giovedì 26 dicembre 2019

Quando il Regno non basta più: Discorso di fine anno 2019

Quando un regno non basta più la domanda è perché scrivere un discorso. 
A chi scriverlo? Con chi? Per chi?
Anche i tasti sembrano rimandare l'inanità del gesto.
Sto qui a cancellare un "L'importante è finire bene", cancello l'inizio di un discorso dell'anno 2019, forse cancellerò anche questo.
Sempre meno e sempre più Litweb 
Ippolita 
 
  

martedì 17 dicembre 2019

Modus Legendi

Modus Legendi è la scommessa del gruppo Billy il vizio di leggere di poter piazzare nelle classifiche dei libri più venduti i libri scelti dalla community. 
Una scommessa vinta con “Il Posto” della Ernaux e che continua l'anno dopo a proporre un titolo da comprare tutto insieme dopo averlo votato. L’anno scorso erano rimasti in lizza cinque libri fra cui La stanza dei lumini Rossi di Domenico Conoscenti e Il Sale di Jean Baptiste Del Amo. Ha vinto Il Sale.
Anche questo anno si sceglieranno i titoli e uno solo poi sarà acquistato per farlo arrivare in alto e dare un senso a classifiche che prediligono in realtà molto spesso un prodotto esclusivamente commerciale. Una iniziativa alla quale auguriamo sempre più visibilità e diffusione.
Angelo Di Liberto scrive:"E se tutti insieme andassimo a comprare il medesimo libro nella stessa settimana, che cosa accadrebbe?

Si chiama Modus Legendi ed è già accaduto tre volte. Tre libri di qualità hanno occupato la classifica nazionale dei più venduti.

Possiamo farlo ancora. Se tremila persone si recano in libreria e comprano lo stesso libro compiono il miracolo.

Che ne dite?"
Diamo fiducia ai lettori appassionati, sembra che sia il consiglio da seguire. 
Ippolita Luzzo dal Regno della Litweb 

lunedì 16 dicembre 2019

Va via il 2019 con Josè Ovejero La seduzione

Consueto discorso di fine anno in preparazione. Scelgo ciò che, a ritroso, raccolgo dal mio peregrinare nei giorni e nei post. Credo che il libro dell’anno, anzi i due libri dell’anno 2019 siano Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia, di cui ho tanto parlato, e La seduzione di José Ovejero, ed è proprio il tema del libro di Ovejero il filo che legherà tutto l’anno 2019. 
Josè Ovejero vede la seduzione operare nel territorio aperto della vanità umana e noi leggendo vediamo la seduzione fare recinzioni sempre più strette sul territorio umano fino a diventare essa stessa il carceriere di chi ha sedotto.
La storia è la storia di tutto un 2019 di seduzione operante nella vanità delle cose umane. 
Nel libro di Ovejero il protagonista è uno scrittore di successo, invitato e acclamato, che non scrive da cinque anni. 
Da lui sappiamo che sta per divorziare, da lui sappiamo della coppia di amici, frequentati tanti anni, fino al momento in cui lui non stronca il libro dell’amico, anche lui scrittore però senza successo.
Da lui conosciamo il giovane uomo, figlio dei suoi amici, che continuerà a frequentarlo, anche dopo la rottura dell’amicizia con i suoi genitori, e sempre dallo scrittore apprenderemo del devastante pestaggio che il giovane subisce e lo renderà menomato a vita dopo un lungo periodo di coma. 
Ci sarà una amicizia fatta di seduzione fra questo giovane e lo scrittore? Così sembra ma dovrete leggere il libro.
Questa la situazione è questo è quel mondo della vanità  di intrecci e veleni, di corpi e di gesti che formano lacci.                              
Nicola Manicardi commentando una poesia di Nicola Vacca scrive:  La vanità che diventa centro del centro, la nostra prigione all'aperto. Semmai esistesse una gioia l'importante è sapere che è una folata di vento.        
La poesia di Nicola era sulla vanità: 
Poveri noi
Le opere nere di Goya
gli squartamenti di Bacon
la carne marcia di Schiele.
Diffidate degli artisti
che vi dicono che il mondo
si regge sulla gioia.

Non dicono la verità
perché adorano se stessi
e cercano sempre l'applauso
per la loro fottuta vanità.

Ogni scrittore dovrebbe leggere La seduzione di Ovejero e moltissimi scrittori si ritroveranno in quelle pagine. 
Moltissimi se non tutti.
Il libro è di una verità stridente, di un coinvolgimento quasi irritante se non fosse che ne siamo avviluppati con maestria. Non sembra ci si possa estraniare dal non pensare che è proprio in quel modo che ci si lega mani e piedi a eventi imprevedibili e non voluti. La vanità diventa centro del centro, la nostra prigione all'aperto, dice Nicola Manicardi. Gli artisti, gli scrittori, cercano sempre l’applauso, da Nicola Vacca. Mi sembrano che abbiano letto La seduzione, cara Daniela Di Sora, un libro da far conoscere a tutti coloro che pensano di poter governare gli eventi sol perché sanno scrivere.
Con Ovejero "Scrivere è un modo di descriversi, di far sì che gli altri prestino attenzione al nostro volto, alla nostra voce, alle nostre mani che gesticolano nell'aria."
"Per scrivere serve volontà, non talento; non è neanche necessaria l'ispirazione. Non c'è nulla come la rabbia per riempire un paragrafo dopo l'altro. E la rabbia mi trasuda dai pori." 
ed ancora 
"l'ammirazione è come la cocaina, devi continuare a consumarla per non sentire il down" 
Consiglio a tutti coloro che sono vittime di questa dipendenza, che vivono di vanità, di apparenze e successo, di titoli e nulla, la lettura di questo libro. Io l'ho già letto e ne farò tesoro. 
Oh Vanità delle vanità! Con Ovejero nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo 

lunedì 2 dicembre 2019

Insegnanti di Roberto Contu

La felicità è ricevere il libro di Roberto Contu qui a casa, nel Regno della Litweb. L’amore vero è riceverlo con il biglietto che non toglierò perché sono io che lo ringrazio di cuore.
Ameremo tutti il libro di Roberto, un libro di testimonianza sulla scuola, sugli insegnanti.
Roberto mi ha fatto ricordare uno dei primi giorni di scuola, una  supplenza in un liceo dove un Preside mi disse uguale. 
Lui mi disse:- Vada a fare filosofia in questo triennio e faccia recuperare il programma perché non hanno fatto niente finora.- Ero sconcertata.
Eravamo a marzo e gli alunni leggevano La Gazzetta dello Sport!
Porto "Insegnanti" il libro di Roberto Contu al Liceo Classico di Lamezia insieme a Marco Polo di Gianluca Barbera e dico ai miei colleghi bravissimi che siamo tutti intellettuali. 
Produrre senso e futuro: La scuola è un’immensa e organizzata industria umana adatta a produrre senso e futuro, ogni giorno. 
Non un’azienda privata che debba rincorrere numeri ma la scuola è industria nel significato antico di operosità, di progetto per produrre senso e futuro. 
Lo dice Roberto Contu nelle battute finali del libro e lo hanno detto Vito Catalano, nipote di Leonardo Sciascia, e Giuseppe Giglio, critico letterario, nell'incontro con i ragazzi dell’Istituto Tecnico Economico “Valentino De Fazio”. 
Nei tanti incontri con gli alunni e gli insegnanti. 
Parole che mi appartengono e che sono appartenuti a Leonardo Sciascia. 
Dagli "Insegnanti" a "Una storia semplice" di Sciascia ci accompagnano per dirci in continuazione quanto si debba vegliare contro ogni forma di manipolazione. Come bisogna stare attenti anche quando si capisce troppo. “Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia” risponde l’uomo, protagonista di “Una storia semplice”,  che aveva capito tutto e che in questo modo si salva dagli intrighi, dalle manipolazioni. 
Io non ho parrocchia, mi ritrovo a ripetermi e a ripetere e intanto gli alunni fiduciosi vanno via, ogni anno vanno via, ringraziando la scuola per aver dato loro l’opportunità di ascoltare Sciascia il suo grande senso di giustizia e di verità, di viaggiare con  Marco Polo e Magellano, di conoscere meglio gli Insegnanti come Roberto Contu, come i tantissimi che credono vero il valore dell'insegnamento. 
W la Scuola, produttrice di senso e futuro.
Ippolita Luzzo 

domenica 1 dicembre 2019

Simone Ghelli La vita moltiplicata

La vita moltiplicata di Simone Ghelli è una raccolta di dieci racconti declinati fra realtà e sogno, racconti che si svolgono in un tempo che è fatto di tre tempi. 
Trovo di grande interesse ciò che fa Simone Ghelli, una resistenza letteraria allo spirito del tempo attuale, una resistenza al raccontare i fatti col piattume del presente, una resistenza che ci regala la complessità del nostro vivere, così umiliato da tanti romanzi scialbi e da tanta pubblicità ignobile. 
Con Simone riflettiamo: “ Due persone si conoscono, ma si conoscevano già e non si conoscevano ancora” così nel L’Ineluttabile, il racconto di un incontro che ho imparato a memoria.
Giorgio, il protagonista, si trova a Siena, deve partecipare ad una “Procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ruolo di ricercatore universitario L-Art/06” dopo aver preso la laurea, sempre a Siena anni prima, dieci anni prima.
Incontra al Civico 90 di via Pantaneto un uomo sui cinquanta anni o più e tramite il libro, un libro, quel libro, e su una sciarpa regalata, in un locale che non è più il Pozzo, si svolge il dialogo sul cinema e sulla vita.
La nostra vita.
Tutto ciò che va dove non deve andare, tutto ciò che avviene senza il nostro volere, tutto ciò che noi siamo senza saperlo.
L’immagine- movimento di Gilles Deleuze è il libro che Giorgio ha in mano, un libro sul cinema, su “l’eterno ritorno come resurrezione, nuovo dono del nuovo, del possibile” di Bunuel e poi andiamo indietro nel 1996 l’anno in cui Giorgio inizia a seguire storia e critica del cinema.
Si era poi laureato nel 1999.
Negli anni la città è cambiata, Siena è cambiata ed anche l’ex Ospedale Psichiatrico è stato trasformato in una sede universitaria.  Mi immergo nel racconto, vedo gli occhi verde smeraldo dell’altro uomo, lo sento dire con me, con Artaud, che si scrive per uscire dall'inferno.
Chi è l’interlocutore di Giorgio? Un professore universitario?
Così parrebbe visto che conosce bene il professore di filosofia politica di Giorgio. 
Giorgio non lo saprà mai e terrà in regalo quella sciarpa.  Non lo incontrerà più malgrado lui ritorni, speranzoso, più volte in quel locale. 
Nemmeno noi lo sappiamo ma io lo conosco, lui è diventato una mia presenza in casa, perché esiste “un tempo interno all’avvenimento, che è fatto della simultaneità di tre presenti":    < Secondo la formula di Sant'Agostino, esiste un presente del futuro, un presente del presente, un presente del passato, tutti implicati nell'avvenimento, simultanei> ed è per questo che nulla è come sembra. 
La realtà poi è implacabile. 
Ci prova, in un’altro racconto, il professore Iuri Bettalli a far scrivere ai suoi alunni cosa sia la realtà e la realtà sarà terribile, contro di lui nemica. 
Compito di realtà.
Leggiamo i racconti di Simone Ghelli, con l’emozione di aver a che fare con uno scrittore vero, con un autore che rispetta la straordinaria storia che è la vita, un autore che ci regala con Lucrezio, la forza vivida dell’animo.
Leggiamolo e conserveremo ancora con noi la bellezza della letteratura.
Ippolita Luzzo

mercoledì 20 novembre 2019

Giovanna Villella mi presenta all’Uniter " Basta poco per sentirsi soli" di Grazia Cherchi


Giovanna Villella al leggio dell'Uniter in 
Ippolita Luzzo, ritratto di donna non convenzionale 2
Già lo scorso anno ebbi a delineare un suo ritratto di donna non convenzionale sotto forma di divertissement.
Tuttavia, questa sera vorrei soffermarmi su alcuni concetti che servono a delinearne il profilo in modo più intimo.
Ho già avuto modo di dire che Ippolita è donna fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta. Mossa da una curiositas irrefrenabile che investe ogni campo dello scibile umano, sotto quella sua aria svagata si cela un’osservatrice acuta e attenta.
Ma è anche donna docilmente ribelle. E uso questo ossimoro perché la sua disobbedienza alle convenzioni sociali, espressa magnificamente in quel “Manifesto alla libertà” intitolato Io non sono una donna del Sud e contenuto nel suo ultimo libro Pezzi, si palesa fisicamente con sudorazione, mal di stomaco, continuo accavallare e scavallare le gambe fino al suo silenzioso defilarsi ma non si traduce mai in parole che possano ferire o umiliare gli altri. Nemica della volgarità in ogni sua forma o manifestazione, il massimo del suo disprezzo si compendia in una stringa “Quello è un cretino” declinata, quando necessario, anche al femminile. Non adusa a blandire o a compiacere, preferisce tacere.
Ricordo l’imbarazzo di certuni quando bisognava aggiungere un titolo accanto al suo nome “blogger”? E che cos’è? “professoressa”? Ah già tu “eri” una professoressa... Ma perché una volta che non si insegna più non si rimane professori? Oppure lo si deve considerare “usurpazione di titolo accademico? I “maestri” rimangono maestri, anche se cattivi... i senatori restano senatori e i professori ? Sono sempre professori... O ancora “critico letterario”. Critico letterario? “Ma perché, tu scrivi su Repubblica?”. Le chiese un giorno un sedicente scrittore lametino al quale aveva osato rivolgere una osservazione sul suo ultimo romanzo.
La sua risposta? Un sorriso.
Eppure ha vinto tanti premi: nel 2013, a Cropani, ha vinto il Premio Parole erranti nell’ambito dei Poeti a duello, X Festivaletteratura della Calabria.
Nel 2016 ha vinto il concorso “Blog e circoli letterari” indetto da RadioLibri nell’ambito di Più Libri Più Liberi al palazzo dei Congressi a Roma.
Dal 2017 fa parte della Giuria del Premio Brancati.
Nel 2018 ha vinto il Premio Comisso 15righe dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti.
Il suo blog è stato inserito dal sito Correzione di Bozze Wordpress fra i Lit- blog e le riviste online nazionali che si occupano di letteratura.
Concede e pubblica interviste su radio nazionali.

E il suo regno della Litweb, la sua finestra sul mondo, è uno spazio privilegiato dove si ritrova il meglio della produzione letteraria italiana indipendente grazie alla sua rete di relazioni che è riuscita a costruire con case editrici, scrittori, critici senza sponsorizzazioni, senza raccomandazioni e senza fondi ma in virtù della sua scrittura intelligente, onesta, lucida e graffiante.
Tuttavia nel nostro “paesello”, fatte le dovute eccezioni, non è sufficiente aver ottenuto dei riconoscimenti nazionali per essere presi in considerazione. Al massimo si può avere la fortuna di diventare un “esperimento antropologico”. Le donne di cultura sono altre e con ben altro appeal...
Però, se a Lamezia abbiamo potuto avere il piacere di incontrare autori di alto profilo lo dobbiamo a Lei che in un mondo cinico e autoreferenziale ha saputo trasformare l’universo social in universo sociale, la virtualità in realtà, il contatto in amicizia e ospitalità.
Il suo regno della Litweb è un regno di pace
"A dispetto di quel che credono in molti, la nonviolenza è un mezzo efficace e una pratica attualissima. Un rifiuto attivo, che si realizza in una proposta filosofica funzionale al cambiamento sociale..." Scrive sul suo profilo personale
“Mettete un fiore nei vostri cannoni” dunque, come cantavano i Giganti negli anni ’60.
Perché Ippolita è una donna generosa che sa gioire dei successi di coloro verso i quali prova affetto e stima. Il suo candore la porta spesso a innamorarsi delle persone, - “Credo negli esseri umani” cantava Marco Mengoni qualche anno fa - e se qualcuno le piace particolarmente acquisisce l’appellativo di “angioletto” salvo a rivelare, poi, la propria natura luciferina. Dopo i primi momenti di delusione e di sgomento, però, il suo metabolismo interiore ha la capacità di lasciar decantare le sgarberie che riceve e trasformarle in gentilezze. Non dimentica, ma non cova rancore e ha la rara capacità di sublimare le scortesie in fantasie letterarie che diventano esilaranti sferzate al nostro vivere quotidiano.
Ogni 13 novembre è la Giornata Mondiale della Gentilezza per ricordare che la gentilezza è contagiosa e ci aiuta a vivere meglio nella società. Essa viene dal cuore: è spontanea, disinteressata e accogliente, mentre la cortesia è formale e esteriore
Gentilezza, parola ormai rivoluzionaria e sottoutilizzata al pari di bontà, bellezza, felicità...
Parole che Ippolita ha il coraggio di usare, grazie all'intelligenza del cuore.

E concludo con una poesia di Angelo Maria Ripellino
“Come un pupazzo di Schlemmer” che ben si attaglia all'anima di Ippolita e di tutti coloro che, nonostante tutto, vogliono restare umani.
 Non ho mai detto d’essere solo
 come un pupazzo di Schlemmer.
 Le case come vecchine
 coi fazzoletti delle persiane sugli occhi
 mi ripetono sempre parole cordiali.
 Non ho mai detto di soffrire
 come un pezzo i legno sotto una pialla.
 Ma le stelle sempre si nascondono,
 quando cerco un briciolo di luce.
 Non ho mai detto d’essere triste
 come una bottiglia vuota,
 perché so già da tempo
 che l’acqua svanisce dalle fontane,
 quando ho bisogno di bere.
 Non ho mai detto d’essere felice
 come una spalliera di peone,
 perché non so catturare la gioia,
 che mi sfiora talvolta con piume di cigno.
 Non ho mai detto nulla, ma ciascuno
 comprende che adoro la vita.
Giovanna Villella
 Uniter 20.11.2019
 
Ippolita Luzzo con Teodolinda Coltellaro, critico d'arte, e Giovanna Villella, critico teatrale
Ippolita Luzzo con Costanza Falvod'urso, Presidente dell'Uniter, e Giovanna Villella


mercoledì 6 novembre 2019

Intervista ad Andrea Di Consoli


“MI DEPRIME L’ITALIETTA DEL POSTO FISSO, DELLE FALSE CERTEZZE, DEI RITI COMPIUTI PER NON PENSARE, PER NON METTERSI IN GIOCO, PER NON RISCHIARE NULLA”. DIALOGO CON ANDREA DI CONSOLI
Posted On Ottobre 11, 2019, 8:02 
Ippolita Luzzo intercetta Andrea Di Consoli sul treno Roma-Genova. Dalla Stazione Termini con la canzone di Jannacci in testa Prendeva il treno “Prendeva il treno per non essere da meno Prendeva il treno per sembrare un gran signor”. Viaggiando con Andrea, già autore di libri importanti (per Rizzoli ha pubblicato, tra l’altro, La curva della notte e La collera) ci smarriamo nel Diario dello smarrimento (Inshibboleth Edizioni, 2019), ultima sua confessione intima, che ci riporta ad una stazione come casa. Alla nostalgia di casa. Dice infatti Andrea di sentirsi a casa alla Stazione Termini sin da quando arrivò a Roma nel 1996 e a lui ora chiedo quasi fermandolo sui binari “Ma la casa vera dov’è? Cos’è la casa?”.

Andrea Di Consoli: “La casa è la pace. Ma cosa significa ‘sentirsi a casa’? Non credo di saperlo, non credo di averci mai ragionato a fondo. Nella mia vita ho cambiato tante case. Ma il concetto di ‘casa’ è legato esclusivamente al manufatto che siamo soliti, appunto, chiamare casa? Tuttavia il manufatto è importante, è cruciale, nessuno può negarlo. Per tanti la casa è rifugio, sicurezza, pace. Per altri è prigione, costrizione gabbia. Non so esattamente dove sia casa, per me. Anche perché non ce l’ho. Vivo da sempre in affitto. E la casa in Basilicata, a Rotonda, non è mia, ma dei miei genitori. In ogni caso, non mi sento a casa da nessuna parte. Anzi no, voglio dirla meglio: a volte mi sento a casa a Roma, a volte a Rotonda, a volte a Napoli, a casa della mia compagna. E questa pace ha a che fare con qualcosa di interiore, di psicologico. Il tema è enorme, e non so metterlo bene a fuoco. Forse l’unica certezza che ho sull’argomento è che vorrò essere seppellito a Rotonda, quel giorno. Di questo sono davvero certo. Per il resto, chissà se avrò mai una casa su questa terra dove, appunto, sentirmi in pace, al sicuro. Sinora la pace e la sicurezza li ho vissuti per degli attimi, ma mai interamente, e questo mi pesa, anche perché sento che le forze di un tempo stanno venendo meno, e il nomadismo richiede una grande energia fisica”.

Ippolita Luzzo: Io mi sono sentita molto a casa nel tuo libro, nei tuoi pensieri. Considerando la casa il nostro corpo, la nostra mente, i nostri abiti e ciò che abbiamo nelle tasche, noi siamo come le lumache e ci portiamo dietro chi abbiamo fatto entrare. Leggendoti, mi sembra di conoscerti da sempre e di conoscere con te persone che io non ho incontrato ma che fanno ormai da anni parte della mia casa. Tu ricordi Rocco Carbone, da me conosciuto per un delizioso articolo di Romana Petri, sua cara amica. Da allora Rocco quasi sta come presenza amicale qui da me, con i suoi libri. Questa è la grande potenza della letteratura, riuscire a dire e a dare oltre il tempo contingente. Riuscire a farci smarrire però facendoci ritrovare, vero?

Andrea Di Consoli: “Questo vale finché c’è la vita. Finché la vita è sopportabile, decifrabile. Poi vi sono dei momenti in cui purtroppo il buio del dolore non fa più apprezzare niente, tanto che le parole, in quelle circostanze, sono solo chiacchiere. La letteratura è un luogo caldo, fraterno. Ma solo finché c’è la vita, cioè finché la vita è sopportabile. Perdersi, ritrovarsi… A volte mi chiedo cosa ci abbia condotto sin qui, sino a questa scellerata convinzione che possa esistere un ordine, una sicurezza, una normalità. La gente è dilaniata da paure, insicurezze, paranoie, violenze di tutti i tipi, eppure se ti guardi intorno vedi tanta gente che si convince di un ordine assurdo, illusorio, certamente umano, ma ipocrita. Quando mi chiedono perché amo la globalizzazione e le grandi migrazioni io rispondo sempre perché mi deprime l’Italietta del posto fisso, delle false certezze, delle piccole cose di pessimo gusto, dei riti compiuti per non pensare, per non mettersi in gioco, per non rischiare nulla. Perdersi non è la malattia: la malattia è clinicizzare tutto. Considerare matto chi sta nella verità dello smarrimento, del fuoco, della paura, della Wanderung“.

Ippolita Luzzo: “Nella verità dello smarrimento” troviamo momenti individuali, l’individuo solo senza connessioni, l’individuo alle prese con i figli da crescere, con il lavoro precario e con un tessuto sociale sempre più sfilacciato. E l’individuo nella storia dei cambiamenti sociali ed epocali. Tu hai scritto diversi saggi sulle condizioni nel Mezzogiorno. Condizioni di potere uguali dappertutto. Se pensiamo che nel 1500 durante la signoria dei Medici si tenevano banchetti pubblici. I nobili mangiavano e il popolo assisteva allo spettacolo. Restava per il popolo lo spettacolo rutilante delle portate e i profumi di esotiche vivande e fra loro, fra i poveri, si litigava per i resti, per cosa cadeva dal tavolo. In uno dei tuoi frammenti ci porti a Rotonda dove comandavano quattro famiglie. Bisognava portare doni e riverire. Tu ci dici che si bussava alle porte dei potenti coi piedi perché le mani erano ricolme di doni. La sottomissione di chi aveva bisogno era umiliante. Poi è sembrato per un periodo che ci fosse la possibilità di sconfiggere per sempre l’umiliazione imposta dal forte sul debole con la scuola, con la Costituzione. Vorremmo ancora crederci, anzi invitiamo i nostri figli a crederci quasi come un mantra. Ed è questa una delle altre case che ci appartiene, vero? La scuola, il sapere…

Andrea Di Consoli: “Sì, ma la cosa più umiliante per noi è constatare che la contestazione delle classi subalterne avviene proprio sul terreno del sapere, considerato come luogo del privilegio, delle élite. Trovo assurdo disprezzare il sapere solo perché le classi dominanti, giustamente, amano sapere, sanno. Mi sembra un autolesionismo assurdo, incredibile. Ma il sapere non è solo uno strumento socio-economico di emancipazione, bensì un allargamento spirituale, che rende più vita la vita, più reale la realtà, più complesse le cose che, troppo spesso, ci sembrano facili per ignoranza, superficialità. Tuttavia, qualcosa della mentalità piccolo-borghese rispetto al sapere va scardinata. Quell’idea della laurea, del concorso pubblico, del posto fisso, la casa al mare, ecc. Quell’idea così angusta e svilita del sapere che ha reso il Sud Italia un deserto abitato da ex aristocratici, da impiegati pubblici e da un lumpenproletariat 2.0. Il sapere emancipa non soltanto da difficili condizioni socio-economiche, ma anche dalla grettezza di chi difende il proprio orto senza pensare al mondo, senza pensare all’infinito”.

Ippolita Luzzo: C’è stato un vero attacco, hai ragione, a chi ha studiato, a chi possiede una laurea, ed è pur vero che si dovrà ricominciare a ripensare al valore dello studio come forza e non come potenza. E ritornando alle case ideali dove noi abitiamo risento quel tuo “messaggio in bottiglia” che poi tu dici di essere la più atroce delle storie letterarie, da lì io vorrei riprendere idealmente il treno di quel personaggio di Jannacci, il treno di “Prendeva il treno” e con un tuo pezzo ritornare all’amore “La vastità desertica del terreno amoroso, la complessità dei legami tra due individui, che sono come due galassie solitarie destinate a incontrarsi e condannate a collidere. Con la più grande illusione che è la facilità dell’aggancio sensoriale. Quando due persone adulte si incontrano sono sempre diversi i motivi per cui due persone si ritrovano in quel territorio in apparenza stretto, in realtà larghissimo, che è l’amore”. Una delle case più care a tutti noi è la casa dell’amore. Nel Regno Della Litweb indubbiamente noi stiamo tutti con te, Andrea. Con te e con Jannacci “E prende il treno per non essere da meno, E piange e ride per quel grande, assurdo amor!”.  Messaggi in bottiglia dal “Diario dello smarrimento”.
Ippolita Luzzo
http://www.pangea.news/andrea-di-consoli-intervista-ippolita-luzzo

Intervista a Francesco Musolino

“SCRIVERE È FRONTEGGIARE IL DOLORE, È UNA CHIAMATA ALLE ARMI”: IPPOLITA LUZZO INTERVISTA FRANCESCO MUSOLINO, SCRITTORE “BIBLICO”
Posted On Ottobre 01, 2019, 10:14 

Ippolita Luzzo, da afona, senza voce, intervista Francesco Musolino, sotto la pioggia di Messina. L’attimo prima (Rizzoli, 2019), il libro di esordio di Francesco ha due capitoli da me amatissimi; il sette e l’otto. Si narra di una favolistica pioggia in Sicilia, una pioggia continua, senza sosta “gli agrumeti siciliani sferzati dalle piogge incessanti, Taormina invasa dall’acqua, Catania e Palermo che vomitavano traffico, con le auto impazzite e clacson a tutto spiano… I giorni passavano ed il maltempo continuava senza tregua a Messina, allagando le strade e trascinando sacchetti di spazzatura a zonzo”. Il diluvio universale siciliano raccontato da Francesco Musolino! Ad un certo punto arriva il terremoto e scrivi: “Ho visto il palazzo da fuori spaccarsi in due, sgretolarsi come un cracker”. Caro Francesco, vorrei iniziare da qui questa nostra conversazione per fare amare ai lettori L’attimo prima, il tuo libro di esordio da poco arrivato nelle librerie e già presentato e amato in moltissime rassegne letterarie. La prima domanda è forse la più strana. Sei consapevole di essere uno scrittore biblico?

Francesco Musolino:“Oddio Ippolita, non ci avevo pensato, come prima domanda partiamo con il botto! Ma la Sicilia è femmina, bellissima e spigolosa, mi ha ispirato quelle pagine con la sua forza e la sua natura talvolta crudele, piena di contrasti. Ricordi che qualche mese fa nevicava sui fichi d’India? Beh, dove può accadere se non in Sicilia?”.

Ippolita Luzzo: “La neve in Sicilia era un ossimoro, uno scontro culturale, un miraggio” e poi così come erano giunte, la perturbazione atlantica e la sciabolata siberiana scivolarono via…  la natura fece pace e io quasi vedo la colomba che porta il ramoscello d’ulivo! Ed adesso passiamo agli insetti! Come le calamità del passato. Leggendo su come l’uomo sia qualcosa di piccolissimo nella natura. Tu nel libro ci ricordi la teoria di Justin Orvel Schmidt. Una teoria sulla scala del dolore. E sulla “formica proiettile” la “Paraponera clavata” il suo morso è come camminare sui carboni ardenti: altro che Tarantino e la pistola lanciafiamme… Un dolore brillante! Quindi noi esseri umani in balia degli eventi atmosferici e del morso delle formiche proiettili quanto possiamo fronteggiare gli eventi? Te lo chiedo perché è un po’ il filo conduttore del tuo libro. Quanto e come può un uomo fronteggiare quel momento in cui tutto cambia per sempre?

Francesco Musolino: “Intanto complimenti per la tua lettura! È la prima volta che la classifica di Schmidt salta fuori in una chiacchierata sul libro. Mi ha affascinato, la trovo meravigliosamente folle. Serve a chiarire il fatto che noi abbiamo sempre bisogno delle parole per prendere le misure e pur parlando di dolore, siamo quasi costretti a razionalizzare per provare a comprenderne la portata. E allora, quanto dolore sente Lorenzo ne L’attimo prima? Più o meno della prima rottura in amore? E quando ci si spezza il cuore come lo si può riparare? Fronteggiare il dolore, affrontare l’attimo dopo, quando tutto è cambiato è il cuore del libro. La risposta? Ciascuno cura il proprio cuore come può. E del resto, la vita non ci aspetta, bussa alla porta, prova a stanarci ma alla fine tocca a noi: restiamo dietro gli scogli o ci tuffiamo in mare aperto?”.

Ippolita Luzzo: A un certo punto scrivi: “sarebbe bello poter sapere quando sarà l’ultima volta che incontreremo una persona amata”. Eppure io penso che sapere prima sarebbe terribile, certo il tuo è un auspicio per ricomporre le incomprensioni e lasciarsi imprimendo nella memoria quei momenti. Certo la riconciliazione è un balsamo. Ricordo le parole di Emanuele Trevi a proposito della morte improvvisa del suo amico Rocco Carbone. Lui, raccontandomi l’incidente di Rocco, era almeno sollevato dal fatto che si fossero riconciliati da poco. Ha poi curato e fatto la prefazione al libro di Carbone, uscito postumo, “Per il tuo bene”. Sono considerazioni umanissime che ci portano di nuovo a “L’attimo prima”, l’attimo prima che possiamo chiamare destino.

Francesco Musolino: “Sul senso de L’attimo prima – che può essere inteso come prima di perdere qualcuno, o cambiare vita, lavoro, amore – si gioca un bel dilemma. Sono davvero convinto che le coincidenze che accadono a Lorenzo nella seconda parte del libro – ad esempio, la carpa e il suo significato, il Bolero, la grammatica emotiva del cibo – non siano semplici coincidenze. Non saprei se sia più o meno confortevole parlare di caso o destino ma se davvero potessimo averne la certezza, sarebbe bello poter mettere da parte le stupidaggini, abbracciare chi si ama e dirsi parole sincere, finalmente. Il resto passa, il tempo scandisce tutto. Ma allora avrà ragione Elena – la sorella di Lorenzo – quando cita Einstein ovvero che passato, presente e futuro siano davvero così lineari o qualcosa resta sempre di chi abbiamo amato?”.

Ippolita Luzzo: Anche Camilleri ha detto che tutti noi abbiamo quasi un destino segnato dalla nascita e ciò è un po’ il fatalismo temperato però dalla volontà nostra di arginare gli eventi. Quindi, certo, ci sarà una eruzione dell’Etna ad impedire una partenza dalla Sicilia, ma ci può essere poi la nostra capacità di creare altre soluzioni con uno sforzo immaginativo. Leggendo oltre il libro, scorro i tuoi scritti su molte riviste, le interviste, le collaborazioni come giornalista culturale e l’iniziativa “Sto leggendo” su Twitter. Un immaginario che crea opportunità. Un immaginario che offre la zattera. Sarà anche questo che tu chiedi alla letteratura così come lo chiedo io al mio immaginario regno della Litweb? 

Francesco Musolino: “Karen Blixen era convinta che si potesse rendere tollerabile ogni sofferenza inserendola in una storia, parole come un balsamo che lenisce ogni ferita. Ma è così? Io credo che prima di tutto ci si debba mettere d’accordo su che tipo di storia vogliamo raccontare. Per me era forte il bisogno di mettere in pagina le mie emozioni e poi prendere la giusta distanza. Non volevo ci fosse troppo io, troppo ombelico ma il racconto di un ragazzo che sogna un futuro ideale, si rompe il cuore, fa i conti con i cocci e si rialza. Speranza sì ma anche consapevolezza di chi siamo. E allora il progetto noprofit @Stoleggendo, così come i miei tanti pezzi da precario del giornalismo e il tuo regno della Litweb, cosa sono se non un modo di rimboccarsi le maniche e darsi da fare? Siamo al Sud e abbiamo tanti limiti ma ciò non significa stare con le mani in mano. Anzi, forse, è una chiamata alle armi”.

Ippolita Luzzo: Mi sembra bellissima ed energetica questa chiamata, sento quasi gli squilli di tromba, e noi siamo pronti qui a sentirci in un territorio comune, siamo pronti a leggere, a scrivere e ad incontrare tutti i personaggi che tu hai creato.
Ippolita Luzzo



Intervista con Anna Vinci


HA SCANDAGLIATO L’ANIMA DI UN EX MAFIOSO, CREDE NEL MIRACOLO DELLA VITA. DIALOGO CON ANNA VINCI, DALL’INTERVISTA A GASPARE MUTOLO AL PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA A VENEZIA CON IL FILM DI FRANCO MARESCO

Ippolita Luzzo: “La mafia non è più quella di una volta”. Potrei sottotitolare così, direttamente dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove il film di Franco Maresco “La mafia non è più quella di una volta” ha vinto il premio speciale della Giuria. Prodotto da Rean Mazzone e Anna Vinci per Ila Palma, il film racconta la contaminazione e trasformazione del fenomeno mafioso, oggetto anche di argomento del libro di Anna Vinci Gaspare Mutolo – La mafia non lascia tempo (Chiarelettere).
Sono con il suo libro in mano – che verrà presentato a Palermo il 20 settembre – e sono qui con Anna Vinci a parlare di una narrazione nata dallo scandaglio nell’anima di un ex mafioso, ex braccio destra di Riina, storico dissociato (la sua dissociazione risale al 1992): Gaspare Mutolo, la memoria orale di Cosa Nostra.
Anna è una scrittrice che segue l’immaginario, o lo cerca nella realtà per meglio tentare di conoscerla. Ha indagato sulla P2 attraverso i diari segreti di Tina Anselmi, di cui è la biografa ufficiale, ha curato inchieste e documentari per la Rai.
A lei la parola affinché ci racconti come sia riuscita a incontrare Gaspare Mutolo e cosa l’abbia spinta a conoscerlo, a narrare la sua storia.
*
Anna Vinci:” Lo incontrai mentre era intervistato, sarebbe stato utilizzato come fonte nel film Belluscone di Maresco sempre prodotto da Ila Palma. All’inizio cominciando a frequentarlo volevo soprattutto conoscere lui e attraverso di lui la mafia ‘da dentro’. E così, nella prima stesura del libro pubblicato da Rizzoli nel 2013, raccontai gli avvenimenti, le concomitanze, l’ambiente e la famiglia che avevano portato Gaspare Mutolo, ragazzino nato nel 1940 a diventare soldato di Mafia. Oggi a distanza di qualche anno, dopo che il libro ha subito un blocco dalla Rizzoli, pochi mesi dopo la sua pubblicazione, si era bruciato un loro magazzino, è stato pubblicato di nuovo da Chiarelettere, e ho aggiunto un’appendice dal titolo credo significativo: Nella mente di un killer di Mafia”.

Ippolita:” L’appendice ci riporta ad una domanda spesso ripetuta da te a Gaspare Mutolo, nel tentativo di capire di più su come sia possibile scindere gesti e delitti fatti per commissione. Gaspare Mutolo era un killer, dalla persona che ora lui è diventato. Il delitto diventa l’esecuzione di un ordine, lui è un soldato che rispetta gli ordini e le vittime quasi non esistono. Certo, racconta che le vittime lo riconoscevano e vedendolo arrivare già sapevano, infatti alcuni lo imploravano di avere pietà e altri lo fissavano terrorizzati. Ma era solo l’esecuzione di un ordine. Il killer è un soldato e non deve sbagliare, come in guerra. Infatti Anna tu non riesci a farlo spostare su un piano diverso. Cosa avresti in realtà voluto raggiungere con le tue domande?”.

Anna Vinci: “Vorrei, prima di rispondere alla tua domanda, fare una premessa. La mia ‘indagine’ nella mente di Mutolo, non è solo volta a capire i meccanismi mentali di un ex soldato di mafia. Scrivendo la prima parte del libro anni fa, intuii che alcuni elementi psicologici del mafioso, rimandavano a quelli che erano modi di agire, e quindi di pensare, che ritrovavo diciamo tra le persone della classe dirigente e non solo. Oggi, dopo l’esperienza passata, conoscendolo meglio, e avendo imparato pur nella diversità delle nostre storie a rispettarci, mi sono permessa di incalzarlo, e le mie intuizioni si sono rilevate vere. Ho colto elementi che sono purtroppo emblematici della nostra società, salvo, certo, non sporcarsi di sangue. Sinteticamente, sono questi: una forte auto referenzialità; un rapporto mediato con la realtà, tipo il Ciccio Mira del film di Maresco, per cui non si vede la realtà ma quella che la nostra prigione mentale ci fa vedere. Ultimo e non meno importante: la mancanza dell’assunzione su di sé del senso di colpa. La colpa sfuma nella responsabilità nel migliore dei casi, nella casualità, e peggio ancora nell’altrui responsabilità. Stretti tra offesa e lamento. Ecco forse ho avuto da Mutolo le risposte che cercavo… E ho accettato le sue risposte a metà, il suo racconto del percorso di avvicinamento alla fede – soprattutto dopo la morte della moglie Santina tre anni fa – senza tuttavia mettere in discussione i suoi ‘errori’, se non riconoscerli come tali. E il riferimento alla pittura come elemento di elaborazione inconscia delle sue ombre. Come dice lui parlando del passato: ‘Restano i rimpianti, il resto lo metto nella pittura’. Sul resto, fuori della tela, resta il silenzio alle mie domande incalzanti sulla colpa. Una parola difficile da declinare, per tutti”.


Ippolita: “Unendo in un discorso ideale il film di Franco Maresco, “La mafia non è più quella di una volta” e le risposte di Gaspare Mutolo si nota l’abitudine a considerare normale ciò che normale non è, a vivere nel chiuso di quartieri e conoscenze con il gusto di avere grande potenza, come se quello che si sta facendo avesse un senso. Sembra un mondo capovolto, un mondo dove anche principi sono stravolti e snaturati, basti pensare al concetto di onore, alla parola fiducia, o alla politica, la parola più mistificata. Ed anche coloro che combatterono la mafia morendo sono ora usati per mascherare strani giorni. È possibile una lettura simile di questa trasformazione nella mafia? E la mafia ancora adesso non lascia tempo? Voglio ricordare il grido di allarme di Nino Di Matteo procuratore di Palermo recentemente sui giornali”.

Anna Vinci: “Sì, la mafia non lascia tempo, la vita non lascia tempo. Il tempo perduto non si ritrova se non nella letteratura. Essere incalzati porta fretta e la fretta genera confusione e come diceva Tina Anselmi: ‘bisogna avere calma per comporre il puzzle. Tutti i tasselli’. Lei era esperta di tasselli mancanti. Per tentare di approfondire e rispondere con più chiarezza alle tue domande, tenendo presente quel grido di una bella persona come Nino Di Matteo, al quale accennavi, voglio rifarmi a una mia domanda a Mutolo. ‘Non hai pentimenti per le persone ammazzate? O almeno dolore ripensando a certi spasmi di morte?’ [n.d.a non dimentichiamoci che molti degli omicidi di Mutolo erano strangolamenti] Ed ecco la risposta sulla quale poi mi soffermerò. ‘Quella era la vita nostra e dei nostri vicini, uomini di Cosa Nostra, famiglie di mafiosi’. E non trovi una similitudine tra questo stare sempre tra simili, stessi pensieri, stesse emozioni, fuori gli altri, con quello che sta sempre più accadendo nel nostro Paese? Che cosa è la Casta? Che cos’è questo mondo claustrofobico dove sempre gli stessi parlano, rispondono ad altri simili. Per non parlare delle offese, dell’ossessione, dell’odio dell’altro. Per giungere allo squallore della manifestazione di Pontida – uso volutamente la parola ‘squallore’, non me ne viene altra –, quanti smarrimenti, quanta sciatteria nel condurre la Cosa Pubblica, quanti giochi sottobanco, quanto tempo perduto! E quanti pochi sguardi di donne. Uomini e ancora uomini come appunto nella mafia e nella massoneria. Diceva Tina Anselmi: ‘Bisogna aprire le stanze del potere far entrare aria’. Sottolineo ‘squallido’, manca la parola squallido.”

Ippolita: “Mi trovo accanto a te, Anna, e a Tina, così come credo moltissimi potranno ritrovarsi nel tuo stesso smarrimento di essere ancora qui a distanza di tanti anni a dover essere impotenti davanti al grido di allarme di Nino Di Matteo, su come tanti apparati dello Stato abbiano modi di pensare simili a ciò che dovrebbero condannare, attuano gli stessi sistemi. E sembra un mondo nerissimo quel che c’è in questo primo ventennio degli anni duemila se non ci fosse con noi una costante ironia e un disincanto che da Maresco e da Rean Mazzone ci riporta a Sciascia e insieme a Tina Anselmi e al suo vigilare. Quel suo monito mai dimenticato. Vorrei che tu in chiusura mi donassi la mano, quasi un abbraccio ai lettori, ad avere fiducia se non nella storia almeno nella letteratura. Come chiuderesti la nostra conversazione?”

Anna Vinci: “Chiudendo con una risposta di Pier Paolo Pasolini a Enzo Biagi. Pasolini poeta regista e intellettuale, lascio fuori la sua vita privata. Biagi gli chiese che cosa era per lui la fede, lui rispose che era lo stupore davanti alla vita. Al miracolo della vita. Mi scuso se non ho usato le parole esatte, ma credo di aver inteso e riportato il concetto. Ecco mi ritrovo in questo stupore che hanno i bambini, gli artisti, certi vecchi, uomini e donne, persone belle, ce ne sono. Ne ho conosciute tante. E l’Italia, con loro, che non sono per forza alla ribalta, con la bellezza del suo passato, della natura, delle piazze, sta contrastando il degrado. Io ci credo. D'altronde, potrei non credere al futuro e quindi al presente con quattro nipotini, che sono la mia passione?”.
Ippolita Luzzo 

giovedì 31 ottobre 2019

Tutto il mio folle amore di Salvatores

Salvatores sceglie una vicenda reale molto conosciuta, i due protagonisti hanno un canale social e sono stati intervistati dalle Iene. 
Hanno fatto altri passaggi televisivi e poi Fulvio Ervas ne ha scritto un racconto molto pubblicizzato e amato. 
Nei titoli però il regista si tira fuori da qualsiasi scopo scientifico, non sta dando un metodo su come trattare la diversità ed è giusto ciò, questo è un film e noi lo abbiamo scelto per trascorrere due ore piacevoli. 
Devo dire che lui è riuscito a intrattenerci perché il film ha come collante canzoni amatissime, da Vincent del 1973, colonna sonora di una serie televisiva "Lungo il fiume e sull’acqua", un giallo a puntate, che abbiamo adorato, a Resta cu mme di Modugno.
La canzone ci commuove sempre e anche ieri sera ci ha commosso. Siamo legatissimi a Domenico Modugno e alle sue splendidi canzoni, a Pierangelo Bertoli e al suo A muso duro, cantata in duetto dal padre, dal figlio e da me, sottovoce, nella multisala.
Il protagonista, come avrete capito, è un cantante, il Modugno della Dalmazia, e noi lo seguiremo lungo le coste della Dalmazia, dalla Slovenia in Croazia, per applaudirlo alle feste e ai concerti. 
In questo viaggio porta il figlio, ritrovato dopo sedici anni, e con lui, con questo ragazzo problematico, affronta il viaggio  della vita, riappropriarsi di tutti gli anni in cui è scomparso e far da Virgilio, diciamo così, al figlio verso l’età adulta. 
Poi felice, soddisfatto, può andare via. 
Nel frattempo viene inseguito dalla mamma del ragazzo, abbandonata alla notizia di essere incinta di lui, e dal marito della donna, uomo di grandi possibilità economiche in quanto editore. Ambienti quindi deliziosamente ricchi dove vive l’editore, uomo saggio e pacato, che avrei subito scelto come mio editore per pubblicare qualcosa di più o di meno plausibile del manoscritto che poi gli resterà in mano.
Il film dolciastro finisce e dopo andando via ci sale il retrogusto amaro di essere stati presi in giro da tanta stupidità, da tanto improbabile viaggiare ai confini del nulla più assoluto.
Stereotipi. 
Faccio esempio: il ragazzo con difficoltà ha il gesto comprensibile di  avere paura al vedere il seno di una ragazza e poi già il giorno dopo riesce a fare l’amore.
Caro Salvatores non ci hai capito niente. 
Per forza dovevi mettere il superamento di una paura? Ed è così semplice? Comunque ho deciso, ti applaudo come ti ha applaudito Fazio e tu mi procuri un contratto con quel buon uomo di editore, ben interpretato da Abatantuono.
Un abbraccio dal Regno Della Litweb. 
Non ci salveremo mai più dalla melassa.
Ippolita Luzzo

domenica 6 ottobre 2019

L'agenda delle citazioni "del cazzo"

Vedo che molte scrittrici, versatili in ogni campo, giornalistico e di creazione eventi, posseggono una agenda di citazioni importanti, frasi di autori importanti, con cui imbellettano il loro sublime dire. 
Li ascoltiamo tutti ammirati, e parlo al femminile perché il fenomeno fra gli uomini é più circoscritto. 
Sono le donne, infatti, "ancillae" dell'altrui pensiero a raccogliere e regalarci a mitraglietta citazioni e citazioni nel loro splendido dire. Vorremmo tante sapere a volte se abbiano anche loro un pensiero e leggiamo i loro testi, i loro ben accolti romanzi dappertutto. Romanzi.
Leggiamo dunque e restiamo sconfortati dalle banalità che vi troviamo.
"Il pensa positivo che sono vivo, la bellezza che salverà il mondo, il ritorno nella terra natia e la resilienza al Sud dove tutte le cose si risolvono con la loro volontà", con la volontà degli autori. 
Siamo annichilite ma poi vediamo che simili baggianate vengono scelti come libri di testo, simili banalità vengono presentati in fior di rassegne letterarie e "similia similibus" ci domandiamo quale direttivo di lettori, quale circolo letterario, abbia scelto e letto quei testi. 
Piuttosto suppongo che codesti circoli non scelgano il testo ma il potere che ha l'autore di imporre il testo, le amicizie e gli eventuali scambi di partecipazioni in altre rassegne che l'autore può offrire. 
Questo Racconterò a Dario nella intervista che a me farà per il New York Times  

mercoledì 2 ottobre 2019

Giulia De Lellis youtuber, Stella Pulpo blogger

La vicenda narrata da Stella Pulpo, «femminista radicale» 33 anni, conosciuta per il blog Memorie di una vagina, raccoglie e rende fruibili ciò che le fa sapere Giulia de Lellis, youtuber nota per la sua apparizione a Uomini e donne come corteggiatrice del tronista Andrea Damante.

Giulia De Lellis, 23 anni, ex corteggiatrice di Uomini e donne, professione attuale influencer, con 4 milioni di followers su Instagram.
Il libro da poco pubblicato per la Casa Editrice Mondadori Electa è al primo posto nelle vendite nazionali. 
Su Google trovo altezza, peso, biografia e tatuaggi di Giulia De Lellis, tutte notizie utilissime per milioni di followers, e poi mi sposto su Stella che ha accettato di scrivere, in modo gradevole e con abilità, una vicenda che noi, non followers, non avremmo mai conosciuto.
Vi riporto il link alla fine del mio pezzo.
Ora io vi sorprenderò dicendovi che ho trovato il libro di Giulia De Lellis ben scritto da Stella Pulpo. Il libro ha un bel ritmo, rispetta le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, e rispetta anche le varie fasi dell’animo umano alle prese con un fatto destabilizzante. Poi, come ha insegnato Guitton, il libro ripete all'inizio, nello svolgimento e alla fine, lo stesso identico argomento. L’argomento viene sciorinato con dovizia affinché chiunque sappia. ma soprattutto lo sappiano le giovanissime lettrici che stanno assaltando le librerie per averlo. 
Venti copie solo oggi nella libreria del mio paese.
A Giulia e a Stella voglio dedicare questa espressione di Tibullo. Domani farò pezzo. “Audendum est: fortes adiuvat ipsa Venus". (Elegie, I, 2, 16).
L'espressione di Tibullo rappresenta una variazione sul tema "audentes fortuna adiuvat" (Virgilio, Eneide, X, 284). In Tibullo il focus allude alla propensione di Venere, dea e protettrice degli innamorati, a favorire chi osa in amore. 
Nel mio leggere scopro altro. E cioè che Stella Pulpo abbia cominciato a narrare raccontando di Giulia ma poi sia finita a narrare di se stessa, a fare analisi e autoanalisi del perché e per come si reagisca ad una rottura amorosa, con le varie fasi, dallo sgomento iniziale alla rabbia cieca, dal senso di inutilità al lutto, dalla accettazione al recupero, dal nulla al tutto e viceversa. Dalla voglia di far baldoria e di riscatto, dal ritorno al perdono, dal vivere tumultuoso che le relazioni umane conservano ancora, al futuro come redenzione. 
Scrivo sorridendo e distaccata. per quel tanto che i miei anni me lo consentono, scrivo sul caos del movimento e del fermo immagine, sulla immagine di un lui, di una lei. Temi eterni. 
Il libro va benissimo, si vende soprattutto alle dodicenni, certo da anni ormai territorio senza infanzia, il libro va benissimo e io credo che un sano atteggiamento di verifica su quanto, nel passato, sia stato dato in mano alle ragazzine bisognerebbe chiederselo. 
Mi sento quindi, eccessi a parte, e dopo aver caldamente raccomandato di non buttare la Playstation nell'acqua bollente, come fa Giulia con la Playstation di Andrea, di non tagliuzzare vestiti e distruggere casa,  credo che si possa leggere velocemente con quella sana ironia che salverà giovani e adolescenti, adulti e anziani, innamorati, persi e non, di un lui o di una lei che tradiranno, come è, quasi sempre,  nell'ordine delle cose.  



Dall'intervista con Andrea Scarpa http://imilanesi.nanopress.it/stella-pulpo-milanese-di-taranto-29-anni-account-e-blogger/ Tarantina dal 1985 (per nascita), bolognese dal 2004 al 2008 (per motivi di studio), milanese dal 2009 (per il primo lavoro), Stella Pulpo è una trentenne che, a parte amici e parenti, nessuno conosce. Come autrice in incognito del blog memoriediunavagina, però, è un piccolo fenomeno digitale da 70 mila seguaci a settimana. Addetta stampa in un’agenzia di comunicazione, single per forza di cose, sognatrice di un certo livello, quando attacca a parlare non la smette più. Questa intervista – in cui svela per la prima volta la sua identità – alla fine è durata 1 ora e 26 minuti (registratore dixit).
Che cos’è memoriediunavagina?
«La reazione di una giovane donna che scopre di essersi comportata come una grandissima stronza».
Interessante. Quando ha iniziato? 
«Nel 2011, dopo aver lasciato il mio fidanzato. L’intenzione era di sopravvivere al fallimento della relazione e soprattutto all’idea di non essere più quella brava ragazza di una volta». 
ed infatti aveva già scritto «Cara cornuta, manuale di sopravvivenza al tradimento" Su Amazon.

martedì 1 ottobre 2019

Scortesie ovvero Le punture di spillo

" Ciao, come stanno i tuoi contatti?" mi chiede, senza preambolo, un intellettual locale, molto addentro alla cultura storica del mio luogo natio. Lo guardo stranita. Lui quindi di ciò che io faccio vuol solo sapere lo stato di salute di contatti, perché lui crede che io non abbia qui sul web incontrato persone umane che mi stimano per quello che scrivo, no, lui pensa che io sia un'agenda di contatti. 
Evvabè facciamola passare come una domanda inopportuna, così come storiche furono altre domande, al mio ritorno da alcuni riconoscimenti nazionali. 
Una rimane nell'aneddottica della Litweb. " Che hai vinto, una radio?" mi chiese la libraia al mio ritorno da Roma dopo aver vinto RadioLibri, concorso per blog e circoli letterari. 
Oppure altre perle dal " Ti ricujjsti?" al mio ritorno da Roma dalla fiera del libro dopo aver presentato Pezzi, al meraviglioso " Hai visto? Ti abbiamo anche fatto fare fotografia insieme!" detta dopo incontro letterario da me voluto. Mi hanno fatto fare la fotografia insieme! ridendo lo racconto, perché non ho la smania di dover parlare in loco, ritenendolo un loco poco permeabile. Mi piace invece parlare con gli autori, con gli artisti, con i registi, con la creatività perché la sento vitale, perché sento vitale ogni dono artistico. 
Altro spillo recente. Un intellettual sta facendo cartellone per suo festival. Mi chiede mail di un mio amico, direttore editoriale di una rivista. lo vuole invitare ed io, molto seriamente, chiedo se ha pensato di invitare anche il Regno della Litweb. Ed in quel momento lui mi risponde che il cartellone è già completo e che nel caso dovrà consultare il direttivo. 
Questa storia della consultazione del direttivo mi era stata detta anche da un'altra gentile signora, membro di un direttivo di una associazione di un paese limitrofo. Mi disse che per presentare Pezzi dal Regno della Litweb si doveva riunire il direttivo. 
Cioè Mai. 
Sono solo punture di spillo fin quando non si entra nel territorio della maldicenza e della calunnia. Alcune gentili operatrici intellettuali, non si sa per quale oscuro motivo, hanno cominciato da alcuni anni a questa parte a dire che io provi invidia profonda per loro, che io mi diverta a sparlare di loro e per assioma a sparlare di tutti.. Da anni dunque mi trovo impegnata a disincagliare questo pensiero dalle menti di chi le ha ascoltate, convinta che "Il Male perde il bene vince"
Sono dunque serenamente convinta che ogni spillo è solo un fastidio e non può incidere in alcun modo sul cammino fuori dagli schemi precostituiti dagli intellettual scortesi, senza avvedersene. 
      

domenica 29 settembre 2019

Cortesie e Scortesie

Nella relazione che terrò dovrò prima chiarire e chiarirci su ciò che per noi sono le cortesie e le scortesie e poi delimitare il discorso alle cortesie e scortesie negli ambienti degli scrittori, delle associazioni culturali, dei blogger, nell'ambiente libro, per intenderci. Cortesie e scortesie nel variegato mondo delle persone che scrivono, male o bene, che parlano male o bene, insomma nel luogo dove non ci sarebbe da aspettarsele mai. 
Partiamo dal significato di Cortesia: Il complesso dei requisiti che rendevano idoneo alla vita di corte e ne costituivano il carattere essenziale: si compendiava nelle virtù della gentilezza e della generosità, ed era uno degli elementi fondamentali dell'educazione cavalleresca: fu tanto a dire cortesia quanto uso di corte (Dante); Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori, Le cortesie, l'audaci imprese io canto (Ariosto). E dalla Treccani cortesia. - Parola-chiave della civiltà medievale, aveva però già allora un significato consunto nella trita realtà quotidiana (" gentilezza di modi ", " urbanità ", " benevolenza ", " generosità ", " onesto e virtuoso operare " e affini):  a testimoniare la fatale involuzione o l'impoverimento di un termine così pregnante e impegnativo.
e quindi Scortesia: Palese mancanza di educazione e di gentilezza nei rapporti umani, atto, comportamento scortese.
E parliamo dunque di invidie e calunnie, del desiderio di voler danneggiare un altro, così, solo per antipatia, o perché si ritiene che possa far ombra.
Una volta, uno di voi mi consigliò di non frequentare una mia amica bravissima perché avrebbe potuto farmi ombra! Va da sé che io lo guardai sorpresa e sconcertata e continuai a frequentare la mia amica onorando il proverbio di unirmi e scegliere i migliori di me, per imparare.  
Sono poi dell'avviso che siamo tutti migliori, cioè abbiamo tutti belle qualità, diverse, certamente, però ognuno possiede delle abilità. 
Un altra volta una professoressa mi chiese un pezzo e aggiunse: Voglio proprio vedere se mi farai un pezzo, Tu che lo fai a Cani e Porci!" Rimasi basita e arrivata a casa, sul social, attaccai a chiedere se quel suo comando imperativo e la sua asserzione in effetti non le si ritorcesse contro. Se avessi fatto un pezzo anche a lei avrei confermato cosa? di farlo implicitamente a cani e porci, come lei aveva affermato ed io in effetti non mi sarei mai sognato di pensarlo. Beh, era sicuramente un'uscita infelice, se ne fanno tante senza volerlo. Nel libro di Grazia Cherchi, Basta Poco per sentirsi soli, lei ne racconta tante. Tantissime scortesie che ci fanno ormai l'effetto di uno spillo oppure fiaccano la volontà di scrivere. Credo che fiaccare l'entusiasmo dell'altro sia proprio ciò che si prefigge lo scortese. 
Così riflettiamo con lei, seguendola nei suoi ritratti di incontri con poeti, scrittori, editori, lei si occupava di editing, di accompagnare e scoprire autori, e seguiamola a far di ponte in tante iniziative, a suggerire i nomi da invitare, a seguire gli autori, e ad essere poi scavalcata, una volta che l'autore o chi ha raggiunto l'obiettivo non ha più bisogno di lei.  Lei non viene più ricordata, ormai il ponte è dietro le spalle, lei ormai non serve più. La smemoratezza è una delle prime cause delle scortesie? Quello che più sorprende poi è la coazione a ripetere. Certo che la persona che fa una scortesia poi ne fa due o tre o più, diventa la cifra del suo agire, scorda e non ha consapevolezza del suo agire che a lei sembra immacolato. 
Così nel corso degli anni, dopo essersi vistasi tolta da direttivi dove pensava ancora di far parte, solo sentendo la presidente che dall'alto del palco diceva tutti i nomi dei componenti tranne il suo, dopo aver subito l'ostracismo di alcuni giornalisti che si rifiutavano di fare articolo su ciò che lei proponeva, lei, Grazia Cherchi concludeva  e commentava  con la sua ironia feroce sulla piccolezza dei mediocri. 
Dopo le analisi però ognuno di noi, in ogni nostro ambito, deve vedere tutto ciò come un'opportunità. "Basta poco per sentirsi soli" ed è così che mi sono sentita io quando qualcuno mi ha chiesto:- Come stanno i tuoi contatti?- Volendo ridurre in un solo momento tutto ciò che di più bello mi sia accaduto in una somma di contatti chissà come avuti. 
Vorrei raccontarvi come. spinta dalle scortesie locali, io abbia trovato stima e spazio nelle riviste nazionali. A Lamezia ho contribuito alla nascita di un sito online di notizie e poi me ne sono andata perché spazio non vi era più per me. Non ha importanza, perché lo spazio negato al proprio paese porta inevitabilmente alla fuga nel web 
  

Intervista a Gianluca Barbera su Pangea

Sono 2049 le visualizzazioni sul mio pezzo del maggio 2019  per il libro di Gianluca Barbera, Marco Polo. 
Dopo di allora, su Pangea, l'intervista e la lettura di Magellano, il libro precedente di Gianluca. 
http://www.pangea.news/gianluca-barbera-intervista-ippolita-luzzo-marco-polo/ 
Libri di un grande rigore storico e di una immensa e potente immaginazione.
Gianluca Barbera sarà a Lamezia Terme a parlarne con gli alunni del Liceo Classico la mattina, e il pomeriggio in libreria, giorno 24 Ottobre. 
Nel mentre lo aspettiamo, mi piace riportare, qui sul blog, la mia intervista, già pubblicata dalla rivista letteraria Pangea che vi invito a leggere in tutte le sue interessanti proposte. W Pangea http://www.pangea.news/gianluca-barbera-intervista-ippolita-luzzo-marco-polo/ 

“FACCIO DI TUTTO PERCHÉ IL LETTORE NON SI ANNOI. FIN DA PICCOLO HO VIAGGIATO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO CON LA MENTE, COME IL PERSONAGGIO DI JACK LONDON…”: IPPOLITA LUZZO CERCA DI IPNOTIZZARE L’INAFFERRABILE GIANLUCA BARBERA (ERGO: MARCO POLO)
Pangea
Posted On Luglio 09, 2019, 10:07 
Marco Polo intorta meglio. Intervista del Regno della Litweb con Gianluca Barbera

Ippolita Luzzo:- Intortare: coinvolgere, compromettere. Imbrogliare, abbindolare, far opera di persuasione per convincere, sembra oggidì di grande attualità. Tutti intortati da fake news, tutti intortati e convinti a urlare, ad essere rabbiosi. Per fortuna esiste un altro modo di intortare ed è quello della letteratura sui viaggi immaginari nei libri, nel fantastico mondo della storia, e quel coinvolgimento ci porta non a urlare ma a vagare felici. Già con Magellano, tra i finalisti del Premio Acqui Storia, e poi con Marco Polo (Castelvecchi, 2019), Gianluca Barbera ci intorta felicemente. La prima domanda è proprio questa. Come e con che lievito si prepara una torta letteraria?

Gianluca Barbera:- Partirò dal terrore che ho di annoiarmi, nove romanzi su dieci mi tediano terribilmente e siccome voglio bene ai lettori faccio di tutto perché non si annoino, imparino qualcosa (ammesso che si possa insegnare qualcosa agli altri, visto come siamo difettosi noi stessi) e si pongano delle domande. Cerco dunque di creare mondi nei quali farli entrare quasi in uno stato di sogno, di dimenticanza: una dimensione mitica che ci rimanda alle narrazione primigenie, da Omero in poi: perché se la realtà diventa qualcosa di solido contro cui sbattiamo la testa nel presente, nel futuro ciò che resteranno sono le storie, i miti, le narrazioni, perciò io prendo Marco Polo, e alla maniera di Salgari lo faccio incontrare con il leggendario Vecchio della Montagna, capo della setta degli assassini, e vedo che succede; oppure lo trasporto al cospetto della mitologica Arca di Noè, sul monte Ararat, e scateno l’inferno.

Ippolita Luzzo:- Nel Regno Della Litweb Marco Polo è giunto il 30 maggio 2019 raccontandomi tutto con sincerità “A giorni ero atteso in una delle corti più blasonate d’Italia, dove sarei stato accolto come un re d’Oriente, altro che ortaggi! Da lì ripartirò, signori miei, poiché non c’è sviluppo che non sia già in potenza…”. Nel mio regno e da regina ho subito apprezzato il racconto dell’illustre ospite e d’altronde chi ero io a poter dubitare di un racconto? Se una cosa si racconta diventa vera, crediamo ciò in letteratura, e sono diventati veri tanti topos, da L’isola del tesoro al Regno Della Litweb, così veri da interagire e dialogare con personaggi storici veri o presunti tali. Nella delizia del racconto quali sono i topos che amiamo in un racconto? Quali quelli amati da Marco Polo?

Gianluca Barbera:- Nel romanzo accadono centinaia di cose, almeno un paio ogni pagina, in un vorticoso susseguirsi che sfida la resistenza del lettore: miti pagani, racconti biblici, credenze sufi, teogonie, cosmogonie: e dunque pilastri che reggono templi senza poggiare sul pavimento, brocche di vino che si sollevano dal tavolo e come guidate da un filo invisibile giungono in volo nelle mani degli ospiti a banchetto, montagne che si spostano da sole, laghi nei quali non si va mai a fondo e sulle cui sponde una volta l’anno i pesci si ammassano per lasciarsi pescare, cascate poderose il cui frastuono rende sordi e ciechi, fate morgane ingannevoli, donne dalla pelle dura e dolce le cui carezze non si potranno mai più dimenticare, serpenti rivelatori, fulminee apparizioni come quella dell’araba fenice, ma anche storie legate a Gesù, a Maometto, a Buddha: perché in Oriente (così credevano gli uomini dell’epoca) tutto è possibile e la logica comune non vale più.

Ippolita Luzzo:- Sto leggendo Jonathan Gottschall L’istinto di narrare e lui ci dice a pagina 174 “La narrativa di una vita è un mito personale. Ogni resoconto è una narrativa accuratamente modellata, colma di dimenticanze strategiche e significati abilmente elaborati”. Una storia di vita è una finzione narrativa estremamente utile. Non a tutti riesce però. Ecco perché solo alcuni avranno il privilegio di andare lontano come Marco Polo o Magellano, come Gianluca Barbera o me da regina di un regno che non esiste, senza sfiorare il ridicolo ma convincendo gli altri, certi della costruzione letteraria. È un privilegio, vero? di sicuro un’abilità, costruire storia anche e soprattutto su noi stessi? Pochi riescono vero?

Gianluca Barbera:- Ciascuno di noi possiede un dono, un talento: si tratta di avere la fortuna di scoprire qual è. Fin da piccolo io ho viaggiato nello spazio e nel tempo con la mente, come il personaggio del Vagabondo delle stelle di Jack London. Da grande ho cercato di sfruttare questa mia abilità, questo mio dono. Scrivo di ciò che mi riesce bene; e se qualcuno mi chiede di occuparmi di temi che non mi sono congeniali dico di no. Ma lo ripeto: tutti abbiamo un qualche talento, coltiviamo quello senza intestardirci in cose che non ci appartengono

Ippolita Luzzo:- Nel mio blog, nato nel 2012, in modo fortuito e giocando sul nome dal mito la regina delle Amazzoni, sono diventata la regina della Litweb ed è un personaggio che ha vita propria, quel giardino ben coltivato di cui parlava Tabucchi in Dietro l’arazzo. Qui, nel mio blog, Marco Polo è stato letto raggiungendo migliaia di visualizzazioni benché e forse proprio perché anche lui si trova a suo agio in un regno che non c’è. Vero? Così scrivo di lui nel blog “Sembrano Le mille e una notte, sembra Sherazade, sembra mia nonna narrare ogni sera storie lunghissime e che non finivano mai. Chi racconta ha già il potere di tenere incatenati tutti alla storia e questa è la bravura di Gianluca Barbera, del quale voglio leggere anche Magellano, suo precedente libro e atto teatrale interpretato in questi giorni da Cochi Ponzoni, a Milano, con successo. Poco importa se è un Marco Polo in crisi di identità, infatti a furia di narrare la sua storia lui perde i confini fra il vero e il falso e come succede spesso non sa più chi lui sia”. A dir la verità chi potrebbe dire con sicurezza chi lui sia?

Gianluca Barbera:-Sì, tu hai creato un tuo mondo dotato di solida realtà, così come io ogni volta che scrivo un romanzo invento da capo un nuovo mondo: si tratta di fare in modo che quel mondo immaginario diventi particolareggiato, vivo, reale come quello in cui viviamo quotidianamente. Io cerco di creare mondi nei quali vorrei vivere, mettendo in scena personaggi che vorrei incontrare e situazioni nelle quali vorrei trovarmi: per lo più situazioni da sempre sognate, fin dai tempi della mia infanzia. Anche Stevenson era di questo avviso, anche lui andava in cerca di una tale reinvenzione del mondo: in questo e in molto altro sento di somigliargli. Così come quasi ogni libro che scrivo è un omaggio a Salgàri (anche se Marco Polo è prima di tutto dedicato a mia moglie).

Ippolita Luzzo:- Nel Regno Della Litweb applaudiamo ai bravi per davvero, nel segno di Boezio, nella consolazione della filosofia, nel vero che sarà vero anche in un racconto di dove tutto è possibile e come dici tu “la logica comune non vale più”. Sarà questo fuggire via con Marco Polo, sarà il bellissimo uso del nostro pensiero, come compagno, a non farci diventare monotematici, a non farci diventare sciocche macchine di comportamenti ripetitivi. Evviva dunque lo spazio che tu, Gianluca, abiti ed evviva il nostro regno della fantasia, il regno dove si trova la nostra più bella letteratura. Una letteratura amica. La meraviglia negli occhi di Aristotele e la meraviglia nei nostri occhi. Forti di tutto ciò questi tempi sguaiati non ci avranno. Evviva Salgàri, anche da me amatissimo e riscatteremo Salgàri. Hai letto Demetrio Paolin Non fate troppi pettegolezzi? Ecco noi non facciamo troppi pettegolezzi ma vogliamo di nuovo che i racconti di fantasia, come Marco Polo, siano il balsamo per questi tempi feroci.

Gianluca Barbera:- Grazie per le belle parole, e ora se mi permetti io scompaio per lasciare il posto a Marco Polo (mio alter ego), che vi verrà incontro, vi prenderà per mano e vi porterà via con lui, in un altro mondo, ad anni luce di distanza. Buona lettura.

E dal Regno della Litweb è tutto. Vado via con Marco Polo e Magellano 

Ippolita Luzzo

“E se non puoi la vita che desideri” ho sempre fatto di questi versi il mio breviario, la mia preghiera. Ho poi accettato l’emarginazione di vivere non solo in una periferia della periferia ma anche in un Lametame di atroce mediocrità, “nell’asfittico spazio del destino” dove nessun giornale, nessuna radio, nessuna televisione, mi ha offerto di collaborare. Ebbene anche in situazione di grande difficoltà l’immaginazione è sempre volata libera e ha fatto i viaggi più fantastici. Ed ora mi trovo qui a ricevere a casa Magellano e Marco Polo, mi trovo ad aspettare Gianluca Barbera a Lamezia ad ottobre, tutto questo grazie a Kavafis e allo smisurato amore verso la letteratura.


E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.


Constantinos Kavafis