#14 Pezzi : dal Regno della Litweb – Ippolita Luzzo
Giugno 18, 2025
PEZZI – dal Regno della Litweb di Ippolita Luzzo Città del Sole Edizioni
I PEZZI DI UNA MACCHINA DEL TEMPO
Quando ho letto i Pezzi di Ippolita Luzzo sono immediatamente tornato al breve arco dei miei 16-20 anni, periodo nel quale scrivevo in maniera forsennata e affamata. A differenza dell’autrice, viscerale ma chirurgica, quel che veniva fuori al sottoscritto era il ritratto della camera disordinata di un adolescente-giovane uomo. Ma cosa è che scrivevo? Pensieri sparsi, abbozzi immondi di poesia, imbrattamenti vari, e chiamavo tutto questo “i miei pezzi”, non sapendo (o non volendo) dargli già la denominazione certa di “poesie” o “racconti”. Particelle impazzite, elettroni ribelli, protoni malinconici e fotoni adolescenziali, tutti utili a comporre il tessuto temporale della mia piccola esistenza, con un futuro incerto e con una immatura percezione dei pochi anni vissuti.
E anche i Pezzi di Ippolita ricordano il passato, rimandano a tempi nei quali lo scrivere era verace, fluido, un fiume in piena. Una scrittura, la sua, che riesce in modo semplice e diretto a dar voce alle emozioni più intense, alla rabbia, all’incredulità, allo struggimento e – perché no – all’ingannevole senso di felicità.
L’autrice apre visioni quantistiche su una vita scandita da appassionate letture, tradizioni, lunghe e accalorate riflessioni, silenziose conclusioni. Ci sono pagine di piccole storie, racconti, scritti fulminei che passano inosservati e questo libro è, invece, una traccia, una mappatura (termine a me caro e con mille declinazioni), una capsula del tempo: perché qui non c’è solo l’autrice, con le sue istantanee di presente e passato, ci sono moltitudini, intere comunità, uomini e donne con brandelli di attimi vissuti e dimenticati, ferite nascoste, gioie inattese e scatole di cimeli dai quali è impossibile separarsi. Tutto gelosamente conservato in questa capsula che è, al contempo, un manuale per ritrovarsi, per riscoprirsi.
Umberto Eco diceva: Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro.
Insomma, non lontano dal parlare di una vera e propria Macchina del Tempo.
E qui, tra queste pagine, troviamo le Istruzioni:
Come riportare l’Amore alla sua forma originaria, riscoprirlo negli angoli remoti dello spaziotempo, là dove nessuno lo cerca più:
[…]
"Detto così l’amore esiste, è il motore della vita, del nostro essere individui sociali, del nostro credere e combattere per amore.
[…]
dovremmo riprendere in mano, nel particulare la potenza del sentimento si rimpicciolisce e si ingrandisce sui bisogni elementari del singolo: bisogno di essere riconosciuti; bisogno di essere vista bella, bellissima, unica, grande; bisogno di dominare, di possedere, di mangiarsi quasi l’altro e di esserne divorata; bisogno inesausto di stare con l’altro per fonderlo e poi insieme distanziarlo per muoversi.
[…]
Esiste quello che non hai, perché più bello sarà andare a cercare amore nelle pieghe di una tovaglia che ondeggia, nella ballata sul mare salato di Hugo Pratt, che riscritta su un telo si asciuga al sole di una terrazza al caldo vento di Agosto."
****
2. Proiettarsi in un futuro, che è già presente, dove le tradizioni non sono luoghi comuni:
[…]
"Io non sono una donna del Sud
Non ho mai fatto la salsa di pomodoro
Le melanzane ripiene, la conserva di peperoni.
[…]
Non vado a matrimoni, battesimi e prime comunioni
Non vado neppure ai funerali.
[…]
Non spedisco barattoli a mio figlio, non stiro le camicie
[…]
Il sud lo porto nel sangue, nel suo colore, nel suo calore
Nella storia, nel presente,
Nel mio viso da bambina
Nel dolore delle mamme,
Delle donne
Sempre attente, sempre pronte
Sempre vigili e custodi
Di una cura sempre eterna."
****
3. La relatività ristretta ci dice che spazio e tempo sono malleabili. Proviamo a modellarli in modo diverso:
[…]
"Mi sono riletta te e la fattoria degli animali, mi sono spaventata perché tu e tanti altri profetizzate con favole, con film, con canzoni, l’anno che verrà con dettagli minuziosi.
Profetizzate e ci richiamate a svegliarci.
È Primavera, svegliatevi bambine, alle cascine, che festa di colori…
Possibile che non possiamo svegliarci e impedire un corso della storia pericoloso?
Possibile che il corso delle cose ci trascini come un fiume inarrestabile travolgendo argini e steccati?
Possibile che risucceda, come Vico, corsi e ricorsi, e tutto venga di nuovo a galla?
Razzismo, fascismo, saluto romano, organizzazioni militarizzate, odio sociale, povertà, spregio della cosa pubblica, irrisione, e urla.
Chi urla di più vince?
Fiorirà l’aspidistra in estate, fioriranno altri fiori a primavera e non vogliamo che i nostri fiori si bagnino di sangue."
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4. Oggi come ieri, come particelle nell’intreccio quantistico, siamo legati ad uno stato ben preciso, indipendentemente dalla distanza che ci separa da quel che è stato:
"L’invenzione più innaturale del nostro secolo è stata la famiglia monocellulare: costringere un uomo e una donna a coabitare da soli sotto lo stesso tetto, in una stessa stanza detta stanza matrimoniale, impropriamente.
[…]
Costringere due esseri diversissimi a occuparsi, vita natural durante, di una prole sempre più ridotta all’unità, unico e solo prodotto di un connubio, beh a volte due, a volte tre.
Così sperimentiamo la convivenza fra due individui che nulla hanno in comune se non la diversità. Così elaboriamo comportamenti e tradimenti per sopravvivere a un inferno.
[…]
E su una illusione si sono gettate le basi per un vivere male, infelici, scontenti, separati e perdenti, in una condizione che è solo virtuale, quella del vivere insieme, in un matrimonio che proprio non c’è, che nella storia di tutti i tempi non è mai mai mai, altrimenti dove sarebbe la novità?"
La destinazione di questo viaggio nelle pieghe del tempo, ora, appare chiara. Siamo noi stessi. Legati indissolubilmente al nostro passato, con infinite possibilità di cambiamento. Basta avere la volontà.
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Non bastasse questo, Ippolita ha il potere del creare sinergie e connessioni, e non solo tra persone. Con questi Pezzi è in grado di farci immedesimare nelle sue storie, di farci entrare dentro, sentirci tutti un po’ parte di questa grande narrazione. Sembra banale, forse lo è, ma rifletteteci bene: ci ritroviamo azzeccati in uno spazio troppo stretto, “tutti stipati” (diceva un poveraccio…), ma è con la vicinanza che si comprende l’altro, che si riesce ad attaccar bottone, è quando ci si trova costretti faccia a faccia – mentre i corpi, compressi, si riscaldano – che ci si decide a parlare. E insomma, Ippolita ci afferra, ci catapulta in un viaggio in metro nell’ora di punta, in un’infernale bolgia di Capodanno in piazza, e ci costringe a parlare, a, a confrontarci, a chiederci come va, guarda che nuvoloni oggi e poi, all’improvviso, che ne pensi dell’Amore?
Eh? Come? Ma non parlavamo del tempo?
A Ippolita importa poco. Il meteo, l’amore, le assenze, le tradizioni, il Sud, la pasta, il sugo, gli uffici postali, tutto insieme, tutti “pezzi” di qualcosa che chiamiamo vita, ed è inutile disperarsi: l’amore conta come il QR code dello SPID che non funziona. Anzi, se ci pensate, entrambe le cose fanno soffrire parecchio.
E la riprova di questo suo potere è l’enorme comunità che ha saputo creare.
Pezzo dopo Pezzo.
“Perché mille auguri, tanti auguri? Uno solo non basta?”
Auguri, Ippolita, per questi 13 anni di Litweb e per altri innumerevoli viaggi nel tempo.
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