venerdì 30 settembre 2016

Tutto il grottesco di Woody

Una commedia esagerata durante la quale io ho riso ad ogni assurdità, su tutto ciò che sopra le righe veniva detto. Il riso del grottesco: in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare.
Un  gioco al rialzo su vizi e modi di fare, mettendo in ridicolo cinema e malavita, amore e non amore. 
Café Society è un locale di intrattenimento, e la pellicola, pardon non più, il film è in digitale, ci intrattiene con la magia del cinema. Un colore delizioso, la patina del tempo, si deposita sui personaggi e sugli ambienti aranciati, vestita di plumetis lei, la donna amata da zio e nipote, ed in rosso l'altra. Bianco e rosso contrapposto.  
Il film inizia in piscina, in una villa di Los Angeles, siamo ad Hollywood, tutto sfavilla e il produttore o l'agente dice la prima battuta che io ripeto spesso e non dirò più:"Io sono il primo a scoprire..." e dice il nome dell'attore che ora non ricordo. Non lo dirò più. 
Nel continuo gioco della sovraesposizione vediamo un gangster ammazzare un vicino di casa della sorella per una radio troppo alta, già però intuiamo il gioco e ne ridiamo prima, così come rido alla telefonata dello zio di Robert  al fioraio per omaggiare la segretaria del weekend trascorso. " Mandale cinquanta rose rosse, interruzione perché passa la moglie e riprende, anzi cento rose rosse. Cento? Cento... Cento. Rido ancora adesso scrivendo mentre  visualizzo cento rose rosse che, se mi fossero recapitate, mi farebbero fuggire via da qualsiasi spasimante. Scemo, direi io. 
 “La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo.” fa dire il regista a Robert, il nipote giunto da New York a Los Angeles per lavorare con lo zio . I due mondi si fronteggiano, Il cinema e la strada, la storia e la narrazione, il tempo sta finendo. L'epoca  è la seconda metà degli anni Trenta, due coniugi hanno cenato da Hitler, dice in un passaggio la voce narrante, e la Storia sta nel cinema a dare il rintocco della mezzanotte. Ai brindisi finali ognuno si troverà accanto al coniuge sbagliato, al cinema sbagliato, alla cenere dispersa, e resterà quel gesto quasi iniziale di Robert del dare i soldi, di pagare la ragazza per far l'amore e non averlo poi fatto per non aver responsabilità, essendo lei alla sua prima volta. 
Così noi usciamo con la sensazione di aver pagato il biglietto per vedere un film che non abbiamo voluto vedere.
La trama era questa:" Famiglia ebrea. New York. Bobby Dorfman in cerca di lavoro lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un'agenzia che cura la carriera dei divi hollywoodiani. Bobby non resterà a lungo e tornerà a casa per dirigere con charme il "Café Society", il  night club dove Allen suona il sassofono." Ed è il sassofono di Woody  che suona con la sua voce narrante una favola grottesca.
Per tutto il film e prima che finisse avevo indovinato la scena finale e ho mormorato "è finito"
Dell'amore nessuna traccia 

giovedì 29 settembre 2016

Letteratura è

Scrivevo così sul mio profilo un anno fa e stamani facebook me lo ricorda. Lo rileggo, reputo valido quel mio pensiero e però bisognoso di essere salvato, integrato e conservato nel blog.
"Letteratura è un bel libro, un bel film, un testo teatrale e una canzone. Letteratura è fotografia, cucina, moda e idee sul mondo. Letteratura è la vita scritta in mail, lettere e raccomandate. Letteratura è un quadro, una statua, una terracotta. Letteratura è sport, ciclismo, calcio e pugilato. Sci d'acqua e sci di fondo, in fondo cosa credi? si scia nel verso e nella melodia. Unico letterario avvolge e svolge la trama di miliardi di racconti."
Letteratura è, conferma Massimo Onofri sulle pagine dell'Avvenire, ed insieme critica letteraria, fatta sui post di facebook, in un luogo adibito di solito al cazzeggio e al vaniloquio, alla vetrina e a vendite varie. 
Letteratura è, confermo qui dalla Litweb.
Letteratura web, la chiamò Bruno Corino, vedendola sul nascere, come interazione di menti.
In una bella intervista di Lina Latelli, nel 2013, io già spiegai quel che ora viene alla luce " La Litweb  (letteratura del web) nasce da un'idea  del cosentino Bruno Corino,  laureato in Filosofia, che volge tutta la sua attenzione  al fenomeno dell'espansione della scrittura nei siti letterari sul web. I siti letterari sono luoghi nei quali ognuno può postare, cioè  presentare i suoi scritti, comprensivi di  poesie, racconti, articoli, ed altro, sui quali il lettore  può lasciare  un commento. La nuova forma di scrittura ha dato origine ad un moltiplicarsi di autori  che, con blog,  book, e con l'opportunità di stamparsi un  libro da soli, ha dilatato la letteratura nel mondo. Ora scrivono tutti e la scuola, dando a tutti le abilità di base, avrebbe illuso chiunque di poter essere uno scrittore. Illusione amplificata dal web". Incuriosita da questo mondo letterario virtuale e avendo osservato il fenomeno  sia all'esterno che all'interno, la professoressa  Luzzo ha incominciato a porsi tante domande sia sul divario  tra realtà e virtuale, sia  sull' esigenza di scrivere per essere visibili con le proprie opere. "Questa letteratura è un diario a cielo aperto, a volte pregevole, a volte infarcito di errori grammaticali e contesti puerili. Ma chi nel virtuale deciderà se un testo è pregevole o no? E può essere un click in più o in meno su "mi piace"  a sancire il successo ad un lavoro? Senza pensare che il click, a volte, è fatto  soltanto con leggerezza o legato ad un  futile narcisismo". Le pungenti domande non sono state  accettate sempre dai fruitori dei siti infastiditi dalla richiesta di riflettere  su ciò che viene scritto. "La scrittura  non è semplice. Ha bisogno del " labor limae" , di un continuo arricchimento del lessico  sempre nutrito da molte letture e tanto studio". La professoressa sul suo blog periodicamente riflette ed analizza i fenomeni del virtuale e quello dell'espansione del letterario.  Bastano pochi lettori attenti affinché venga sempre il desiderio di parlare con l'altro. "Pier Paolo Pasolini  negli "Scritti corsari" parlava solo con Gennariello, Manzoni si rivolgeva solo a 4 o 5 lettori, io mi rivolgo  ai miei nick (anonimi) di cui rifiuto la non conoscenza perché anche i  lettori del virtuale sono esseri umani e perciò hanno un nome e una propria identità. Il web, nonostante ancora non sia accolto favorevolmente da tutti, tuttavia offre l'opportunità  di superare  l'isolamento culturale, di intraprendere le relazioni senza confini tra le menti degli uomini e rendere concreto ciò che sembrerebbe impossibile."

venerdì 23 settembre 2016

La camera anecoica di Giuseppe Negro

23 settembre serata  inaugurale della mostra al Marca di Catanzaro. 
Giuseppe Negro: La camera anecoica 
Senza eco vuol dire l'aggettivo accanto al nome, una camera dunque che impedisce il formarsi del suono, pareti che non rimbombano e donano silenzio.
Guardo Giuseppe Negro mentre parla con me, curvo, in una posa fetale, e mi verrebbe voglia di raddrizzarlo, poi capisco che quel suo curvarsi è adeguato alle parole che mi sta dicendo: il suo mantenere tutta l'espressione artistica nella sfera dell'intimità, nel suo mondo di affetti, di casa sua, fra pareti che gli appartengono.
La serata, già al termine, io l'ho trascorsa fra incontri piacevolissimi.
Elena è appena arrivata dal San Giovanni, dove è in corso un altro evento. Entrambe ci auguriamo che il Comitato per la tutela del Complesso Monumentale del San Giovanni blocchi la decisione di snaturare la destinazione data allo storico edificio e ci avviamo verso l'artista in conversazione con Betty.    
Elena mi presenta Betty e poi va via, io resto con Betty, con lei attraversiamo l'arte con libertà in orizzontale. 
Ci raccontiamo quell'essere fruitrici libere dell'opera d'arte, senza la specializzazione che potrebbe richiedere conoscenze troppo settoriali, ci scambiamo il piacere di gustare un'opera con sensibilità personale e camminando chiacchieriamo con Sergio; il sogno diventa realtà perché la data c'è.
Cita Walt Disney Sergio“La differenza tra un sogno e un obiettivo è semplicemente una data” e continua facendo la distinzione fra "Un mondo fatto di narcisisti e di altruisti, di chi persegue unica sua ambizione l'affermazione personale e di chi invece vorrebbe sistemare il mondo in un modo un po' migliore da come l'ha trovato."
Nel dire questo Sergio ha gli occhi sparluccicanti di gioia pura perché fa un lavoro che a lui piace e ricorda un mio antico modo di dire, quando andavo a scuola, in cattedra: "Mi pagano per divertirmi, per essere felice." 
L'artista in quale delle due dicotomie potremmo pensarlo? Ha anche lui gli occhi felici, luminosi, e sento una grande empatia fra le opere e le persone, la semplicità di gesti e la giocosità umana di relazionarsi. 
Giuseppe Negro ha creato cinque ambienti, con corteccia di albero, con carbone e con antichi copri tavoli presenti nei soggiorni degli anni sessanta, stasera messi a terra come tappeti e al centro proprio un tronco con i rami.
Vedo in una stanza una grande piastra tutta composta con carbone, per me sono pezzi di carbone e lui mi spiega come abbia incollato i pezzi e, mentre  ripercorre il suo modo di lavorare, lo vedo con i suoi pezzi in mano costruire, dare vita a linee, a quadrati, a figure che cambiano a secondo della nostra posizione. Ci fermiamo a guardare.

Battiti, reliquiari, assemblaggio di legno, di legno bruciato su tela, carbone, frammenti di legno a creare pareti; il legno è un essere vivente. La serata si ferma nella mia immaginazione alla botola dove scendeva mia mamma, nella stanza della carbonella, lei con un foulard in testa, per non impregnare i capelli di polvere nera. Mi trattengo dal chiedere a Giuseppe se abbia fatto uguale alla mia mamma mentre con carbone e carbone lui compone pareti e cornici, lasciando traccia del tempo nelle stanze dell'anima.
Entrambi un fuoco dovevano accendere, per scaldare, per illuminare, senza rumore.   
Dal mondo  interiore al mondo esteriore un viaggio nel silenzio con la camera anecoica. 

giovedì 22 settembre 2016

"Lo spregio" il racconto di Alessandro Zaccuri

In libreria il noir biblico di Alessandro Zaccuri.
L'Angelo contro San Michele.
Sfida e punizione in Lucifero che si ribella a Dio e viene sconfitto da San Michele, sfida e punizione, la ubris viene  condannata dagli antichi greci alla Bibbia. Come nei miti Aracne viene punita per aver sfidato la dea Atena, così sullo sfondo nero di una valle ai confini dell'Italia la tragedia si consuma senza scampo.
Una scrittura essenziale con il verbo messo a chiusura della frase, a volte, con una narrazione che, non so perché, mi ha ricordato lo stile ed i luoghi di Giorgio Scerbanenco, la locanda de "I garganelli al ragù della Linina" di Carlo Lucarelli,  e poi un'ansia terribile, una lettura che non lascia spazi, chiusa com'è sull'errore inconsapevole, sulle conseguenze di gesti che sembrano insignificanti.
Zaccuri ha costruito con perfetta sincronia un orologio che scandisce il tempo ai personaggi e alla fine del racconto resta una tristezza e un rammarico. Quel senso di inevitabile quando sbagliamo anche noi qualcosa, vorremmo rimediare e non riusciamo. Se qualcosa si rompe si rompe per sempre, sembra il monito che Zaccuri ci dà, consegnandoci un racconto dove il vivere è sempre una complicazione, malgrado le regole. Ho abitato in quella trattoria ai confini con la Svizzera, ho visto l'arrivo di uomini mandati fin laggiù con provvedimenti giudiziari oppure per mutazione sociologica, sono stata spettatrice di una istantanea, di sequenze veloci. Ogni fatto avveniva corto, si tagliava ed era impossibile ricomporlo. Impossibile ricomporre il primo frantumarsi dell'immagine paterna,e siamo a scuola, in una terza media, in quel momento di passaggio in cui sveliamo i genitori e qui Vito, il compagno di scuola, scompone il mito di Angelo in risposta ad una offerta quasi spavalda di un caffè. I due padri, quello di Angelo e quello di Vito, si fronteggiano nelle parole dei figli e Angelo non sarà più uguale. Ci vuole veramente pochissimo a cambiare un individuo e dirottarlo verso la discesa, verso il vuoto. Basta che si perdi il riferimento, basta che si cessi di stimare il nostro idolo, in questo caso il padre. Una trattoria, il cibo, i tavoli e un caffè. Una donna, che non è la vera mamma, vista nell'unica cosa che non doveva fare, cioè riferire al padre una confidenza del figlio. Eh no, mi sono trovata io a gridare quando lei, accarezzando i capelli al ragazzino, si fa confessare quel che era successo a scuola. Ho ancora un respiro pesante, il respiro della tragicità,  come se la cupezza avesse raggiunto casa e mi impedisse di alleggerire gli altri avvenimenti che non vi racconterò per non togliervi la suspense e il piacere di scoprire da soli il meccanismo dell'orologio. Il ticchettio che sentirete quando capirete che il tempo è scaduto. Alessandro Zaccuri in libreria, forse il colore noir è improprio, più il colore del ferro, come nella statua di Lucifero, in copertina.   

martedì 20 settembre 2016

Urban Apnea nel regno della Litweb

Mi metto ai tasti e faccio un pezzo su Urban Apnea stamattina. Poi lo pubblico, lo leggono subito in otto, ma nel modificare ne rimetto un altro e lo leggono in quattro. Chiedo scusa ai miei dodici lettori se nel tentativo di lasciare un solo pezzo ed eliminare il doppione ho eliminato entrambi i pezzi. Ora passato lo sconforto mi rimetto al lavoro. Già stamani la Lavazza si rifiuta di farmi il caffè e sono le nove. Nel regno della Litweb splende il sole.
Ora cotta dal sole e gratificata da incontro marino, ricordo  Una Marina di libri e come ci siamo conosciuti con Urban Apnea, seguendo Marco Patrone, Recensireilmondo. A Palermo alberi giganteschi facevano rimpicciolire gli abitanti, come tanti lillipuziani, felici con libri e libri in mano. Li invidiavo molto, di una invidia bella, che fa desiderare tutto il buono a quel che si vede, sperando di esser ammessa in quel paradiso, pur anche come lettrice. Così è stato. Ho cominciato a leggere le proposte di questa casa editrice, a conoscere gli autori, e a raccogliere quel poco che io possa dire con un applauso.   
Urban Apnea, nel decalogo sul sito della casa editrice leggo e riporto il numero 6)" Sì, guardiamo con ammirazione al web. Lo consideriamo uno strumento di diffusione ubiquitario, a basso costo e senza precedenti. E pazienza se il monitor non odora di carta. In fondo per stare tutto il giorno davanti a Facebook pare che nessuno se ne sia mai lamentato." 
 Ho conosciuto le sue collane e fra queste L’ANIMALE UMANO
12 autori, 12 racconti, 1 al mese per 12 mesi in co-edizione digitale + cartaceo, leggendo Marco Patrone, autore di "L'estate del pollo" scherzando sul titolo, anche se il racconto era sulla malattia psichica, poi ho letto " Il messaggio dell'orso" di Antonio Martone, bel racconto che mi ricordò Pippo Russo e la sua Oblivia, ne avrò letti anche altri ma ora non ricordo se non la cura e la gradevolezza di una scrittura amata.  
Leggo con molta felicità ed ho conservato ciò che ho scritto  del racconto breve di Giuseppe Perez  ODISSEO IN ANALISI
"Uno strano Ulisse, re di Itaca, odia  le tele e i cani. Da questo  inizio  perfettamente  logico per me, anche mia sorella ha un cane Argo che io tollero poco,  nasceranno le situazioni di volta in volta sempre conosciute ma riscritte con il sorriso dello scherzo. Ci ritroviamo quindi a leggere e ridere di una Penelope , grande imprenditrice tessile  e di una dea Atena che suggerisce un corso di autoanalisi da Chirone.  Ma starò zitta sulle tante trovate che saltano monelle dallo scritto e si riposizionano lungo un piacevole scorrere degli eventi, fino allo scoprire noi lettori come nasceranno i blue  jeans! Un vero colpo di scena che vi svelerà quel che non avrete supposto mai! "
Urban Apnea  ha una collana di autori stranieri, una biblioteca virtuale, tutto il meglio della musica dal 2010 al 2014 dalla penna di dieci personaggi in bilico tra note e parole di musica, e Zona di clonazione, letto da poco 
"Curatissimo. Un racconto di fantascienza come non ne leggevo da tempo. Dai tempi di Asimov poi avevo abbandonato il genere ritenendo Asimov un maestro insuperabile. Ora, sollecitata alla lettura, leggo questo racconto, con lo stesso stato d’animo dell’adolescente, cercando di anticipare le mosse. Quindi una lettura partecipata su una scrittura essenziale, pulita, con le immagini lineari pur in un mondo di cloni. E pur se è sempre fantascienza questo racconto ci riporta il colpo di stato contro Erdogan e tutte le immagini cessano di essere fantascienza e diventano realtà"
Ora nel regno della Litweb questa bella realtà editoriale che leggeremo e leggeremo dopo aver scoperto il  sito... vi metto il linkhttp://www.urbanapneaedizioni.it/  

domenica 18 settembre 2016

Faber di Tristan Garcia

Anna aveva letto l'Emilio e le opere di Donald Winnicot per educarlo meglio.
Faber, neonato magrebino abbandonato, era stato a tre mesi adottato dai coniugi Richard e Anna Faber. I servizi sociali gli avevano dato il nome Mehdi. Mehdi Faber è dunque il centro della circonferenza verso  cui convergono i raggi, gli altri personaggi della storia che io ho visto come una ruota di bicicletta, con noi a pedalare e correre sulla strada degli avvenimenti. Ogni raggio un personaggio, ogni pedalata ci portava su una storia diversa, oppure sulla stessa ma con lettura diversa a seconda di chi la raccontasse. Pedalando noi lettori potremmo innamorarci, così come è successo a me di Mehdi Faber, chiamato semplicemente Faber, e con lui io guardo la mia città a giusta distanza. Con Faber, che amo, vi riporto un suo pensiero:" Ho sempre voluto essere intelligente, fare il superiore. Coglievo i dettagli, ma ho perso di visto l'insieme. Non ho mai saputo apprezzare."
Non sarò dunque obiettiva nel racconto, sono troppo innamorata, e nel leggere questa storia che unisce tre ragazzini, dalla scuola elementare fino al liceo, ho cercato di sapere di Faber. Nato nel marzo del 1981 Faber appare a Mornay alla fine del 1988, adottato da una nuova coppia, dopo la scomparsa accidentale dei genitori precedenti. Ho individuato quando potrebbe esser nato, cercando di seguirlo fin dal primo vagito, a febbraio del 1981
Poi ho ricopiato le sue frasi a solo undici anni, rivolto al papà di Madeleine, la sua amica. 
"Non esiste il Male, signor Olsen, esiste solo l'umiliazione"
"Non esiste il Bene. Non esiste giustizia. Ci sono solo punizioni"
Sono stata insegnante di storia ed anche io avrò detto ai ragazzi che la storia è il  peccato come Mézières? Non credo. Avrò parlato loro di ingiustizie mai risolte, di sofferenze e di soprusi, di capitalismo e di rivolta, sentendo sempre dentro di me l'inane sforzo di incidere in un momento sociale e trascinarlo via da dove non vorremmo andasse.
Nei destini incrociati fra desideri e punizioni, fra speranze e delusioni, fra vendette e perdono, fra immedesimazione e rifiuto, il racconto ci ama, facendo sì che noi, ad un certo punto, convinti della difficoltà delle nostre azioni, e che il fine ultimo di ciò che vorremmo difficilmente potremmo attuarlo, amiamo tutti i personaggi che con Faber si sono incontrati. Nessuno riuscirà nell'impresa che si sarà assegnato. 
Il fascino ammaliante di colui che fa la storia, anche minima, anche per pochi giorni, il fascino attraversa immune il tempo e ci imprigiona in una lettura baciata dal sole. 
Il tempo è fermo, mi ritrovo a pensare, vedendo come siamo fermi ad un momento, ad una azione, ad un anno, ad un incontro, ad una frase che, benché dimenticata da anni, ritorna. 
Basta una lettera, in questo caso è questo l'espediente con cui si va a recuperare Fabien, per far ripartire il racconto, una lettera anzi tre, anzi quattro, mandata a tutti e tre, da ognuno di loro, che però non sanno di aver mandato alcunché. Presto morto la simbologia dei cerchi e le lettere tagliuzzate dal giornale...
Un testo supelativo scritto da Tristan Garcia, nato lo stesso anno di Faber, il 1981, e dallo stesso nome di un altro protagonista, Tristan, nato 15 anni dopo. Mi sembra un incrocio perfetto nella vita dell'autore, di origine algerine. Una X che si incontra in un punto, il centro del cerchio e da quel punto prende a narrare. Narra distruzione e costruzione, narra l'impasto di bene e male di cui siamo fatti, di cui sono fatti le vicende, narra la delusione e l'illusione nel momento in cui si vive nel mondo e non nei libri, per scelta.  
Faber mi arriva il giorno del mio compleanno ed io lo porgo, con tutto l'amore che posso, alla vostra  lettura
Sui principi educativi poi da Winnicott una frase celebre:"La creatività consiste nel mantenere nel corso della vita qualcosa che appartiene all'esperienza infantile: la capacità di creare e ricreare il mondo. È l’onnipotenza del pensiero propria dell’età infantile." e sull'Emilio Rousseau scrisseavete ben ragione di dire che è impossibile formale un Emilio reale: ma potete davvero credere che sia stato questo il mio scopo e che il libro così intitolato sia un vero trattato sull'educazione? È un’opera di carattere piuttosto filosofico intorno a un principio sostenuto dall'autore in altri suoi scritti, e cioè il principio che l’uomo è naturalmente buono”.
Lettera di Rousseau a Philibert Cramer del 1764.
ancora una lettera... 
     

Litweb con Carlo Gubitosa

Se fossi Maria De Filippi mi sarebbe facilissimo reperire i fondi e avere l'attenzione sul lavoro di Carlo Gubitosa, ma non sono Maria, bensì solo la titolare di un blog, questo, la reggente dunque di un regno della Litweb che affida al web letture e suggestioni.
Carlo Gubitosa è un giornalista che seguo da tempo.
Vi invito a leggerlo nella sua continua attività di disvelamento sui fatti di guerra, vedi "Viaggio in Cecenia" oppure su  "AltrInformazione" dove  realizza una attività no-profit di saggistica a fumetti, per valorizzare autori emergenti e contenuti fuori mercato." Altrinformazione.net..

 Ora ci invita su questo sito http://www.mamma.am/tomtomorrow  e mi auguro che andremo in tanti a vedere e ad aiutare questo suo fumetto. Questa la sua lettera al mondo, lettera  che faccio mia e vi rimando con tutto un  volere che diventerà fare.
 "Carissim@,
forse già' sai che in questi mesi mi sto cimentando nella traduzione di un libro con editoriali a fumetti di Dan Perkins, in arte "Tom Tomorrow", un autore statunitense che ha ricevuto una nomination al prestigioso premio Pulitzer, il "premio nobel" per il giornalismo negli USA.
Credevo che sarebbe stato facile raccogliere i 5000 euro necessari per coprire le spese di stampa e di spedizione del libro e i costi di una trasferta dell'Autore in Italia per presentare il volume, cosa che mi sembra doveroso garantire a Dan in quanto questo materiale di grande valore e' stato messo a disposizione della nostra associazione culturale Altrinformazione senza nulla a pretendere, e spero di poterlo almeno ricompensare facendo conoscere il suo lavoro al maggior numero possibile di persone, anche attraverso incontri diretti per promuovere la prima traduzione in italiano dei suoi lavori.
Negli Stati Uniti e' appena uscita una raccolta completa di tutte le tavole realizzate da Dan in 25 anni di attivita' come giornalista grafico, e sono stati raccolti in poco tempo più' di 300 mila dollari, per un libro molto pesante e molto costoso.
Pensavo che il valore del materiale che avevo tra le mani avrebbe reso molto più' facile la raccolta di sottoscrizioni tra i potenziali lettori, ma mi sono accorto che non e' cosi'. Non sono stati sufficienti i nomi di richiamo di Michael Moore e di Eddie Vedder (leader dei pearl jam) che hanno scritto la prefazione e l'introduzione del libro, non e' sufficiente la pagina Facebook dove pubblico alcune delle tavole a fumetti man mano che le traduco, non e' stato sufficiente inviare email ed SMS alle persone che avevano già' richiesto libri alla nostra associazione, non e' stato sufficiente produrre continue e regolari segnalazioni di questa iniziativa sui social network.

Leggere in Italia e' diventato un hobby per benestanti non distratti dal precariato e dai social network? Pubblicare libri in Italia e' diventato un lusso accessibile solo a grandi editori con potenti uffici marketing e buoni agganci nelle redazioni che contano? C'e' ancora spazio per proporre autori validi con autoproduzioni no-profit e dare vita sulla carta a contenuti che non sono appetibili per il mercato editoriale, dove il valore di un libro e' sempre misurato dalla sua vendibilita'?

Non so dare risposte certe a queste domande, ma anche nella peggiore delle ipotesi io non mi rassegno, e piuttosto di consegnare all'oblio questo materiale preferirò' mettere di tasca mia i soldi che mancheranno al raggiungimento dell'obiettivo quando saranno scaduti i 40 giorni che mancano alla fine della raccolta di sottoscrizioni.

Per capire meglio di cosa sto parlando, a questo link c'e' un bel filmato realizzato da un amico palermitano, Filippo Messina dell'associazione Altroquando, che rende efficacemente l'idea di quello che sto traducendo e impaginando in questi giorni.

https://www.youtube.com/watch?v=2nZKYFV7y_A

E' anche grazie ad amici come lui, e ad altri amici che hanno gia' sostenuto questa pubblicazione, se riusciremo a mandare in stampa questo volume.

So che posso contare su amici e contatti che condividono la mia stessa voglia di far circolare buone idee e buoni libri, ed e' per questo che oggi scrivo a te e a tutti gli amici del mio indirizzario privato, chiedendoti di darmi una mano a realizzare questo progetto.

Puoi farlo in tanti modi: ad esempio puoi segnalare il link www.mamma.am/tomtomorrow ai tuoi amici e contatti, puoi segnalare questa iniziativa ad amici giornalisti, puoi cliccare su quel link e richiedere una copia del libro per dieci euro comprensivi di spese di spedizione, puoi richiedere due copie per 15 euro e regalarne una alla tua biblioteca di quartiere, puoi fare un gruppo d'acquisto con altri 9 amici e ordinare 10 copie per 50 euro, se leggi l'inglese puoi cercare su Google il sito "Daily Kos" e accedere all'archivio in lingua originale dei fumetti che sto traducendo per i non anglofoni, portando in Italia un autore che ha fatto cronaca a fumetti con uno spirito pacifista, libertario, sempre attento ai diritti umani e sempre critico verso la follia della realpolitik praticata dalla piu' grande superpotenza militare mondiale.
Dietro le quinte di questo libro c'e' la manutenzione del sito internet www.mamma.am che e' stato bersagliato da qualche buontempone proprio dopo il lancio del crowdfunding, c'e' l'impaginazione di queste belle tavole di fumetti, c'e' la sfida di restituire il senso di un racconto con una traduzione che dev'essere il piu' possibile fedele ma senza la possibilità' di espandersi oltre lo spazio bianco gia' delimitato dai "baloon" del fumetto, c'e' stata la sfida di aggiungere lettere accentate per l'italiano al font calligrafico realizzato in base alla scrittura di Dan, che non prevedeva le accentate assenti nella lingua inglese, c'e' la difficilissima selezione di un centinaio di tavole tra le migliaia prodotte da Dan in 25 anni di attività' fumettistico/giornalistica su decine di testate statunitensi di informazione indipendente, c'e' anche e soprattutto il divertimento e la curiosità' con cui leggo questi "editoriali a fumetti" che sanno essere acuti e profondi, toccando temi pesanti come la diffusione delle armi leggere, la tortura e la guerra senza mai perdere la leggerezza del racconto. 
E c'e' la sfida di trovare in quaranta giorni altri 300 lettori interessati ad un autore al quale il mondo anglofono ha già riconosciuto il successo che merita, ma che in Italia e' ancora poco conosciuto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori."
Noi con lui stiamo. Il regno della Litweb 

giovedì 15 settembre 2016

Muccino, il carosello di L'Estate Addosso

C'era Carosello un tempo lontano, ora ci basta Muccino al Cinema day "A partire da mercoledì 14 settembre, in tutti i cinema d'Italia aderenti all'iniziativa Cinema2Day, il costo del biglietto offerto al pubblico sarà pari a 2 euro. L'iniziativa è stata promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Esercenti Multiplex, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali e l’Associazione Nazionale Esercenti Cinema, e sarà valida ogni secondo mercoledì del mese. “Cinema2day è un’iniziativa per riavvicinare le persone alla magia della sala” ha dichiarato Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo."
Non sapevo nulla di questa iniziativa finché non decido di andare al film di Muccino che esce nelle sale in anticipo per partecipare a questa giornata.
Io e la mia amica scopriamo tutto ciò al momento di pagare il biglietto, vedendo anche la sala, incredibile per un mercoledì, 
affollata. 
Poi inizia il film, purtroppo. 
Un adolescente seppellisce il suo cane, appena morto, facendo pensieri alati e condivisibili, ha un incidente in motorino e recupera con l'assicurazione i soldi necessari per andarsene a San Francisco, ospite di una coppia formata da due giovani uomini. 
Con lui vola verso la stessa meta la più antipatica delle sue compagne di classe, una che lui non ha mai parlato e che, sull'aereo, gli intima di usare solo inglese perché lei va a San Francisco per migliorare la lingua. 
Ed eccoci a San Francisco, la discesa di Sausalito. Ok vediamo il carosello della città, mentre il ragazzo porta a spasso il cane dei padroni di casa, mentre gira in bicicletta e mentre i giorni di permanenza  diventano 21 nella felicità di cavalli cavalcati e di ravioli cucinati. Dei due ragazzi americani, presentati il primo giorno come due perfetti lavoratori dalle nove alle diciotto, poi si scopre che uno lavora malvolentieri e l'altro sta a spasso-
In più nel carosello la ragazza algida si scioglie e si spoglia delle sue fisime, grazie a qualche bicchiere di più, si innamora del padrone di casa, lo bacia. Il Carosello prevede che lei baci proprio chi all'inizio aveva definito Frocio. 
Quindi fra dialoghi, che nemmeno nei baci perugina si trovano più, "Ti amo, ti voglio felice, siamo felici e simili", il quartetto, tre uomini e una donna, va a Cuba, tanto per mostrarci che a Cuba l'acqua è calda e un bagno si può fare. 
Mai stai tanto felici loro, mai stai tanto annoiati noi, per fortuna il film termina, lei va a studiare giurisprudenza e lui non la vede più però, dice lui, ricorderà sempre quell'estate addosso. 
Io non so che messaggio abbia voluto dare alle ragazzette che affollavano la sala:"Bevete un buon bicchiere e avrete la felicità" oppure ai ragazzi:" Ricordatevi L'estate addosso" Boh
Non ho trovato una sola idea carina, se non la desolazione di un carosello firmato Muccino, salviamogli  la masturbazione, più volte filmata con le immagini che lui ha in testa. Sulla colonna sonora meglio chiudere audio, di musica non so.   

martedì 13 settembre 2016

Una grande solitudine

A volte rido e ridendo e guidando mi dico:- Ho la lebbra. Abbiamo la lebbra nella mia famiglia e tutti ci rifuggono come appestati. Ridendo me lo dico e poi aggiungo una pernacchia ai cari abitanti, ai cari parenti  del paesello.  Così si spiega tutto. Si spiega il fatto che venga lasciata morire di indifferenza la mia mamma che un angelo è stata, ha scodellato parmigiane e carciofi al forno, fatto taralli e focacce ripiene, bottiglie di salsa e trasformato maiali  in salsicce per ognuno che lo chiedesse, sempre col sorriso sulle labbra. Forse è la cosa che mi fa più rabbia, forse è questa mia impotenza nel non riuscire a regalarle gli affetti e le relazioni che le spetterebbero. Non mi posso sostituire al parentado scomparso, a vicini scomparsi, ad una vita che non le è stata concessa. Poi dicono che il destino venga in eredità proprio dalle mamme e noi abbiamo ereditato la stessa magnifica indifferenza. Lo dico brutale a mia sorella, imponendole uno stop, una rotta in cui non può seguirmi. Al destino non si sfugge, nemmeno se aneli quel mondo fatto di incontri, di chiacchiere, di amicizie, che sembra regalato a tutti meno che a te. Poi guardo gli altri che escono a due a due. A due a due, due fratelli passeggiano sempre insieme, a due a due, ci sono le coppie francobollo, a due a due, ecco le amiche sempre quelle, da secoli, escono in due. Sono altri modi di essere, altri pianeti, e non mi interessano, ne sento la claustrofobia.    
Alcuni dicono che non si è soli nemmeno con la faccia rivolta al muro in un carcere di isolamento, nelle celle di  circa 6 per 8 piedi di dimensione (circa 1,80 x 2,40 metri), con pareti in acciaio o in mattoni, con sbarre in acciaio verso il corridoio esterno.
Non si è soli in ospedale, in una sala operatoria, mentre i chirurghi tagliano via un pezzo alla volta. 
Si dice che si è soli in mezzo agli altri, nei convegni, nelle feste organizzate, nel momento del successo. Vero anche questo.
La solitudine, averla o non averla, è un regalo o una condanna, un destino l'ho chiamata io, " Una solitudine come destino"
 Una solitudine corporea e non mentale, una solitudine che sembra un muro altissimo da scavalcare.  
Nel destino che ci è stato dato non contano gli sforzi che si fanno, conta la fortuna, il consenso, la chiamata.
Quel che noi possiamo fare è trovare un modo per beffare il destino, ridendo della lebbra, ridendo di quello che ci viene regalato e ridendo di quello che non ci viene regalato. E fatela una telefonata a mia mamma ogni tanto, mi verrebbe da esclamare! Pezzi di .....


domenica 11 settembre 2016

"Tutti gli altri" di Francesca Matteoni

I libri della casa editrice Tunuè sono corporei al tatto, hanno una carta porosa e più spessa, come pelle, respirano e colorano come ingialliti dal tempo le nostre letture. Anche l'odore è l'odore della pelle, ho fatto la prova, annusando la mia pelle e poi avvicinando i libri al viso. Affondando nel libro col naso. Soddisfatti i sensi, l'olfatto e la vista, con bellissime copertine colorate di verde pieno, di arancio, di nero, con un disegno centrale, apri e ritrovi all'interno quel segno, ripetuto tante e tante volte, affinché sia ben chiaro di cosa si parlerà. Con un segno si può dire tanto. Un serpente, un coniglio, un bimbo rovesciato, a testa in giù. 
Leggo Tutti gli altri di Francesca Matteoni. 
Il verde bosco di Francesca Matteoni, un verde muschio, sembra il tappeto su cui stendere i giocattoli, i ricordi, gli amici e farli vedere al nuovo amico, il lettore, con un gesto affettuoso, come se si volesse far parte di quel ricordo anche al nuovo arrivato.
Così seduta sul tappeto di Francesca con i suoi racconti. Tutti gli altri. Orientamento ha per titolo quel che ho sentito mio, per quel che ho scritto anche io, in un mio pezzo breve. Il tempo è circolare. Ho continuato a leggere i racconti facendo cerchi sui titoli, Tiziano, Daniele, sono diventati miei amici, come se li conoscessi. Alce e il suo finale, qui in The Moose, l'alce, la Bishop, sempre cara che ci ha insegnato in un'altra sua poesia a saper perdere."Una partenza. Un ritorno. La consapevolezza indicibile che ovunque noi possiamo andare... c'è una memoria che resta fissa, che non ha fretta, ci attende sul limite delle cose e le ricompone, come se mai ci fossimo dispersi."
Ogni racconto un pezzo in mano e immaginiamoci così, nel suo modo, nella sua vita, con quel gatto che vorremmo noi adottare per salvarlo da Angela, con quel coniglio lanciato via nel bosco, una morte che sarà cibo nel bosco.  Racconti che conservano del personale, donato con la cura del momento amato, l'incontro con Pippi Calzelunghe, la ragazza di Akela, e poi Angiaq...la storia di un aborto. 
Mi sono spesso sorpresa perché alcune donne  raccontino o scrivano su quel momento in cui... ed ho trovato qui risposta. L'angiaq si ferma," come tutto ciò che ha ferocia e giustizia non muore con la morte, al contrario resiste."
Una serie di racconti che sembrano presi da un ripostiglio, dal cassetto della memoria, dal luogo più caro e scritti con la perfezione dell'essere dentro le cose.
Racconti che già amo.  
Mi sorprendo a pensare che non ho finito di parlare di "Tutti gli altri" perché nel mio immaginario il libro  sta come un amico con cui ho trascorso questa soleggiata e solitaria domenica di settembre ai tasti neri che mi fanno compagnia.  

venerdì 9 settembre 2016

Anche il profondo sud si è arreso

Come in Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca...
Guido per andare in centro, salendo via Marconi e vedo appeso sulla porta dell'edicola questo titolo a grandi caratteri. Mi fermo e lo fotografo, mi ricorda un mio pezzo di alcuni anni fa, e i numeri evidenziano quel che scrissi allora: 
Anche il profondo sud  si è arreso                    23 gennaio 2012 
Anche il profondo sud, come il profondo nord, vive in case vuote, con vicini sconosciuti, con parenti lontani, con figli unici, con genitori separati, senza tavolate, senza quartiere, nel traffico, negli incontri occasionali, al computer.
Anche il profondo sud, come il profondo nord, affida  genitori anziani, ammalati, a badanti ucraine, moldave, russe,  a case di riposo, ad ospedali.
Anche il profondo sud vede le strade sempre più vuote, i centri commerciali sempre più pieni di occhi persi  che non guardano più.
Anche il profondo sud mangia da solo, in case ampie, mangia da solo, seduto al  tavolo di una cucina piccola, grande, col televisore ad alto volume, con in mano un cellulare.
Anche il profondo sud non ricorda più il suo passato, butta  infelice i  pezzi più cari, i mobili antichi, i quadri, le lettere, svuota le case dei genitori, donando a stranieri il comò, il cuscino, il vecchio piattino sbreccato oramai.
Anche il profondo sud non conserva più, come potrebbe? Non sa più nemmeno cosa riporre via.
Mamma, dov'è il mio diario, dove sono i quaderni, i libri, i vestiti, le scarpe?
Li abbiamo buttati 
Abbiamo buttato la nostra ricchezza ed ora poveri, deboli ed indifesi, smarriti, cerchiamo una ragione.
Smarriti ma pieni di boria, di supponenza, convinti che ancora ci tocchi in sorte un mondo migliore, sputiamo convinti su quello che abbiamo, ritenendolo poco, indegno del nostro sentire, ritenendo tutto inferiore, non come noi.
Non abbiamo più una misura, non abbiamo un amico con cui litigare, un fratello da strattonare, un marito, una moglie da sopportare.
Non abbiamo l’altro con cui rapportarci e smarrendo il fenomeno altro abbiamo smarrito il nostro fenomeno. Lo dicevano gli strutturalisti, lo dico anch'io, lo dice pure mia sorella, senza conoscere Levi Strauss!
Poi incattiviti, al nord come al sud, diciamo che proprio non ne possiamo più, che siamo soli, che siamo incompresi, che nessuno ci ama, mentre con la bocca, ancora piegata, stiamo in realtà dicendo a tutti che noi non li amiamo, che non li sopportiamo, che, se potessimo, manderemmo tutti al diavolo, il lavoro, i colleghi, i cognati, il nostro, il vostro, il loro.
Abbiamo ragione, ho sicuro ragione, noi  siamo diversi… ma diversi da chi? Al sud più a sud si sta soli lo stesso che in Svezia, in Finlandia, in Norvegia e Danimarca.
Al sud come al nord
Chiedo scusa, oggi ventitré  gennaio, secondo il calendario cinese, inizia l’anno nuovo. Buon anno

martedì 6 settembre 2016

Dalla parte della radice: Marco Luppi

Il libro rosso di Marco Luppi,
Eretica Edizioni, abita casa mia da alcuni giorni. Viene con me al mare, mi guarda dal tavolo di cucina preparare i pomodori interi, svuotati al centro e riempiti con fiori di zucca, poggiati nel tegame e sotto un fuoco acceso, una fiamma bassa, bassissima. 
Il libro rosso di Marco Luppi sale con me le scale e dorme fra i tanti libri nel lato vuoto del letto matrimoniale, un lato abitatissimo di versi, racconti, saggi, storie.
Dalla parte della radice di Marco Luppi mi era venuto incontro sui profili del social dove ci leggiamo in tanti, fra simili, e poi ci scegliamo, dove ognuno si costruisce un social a sua immagine e somiglianza. 
Versi che mi passavano dalla home, insieme con il viso del poeta, insieme con altri versi, in un discorrere amabile e attento su di noi, attraverso i tanti altri che abbiamo in noi. 
Versi su versi conosce Marco.
Eccolo citare “Un uomo vale quanto le cose che ama”.
Saul Bellow, La resa dei conti. 
Poi Marco aggiunge Per la precisione:
«Com’è che diceva un tale che ho conosciuto? – disse Wilhelm. – «Un uomo vale quanto le cose che ama».
Saul Bellow, La resa dei conti.
“Ognuno vale quanto le cose a cui dà importanza”.
Marco Aurelio"
In lui la citazione è un dialogo. 
Leggo la prefazione di Pier Damiano Ori, lui stesso raffinato poeta, sua l'opera "Occhio e Orecchio" da poco in libreria, e non posso che non essere d'accordo sul suo incipit. Poesia di pensiero e di indignazione dice Pier Damiano Ori dei versi di Marco Luppi. 
Mi innamoro di una nota d'autore, forse perché già avevo letto una plaquette nella quale Massimo Celani aveva scritto " La distanza di noi stessi" e anche Marco scrive che "Le persone sono luoghi lontani dalle coordinate in cui si trovano" e illusi,  nel credere coordinate quel tavolo e quel luogo corporeo abitato, già facciamo "una solida delimitazione dei corpi"dice Kafka. Spaventosa cosa. 
Compito dunque della poesia è infrangere la solida delimitazione dei corpi, per saltare il cerchio, per saltare il fosso, per saltare un gradino, per saltare ciò che con il corpo io non potrei. 
Le persone sono luoghi lontani, lontane da noi, certo, ma anche lontane dal loro appartenere a quello spazio che occupano. Essere tutti lontani dallo spazio occupato affinché nemmeno la solitudine possa raggiungerci, questa la consapevolezza con i versi in mano.
" Siamo versi scritti di un foglietto stropicciato" scrive Marco Luppi "che da sempre qualcun altro porta a sua insaputa nelle tasche." Ricordo una sera con Neri Marcorè. Presentando la sua vita, il cinema, le imitazioni, lui disse uguale. Ed io mi portai nella tasca la poesia che ci recitò alla fine.
"Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,
e dirà: Siedi qui. Mangia."
dal libro "Mappa del nuovo mondo" di Derek Walcott
Nella tasca ti porteremo, scrissi di ritorno a casa e  ciò che ci portiamo nelle tasche, ognuno di noi, di un altro ancora, siamo noi.
Mi piace leggere in Marco, come lui stesso scrive " Nel portagioie la veggenza della fantasia, nel poco, nel niente di cose di poco conto"
Mi piace leggere in Marco "Le cose che non mi piacciono, le cose che mi piacciono"
Essere amici nel verso di poesia civile, comporta una protesta, una riflessione, una tensione morale, e simile sembra "la tassidermia del verbo e dei ricordi."
Si può, con un verso in testa, andare fieri "Contento di non essere convinto, convinto di non essere contento." Impegno e lotta per preservare l'individualità di ognuno di noi, come regalo, come "medaglioni in cerchi d'albero al centro"
Dalla parte della radice " I poeti raschiano il fondo della vita che lasciano" " Mai sullo stesso piano" " Adducendo amore"
Nel suo primo libro di poesia gli enunciati che lo accompagneranno per versi e versi, con le scarpe ben allacciate per consentirgli di raggiungerci, quando vuole. 
     
   

lunedì 5 settembre 2016

I versi che amo: Miscellanea da Frontiera di Pina Majone Mauro

Frontiera di Pina Majone Mauro 
                                            

Per lungo tempo appagati e felici          pag121
Bagnammo nel miele il pane dell’esilio
Oggi però remiamo all'incontrario
Nel mare della nostra indifferenza
Per ritornare dove abbiamo lasciato
Appese al muro le nostre chitarre
Non è ricca la pesca ma stasera            pag122
Dopo una mensa odorosa di mare
Possiamo riaprire le finestre
Ad una notte da reinventare
Ad un mattino che s’indora di sole
Mentre io comincio con l’intitolare
Al vostro ritorno l’ultimo mio canto
...
Solo tornando s’impara a non partire                             

Ognuno ha il suo tempo e la sua storia     pag33
Ma noi del sud non nascemmo vincenti
Se la storia non ignora se stessa               pag34
Mai più saliremo sui treni dell’esilio                                  

Il ritorno è un circuito della mente              pag73
Che ripassa per vie dimenticate
E s’incatena al canto notturno
Di chi grida al cielo sottovoce
Un nome mai scordato che si perde
Mare via di sale  per anime in fuga      pag159
Dal proprio nome  dalla propria fame  
Bentornati alla casa alla foce               pag74
Bentornati al fiume della vita            

Torniamo insieme meglio se siamo in tanti  pag145
Al mare alla casa al campo che lasciammo          
Nell’asfittico spazio del destino  pag185

Ritorno cavalcando la speranza pag230

Mare unico celeste paradiso  pag231
In questo sud oscuro come l’inferno

Mare solcato dagli scafi insanguinati

Là dove il fato sbarrò la tua strada

Là io ti attendo in anima e dolore pag 231 

Anima che non sa dove cercarsi pag 232