venerdì 27 febbraio 2015

Blu Cavolfiore di Maria Caterina Prezioso

Blu Cavolfiore in caratteri grandi
“ Gli esseri umani si muovono sempre e solo a causa di una idea, di un pensiero, anche se solo sotto forma di istinto.”
“Partendo da Abramo”, sto leggendo nella prefazione “noi eseguiamo ogni nostro movimento, perché mossi da qualcosa, che nella nostra mente ci sveglia, ci interroga, ci allarma, non ci dà tregua”
In un istante sappiamo tutto.
 L’autrice è di origine ebraica come Abramo e Mosè,  Blu Cavolfiore non risponderà alle domande topiche ed ormai scontate del Chi, Da dove e Dove, ma si chiederà il  perché di ogni cosa, nel dubbio che qualcosa sfugga. Una bussola, mi sta dicendo Gian Stefano Mandrino che cura la prefazione,  fra due esseri, un mistificatore ed uno sopravvissuto in fuga.
 Cara Maria Caterina Prezioso, mi sembra di conoscerti.
 Si comincia così partendo da dodici anni fa, da quando hai iniziato a scrivere questo,  e mi sembra molto interessante il lavorio che ci sarà stato  “Non ho la pretesa di svegliare coscienze sopite, ma ho assunto l’assurdo diritto di mobilitare un popolo in fuga.” Un compito civile, di civiltà.  Due personaggi: Jacob un sopravvissuto e Jurek un mistificatore.
Jacob: “C’è sempre un quasi, dove il mediatico regna, dove i nuovi signori feudatari, quando gli è permesso, ci sguazzano dentro”
Inizia una partita” Veloce, abbandoniamo le carte, da ora in poi si gioca con i dadi.” Si comincia con Harrison, dal suo romanzo il film I sopravvissuti e Berto “Il male oscuro” nel 1987 e nel frattempo siamo nell'ufficio Brevetti americano. Questi  dichiara con una ordinanza che tutti gli organismi viventi pluricellulari, ivi compresi animali, sono brevettabili. 
Continuo a leggere, mangio fetta di pane ai cereali, pane di un forno locale, venduto presso fruttivendolo, e vi spalmo ricotta prodotta, in zona, da caseificio di cui mi fido. Non dovrebbero, nessuno di questi, essere prodotti mistificati.
 Pia Illusione.
 Sono di ritorno da assicurazione che mi chiede 750 euro, sei mesi,  per Panda viola, la mia. Ad una signora, prima di me, al banco, vengono fatte le condoglianze. Morto suo figlio di 27 anni per leucemia fulminante. Qui diffuso modo di morire. Quando io chiesi al direttore generale della Sanità se esistesse un registro tumori per la Calabria lui disse: Certamente,- e poi aggiunse- cara signora siamo nella media nazionale!-
Continuo a leggere con negli occhi il Film “ Le meraviglie” quando le api muoiono avvelenate per prodotto che il consorzio ha dato al contadino.
Il Consorzio. Provengo da una famiglia di coltivatori diretti e so come tutto il veleno fatto agli alberi venisse chiamato ”medicina”
Facciamo la medicina alla frutta, dicevano ed aggiungevano a casa, se non la facciamo nessuno comprerà frutta con macchia. Uno strazio. Ci avveleniamo avvelenando. La fine del mondo sarà. Augurandoci che sia veloce, oppure che si trovi il volano per invertire e sterzare. Continuo a non voler vedere più intorno a me il mondo di fuori eppure tutto mi arriva a casa, ora sotto forma di tua invettiva, di tua ricerca, Maria Caterina, una ricerca attenta, da studiosa responsabile che crede, come me, unico luogo sia la scuola.
 Iniziare dai banchi, dal luogo dove si può parlare di inginocchiatoi, di singoli, di esseri.
 ADHD: una volta venne lo scrittore Carofiglio e ci raccontò che lui era uno alunno irrequieto, ora, aggiunse sorridendo, mi avrebbero diagnosticato la sindrome adhd e mi avrebbero dato il Ritalin. Terribile cosa. Ribelliamoci. In questa partita a scacchi non ci saranno vincitori
 Film Trashed, mi viene in mente con i suoi orrori

L'uomo intelligente risolve i problemi. L'uomo saggio li evita". da Einstein
Intanto le due memorie, la ebrea e la napoletana, il popolo che ha fatto il patto con Dio, e il popolo che ha fatto patto con il destino, sembrano essersi preservate.
Cosa si è salvato ancora?
II PARTE

Continuo a leggere di esseri umani impazziti ed egoisti, continuo a
leggere su storie terribili che insegnavo a scuola, a piccole dosi, perché,
 se il veleno devediventare antidoto, noi dobbiamo prenderne pochissimo.
“Pwca il folletto, esce dal bosco dove ha seminato le reti del sonno e le reti
del solletico ed anche le reti del riso lungo.
Pwca aspetta il forestiero che dovrà passare dal bosco.”
Qui sono proprio a scuola con loro “Il Popolo di Seattle nasce nel 1999
 durante una Conferenza dei Ministri, durante il WTO.” Il movimento conia uno slogan, puoi leggere, puoi pensare, puoi intuire che un altro mondo è possibile
“E allora Pwca piange vicino perché non è stato possibile e non sarà possibilesenza spargere neanche una goccia di sangue, neanche
una goccia del tuo sangue.”
III PARTE
Blu Cavolfiore
Stranissima cosa intanto succede. Abito a pochi chilometri da Maida,
 la mia proprietà è nel comune di Maida, una mia amica è di Maida e suppongodi conoscere cosa succederà a Novi ligure.
“Mi piace pensare” invece termina questa storia ingurgitata troppo in fretta, scritta in tempi lunghi, ma che dà l’idea di essere scritta in pochissimi giorni,giorni di rabbia e di stupore, giorni di maturità.
Intanto che litigo col formato word del pc, intanto che sedimento il troppo
dire e raccontare fra due contendenti che si accorgono del non contendersi,
intanto che il digiuno poté su…
Blu cavolfiore mi sembra una denuncia, e come tutte le denunce deve
 porsi dei limiti per non espandere troppo il luogo finendo per esaurirlo.
Restringere per colpire, se colpir si vuole.
Nel seppellimento di Santa Lucia del Caravaggio più la scena si amplifica,
più lei resta sola.
Lo stesso straniamento che prende leggendo questo Blu, colorato da una

mente troppo appassionata per aver il distacco dalla tela. Solo con pochissimo distacco riuscirà a fare nel blu dipinto di blu  un volare più blu   


mercoledì 25 febbraio 2015

Nella boccia di Facebook una cretina perfetta


Leggo da sempre. Leggo ora su facebook giornali e notizie, leggo e rileggo post di pochi, facendo selezione per leggere meglio, così ogni tanto posso saltare dalla boccia, restandoci dentro.
Stamane leggo
Due autori: Luca Ricci. Scrive racconti, "Il dattiloscritto rifiutato"
 Lui è Crocifisso Dentello e ha scritto un romanzo, piaciuto molto a chi l'ha letto, ma rifiutato dalle case editrici alle quali ha fatto pervenire le bozze. Leggo tutto su Luca Ricci che non conosco, e stamani mi sento ignorante come me nessuna mai.  Ringrazio Andrea Dentello, questo il contatto di Crocifisso, nome rifiutato da Facebook per il profilo, lo ringrazio perché solo raramente si può fare quel famoso salto dalla boccia e respirare ancora, sorpresi che esista il mondo, la buona letteratura, il desiderio smodato di amare il vero scrivere e non il piattume e pattume  quotidiano offerto da mercato e librerie multipiani.  
Dio benedica gli assassini, il titolo di un romanzo di Dentello  che Renzo Paris, scrittore, colloca nel filone dei personaggi inetti, da Svevo a Tozzi...
Continuo a leggere faccia al muro e così mi trova mio figlio, che domanda perché io stia in punizione, curva su un Iphone a leggere da ore, senza mangiare, oltre orario di déjeuner
Ho un libro in testa, Luca Ricci: Vi racconto perché scrivo racconti.
Fantasmi dell'aldiquà, in compagnia di Maupassant-Ho amato Boule de suif, io. Ho amato Bel Ami

Ed oggi, regalo sorprendente, scivolo giù dal piano inclinato verso un finale con cazzotto. Io non so scrivere, vorrei saper leggere e assuefatta ad un social stavo per dimenticare che la buona letteratura esiste.
Un grazie ad Andrea Dentello, che leggerò ed a Luca Ricci che oggi richiederò in libreria.

martedì 24 febbraio 2015

Gianpaolo Ferrara e la letteratura americana

Quando ti ricoverano porta le armi- Gianpaolo Ferrara

Quattro racconti scritti amando tanto la letteratura americana, i luoghi e i dialoghi di un’Alabama che poi nome di suo cane è.
Sorridendo di me stessa io scrivo dopo lettura e riassunto di pagine 420, lette in questi giorni grigi ed invernali, umidi e internazionali, anzi intercontinentali, così come sono questi quattro racconti, nati a Benevento, scritti a Minneapolis, corretti a Roma e mandati da Sant’Angelo a Cancelli


Prima bozza, Benevento 1996
Prima versione, Minneapolis 2006
Seconda versione, Roma 2013
Ultima versione, Sant’Angelo a Cancelli (AV) 2014

Autore molto caro a me, lo confesso subito.
Come se lo avessi sempre conosciuto, per lo strano fenomeno della fata morgana, far sembrare vicinissime due sponde.
Così lo leggo per amicizia, per relazione umana, per piacere. Leggo sempre come se leggessi me.
“ Le fantasie adolescenziali su di una vita da scrittore maledetto, si erano realizzate. In qualche parte dentro di me, sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, la parola non superava la carta, come se la carta fosse stata un buco nero che mangia tutto e tutto prende dalle costellazioni dei miei pensieri, del mio animo e si disintegra. L’estraniarsi dal gruppo e godere dello stato di bandito, ad esempio, era una cosa che avevo sempre fatto e mi piaceva. Io godevo nell’essere escluso, nell’avere il ruolo della vittima. Non appena qualcuno prendeva seriamente in considerazione le mie qualità, quelle poche, in me nasceva come un pagliaccio che voleva distruggere tutto e così è stato... Una notte ho dato fuoco anche a questo boschetto.”
Ho fatto lettura accurata e attenta e credo di poter dire con modesta certezza alcune cose.
Giampaolo ama la letteratura americana, quella di Taxi Driver

 Martin Scorsese incontra Jan Paul Sartre, La Nausea 
“Che cosa c’è da temere da un mondo così regolare?”.
“Ho paura di quello che sta per nascere, che sta per impadronirsi di me… e trascinarmi, dove?”
Così lui, Il Maratoneta, il primo racconto, è una allucinazione. Allucinazioni…

“Il maratoneta – che è in ognuno di noi come un istinto – prese il sopravvento sulla mancanza di gusto … perché farsi morire, è dovuto essenzialmente a una mancanza di gusto, all’incapacità di valutare il bello; il continuo, silenzioso, pericoloso trascurarsi.”

Lissa e San, i due protagonisti, se di protagonisti possiamo parlare, Si domandano chi siano. Abbiamo risposte le nostre stesse risposte.

“ Domande del genere sottintendono non solo tante risposte, bensì anche un “retro universo” di storie assurde, un intrecciarsi inestricabile di commedie, tragedie, farse, scelte, coincidenze, sangue, morte e infine tanta vita giacché si è là a chiedersi cosa ci faccia una scarpa sulla luna, si è là a riflettere sull'aberrante dato di fatto che l’immondizia umana sia giunta fino alla luna, che però la scarpa sia una sola, quindi all'aberrante si affianca il comico: che fine avrà fatto l’altra scarpa? E così facendo nasce una risata che funge da cesto per mele sia integre sia marce.
Quando si incontrano tra reduci di stermini diversi tutto ciò sia sottinteso – e non ne parlino. Per comunicare quella roba lì, utilizzano la risata, la cui funzione – una delle tante – è proprio quella di tenere in vita della polvere di memoria senza alcun lamento funebre.”
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.

Ho continuato a fare  copia incolla di   rabbia e  razzismo nelle strade americane, la verità nascosta sul sogno americano di possibili integrazioni dopo tante cancellazioni, dopo tanto disprezzo.
“Dal racconto di Lissa:-È lì che compresi cosa volesse dire quella frase, ignorare è il maggior disprezzo o roba così.  In quell'occasione, però, dentro di me si fece sempre più nitida l’impressione di essermi innamorata di un involucro vuoto.”
Scriviamo dunque per non ignorare e il maratoneta finisce proprio per darsi un compito, malgrado l’allucinazione collettiva. “ Sono un maratoneta e percepisco la mia forza sulle pagine del vento. Non corro per vincere, ma per trasportare. Avvenne così, corsi per portare la parola. Io non sono un corridore, io sono un maratoneta, un messaggero.

 Il secondo racconto “La Poltiglia” è una allucinazione familiare, un dialogo fra autore e personaggi alla Pirandello. Sei personaggi in cerca d’autore nella testa di  lui scrittore che ha moglie e figli. Moglie e figli che si accorgono di lui stranito in un dialogo di cui loro non fanno parte. Ho riso molto, guardando viso di mia sorella, annoiata dal mio dialogo muto e scherzoso con personaggi non presenti al desco familiare, i personaggi di Giampaolo.
“Era questo il motivo per il quale Peppe aveva deciso di portarli a Sant'Agata de’ Goti, un paesello medievale costruito su di un costone tufaceo, le cui abitazioni cadevano a strapiombo in una gravina, facendo apparire quel grumo di case come un unico ed enorme castello.
E il dio dei ricordi abbandonò il campo che fu preso dal dio dei disturbi
- A cosa stavi pensando? – chiese Anna, che era appena entrata in macchina e lui neanche se ne era accorto per quanto era stato assorto nei suoi pensieri. 
Lui non rispose subito e mostrò un volto stupito e intimorito, come quello di un bambino beccato mentre fa una marachella.
Anna continuava a guardarlo riflettendo sulla maniera in cui suo marito si era estraniato. Lo aveva sempre fatto, a volte parlava da solo ad alta voce, imbarazzandola quando la cosa avveniva in pubblico. La donna non si era mai preoccupata più di tanto, credeva semplicemente che il marito stesse pensando alle sue storie, alla sua benedetta scrittura che – nonostante il palese fallimento – continuava a serpeggiare qua e là nella quotidianità della famiglia come onde che, frantumandosi sugli scogli, spruzzano iodio ovunque.
Negli ultimi tempi però, Anna percepiva questo suo estraniarsi come qualcosa di più profondo. Era come se intorno al marito si materializzasse un altro mondo – egli perdeva ogni contatto con la realtà.”
“Peppe era da sempre posseduto da un grumo d’immagini e parole, una sorta di poltiglia che, come la chimica e la fisica nel mondo della materia, regolava tutta l’attività della sua elettricità cerebrale. Ciò lo spingeva spesso a distaccarsi dalla realtà circostante e in alcune situazioni, in passato, aveva vissuto momenti di amnesia dissociativa. La tendenza, o reazione, a isolare del tutto il proprio apparato comunicativo scattava in automatico alla presenza di personalità forti, i cosiddetti uomini alfa o donne mangia-uomini”


l’iniziare a nascondere ti fa uomo, nel bene, nel male, da qualche altra parte, e soprattutto raggiunge la certezza che il padre non è né più né meno che un uomo.    

Forse dovrei scrivere un libro centrato su quest’argomento, pensò lui. Libertà e costrizione”
Libertà e costrizione
Leggere comunque ci salva la vita, come una telefonata, come una chat. Libertà nella costrizione

Quando ti ricoverano porta le armi: Un libro
                                                                                                                           Ippolita Luzzo













Elena Ferrante al Premio Gomorra

Riflessione semiseria sulla candidatura al premio Strega della Ferrante, autrice oppure autore semisconosciuto. Oppure gruppo di autori. Chissà!

Saviane propone candidatura di Elena Ferrante al Premio Strega, famoso premio citato in un mio famoso post: Noi vinceremo il Premio Strega

Da questa riflessione sui social  si divaga, come sempre succede in qualsiasi riflessione a gruppi sparsi, e dopo aver trovato accordo su candidatura della Ferrante entriamo nel merito se un autore viva nel suo libro e quindi molto interessante è conoscere lui, l'autore.
Io credo nella forma d’arte come relazione quindi scrivo: Io invece sono affascinata dalla vita dell'autore. Parole di Sartre


Gian Paolo Serino:Ippolita vedrai che sarai soddisfatta. Se il mondo editoriale continua così, pur ormai vicinissimo al "The Crack Up" ( scomodo il Francis Scott Fitzgerad dei tre articoli pubblicati nel 1936 su "Esquire" e che puoi trovare in Italia da Adelphi), troverai gli scrittori in libreria al posto dei libri. Tiri un cordino ( ombelicale) e Ti raccontano la loro vita wikipedia
Ippolita Luzzo Certo poi può esserci questo eccesso ma leggere un libro attraversa sempre la vita di chi l'ha scritto. Il lettore legge anche quello. Un libro non è una cosa

Mi risponde una donna così:-  Beh, sarebbe come dire che a teatro gli attori si presentano con il regista accanto oppure la Nutella accompagnata da Ferrero

Metterò in anonimo per  poter postare questa golosità, assemblando, lei,   opera d’arte unica, come può essere un libro, a vasetti di Nutella, tutti uguali, quella sugli attori poi me la spiegherà che io non ho capito.
Il regista dirige e crea ed è con gli attori, proprio dentro, ti direi.
Così io darei Premio Gomorra a chi accetta anonimato, a chi scrive in anonimato, a chi trama in anonimato. La trama. Certo che siamo contro tutti gli eccessi di presenzialismo, siamo per moderazione e virtù, ma tutto questo dire è responsabilità. Sempre. Ed ogni autore, nella narrazione,  scrive se stesso, Cocteau lo dice. Come me.





domenica 22 febbraio 2015

Screditare gli altri- Etica Nicomachea tre

Etica Nicomachea 3

Il pettegolezzo – Maggio 2011

Nell'etimologia delle parole il loro significato appare chiaro, chiarissimo, quel che rimane oscuro è il compito che le parole hanno, il fine per cui vengono dette. Cerchiamo di studiarne almeno l’etimologia .
Pettegola: nello zoo faunistico la pettegola è un uccello di palude dal becco molto lungo, dalle zampe slanciate e sottili, nell'etimologia la parola risale probabilmente al Veneto – vien da peto? incontinenza verbale? suono che esce dal petto? pettinare?. Sicuramente riportare, far conoscere in modo da suscitare curiosità futile, insistere su fatti e persone mettendo in  relazione gesti e parole in modo leggermente  e lievemente malevole, un taglia e cuci per rimodellare un vestito, mettere a posto l’orlo, lo sbieco, la piega di un altro, un operare chirurgicamente per dissezionare un avvenimento, un episodio, una persona, che resta nuda davanti all'uditorio. – Per chi ti vuole male anche con sette sottane la carne ti pare! – dice un saggio proverbio. L’occhio non indulgente vede il difetto, la magagna, sempre. Il pettegolezzo non è mai chiacchiera interumana, come la chiamava il mio professore di teoretica, necessaria per creare comunità, ma un atteggiamento a volte lesivo e diffuso. Eppure – Io non sono pettegola – dicono tutti così. Sembra che nessuno lo sia, nemmeno la gentile e carina signora, incontrata per caso stamani, che mi sta raccontando la malacreanza di una donna che io non conosco. Non ho mai incontrato nessuno che mi confessasse di essere pettegola, invidiosa, avida, acida, cattiva. Mai. Mai nessuno mi ha raccontato un suo probabile difetto, una sua minuzia, un – forse sto sbagliando anch'io – mai. Eppure esistono questi atteggiamenti; vuol dire forse, che me compresa, l’universo intero è sbagliato, tranne le mie conoscenze? Riprendo in mano l’etica Nicomachea, che parla di rispetto, di alterità, di riconoscenza, nel senso di conoscersi, cosa conosciamo infatti noi degli altri e di noi stessi? Cosa conosciamo oltre il potere di spesa, lo stipendio, il conto in banca, l’automobile, il gioiello peraltro già superbamente imitato, cosa conosciamo oltre il pettegolezzo delle corna, dei tradimenti, delle infamie, con i quali rigiriamo i nostri discorsi?   Certo, a volte, poi indugiamo impietosi su qualche bella e dolorosa malattia, su qualche disgrazia e come siamo buoni! Che dispiacere! L’etimologia ci soccorre sempre, perché non si ha misericordia, cioè non si porta al nostro cuore la voce dal sen fuggita – il pettegolezzo.

Il pettegolezzo però non è calunnia, maldicenza, no, è piuttosto il tentativo di far conoscere la vera identità  dell’altro, ignota finanche al soggetto stesso, é un modo ideale per insinuare un dubbio nell'opinione altrui sull'immagine che un’altra persona vuole dare di sé. E’ una tensione morale, un desiderio di verità, di ristabilire seconda la parlante ciò che è giusto, ciò che è riprovevole. Si pensa erroneamente che se sappiamo trovare il difetto nell'altro abbiamo già messo a posto i nostri, screditare gli altri dà a noi che parliamo un senso di onnipotenza e di amor proprio, perché noi siamo sicuramente migliori!

Poi li confidiamo ad un’altra, in segreto,-Questo posso dirlo solo a te- oppure -Lo sai solo tu- per creare complicità, intimità, con un argomento che non riguarda entrambe. 
Se ci si fermasse sulla soglia della maldicenza, il pettegolezzo sarebbe solo un rumore, un suono, un saluto. 
Un modo carino e simpatico per avviare il motore della conversazione, un occhio colorito e attento sul variegato mondo dei nostri simili. Un divertimento. Solo distrazione. 
Anche di Aristotele se ne diceva delle belle, solo pettegolezzi. 
Il pettegolo, lui diceva, è un serpente con la lingua biforcuta. Esagerato! Di cosa si potrebbe parlare infine? 
Ippolita Luzzo 

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano


Portami un punto di vista-  La cecità ci renderà  liberi. Liberi di immaginare la linea dell’orizzonte. La solitudine e la cecità. 
L’attesa ci lega ad una sedia con un corda corta. L’attesa di una vita per dover dire no. Attendere, prego.
Dalle molteplici associazioni che si affollano nella mente e continuano a dialogare su Patres
Mercoledì delle ceneri
Con Goethe
Se vuoi possedere quello che i padri ti hanno dato, se vuoi possedere l'eredità, devi riconquistarla.

Dovrei andare alle ceneri, ora, dovrei ricordare momento in cui si entra in Quaresima, secondo liturgia cristiana.
Dovrei, eppure resto qui, incollata ad un testo, ad un atto teatrale già visto e di cui mi ero spesso ripromessa di scrivere.
Ho in cartella, sul tavolo, “ Gli uomini mangiano i pesci” scritto da Anna Vinci e Giovanna Casadio, altra terribile storia su un mare “cangiato”.
Una volta era gli uomini a mangiare i pesci, ora sono i pesci, la spigola, a mangiare uomini, cacciati dalle loro terre, in fuga,  ribaltati in mare da carrette, gusci stracolmi.
In Patres quello stesso  mare è avvelenato. Da chi? Dagli Innominati che si fischiano come gli uccelli per chiamarsi e ogni tanto si sparano.
Nel dialogo, con noi spettatori, un figlio cieco, legato con una corda ad una sedia, sta in una stanza vuota. Aspetta, quel figlio, è
 un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
 Ritorna, fra noi e loro, il mare, questa volta sporco, maltrattato, luogo di furti, di scambi, di rotte, in cui la malavita organizzata ha perpetuato uno scempio. Lo scempio dei rifiuti buttati, delle scorie avvelenate. Un mare che muore ogni giorno, bagnando spiagge tristi.

Nel parlato, fra figlio e padre, il racconto del lavoro dei pescatori, del tirare le reti, del tempo della passa, delle stagioni dei pesci, ogni pesce ha un suo mese. Si intrecciano qui i due atti teatrali, di Anna Vinci e di Saverio Tavano, il femminile di due donne amiche  lì, qui il maschile di un legame familiare fra due uomini.
C’è fra queste due scritture una scena simile sul momento della confidenza di una sessualità travisata,  uno scangio.
  Da  inizio in cui si raffigura l’attrazione  con una bambola gonfiabile oppure con maliziosi accenni, nelle  due rappresentazioni, al momento vero in cui   il sesso è racconto.
Patri:- Chi ti piaci a tia?-
 Figghiu:- Mi piaci quannu mi cunti i stori. Quannu mi cunti i stori iu ci viu, viu tutti i culuri, viu tuttu chillu ca tu mi cunti, sientu l'adduru, sientu i rumuri.-
Il momento in cui il padre racconta al figlio di come si trovò impigliato in una storia non sua, di come fu lui ad individuare il punto più profondo per lasciare nel mare una puzza mortale.  Solo nel racconto  lui prenderà consapevolezza e andrà via, allontanandosi dal figlio che testimonia, con ciò che sa,  una colpa.
Onora il padre. Quale padre? Ci chiediamo. Noi tutti Telemaco, figli di epoca senza padri, non responsabili, ciechi di una cecità civile che ha deturpato il fuori e il corpo, ammalandoci.
Patres di Saverio Tavano, interpretato da Vetromilo e Natale, ci lascia  nella stanza insieme al figlio che riprende a leggere un mappamondo immaginario per trovare coordinate smarrite.
La memoria la rabbia la speranza



Il salto di Saverio ad occhi chiusi e vista ottima

 “Patres”, regia e drammaturgia di Saverio Tavano, in scena Dario Natale e Gianluca Vetromilo per la produzione della Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili e col supporto della Regione Calabria. Premio contro le mafie del MEI 2014, Premio al  Festival Inventaria 2014 Roma, secondo premio al Festival Teatrale di resistenza - Museo Cervi (RE) 

In alto dettaglio dal Polittico Griffoni di Francesco del Cossa 
gentilmente visto con gli occhi  di Luciano Marabello. 
Tutte le ceneri che ci porteremo in capo sono ceneri che idee bellissime ci faranno vedere. Portami un punto di vista. 
Dai luoghi del possibile



giovedì 19 febbraio 2015

Caro Alberto Angela

Caro Alberto Angela ab urbe condita


 Pompei ed Ercolano: Eruzione del 79 d.C
Silla, Lucio Cornelio (lat. L. Cornelius Sulla). - Uomo politico e generale romano (138-78 a. C.). 
Lucio Settimio Severo (Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) fu un imperatore romano dal 193 alla sua morte.
Ascolto annoiata una tua supposta divulgazione su storia di Roma, che spazia senza limiti e confini dalle liste di prescrizione al tempo di Silla, alla legge sull’ereditarietà estesa alle donne, dal libico Settimio Severo, diventato imperatore come Obama, in un impero non razzista, solo classista, un impero americano che dava ad ognuno dei suoi cittadini, civus romanus, speranza e  futuro, anche uno schiavo poteva  diventare liberto e poi imperatore.
Tutto questo tuo meraviglioso dire si appiccica agli scavi di Pompei nel tuo tour di promozione vendita libro che mi sembra abbia uno scopo lodevole: Salvare un  affresco.
Qualsiasi insegnante, presente in sala, avrebbe spiegato meglio e con meno approssimazione. Cosa stai dicendo? Dal 50 Avanti Cristo fino al 250 Dopo Cristo Cecilia Metella donna imprenditrice, molto amica di Tullia, figlia di Cicerone, ma no, ma no pettegolezzo è. Infatti non lo hai detto. Abbiamo ascoltato un impero occidentale che dovremmo andare a ristudiare tanto è sfaccettato, lungo, diversificato.
Non ti abbiamo chiesto l’impossibile. Solo di Pompei ed Ercolano dovresti parlare, visto che di questo scrivi, con la passione di divulgare.
Salvando le conoscenze che hai, sicuramente, sciorinato nel tuo libro, sul bacio come etilometro,  sulla splendida biblioteca nella Villa dei Papiri, sede di un centro di filosofia, sui rotoli di papiro salvati dal fango di Ercolano, che privandoli di ossigeno impedì la vita dei batteri, sul racconto di Plinio il giovane fatto a Tacito, parecchi anni dopo, per ristabilire onorabilità e verità su  suo zio, Plinio Il vecchio, capitano delle navi accusato di non aver salvato i cittadini, come Schettino.
Nel momento in cui ti fermi solo su quegli anni acquisti credibilità, con racconti di ville di 20.000 metri quadrati, a gradoni,  costruite a ridosso e sfruttando le mura di fortificazione intorno ad Ercolano o Pompei, non ho capito, con vista sul mare, sul borotalco che seppellì Pompei, sul Garum,  una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato, Kosher, senza molluschi e crostacei…
Sicuramente interessante è la frase con cui hai iniziato la conversazione con gli alunni:- Un piccolo indizio può capovolgere una teoria consolidata negli anni-
Per questo bisogna fermarsi su un singolo episodio, perché lezione sia, altrimenti si rischia di leggere la storia dei nostri ultimi quattrocento anni come hai fatto stamani con i quattrocento anni dell’impero romano.

Appunti, solo appunti.
La sciarpa verde agli ultimi giorni di Pompei

mercoledì 18 febbraio 2015

Biografia di uno scrittore

18 settembre 2011
Adesso che ne so di più                                        
Sono sempre due o tre le cose che so di te.
Una data di nascita, una famiglia con quattro figli maschi, tu il secondo, scomoda posizione, peggio del terzo, una famiglia borghese, perbene, una buona famiglia, i due nonni magistrati, e le nonne? il papà non sappiamo, la mamma egocentrica, cattolica osservante, forse troppo, una famiglia un po’ soffocante, da cui fuggire, tranne la nonna, unica e sola, tranne la nonna, amata e persa, troppo presto sempre.
Una fuga da tutto, dai fratelli, piatti e scontati, dal paese, troppo bello, troppo chiuso, dalla mamma, dalla bigotteria.
Via via via andare via per sempre e non tornare più mai più.
Strada facendo, ti sei detto, tu vedrai, e giovane e invecchiato, ti sei detto, tu vedrai. -ma che cos'è che ci fa andare avanti e dire non è finita- …la spes  ultima dea- perché domani sia migliore.
Adesso che ne so di più  so di una laurea in filosofia, di una tesi sull'esistenzialismo, sul femminismo, sugli addii.
Come ci si lascia, perché ci lasciamo, cosa lasciamo a chi lasciamo
E la chitarra, la musica, forse qualche composizione, e poi la  comune, il 68, gli ideali, l’amore, l’eros, di nuovo l’amore, di nuovo, ancora  e la palude. 
Perché?
Le città, per ora ne so solo tre o quattro: Bergamo, Ragusa, Torino, Milano, me ne mancano cinque.
Ma dovunque si vada, dice Kavafis, sempre la città ti verrà dietro, la tua città. Dovunque andremo.
Viaggiare resta bellissimo - come vivere più e più volte.
A trent'anni, non so, succede qualcosa che spegne tutto il fuoco, tutto l’ardore, tutti i sogni.
Un ottundimento, uno smussamento delle punte, un livellamento. A tanti è successo.
Un intorpidirsi  dei  sensi  come i rospi  messi a bollire nell'acqua lentamente e lentamente privati da soli, senza accorgersene, della possibilità di fare quel maledetto salto fuori dalla pentola, per salvarsi. Da Paulo Coelho -Il vincitore è solo-
L’ho sempre raccontata  questa storia, conoscerla non ci salverà.
Le letture non hanno mai salvato nessuno.
19 settembre
Per un uomo che mi ha scritto tante volte, quanto nessun altro, per un uomo che mi ha consigliato, incoraggiato, aiutato, io continuo a dire grazie con un accenno di biografia. Manca ancora tanto, le favole della nonna, gli amici più importanti, le scelte, le situazioni brutte belle, quella volta che ti sei sentito un verme, quella volta che ti sei sentito un superman, mentre il mondo non si è fermato mai un momento e tutto si perdeva.
Spariva all'improvviso il situazionismo, Reich e l’antifamilismo, gli angeli sopra Berlino, Basaglia e i manicomi, l’amore di una  donna, come un vecchio ritornello che nessuno canta più.
Spariva all'improvviso il fumo, l’extasis, l’erba e gli arancioni.
Spariva all'improvviso un padre, un desiderio, un sogno di una vita per dover dire no
Che fai sotto le stelle... chi vuoi dimenticare… socchiuse gli occhi e volle andarsene e sparire.
Un doppio sogno-Eros-immaginazione- trasfigurazione-il gorgo della perdizione.
Un doppio sogno-con l’altro-il rifrangersi di aspettative su una riva sconosciuta.
Doppio sogno.
E scrivere scrivere… per continuare a sperare- per vivere- per sognare sempre
E non finisce qui
Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma  questo sogno, sia tranquillo da bambino sia che puzzi del russare da ubriaco... perché volete disturbarmi se io forse sto facendo un viaggio alato sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale  in volo
Questa era la mia colonna sonora, la vedo bene anche per te, per tutti coloro che riescono a sognare vivendo.
Una biografia di uno scrittore, un tentativo di tracciare  le suggestioni che lo hanno spinto a scrivere - l’amato Baudelaire il canto eterno del viaggio, dell’andare per vedere, il canto di Ulisse, il canto errante di tutti noi sperduti con gli occhi nell'immensità. Baudelaire - Goethe, il mio doppio, lo stesso cielo, immodesta ma dico lo stesso sentire- la ricerca dell’assoluto nella molteplicità dei rapporti - Pirandello- Uno, nessuno e centomila  Pirandello ne ha per tutti -e Lou Salomè che tu ami e io no.
Montagne, scaffali, tavoli di libri, sfogliati, amati, prestati, perduti.
Libri che faranno altri libri, che si moltiplicheranno, perché sono cresciuti in noi e vorranno vivere prepotentemente.
Come il soffio vitale si fa largo anche nella costrizione.
Come un raggio di sole.
Ippolita Luzzo

martedì 17 febbraio 2015

Di quel viavai… Nell’arenaria di Franco Araniti

 Nell'Arenaria

Roccia detritica costituita da elementi sabbiosi cementati più o meno tenacemente- arenaria compatta o sbriciolata grossolanamente come la scrittura di ciottoli vari sparsi fra prosa e poesia di un cammino scomodo.
Impegno politico, lotta sociale, ingiustizie e momenti individuali espressi con rude e partecipata presenza; una rudezza franca e risoluta nei fra(m)menti “ Di quel viavai sono segnato” scrive Araniti nel Prologo
Risalgo  alle sorgenti del Calomeno senz’acqua/secchi farranchi e massi stanchi… parole e pietra vivono tra i fiori della ginestra
Mi porto dietro il suo gentilissimo dono, da giorni, il dono della fiducia e dell’ascolto, e rileggo sottolineando e intrecciando col mio quotidiano i suoi pensieri. “ Sui treni scrivo poesie per condensare il tempo/ che non passa mai: mentre il fuori/ al finestrino che velocissima/mente scorre, è lento/e la distanza allunga, oltre i miei pensieri.
Intreccio di vite che non ci appartengono più, nel momento in cui le raccontiamo, intrecci di momenti di tutti e di sofferenze individuali… “versi raschiati
Nel cammino aspro e irto di una crescita dal Prologo al D’amor maturo  sento, comunque, il ribollire nell’acido, o, almeno, così mi pare”
“Devo anch’io urlare, ma non posso” lamentò il poeta…
Affidare al foglio l’immortalità, scrivere col sangue e poi svegliarsi.
Ho pensato anche io all’immenso dispiacere di vedere tutti i miei pezzi dispersi, un giorno ho strappato tutto e non mi sono sentita triste, ne sono stata sollevata, li ho riscritti e continuo a scrivere, leggera e consapevole che anche questi saranno persi come gli altri.
Resta però incredibile il dono della relazione con l’altro, il filo che lega uomini in conoscenza all’intrasattu. “ U cuntu cu campa è Buendìa che risale la nostra discesa. “L’azzurra sorgente dell’Acheronte” di Emilio Argiroffi che amiamo entrambi, unico e solo, amato e scordato.
“ Poesia che…
Giorni per giorno ti perdo
Negli istanti delle altre cose da fare
Mi passi per la mente
E non ho tempo per raccoglierti
… ti svegli al suono di una memoria
E svanisci profumo non fissato”
Come avremmo mai potuto noi salutarci da VertigoArte, scambiarci i nostri racconti, la stima, se non con l’ausilio di un racconto? Il filo, una gugliata,  è infatti argomento della mostra.
E stamani ricordando le città invisibili di Calvino “A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.”
Luca Marmo, sindaco di Piteglie, comune di Pistoia,  sta scrivendo questo su facebook, rispondendo ai miei fili con fili nuovissimi:- Sul VOIP. Pensa com'è intricato il mondo!-
Mai avrei creduto possibile che io potessi intrecciare miei pensieri con te, con Luca, con moltissimi altri, avviluppati nella bellissima arte del racconto.
Così “ quando la paura ti morde/e nell’angoscia ti sperdi/ ricorda/ tuo nonno Melo mio padre/che a sette anni appena/si è smarrito nell’Aspromonte
Ricorda tuo nonno Melo mio padre/che non hai mai conosciuto/
Quando ha capito che i suoi ricordi/giorno dopo giorno cadevano come foglie/ancora nell’estate…ha pianto… riconoscendomi dopo sette anni bui da un lampo della mente
Quel lampo, caro Franco, illumina le nostre letture, quello che  scriviamo per una esigenza vitale, come atto d’amore verso i libri amati, verso la storia e gli ideali in cui abbiamo creduto, verso quegli affetti individuali che vivono e compongono il nostro stesso tessuto corporeo, il nostro DNA.
Non possono morire, è un viavai…d’amore.

                                                                                  Ippolita Luzzo

   


amico immaginario



  
L’amico immaginario
I bambini  nei loro  primi giochi costruiscono un amico immaginario. La mamma li sente parlare, domanda e loro rispondono di  essere insieme a Mario, Giovanni, di essere insieme ad un amico. Poi si diventava adulti, una volta, e si scordava l’amico  dei giochi fantastici. Una volta  le tappe dell’auxologia erano stabili. Ho studiato psicologia dell’età evolutiva -trenta e lode – Ho vinto un concorso per l’insegnamento, ho partecipato  a seminari sull’argomento. Una volta si diventava adulti. Quando ancora non esisteva il cellulare, il computer, internet. Noi eravamo adolescenti, giovani. Lo spartiacque fra il prima e il dopo credo che siano stati gli anni novanta. Venti anni. Gli anni dei puntini sospensivi. Gli anni della metamorfosi.  Nella metamorfosi un giovane di nome Lucio vuole trasformarsi in uccello per poter volare ma per una sostituzione si trasforma in asino. Un asino sempre uomo. Quante peripezie! Credeva di volare e non vola. Apuleio dove sei stato, cosa hai fatto mai, -dimmi -cosa vuol dire essere un uomo  ormai! Ma quante braccia ti hanno stretto tu lo sai per diventare quel che sei!  Oh non importa tanto tu non me lo dirai !Siamo arrivati al canticchiare davanti un bancone di un supermercato, alla posta, facendo il pieno al distributore di benzina, scribacchiando qua e là pensieri in libertà. Apuleio  fu accusato di aver sedotto e derubato la moglie ricca ereditiera, dopo averla incantata con un filtro magico. Lui fece una brillantissima difesa di se stesso  al processo… ed ebbe l’assoluzione, come  lui tutti gli uomini vengono assolti dalla stessa accusa. . La seduzione -un giro- un gorgo appunto. Ma che bello!
 Apuleio come Platone –che bello.! La seduzione, il momento della freccia che scocca, il momento senza coscienza, simbolico, il mistero e la trasfigurazione in tutti noi che brancoliamo nelle nebbie di un mondo che va. Che va che va che va Ma dove va?


L'adorazione- Ti Adoro

L’adorazione  2011

Uno dei più ancestrali sentimenti umani. Siamo nati per adorare. I popoli primitivi adoravano i fenomeni naturali che non si sapevano spiegare e dei quali erano terrorizzati.
Gli uranti adoravano i lunatici, gli epilettici, i  deboli di mente  perché diversi.
Si adora infatti il diverso da noi, irraggiungibile, si adora nella sfera del sacro un dio.
L’adorazione è libera aperta, non presuppone il possesso, è poligama, generale. Tanti, molti possono adorare uno stesso soggetto, un totem, una statua.
Gli intellettuali adorano  studiando l’oggetto ed utilizzando le loro menti, il popolo adora facendo sacrifici e danze tribali, offrendo e offrendosi al dio.
Rido mentre scrivo. E’ solo un gioco.
Naturalmente nella seconda fase dell’adorazione  esiste la possibilità, se l’oggetto è  un essere animato, di essere se stessi con l’altro e che dall’adorazione si passi  alla stima, al rispetto, all’apprezzamento di un essere umano.
Mi sembra di essere in questa seconda fase, dopo tanto volare dopo  il rosa, dopo  il  celeste viene il verde.


domenica 15 febbraio 2015

In Viaggio con Antonio Pujia Veneziano

In Viaggio con Antonio- Tornare@Itaca



 A Cosenza al Museo MAM, curatori Mimma Pasqua e Maria Rosa Pividori, Friuli e Calabria si incontrano  nella amicizia che legò Francesco Leonetti a Pasolini, sul tema del partire e del restare, allargato a senza limiti e confini.
In viaggio con Antonio.
Mi ritrovo a guardare altra mostra di Tornare@Itaca, dedicata a Calogero e Merini, nel 2011, e insieme al filo, alla Guglia, sono nello spazio di Vertigo Arte, stasera.
Cucire il tutto, stamani, impossibile è. Come se avessi in mano molti pezzi di colori diversi, di tessuto diverso, in un paniere, Panaru, che altra mostra è.
Voglio però ritornare al Tempo che tu mi hai regalato, quando studente al Liceo di Vibo Valentia, nelle ore che non eri in classe, andavi a trascorrere le mattine al Palazzo Gagliardi, allora Museo archeologico, ad osservare le testimonianze, le fonti, i resti, i cocci di quello che fu un passaggio di genti.
Passare in tanti lasciando orme sul terreno, ti direbbe il poeta Mastroianni.
Un viaggio che facciamo nella testa, prima di prender auto, valigia e andare.
Tu non hai parole, dici, eppure le tue parole da un viaggio ad un altro, compongono un tessuto, civile, di chi ha studiato, di chi osserva come il ribaltamento di conoscenze approssimate e farraginose sia ora preferito ad impegno e competenza.
“ Liberare parole perché nessuno punisce non vuol dire che questa abbondanza liberi. Soffoca invece. Liberare parole uccide la libertà di espressione che ha bisogno di limiti e confini, di riferimenti e studio, di serietà, per esistere.”
Questo ci diciamo in una serata piena di incontri e doni, di racconti e immagini.

 Est ovest da dove si arriva. Ex stasis,  da fuori, mi sta dicendo Orazio Garofalo  con suo video, Estasi, che proietta le ombre sul muro fuori dallo schermo. Ombra sei, come non ti vedi mai. Tua ombra, le spalle. Est ovest, mi sta dicendo stasera Antonio, con sua opera, davanti due immagini di confini, segnati, affrontati da est e ovest con correnti marine e correnti di cielo, linee azzurre sporcate da ossido di piombo. Stesso colore usato in stoviglie di terracotta che rilasciavano veleno. Veleno che  man mano nutriva, avvelenando umore. Mondo rivoltato. Prospettiva rivoltata. Stasera. Come racconto di Saverio Tavano sul pesce appena pescato che saltella morente sui grossi ciottoli della battigia e bimba meravigliata, saltellante a sua volta, sorpresa. Su una spiaggia in cui un pescatore anziano osserva continuando suo fare e uomo giovane sorride della scoperta di sua bimba. Un capovolgimento che vita è. Morte per uno e felicità per altra nelle sfumature di tre generazioni. 
 Stasera poi tanti altri capovolgimenti impediranno il tornare ad Itaca. Che mai si torna da nessuna parte. Restano qui accanto i libri di Franco Araniti. "Di quel via vai... D'amore" che mi accingo a leggere.
Orfeo con la tua voce
voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere
che ti chiamai per nome
e dileguandomi
ti ho fatto voltare

L'ombra di Euridice che dice di voltarci indietro per perderla






giovedì 12 febbraio 2015

Sono un padrone povero

Alla cantata di “ Sono un ragazzo padre” di Jannacci
Sono un padrone povero questa è la verità
Stamattina ho appena pagato un rimanente dei contributi INPS, per miei operai che giammai andarono nei campi. Sapete com’è la favola qui? Se hai un pezzo di terra devi assumere cognati, compari e comare, un proletariato di nullafacenti che ritrovi sul tuo groppone ad urlare scomposti se azzardi a licenziare. Si fecero assumere per poter figliare e prender sussidio, si fecero assumere per prendere poi la disoccupazione, senza nemmeno un grazie. Una pretesa forte, la loro.
Stamattina mi sono svegliata e Oh bella ciao O bella ciao
La Melanide, società che si occupa di riscossione tributi, mette balzelli su pezzi di terra che non producono niente. Ma che importa? Vuole la tassa sul macinato, sul non macinato, finanche la tassa sulla gramigna. 

Sono un padrone povero chiedo la carità
io sono un peccatore per questa società.
Sono un padrone povero non so più dove andare
ho chiesto anche in comune, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche in questura, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche alle suore, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche a mio figlio, m'ha detto: "Vai....
Sei un padrone povero  chiedi la carità




domenica 8 febbraio 2015

Parlo e scrivo BENE. Carmine




Prendo Appunti.
6 Febbraio 2015. Nella sala polivalente del Sistema Bibliotecario di Lamezia Terme, Carmine Torchia presenta la genesi del suo cd, BENE.
Un luogo a me caro questo. Qui, insieme alla professoressa De Sensi Sestito, io parlai di Emily Dickinson incrociandola ai  versi di Ines Pugliese, in una freddissima e piovosa sera d’inverno del 2009. Uguale è il tempo stasera. Freddo e piovoso, dentro però è estate.
Carmine è con noi, dopo averlo aspettato da questa estate. Lo avevamo sentito al  concerto a Cropani con Peppe Voltarelli,  e avevamo  riportato le sue poesiemusica  in macchina e loro ci hanno guidato BENE.
Meridiano o meridione, il nuovo album, che Carmine farà, tratterà dei poeti calabresi: Franco Costabile, Dario Galli, Michele Pane.
Segnali, approdi di un viaggio, di spostamenti, da Sersale a Milano, e poi di nuovo a Sersale dai nonni, e di nuovo su, a Cinisello Balsamo, da Roberta, da Mimmo, da Peppe Fortugno e la sua chitarra.
 Da Mimmo che ha studiato architettura e che spiegherà che musica ed architettura in comune ritmo hanno.
Anche la scrittura, aggiungo io.
Racconti i tatuaggi di Gigi Marino, lo spazio senza tempo, le registrazioni da lui, il suo basso elettrico, Enzo Jannacci che cantavate insieme.
Nell’amore o ci credi oppure no. Una religione. In tutte le cose che noi facciamo, Carmine, o ci crediamo oppure no, con lo stesso identico rispetto verso ciò che amiamo.
Continuo a prendere appunti per nessun giornale, continuo a prendere appunti per una mia voglia di esserci, di vivere, di far mio un tuo pensiero, di appartenere allo stesso mondo.
Quel mondo che ci fa credere nel sogno di scambi, di strade che si aprono solo nel sonno. Un lungo sonno.
Li vedi venire, infatti i tuoi amici di Sersale, nel sogno, Daniele, Giuseppe, Francesca, Pasquale…
Ma dove è finito il mondo? Stai cantando, quando arriva Maria Antonietta Sacco, e tu ricordi il convegno sulla astronomia con Franco Pacini e lui che viene a ringraziarti per tua canzone di apertura, L’Astronomo.
Chi è estraneo al tuo mondo ti può dare un punto di vista che non avevi mai immaginato, ti sta dicendo Pacini, salutandoti.
Ma che ne so, Ma che ne so… riprendi a cantare.
Ti applaudiamo felici, ti chiediamo di continuare e tu e tu ci regali i garofani.
Sei tu a lanciarci i fiori…
Sonno di garofani  da una suggestione di Franco Costabile
 quando ai balconi
c'è un sonno di garofani,
due stelle bizantine
s'affittano una stanza

Con affetto, Ippolita