto di Alessandro e seduta nel riservato dedicato ai critici veri mi impregnai dello spirito di Flaiano. 
foto di Angelo di Maggio


  

sabato 2 gennaio 2016

Chiedo scusa ai premi Internazionali della mia regione

Premio Internazionale "Rana nello stagno" del granducato di...
Premio Internazionale "Mucche nella stalla" del principato di...
premio Internazionale " Spiriti celesti" dal regno dei cieli 

Chiedo scusa e vi chiedo "Internazionali di cosa? Di dove?"
Ci saranno fra voi alcuni premi significativi, dati cioè con criteri validi.
Ci saranno fra voi alcuni premi che fanno onore all'autore che riceve ed al paese che lo consegna
Ci saranno fra voi alcuni premi che poi varcheranno la soglia della propria strada e andranno nel mondo
Non lo dubito.
Sull'aggettivo internazionale mi fermo a riflettere. 
Come può una contrada, un borgo, una cittadina, una provincia ed una regione, periferia della periferia, non solo geografica ma ideale, come può dare un premio Internazionale, fuori cioè dai confini di quella nazione di appartenenza dove si è misconosciuti?
E come si può travalicare la nazione delle lettere e delle arti e dare premio urbi et orbi?
Chi dà i permessi affinché un premio possa fregiarsi dell'aggettivo Internazionale? 
un luogo altrettanto oscuro, suppongo, chiamato Dipartimento agli affari interni della cultura e dei premi.

Chissà come si fa ad avere simile referenza! Anche noi così potremmo fare un bel premio internazionale per ogni numero civico di strada, per ogni cattedrale, per ogni scuola privata e pubblica, un bel premio intestato ad ogni cittadino del natio borgo selvaggio, un bel premio internazionale che poi daremo...
Già a chi lo daremo? 
Se saremo noi stessi i titolari di questi bellissimi premi internazionali tanto varrà che  lo consegniamo a noi stessi. Intorno a noi nessuno ci sarà sprovvisto a sua volta del suo bel premio ed anche costui se lo intitolerà.
Evviva Evviva il mondo dei premi
Evviva il mondo di chi premia e dei premiati che abbiamo visto molte volte sono la stessa persona. Internazionale, però.

venerdì 1 gennaio 2016

Tagliando pensieri con Pino Cortese


 Tagliando tagliando capelli e concetti, ora ne faccio una foto.
 Lui allora sistema le forbici in ordine, un ordine che ha sempre intorno, dai pettini alle spazzole, al phon ai capelli.
 Come  Spoerri, mi dice Silvia Puija.
 Spoerri è un artista, che sistema e compone queste opere d'arte, spostando gli oggetti del quotidiano  dal piano verticale a quello orizzontale  così come le forbici di Pino Cortese, qui fotografate. 
Tagliando tagliando pensieri e concetti, noi qui fra capelli e fra pensieri, vediamo cadere per terra e spazzati via ogni nostra piccola crescita, decrescita, ogni possibile allungamento.
Riuscirò mai a portare lunghi capelli? Giammai, pensa Pino, tagliando tagliando il superfluo ed inutile girovagare di punte, doppie punte e voilà.
 Fra trecce e toupet che non si usano più ci sta anche la forbice che al Limen tagliava,
conferma che son le forbici ad andare di moda ora che  è sempre nella resistenza.
Nel chiedere a lui e  alle forbici un taglio, un taglio con tutto un passato, con un presente che non piace, con un destino che sembra ingrato, con un momento che non conta niente, chiediamo alle forbici del nostro pensiero di fare piano per non tagliare definitivamente quel poco vorremmo conservare per dopo.
Le attese, il calore ed il sapore di tutto il bello abbiamo creduto, di idee belle che abbiamo cantato con le canzoni della resistenza.
Nel chiedere a lui che intanto taglia, e lui fa questo da tutta una vita, sentiamo anche quel suo racconto, sua mamma, e suo fratello, le frasi che ha sulle pareti, il bacio e l'abbraccio del suo saluto, la debolezza e la sua forza, le decisioni e indecisioni. Tutto una sorte da tagliare ancora.
"Le metto in ordine, ora puoi." Mi dice
Mettere in ordine forbici e pettinatura come vorremmo che fosse in ordine almeno per poco, per un momento, quella difficile tessitura che ha per nome nostra esistenza, che ha per trama un insieme di fatti che poi tagliamo come i capelli.
Dalla sala operatoria del chirurgo Cortese al passaggio sui capelli che mi taglio un po'. Lui, intanto che  taglia le chiacchiere della conversazione, mette uno stop al cicalare e nel pensiero continua a parlare. 
Tagliando pensieri in divagazione  un pezzo di fine anno ed inizio anno.
Quando  lui ha finito, e sono asciugati tutti i pensieri  nel  salutare accarezzo il  pancione di Rosaria, la sua assistente e... nascerà bimba in primavera.


mercoledì 30 dicembre 2015

Il piatto vuoto del mendicante cieco

Chiedeva la carità all'angolo di una strada, forse su un marciapiede, "uomo da marciapiede"
Chiedeva la carità e nessuno si fermava.
Sente una voce che gli chiede il suo cartello con su scritto "Fate la carità ad un povero cieco"
Lui porge il cartello e dopo un po' se lo vede restituire. 
Cominciano a cadere monete nel piatto e al ritorno della voce, che aveva preso il cartello, domanda cosa fosse cambiato.
Sono un pubblicitario, risponde la voce, ed ho cambiato la scritta "Chiedo la carità" in " Oggi è una bella giornata di sole. Voi potete vederla, io no"
Questo apologo mi accompagna spesso, e nel dire al mondo che oggi è una bella giornata, voi potete viverla, io non potrò, mi avvio alla bella giornata che si vedrà.
Chiedere la carità. Umiliati e offesi. San Paolo e Dostoevskij, tutta la letteratura in un piatto vuoto teso all'angolo di una strada, su un marciapiede, da un cieco che aspetta il pubblicitario
Trovarlo sarà la sua fortuna? forse
Chi lo sa cosa chiediamo noi tutti con quel piatto vuoto?
Chi lo sa cosa spinge i passanti ora a gettare distrattamente la moneta? 
vero è che esibire una debolezza ed una mancanza allontana ed infastidisce. 
vero è che al mondo non puoi chiedere di più.
Chi è il cieco e chi è il passante?
Nessuno si accorge nemmeno di sé stesso. 
Guarda e non vede.

Così la letteratura ha preso a dire baci bacini, caffè e cioccolata, sospiri e caramelle, il bello che avrete, "Un giorno in più" ed a vendere e vendere la carità ad ogni angolo di strada. Connivente con la pubblicità 

lunedì 28 dicembre 2015

Leopoldo Attolico- Pesci

Pesci sì pesci no

Sono circondata da Pesci – zodiacali –
Personalità affascinanti, donne, uomini, con progetti inesauribili da realizzare, idee, idee, cervello che produce senza stare mai fermo a riposare, un fermento. Perseguono le loro idee, avanzando leggeri ma tenaci, avvolgendo gli altri e coinvolgendoli nel loro stesso obiettivo. Parlano, convincono.
 Grandi, grandissime cose vedrai se tu li seguirai!
 E così io, razionale, ma irretita da una luna in Pesci, li seguo. E tutto cambia…
I pesci nuotano liberi nell'acqua. Personalità così acquatiche non lavorano con… loro nuotano da soli nel mare, nel fiume della vita. E ti trovi a nuotare anche tu, sperando di restare a galla.
 Pesci sì… per un po’ ti prendono per mano, poi si allontanano, per un po’ sono tutti sorrisi, poi all'improvviso la malinconia, e non trovi più il loro sguardo… puff… scomparso. Per i pesci, se sbagli il metodo, se sbagli l’intonazione, se sbagli il momento, sei cancellato per sempre.
 Sono pesci no all'improvviso, lo diventano senza ragione, così,  cambiano direzione, e tu puoi solo sentire il salato del loro passaggio.
 Ma averli conosciuti arricchisce e impoverisce nello stesso tempo in maniera considerevole la  vita e la trasforma.
Spendono, spandono, acquistano, riacquistano, regalano, donano, prestano, offrono, danno, e tu vorresti arginare lo sciupio… avara…
Mah! Ma come può uno scoglio arginare il mare…!
Vuoi andare con un pesce in una località, vuoi mettere il navigatore, vuoi chiedere una indicazione? No! Loro vanno per intuito. Il loro intuito non sbaglia mai. Loro sentono che quella è la direzione giusta. E così ti trovi a girare a vuoto per strade sconosciute, che non ti portano da nessuna parte e quando esausta stai urlando che non ne puoi più… ecco all'improvviso imboccano quella giusta e trionfanti ti dicono di smettere di borbottare perché tu sei già arrivata, dopo tanto,  ma sei  arrivata. In ritardo.
 Ma i pesci non sanno cos'è il ritardo, non portano l’orologio, non guardano al tempo scandito da sequenze regolari, non hanno orari e non ne vogliono.
La strada giusta è sicuramente la loro.

Leopoldo Attolico
Cara felicità,
                         qui si sta esagerando:
                         la gioia ti da troppa libertà.
                         Tu ne approfitti
                         lasci caterve di condomìni sfitti
                         in balìa dei disperati senza casa.
                         Pensa a quando saranno cacciati;
                         pensa all'infelicità che abita 
                         ogni gioia privata del diritto di abitarla.
                         Cara felicità,
                         diventa dispensatrice di gioia desublimata,
                         quella legittimata dal diritto alla casa!


Da “ La realtà sofferta del comico “, Aìsara , 2009





venerdì 25 dicembre 2015

Al Limen Al Limen con Antonio. Dalla Piramide a noi

Un viaggio 



Già il viaggio per Vibo diventa un viaggio a Tusa, quel luogo dove Antonio Presti, imprenditore e mecenate italiano ha dato vita alla Fondazione Fiumara d’Arte. Su suggestione di quel che io mi porto dietro, salendo sull'auto. Il libro "La Tusa dei desideri" di Gianfranco Labrosciano
Un viaggio. 
Ed è "Un viaggio" l'opera di Giuseppe Stissi, al Limen, un libro aperto per non vedenti quello che leggo  e vedo.  Un viaggio dall'Africa verso l'occidente, andata e ritorno, raccontato da un bambino  a Giuseppe. Un viaggio da toccare.

In macchina  parliamo  con Antonio, Silvia e Saverio,  mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti,  imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il  più grande d’Europa. Nel  suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti  per la decorazione di camere d’arte.
L’ultima delle sculture della Fiumara d'arte, la Piramide – 38º parallelo di Mauro Staccioli sull’altura di Motta d'Affermo, noi avremmo dovuto vederla questo anno. Eravamo nei paraggi ma l'autista ci sconsigliò. 
Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale
alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia.

Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava  di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo  due artisti, Silvia Pujia,
già vincitrice del Limen 2013 con una installazione "Soglie"  e Saverio Tavano, regista di Patres,
per non parlare di Antonio Puija Veneziano, di cui taccio, per non esser accusata di parzialità. Insomma il genio della lampada non poteva che aver più terreno fertile di quello. Ed infatti nella Litweb eravamo orgogliosi. Nel salutare Massimo Iritano e sua moglie Lara Caccia, già incontrati a Lamezia con Gioacchino da Fiore, abbiamo percorso le opere con la grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la  sede del regno della Litweb.
Alessandro Vinci mi fece foto per la stampa, per la posta e le telecomunicazioni ed io andrò ad abitare in uno dei palazzi lasciando l'altro a voi artisti. 
La nostra piramide sarà altissima, nell'aria.
La porta è questa 





Una zebra a pois al Liceo Campanella




Non siamo mica qui a contare le strisce nere alle zebre.
Assemblea d'Istituto in due giorni al Liceo Campanella.                     L'adolescenza è vivere e non esistere e al canto straorzante di Mina con una canzone di Lelio Luttazzi cominciamo a parlare  con gli alunni.

Una zebra a pois 
è una grande novità 
assomiglia ad un sofà 
non a strisce ma a pois
Una zebra a pois 
Beh, che c'è!? 
A pois, a pois, a pois! 
1960, L.Luttazzi - M.Ciorciolini - D.Verde
La zebra del divertimento.
Il tema delle due giornate è l'adolescenza e siamo invitate io e Daniela, autrice di  Matilde, adolescente in itinere. Io mi porto Cenerentola ascolta i Joy Division di Vernazza, altro racconto sull'adolescente Elly e tutte insieme sotto Litweb- Marchio Depositato con Domenico Dara e le sue coincidenze andiamo al tavolo della concertazione con Michela Cimmino, docente di filosofia  e i rappresentanti degli studenti. 

Reuel, Maria Sole, Angela e Francesco sono accanto a noi. Evviva 
Iniziamo.
Iniziamo col dirci che non esiste l'adolescenza, invenzione dei nostri anni, invenzione per catalogare ogni anno, ogni periodo e generazione in una casella. Siamo tutti adolescenti e giovani, nel momento in cui siamo entusiasti e crediamo  in ciò che facciamo, siamo tutti adulti e maturi quando siamo consapevoli dei rischi e delle necessità.
Senza barriere seguiamo Matilde visitare paesi della Calabria seguendo il piacere di essere come si sente, libera e non costretta in una festa di compleanno stereotipata e conforme al diktat dei tempi.

Senza barriere ascoltiamo Michela, il suo amore verso la scuola, l'appartenenza a studi  che ci rendono forti, il suo voler sottolineare che la fragilità è comune a tutti, la solitudine a tutti, sentirsi belli o brutti, accettati o no è comune a tutti. Non è una tragedia anche se ci sono momenti che noi tutti la pensiamo tale, se solo ci lascia una persona amata. Se solo ci tradisce una amica, oppure saremo delusi. La delusione farà parte del nostro attraversare la vita.  Suonano intanto sul palco i ragazzi del Liceo Musicale  Campanella guidati dal maestro Apa e Augruso e noi riprendiamo a parlarci su quella bella sinergia fra insegnante e alunni, tema di un racconto di Cenerentola ascolta i Joy Division di Romeo Vernazza.


Anche in quel racconto una alunna prenderà il testimone dalla sua insegnante e sarà più ricca dei sogni e degli errori, perché noi siamo gli altri, disse Resnais in un bellissimo film Mon oncle d'Amerique, noi siamo per quel che ci portiamo in tasca, come Wilcock, poeta che scrisse versi stupendi ricordandoci chi incontreremo sempre.
Sempre noi incontreremo ma saremo un impasto di altri. Nelle coincidenze di Dara e nel mio Litweb Marchio Depositato, che portai il giorno dopo, si sono depositati gli occhi di tanti ragazzi attenti e innamorati, fiduciosi che stavano ascoltando non adulti andati da loro per far lezione ma persone che si stavano divertendo di poter partecipare ancora una volta ad una assemblea studentesca che, come ben ha detto il Dirigente scolastico,

Preside Martello, è stata una conquista degli anni settanta. 

Evviva Evviva. Nello scherzo genuino poi ci siamo premiate e felicemente usando due palle e un fiore, poggiati  sul tavolo, alla maniera degli antichi greci, Paride diede Mela rossa e Pomo d'oro, con fiore simbolo della primavera a me, Michela e Daniela, fra i sorrisi degli alunni che hanno capito come solo decontestualizzando ogni momento possiamo divertirci con ciò che impariamo. Liberi. 
Studio, serietà, responsabilità e luce sorrisi e gioia nelle due giornate al Liceo Campanella. Con un grazie ancora