sabato 25 dicembre 2021

Il discorso del regno


Cominciare dalla storia allarga e diluisce il nostro breve tempo ed eccoci stamane all'alba di un nuovo giorno con Re Giorgio e il discorso del re: "Era il 3 settembre del 1939, l'Inghilterra dichiarava guerra alla Germania, ponendo le basi al secondo conflitto mondiale.

Il Re non poteva dunque esimersi dal parlare al suo popolo per infondere forza e coraggio, proprio ciò di cui lo stesso Re necessitava per affrontare ancora una volta il temuto occhio del microfono, unico mezzo affinché il suo discorso potesse raggiungere i suoi sudditi.."

Cominciamo con le canzoni con un testo del 1976 di Mogol e Bruno Canfora, e voce di Ornella Vanoni: Datemi, un motivo semplice/ E saprò sorridervi/ Ma dove siete andati/ Amici del passato? Libera, finalmente libera..

e cominciamo a scrivere di questo anno sudato, sudatissimo, che va via, fra sudori e singhiozzi, fra silenzi e paure. Un anno che già non ricordo più, un anno che capiremo forse fra qualche anno ancora. 

L’anno delle tre dosi, l’anno del fuoco estivo, l’anno delle contraddizioni, l’anno senza più contraddittorio perché ogni posizione, ogni opinione, sembra una contraddizione. L’anno delle votazioni regionali per finta e per davvero, l’anno dell’economia, della finanza al potere della nazione tutta e dei morti sul lavoro, un lavoro sempre più vilipeso. Si allarga la forbice fra chi sta bene e chi sta male, fra chi ha e chi non ha i privilegi orribili di pensioni altissime, stratosferiche, di chi ha stipendi e redditi da poter amministrare con la ricchezza di uno solo intere regioni. 

Un anno orribile, ma come re Giorgio riuscì nel '39 a superare la balbuzie e a dare l'annuncio della guerra alla  Germania anche noi riusciremo a superare ogni sudorazione e dichiarare pace al regno intero

Nel Regno della Litweb pace e giustizia ma soprattutto equità

"Auguri di base su cui costruire altezze" da Emilio Leo 

Ippolita Luzzo


sabato 18 dicembre 2021

Maizo di Elena Giorgiana Mirabelli


Maizo, la voce narrante, è una tartaruga amica di tre ragazzini, i protagonisti del racconto di Elena Giorgiana Mirabelli: Mitja, Eco e Clio. 
Maizo è un racconto fotografia che ci porterà nella "selva oscura" della nostra infanzia. Nel momento in cui ancora non abbiamo sciupato definitivamente la nostra vita, nel momento in cui ogni scelta è possibile. Un racconto che ci mostra come ricordiamo. 
Nella testa fra vedere e immaginare non c'è alcuna differenza, così in Mitja uno dei personaggi. Con memoria e percezione conosciamo.

“Ecco, l’imprevedibile. Quando abbiamo scordato che i percorsi disegnati sulla mappa col righello sono linee potenziali e che non possiamo starci sopra in equilibrio? Che quelle linee che indicano la distanza fra la casa e il desiderio non sono nette ma piene di deviazioni?” #maizo il racconto sulle percezioni. 

Come Mitja non sente una distanza dagli oggetti, dal cielo, dalle pareti, da tutto. Tutte le percezioni per Mitja sono significative. Non seleziona pezzi di realtà, la realtà entra nella sua testa, in ogni istante.

 A pagina 26 e 27 ci sono le note di Elena sulla memoria e sul funzionamento del pensiero. Come ricordiamo, come percepiamo, di cosa ci meravigliamo, cosa scegliamo e in base a quale punizione noi reagiamo. Nel racconto i tre ragazzi vivono esperienze al limite della irrealtà, ma è una surrealtà, cioè una realtà amplificata, per far sentire più forte la costrizione e la voglia di liberarsene. Come liberarsi dalle costrizioni, "dallo spazio asfittico del destino" diceva una mia amica poetessa, come liberarsi dalle punizioni? Creando un luogo dove ci sarà una cerimonia, ci saranno dei riti. 

Maizo si prende subito un posto nel mio immaginario e si sistema nei ricordi come se ne facesse parte. Il luogo dove si svolge la prima parte della vicenda assume l’aspetto di una struttura, il gruppo appartamento, che allora negli anni ottanta accoglieva minori segnalati dal tribunale. Più o meno come La casa dei potenziali. Poi ci troveremo alle Terme, alle Terme sulfuree, dico a Elena Giorgiana Mirabelli, aggiungendo quanto lei riesca a creare con la scrittura luoghi reali unendo vari pezzi di luoghi diversi. Lei ci porta e noi la seguiamo insieme a Maizo in questa avventura, una novella di un realismo estremo tanto estremo da sembrare fantastico!

Maizo per me somiglia alle favole nere che mi raccontava mia nonna, i cattivi che tengono nella torre i bimbi, i bimbi che vanno via, le esperienze che ci fortificano, la trasformazione in una età adulta abituata ad un orrido che affascina. Si ci ritrova in un tempo senza tempo e vorrei affidare questa fiaba a tutti gli adolescenti affinché leggendo Maizo sappiano come Clio, l'altra ragazzina, sapere chi si è. E sui nostri desideri stiamo con Maizo nello stupore di saper ancora tracciare una linea, definire uno spazio, riconoscerci e darci una mano. 

Maizo nel Regno della Litweb fra le più belle letture del 2021

Ippolita Luzzo 





 “Nasce la nuova collana di Zona 42 dedicata alle Novelettes, una grande iniziativa curata da Chiara Reali che dice: 
A volte per raccontare un mondo (il mondo) c’è bisogno di centinaia di pagine, di più volumi. A volte per raccontare un mondo (il mondo) bastano poche parole: «For sale: baby shoes, never worn.» In Vendita: Scarpe Bimbo, Mai Usate” – il Romanzo più Breve (e Triste) della Storia

Più lunghe di un racconto, più brevi di un romanzo, le novelettes hanno un ruolo centrale nella letteratura di genere. 

Riguardo al titolo 42 nodi, abbiamo chiamato questa nuova collana 42Nodi: perché i nodi compongono le trame, i tessuti, gli intrecci di cui sono fatte le storie; perché mettono insieme e tengono unite le cose che sono separate.

Per chi se lo chiedesse: 42 nodi è anche naturalmente una velocità nautica, corrispondente a circa 77 kmh.


L'autrice, Elena Giorgiana Mirabelli 

Laureata in Filosofia, ha un PhD palermitano in tasca e il diploma della Holden nel cuore. È tra i fondatori di Arcadia book&service, agenzia di servizi editoriali di Cosenza ed è redattrice della rivista Narrandom. Configurazione Tundra (Tunué, 2020) è il suo primo romanzo. Altri suoi lavori sono apparsi in Nuvole Corsare (Caffèorchidea, 2020), L’ultimo sesso al tempo della peste (Neo Edizioni, 2020) e Human/. Corpi ibridi, mutanti e fluidi nell’universo del possibile (Moscabianca Edizioni, 2021). Maizo, novella per la collana 42 Nodi (Zona 42) è il suo ultimo lavoro. Ordisce trame, anche con la lana.

venerdì 17 dicembre 2021

Fabrizio Coscia Nella notte il cane

 


Per la collana S-confini diretta proprio da Fabrizio Coscia esce in questi giorni in Editoriale Scientifica il libro di Fabrizio dedicato al suo cane Pedro.

Il libro in una coloratissima copertina arancio con un'immagine tratta dalla raccolta Shima Shima 1904 di Furuya Korin ci immerge nei colori del limone, almeno una fetta sembra ci stia nell'opera, annegata nella spremuta di arancia.

I cani e noi, gli animali e noi, in un rapporto che da impossibile diventa realtà. Da Argo, il cane di Ulisse, che unico e solo lo riconosce, a Maipiù il cane che va a passeggio con Kafka

" Quando Kafka appunta sul suo diario la sua "passeggiata col cane" nel bosco di Planà sta scrivendo Indagini di un cane uno dei suoi racconti più complessi e più affascinanti, rimasto incompiuto. "

Fabrizio ha adottato Pedro nel novembre 2019 e lui presente nel parlare del cane si interroga se anche noi potremmo vivere semplicemente così come Pedro e non avere sempre bisogni di fare bilanci. 

Il libro diventa dunque un chiedersi se "davvero rischiamo di perdere il concetto di sotterraneo? ctonio, dal greco." e qui la confessione fra ciò che prima era possibile, portare a scuola i nostri amati Kavafis e Barthes e ciò che ora sembra non sia più possibile. 

E poi ci perdiamo insieme a leggere la lettera a Mister Higginson di Emily Dickinson nel mentre lei scrive quanto le manchi Carlo, il suo cane. Una lettera che noi sappiamo a memoria fra le tante lettere amate che ci fanno così come siamo. 

Capisco l'urgenza e l'affetto di Fabrizio, mentre scrivo io davanti ho il setter amatissimo, Gala, che mi rimprovera di averlo lasciato in campagna da sconosciuti, quando io passai di ruolo nella scuola nel 1984. Il libro è dunque un colloquio a più voci, un colloquio con gli altri scrittori, un colloquio con le letture, un colloquio con il dolore, con la malattia, con gli affetti, con il corpo, con lo sguardo e l'attenzione verso chi dipende da noi ma nello stesso tempo ci accompagna. 

Gala era la compagna di Dalì, la sua musa, ed è per questo che il nome scelto racconta la storia di ciò che sappiamo. 

Nel porgere a tutti voi in lettura questa opera deliziosa in regalo a chi ama i cani, ma anche a chi non ha ancora un cane, in regalo a tutti coloro che amano le buone letture, faccio gli auguri dal Regno della Litweb con Fabrizio Coscia e Linda insieme in un abbraccio fra noi esseri senzienti nel mondo animale.

Ippolita Luzzo 

giovedì 16 dicembre 2021

Kurtz di Jean-Marc Aubert

 


Una vera goduria

Decido di aprire una nuova pagina sul blog, dopo dieci anni, nei quali, come un fritto misto, ho postato argomenti disparati alla rinfusa. Il tempo di accorgermi che la pagina non funziona ed eccoci in prima visione con gli altri pezzi 

Ora un po' di ordine si impone e questa era la prima recensione sulla pagina del blog dedicata alle recensioni a modo mio

Comincio con un libro amatissimo, che mi somiglia molto, nel senso che capisco perfettamente il grado di follia che si possa innescare praticando una dipendenza amorosa. 

rido molto leggendo le traversie del protagonista, come ne riderete tutti voi, ma ne rideremo insieme perché le traversie non sono le nostre ma potrebbero esserle.  

Prehistorica editore ci ha abituato a queste delizie letterarie, adeguando il nostro palato ad un gusto sopraffino. Adoro lo stile delle traduttrici, Federica e Lorenza Di Lella, che immagino abbiano riso tanto traducendo questa meravigliosa follia. 

Inseguire l'ideale della perfezione, inseguire il rapporto amoroso, più che farlo si pensa di farlo, ed in effetti sembra tutta una preparazione a cosa non si sa.

"Che toccare l'altro, dimenticarsi di sé anche solo per una volta e per un attimo probabilmente era una esperienza sconvolgente, difficile. non concessa a tutti." 

Ed eccoci a Parigi, ed eccoci in Ultimo tango a Parigi, ed eccoci a Parigi, con questo libro che è stato oggetto di un adattamento cinematografico, "L'art (delicat) de la séduction" molto diverso e tanto simile al nulla dei rapporti amorosi fra Marlon e Maria nel film di Bertolucci. 

La frustrazione di non essere come gli altri, o almeno di come si pensa siano gli altri, l'amore per la letteratura, per Conrad in questo caso, come campo dove cimentarsi, e su tutto l'ossessione di avere un sola nota in testa. 

Lotta dura, senza paura, era il nostro slogan negli anni settanta, anch'esso una ossessione di vittoria che poi non è stata. "Lasciarsi passare addosso la vita; essere fiero della perfezione fisica ormai conquistata. Durare il più a lungo possibile, resistere ai venti e alla pioggia, mantenere l'eccitazione per due ore di fila, raggiungere così la santità."

Lasciarsi passare addosso la vita è ciò che tutti noi facciamo insieme al folle protagonista del racconto che tanto folle non è, anzi mi sembra perfettamente normale, ho conosciuto proprio un uomo quasi simile ed abbiamo sventato una truffa ai suoi danni da parte di una scaltra donna perché lui ne parlò con noi amiche. 

Qui però non si tratta di una truffa ma di un gioco, di una burla, di un divertissement che ci seduce e ci incatena, liberandoci, almeno noi come lettori ci sentiremo sollevati di sentirci fuori dalla storia. 

Rideremo rideremo rideremo e poi vorremmo che tanti altri prendano in mano Kurtz e lo leggano e ridano come sto ridendo io, anche scrivendo ciò


Ippolita Luzzo  

sabato 11 dicembre 2021

Rino Garro Alright, Compa'


Il nuovo racconto di Rino Garro Alright, Compa' edito Rubbettino sta nella collana velvet, una collana molto amata per titoli da me presentati o recensiti, basti pensare a quelli dei Lou Palanca, da Blocco 52, A schema libero, Mistero al cubo, Padre vostro, e Ti ho vista che ridevi per me una narrazione importante sulle donne calabresi che andarono spose nelle Langhe, senza conoscere chi fosse il coniuge.

Anche nel libro di Rino Garro il protagonista va via incontro ad uno sconosciuto futuro. 

Tutto a posto, è il modo di dire e di salutarsi fra trentenni, e il protagonista del racconto, originario di Cosenza, insoddisfatto di Firenze e del suo precariato, decide di partire per Manchester e andare a stare da un amico, Mario, proprietario di un ristorante.

"Entrando nel ristorante , mi respira addosso una strana sensazione, mi sembra di essere stato qui solo ieri, a servire clienti o a lavare tazzee bicchieri dietro il bancone di un bar"

 Il Mario&Gianni's Restaurant esiste realmente ed è ubicato a Hazel Grove, Stockport, Mario è veramente il proprietario. 

Fra racconti e nostalgie della Calabria, dell'Italia, della giovinezza che sta andando via, fra le bevute e le mangiate, scorrono i giorni, nell'atmosfera inglese. 

Si suona, si pensa che sia più facile coronare i sogni in Inghilterra, tutto più facile sembra. E sentiamo le vibrazioni musicali di Manchester, del folk inglese.

Rileggo con vero piacere il libro di Rino, apprezzando la sua scrittura e soprattutto il suo lavoro nella scuola, una scuola da lui amatissima.

Rino Garro insegna a Firenze, originario di Rovito, in provincia di Cosenza. I suoi Laboratori con ragazzi diversamente abili hanno portato alla pubblicazione di vari volumi. Suoi racconti sono apparsi in riviste e antologie. 

Un vero applauso sia al libro di Rino Garro che alla collana Velvet da tempo presente nelle letture scelte dal Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 

lunedì 6 dicembre 2021

Giovanni Feliciani L'Individualismo radicale di Max Stirner


 Stirner ritorna ancora con questo libro pubblicato postumo il 28 ottobre 2021 per volontà della figlia di Giovanni Feliciani, Chiarastella. Nella Premessa veniamo a sapere che era questo il titolo della tesi di laurea di Giovanni Feliciani, un titolo che ci ricorda le drammatiche responsabilità dei singoli davanti agli avvenimenti storici, le scelte che si impongono.   

"La filosofia è la scienza di tutte le scienze" diceva spesso Giovanni alla figlia, ed anche noi concordiamo con questo esercizio continuo che la filosofia ci richiede: il ragionare. 

Giovanni è un uomo che ha amato moltissimo i libri, il libro Cuore, e che ha studiato Stirner per andare oltre. 

Nella prefazione di Guido Simone Neri troviamo la spiegazione del perché pubblicare una tesi di laurea a distanza di tanto tempo. La ragione sta nel vedere come il concetto di anarchia avrà il suo sviluppo nelle opere successive, nella ultima opera del 2015

"Dare un senso alla vita, non dall'esterno, ma trovare il senso nella vita stessa, nello stesso vivere la vita. Ciò che è essenziale non ha bisogno di essere scritto, va vissuto" sono pensieri che ha scritto Giovanni Feliciani, ed anche io, ma in tanti li abbiamo scritti mentre facevamo nostre le opere di Stirner. Anche io ho fatto la tesi su Stirner, su l'Unico. Ogni individuo è responsabile dei suoi gesti e ciò appare rivoluzionario soprattutto oggi in un momento in cui tutto è massificato e conforme alle mode del momento. Il libero pensiero non si lascia incasellare in un partito, ma vuole andare oltre, e per fare ciò non deve distruggere ma superare la dimensione dell'Inautentico. Più che di ribellione quindi c'è invece la consapevolezza di dover vivere fuori dalle banalità, contro ogni forma di condizionamento. Consiglio moltissimo di leggere questi studi di Feliciani, sempre attuali, proprio ora che si tenta di annullare ogni pensiero critico. 

Ippolita Luzzo  

Bibliosofica Editrice è sorta nel 1999 per lanciare l'opera del suo fondatore, Giovanni Feliciani: "Bìblius. Libro dei libri", una vera e propria Enciclopedia del Libro, nata con l'intento di promuovere e diffondere l'amore per i libri e la lettura, base educativa di ogni sapere e conoscenza. "È l’amore per la propria attività che muove il mondo."

La Casa Editrice Bibliosofica è sorta nel 1999 per lanciare l’opera del suo fondatore, Giovanni Feliciani: Bìblius. Libro dei libri, una vera e propria Enciclopedia del Libro, nata con l’intento di promuovere e diffondere l’amore per i libri e la lettura, base educativa di ogni sapere e conoscenza.

Il suo logo rappresenta appunto, in forma simbolica e stilizzata, la figura di una persona, indistintamente uomo o donna, nell’atto di leggere un libro (sulle mani, su un leggio, o su un computer) in posizione seduta.

L’amore per i libri è definito bibliofilia. Con il termine bibliosofia ci si propone invece di coniugare le discipline legate tradizionalmente allo studio dei libri (bibliologia, bibliografia, biblioteconomia), alla filosofia.


La Casa Editrice Bibliosofica conta di occuparsi di testi attinenti a tutto ciò che concerne il Libro in chiave "filosofica". Oltre a libri sui libri intende esplorare e pubblicare argomenti di confine, originali ed innovativi, che attraversino varie discipline, con opere di saggistica filosofica e dintorni, soprattutto di attualità.

Contro i rischi di omologazione e di massificazione dell’odierna civiltà spettacolare, il Libro rimane ancora un segno di distinzione individuale e spirituale.

"Non bisogna aver paura di superare i limiti stabiliti. Il ricercatore del pensiero esplora le frontiere, avventurandosi con coraggio in zone sconosciute, proprio per scoprire nuove fonti di conoscenza. Non viviamo soltanto in un pianeta, ma in un universo il cui territorio è praticamente infinito" (Giovanni Feliciani)

Libertà vuol dire fare un salto di qualità.




Giovanni Feliciani (Siena, 1951, Roma 2017) Laurea in Filosofia e Diploma di ricerca nelle Scienze storico-morali, da sempre ha una grande passione per i libri e la lettura. È stato libraio, bibliotecario, ricercatore. Ha fondato e dirige la Casa Editrice Bibliosofica, a Roma, presso la quale ha pubblicato: Bìblius. Libro dei libri  (1999), una vera e propria Enciclopedia del Libro; Bibliosofia. Scienza del Libro e della Lettura (2011); inoltre ha  curato, insieme ad altri, il volume: La cultura brucia. Anna e la libreria Uscita nella Roma degli anni ’70  (2010). È stato cofondatore della collana di Studi Storici, Filosofici, Umanistici “Tempora”.

venerdì 3 dicembre 2021

Piero Pieri Il dolore dell'Università


Il libro di Piero Pieri, già docente di Letteratura italiana contemporanea per il corso DAMS dell'Università di Bologna è autobiografico ma riguarda esperienze e fatti di una generazione che negli anni settanta vivono intensamente l'esperienza politica di sentirsi al centro di un movimento rivoluzionario di cambiamento.

Vista dal di dentro l'Università pullula e vive di vita propria, sembra un alveare, con i giovani studenti speranzosi di fare una veloce carriera. "Qualcuno è convinto d'essere una pietra preziosa della critica letteraria .. Se guardo attentamente alle euforie dei colleghi, soprattutto quelli che esibiscono riflessioni affilate, alla fine capisco che li sostengono presunzioni modeste, differenze leggere, fierezze opache; per una mai confessata idea di supremazia, edificano imperturbabili alterigie. 

Perché sembrano così peggiori dei libri che studiano?"

Fuori scoppia in Piazza della Loggia una bomba a Brescia, durante un comizio antifascista. Maggio 1974

Fra dentro e fuori, Trascendi e sali, direbbe Alessandro Bergonzoni, la storia d'Italia e la storia di Piero, le storie personali intrecciati con gli autori studiati, le monografie da preparare, con gli spazi abitativi condivisi. 

Piero, come tutti, come tanti, abita con altri due studenti. Sono pittori, fanno collettive, vanno, di notte, con le bombolette spray a colorare i muri puliti vicino la ferrovia. Sono entusiasti. Allora tutti si sentivano padroni del mondo. 

"Bologna é un gigantesco affresco di archi e colonne, in continuo susseguirsi e intersecarsi" Bologna vive al Punto G di Piazza Verdi. 

Bellissimo il confidarsi fra Elsa e Maria Assunta a pagina 66, e poi tutto il miscuglio del personale è politico, tutto il mescolare sesso e politica, libertà e amore, senso di frustrazione e senso di potenza, in una confusione di ruoli tipici di quegli anni che io ho vissuto solo sulle pagine dei giornali. 

E siamo  al '75, ai morti di Reggio Emilia, alle Canzoni di Ivan Della Mea, ed intanto in università si studia Leopardi, i Crepuscolari, Ungaretti, Montale. 

Il libro ripercorre passo passo fino al 1978 la nostra storia, con il sacrificio di Aldo Moro, vittima di una ideologia violenta. 

Cantava Gaber " L'ideologia, l'ideologia/ Malgrado tutto credo ancora che ci sia/ È la passione, l'ossessione della tua diversità/ Che al momento dove è andata non si sa"

Leggere Piero è importante perché ripassiamo e ritorniamo su errori da tempo rimossi, Il dolore dell'Università rimane a testimoniare le vite degli altri, di chi non ce l'ha fatta ad uscire indenne dai fuochi incrociati di quegli anni, di chi ha perso la vita, l'amore, il lavoro, di chi si é poi drogato, scomparso per sempre. 

A testimoniare quanto gli studi siano una zattera in ogni tempo, Il dolore dell'università oltrepassa il tempo e dona la sensazione di resistere all'individuo che scrive.

Con gli omaggi del Regno della Litweb grande stima alla casa editrice Bertoni che ha pubblicato il libro di Piero Pieri 

Ippolita Luzzo 



Piero Pieri ha insegnato Letteratura italiana contemporanea al D.A.M.S. di Bologna. Ha scritto su Palazzeschi, sull’identità ebraica italiana ed  europea, su Carlo Michelstaedter, su Mario Morasso,  su Casanova, sull’estetica classicista fra ’700 e ’900, sul problema dell’intertestualità letteraria, sull’Avanguardia.

Con lo studio Memoria e Giustizia. Le cinque storie ferraresi di Bassani, (Ets, 2008) ha vinto il premio “Renato Serra” per la critica letteraria.

 

Come romanziere ha pubblicato fra gli altri  La notte di Stalin. Quando il comunismo finì di morire anche sessualmente (Stampa Alternativa, Roma, 2000); Furio (Allori, Ravenna, 2004); Vaporidis in carcere (Fernandel, Ravenna, 2008). Marsilio 2014 Un amore crudele 

Ha vinto nel 2015 il Premio Corrado Alvaro per la narrativa 

venerdì 26 novembre 2021

Scrivere lettere a chi

Perché ti scrivo:-Perché ricostruisco attraverso te, un uomo che risponde, una me stessa  che non credevo potesse mai parlare. Non è la stessa cosa se andassi dallo psicologo. Non è la stessa cosa. Qui testo la mia capacità ad interessarti, ad essere un individuo normale che scrive ad un uomo normale.

21 agosto 2011

Perché andiamo verso un altro

Perché scegliamo una persona invece di un’altra

Perché te  invece di un altro dei tanti scrittori sulla Recherche 

Sicuramente scegliamo per curiosità, per coincidenze, per conoscenze  che sembrano comuni.

Scartiamo le persone che sembrano banali, che non ci rimandano ad un comune retroterra di passioni, di vissuto, li scartiamo ed inevitabilmente la selezione diventa ,con gli anni sempre più implacabile. Chiusi per sempre a ciò che per noi è futile, amplifichiamo la portata delle nostre suggestioni, vivendo in modo favolistico e superlativo gli incontri che reputiamo consoni al nostro sentire. Va bene così, se la tolleranza verso chi non ci appartiene non viene meno, se il rispetto verso il volgo indistinto che nome non ha(Manzoni?)rimane un caposaldo del nostro interagire. Lo dico principalmente a me che mi ritrovo spesso a sbuffare, ad allontanarmi ,a rispondere sarcastica ad idiozie, sentendomi poi più sciocca  delle stesse persone che poco prima avrei volentieri  zittito. Adesso sono così, antipatica ,persino a me stessa, avrò anch’io un delirio di onnipotenza? Riconoscerò in tempo i sintomi ,prima di ritornare anch’io a rinchiudermi annoiata nel libro della supponenza?

------Perché l’amore, perché sentiamo attrazione ,interesse  verso un altro, perché non possiamo fare a meno  di un sentire condiviso. Sicuramente è una pulsione interessata, molto interessata, e sempre secondo me,dell’altro non ce ne frega proprio niente. Anche quando ci distruggiamo per lui, quando pensiamo che la nostra vita sarà finita senza lui o senza lei, anche allora, dell’altro non ce ne può fregar di meno. Perché siamo  sempre concentrati su di noi, su quello che ci fanno, su quello che facciamo, su quello che vogliamo, su quello che ci danno o non ci danno.  Mi ami o no? Ma stiamo recitando? Cinquantenni, sessantenni, ma sì anche settantenni che ci vergogniamo, ci puniamo, ci domandiamo se lui ci ama: Ma siamo ammattite?

Quel che conta in ogni nostro vissuto non è banalmente com’è stato ma com’è finito. Una carriera luminosa finita male lascia l’amaro in bocca, un amore ricco ma sciupato nell’infamia sarà uno scorno, una vita piena troppo piena  può provocare indigestione (io non sapevo, ora lo so) invece il digiuno ci fortifica, ci rende dignitosi, ecco perché i grandi saggi dell’oriente digiunavano, digiunavano proprio come me e sapevano poi uscire in tempo utile da ogni  esperienza per portare con sé per tutta la vita la splendida sensazione della bellezza del momento vissuto.


La vita che vorremmo   22 agosto 2011

Nell’estate del 2005 mi innamorai di un racconto di Leonardo Soresi - Premio Chatwin 2004-“Il ragazzo che non  voleva viaggiare” .Era sull’ inserto della Repubblica Viaggi. Lo lessi a tutte le persone che venivano a trovarmi, lo lessi tanto che alla fine lo sapevo a memoria. L’ho conservato e ti scrivo ancora su quel giornale. Era la storia di un ragazzo in un deserto con l’otre che gocciola e lui rimane senza riserve. Sono i pensieri, i suoi, di qualcuno che morirà perché rimane senz’acqua. Sono pensieri molto belli ed io li feci miei. Io quell’estate bevevo, per infusione, nel port, la pozione della maga Circe, così chiamavo la chemio pesante, due volte al mese, il folsfox, e due volte al mese mi trasformavo, poi mi riprendevo. Ma quello fu un periodo fertile, perché la forza impiegata per non soccombere mi ha aiutato ad affrontare il peggio dei giorni successivi. Dopo nulla fu più come prima. Te lo racconto solo per non sembrarti un’oca giuliva che dice "che bello! Che bello!". Lo penso davvero. Poi la medicina dissennata ha continuato a sbagliare e nell’altrove io ci sono stata veramente. Ma questo non ti interessa. Ora apprezzo ogni minuto, ogni giorno e sono felice di essere ancora qui a gioire di una vita che prima non avevo neppure intravisto. Credo che la mia vita sia iniziata nel 2005.E così ho sei anni!!

A me non interessa quanti anni hai, l’avevo supposto  dopo un po’  ,dai tuoi racconti, dal tuo passato, che tu fossi di un’epoca leggermente antecedente ed infatti ti ho  scritto “Il fratello della mia amica” che avrà un cinque o sei anni in più di me. Quindi lo sapevo ma ho aspettato che lo dicessi tu perché  tu trovassi in te la sicurezza di accettarti per come sei. Solo se ti accetti non avrai bisogno di veli, di bugie, di schermi, di nascondigli. Solo se non hai paura di vedere te stesso diverso  di quello di qualche anno fa potrai essere felice  di quello che sei, di quello che hai. Sarai un uomo molto problematico, un uomo che non ti piace, me lo hai detto tu tempo fa, sarai stato  molto amato e lo sei ancora ma questo invece di darti gioia ti soffoca, come se tu lo subissi. Mi dispiace, te l’ho detto, il digiuno non può capire il sazio, ma nessuno può aiutarci a lenire i nostri dubbi, le nostre insoddisfazioni.

Io, te l’ho detto tante volte, sono in un altro momento e mi auguro di essere stata propositiva, nonostante sia una rompiscatole. I miei cari ti compiangerebbero. Per loro sarebbe inconcepibile dedicarmi il tempo che mi hai dedicato tu- Io sono per loro il nullaeniente. Eppure non mi hanno distrutto, anzi ,lo vedi? Si può dare e fare di più.

Anche tu ce la farai a scrollarti questo taedium vitae che non ti appartiene. Ti auguro di cuore che tu riesca ad essere felice  dei tuoi affetti  e auguro ad entrambi una leale e proficua collaborazione.

Io non potrei mai fingere di dirti che sei bravo se tu non lo fossi. non sarei stata capace di scrivere tutto quel mare di parole che amo immensamente e che ho raccolto così come  ho raccolto e conservato le tue, insieme, e te l’ho già detto, ne verrebbe una storia pregevolissima, ma sappi che non ho scritto per questo. E’ venuta fuori da sé ,nell’estate del virtuale, spontaneamente, ma se tu non sei d’accordo strappo tutto.

Ti auguro di cuore che il successo ti giunga, ti auguro che tu riesca a realizzare i tuoi sogni.

Io, i miei, li realizzo giorno per giorno grazie ad un amuleto favoloso che ho trovato per caso pigiando i tasti di un computer!


Ippolita Luzzo 





 

mercoledì 24 novembre 2021

Filippo Polenchi Figlio Fortunato


Giona torna al suo paese d'origine dopo aver frequentato il Centro sperimentale di Roma per fare il regista. Torna ad Anapola, una provincia italiana come tante, torna per poco e viene incaricato da Ettore Lavatori di riprendere la festa di compleanno del figlio Elio, che compirà undici anni. 

Giona ha abbandonato forse il suo sogno di fare il regista, così confessa a Silvia, la madre di Elio, ora può dirle di aver fatto alcuni cortometraggi, tre in tutto, e di essere tornato, prima per poco tempo e poi non era più ripartito. Silvia e Giona si confessano la difficoltà di vivere in quel luogo, un luogo dove dopo un po' di tempo che ci vivi ti viene il sospetto che sia un sogno ricorrente. 

Nel confessare di entrambi ci sono i ritorni che sanno di sconfitta, l'adattamento ad un tran tran, lo scomparire come individuo e lo sfarinamento dei sogni.

Silvia ha sposato Ettore Lavatori, il marchio dell'azienda che dava da vivere a moltissimi in quella città. Il libro inizia e si srotola così, su un figlio fortunato, Elio, che proprio il giorno del compleanno viene investito e ucciso da un furgone frigorifero sulla statale 68. 

Chi lo investe è un altro sconfitto, un uomo forse vittima di una depressione, si voleva uccidere, e nel suo progetto ha per sfortuna incrociato il corpo di Elio.

Così la narrazione assume un aspetto corale, con protagonista Anapola con le sue notti di consistenza fisica, percussiva. 

Sembra un noir, un libro di introspezione psicologica sulla disfatta, su sguardi vuoti perché vinti. 

Mi ha ricordato infatti il ciclo dei vinti di Verga, mi ha ricordato un realismo buio, malato quasi. Il titolo contraddice la trama, la vita si fa beffa di tutti, dappertutto, non solo ad Anapola, se manca la dignità con cui affrontare ogni sciagura, ogni disfatta.

Filippo Polenchi è bravissimo a creare un racconto sceneggiato quasi, infatti noi nel leggere ne vediamo alcune sequenze de Il capitale umano, un film di alcuni anni fa.

Così è la provincia? Non lo so, la percezione non è mai la stessa a seconda del tempo e dell'età, delle situazioni e dello stato di salute, delle gratificazioni e delle umiliazioni. 

Leggere Filippo Polenchi però ci sprona ad abbandonare il vuoto, a ricreare una possibilità, a navigare con la zattera della letteratura verso i lidi sconosciuti citati da Laborit nell'Elogio della fuga. 

Il suo primo libro appare nella curata collana Bookclub di 66TH A2ND dove si trovano anche Fillioley e Di Fiore, una collana curatissima. Tutti bravissimi, ho nominato loro due perché ho avuto modo di leggerli.

Un augurio dal Regno della Litweb con l'augurio di illuminare le province italiane

Ippolita Luzzo 


lunedì 22 novembre 2021

Apuleio

 Prefazione-23 luglio 2011-07-23

IL libro l’amore al tempo del cellulare- la favola di Apuleio Amore e Psiche-  uno speculare dell’altra.

Che estate bellissima! Io pensavo di essere nel 2011 ed invece ero ancora nella classicità- nel primo secolo dopo Cristo- sono una contemporanea di Apuleio- sono nella favola di Amore e Psiche- sono al tempo del cellulare- sono al tempo dei rapporti virtuali. Non ci conosciamo e niente facciamo. Beh! Apuleio qualcosa faceva pur fare! La notte, però! Amore arrivava, ma non doveva essere visto, e intanto Psiche doveva restare tutto il giorno da sola, in un palazzo magnificente servita e riverita da voci invisibili. Mi sa che Psiche non era proprio messa bene nemmeno lei, come tutte noi d’altronde! Quando prese dalla malia stiamo a ciondolare in attesa della voce dell’amato e non vediamo nulla intorno a noi. Ma poi arriva il dio Amore e che felicità! Questo nella Metamorfosi di Apuleio. 

Al tempo del cellulare e del virtuale, tutto deve restare solo una voce, dolce, carezzevole, affettuosa ma solo una voce. Ci sarà un essere umano dall’altra parte? Mah! Quando Psiche, spinta dalle sorelle, che erano riuscite a trovarla, va a vedere chi ha al fianco, lui scompare. La lascia sola, in attesa di un bimbo, nella disperazione più totale. Lei si aggrappa a lui e lui continua a volare finché lei esausta sfinita cade in un prato. 

Non è mai cambiato nulla, sembra solo realtà! 

Questi rischi non si corrono al tempo del cellulare. I protagonisti non si conoscono, non si conoscerebbero mai, se la donna non insistesse tanto, perché è la donna che insiste, che vuole. Gli uomini, ormai, vogliono solo testare la loro bravura, vogliono solo vedere se sono capaci di sedurre, di indurre la donna a chiedere. Perché l’uomo non deve chiedere mai! Deve negarsi. E’ il primo comandamento dell’ars seduttiva. Ma quando la donna chiede lui si è già annoiato e sparisce. L’ha trasfigurata, l’ha resa angelicata, e lei non ha retto alla trasformazione divina ma terrenamente gli ha chiesto altro: attenzioni, presenza, una carezza e una soddisfazione del desiderio. Troppo normale per l’uomo. Troppo banale per l’uomo di tutti i tempi dal dolce stil novo ai decadentisti dall’uomo di potere agli omettini che incontriamo per la strada. La donna è sempre il pericolo numero uno, anche al tempo del cellulare. Esigente, un po’ zoccola, ma cosa vuole? Psiche comincia a cercare lo sposo sparito e lui è già andato dalla mamma per farsi curare la bruciatura alla spalla causatagli da una goccia di olio bollente caduta dalla lucerna in mano a lei. Poverino! Dalla mamma, pure lui! Mamma che odia la nuora. Pure lei! Sempre le donne una contro l’altra, mai a fianco. Anche ora. Ci scrutiamo, ci spiamo l’un l’altra, ed invidiamo nell’altra quel che pensiamo lei abbia e noi non più, critichiamo, soppesiamo vizi e virtù, senza pudore, senza disciplina. Non è un bel vedere nemmeno fra donne. Anche Psiche non trova aiuto. Le dee non vogliono inimicarsi Venere. Hanno paura. Hanno paura anche le donne e diventano cattive, acide, invidiose, pettegole. Non è proprio un bel sentire! Se lo fanno anche le dee! Non c’è speranza di rapporti leggeri –leggeri. Ah Calvino col tuo elogio alla leggerezza! Com’è pesante quaggiù! Anche al tempo del cellulare! Anche fra brave persone! Ma quale amore, ma cosa amore, ma dove amore, se l’amore non conosce me… Eccomi… Così cantava Mina qualche tempo fa. Cara Mina tu ce l’hai cantata e non abbiamo capito, meno male che ci sono gli scrittori che cela raccontano tutta, vero, Reds? L’incomunicabilità? Ma no! L’impossibilità di poter usufruire in maniera agevole e senza sovrastrutture uno dell’altro. Uno scambio d’uso. Dignitoso uno dell’alterità dell’altro. Altrimenti che squallore! Che miseria! Psiche riesce a ricongiungersi col suo amato nell’Olimpo, diventerà una dea, darà alla luce Voluttà- il piacere- Da Amore e Psiche- ovviamente- ma prima dovrà superare molte prove .Dovrà subire i maltrattamenti di Venere, le percosse, le ingiurie, le fatiche. Zitta, dovrà svolgere qualsiasi umiliante compito. Riuscirà perché verrà aiutata dalle creature più piccole, le formiche faranno la cernita per lei del frumento dell’orzo del miglio, dei semi di papavero, delle lenticchie, delle fave. Ma a noi chi aiuterà a selezionare? Lei riuscirà perché anche una canna flessibile le consiglierà come prendere il vello d’oro delle pecore. Dovrà aspettare la sera, solo al tramonto avrebbe potuto raccogliere il vello che era rimasto impigliato tra i rami e che di giorno era difeso da pecore ferocissime. Facile! Basta aspettare. L’ultima impresa sarà la più difficile, dovrà andare da Proserpina e chiedere di mettere nella scatola un briciolo di bellezza per portarla a Venere. Psiche riesce ad andare negli inferi, a tornare tra i vivi con la scatola in mano. Ma la vanità è donna e lei non può resistere... un po’ di bellezza… poco… pure per lei. Apre la scatola e il grande sonno l’avvolge, l’avviluppa. Il grande sonno che prende tutte noi per un briciolo di –Come sei bella!-il grande sonno della seduzione.

Reds mi invita a pensarla vivificante questa seduzione fatta di chiacchiere, fatta di niente, fatta di trasfigurazioni. Io non riesco a vederla così. Non riesco a capire come i rapporti umani si siano involuti in una separazione senza fine, in un virtuale senza sguardi, senza carezze. Non riesco a capire l’umiliazione di corpi lasciati senza calore, senza scambi di fremiti. Non riuscirò a capire questa castrazione generale e dall’altra parte questa impudicizia, questo mostrare i corpi al migliore offerente come merce di scambio. Una tristezza senza fine. Servono i libri, servono questi scritti per farci riflettere su quanto siamo sciocchi, sul vanesio e sulla vanità del tutto. Ah! vanità delle vanità! Tutto è vanità. Lo diceva anche Qoelet.

Ma in fondo hai ragione tu, Reds, quante riflessioni, quanti studi, quante emozioni nell’estate del virtuale!

Solo che poi le ragioni devono uscire, non restare nell’etere anestetizzante e camminare decisi nel mondo reale altrimenti è la paura che vince il match! Una paura atavica. La paura di essere scoperti nella nostra fragilità, nelle nostre debolezze, nella nostra inconsistenza da un altro altrettanto fragile e altrettanto insicuro.

Parole non sono altro che parole

Fidati di me –io mi fido di te-fidiamoci tutti- La fiducia impegna (da Gianna Manzini)

Non di solo pane vive l’uomo-non di solo parole! Ma di sguardi, di odori, di sapori, di carezze.

Abbiamo cinque sensi, non dimentichiamolo-non siamo soggetti virtuali.

 Abitiamo il nostro corpo, dove abita la nostra mente. Un unicum, appunto.

Ps   alice(internet)non abita più qui               

                                                                                                        IPPOLITA





Prefazione come tutte le altre

Una prefazione senza aver letto il libro nella versione definitiva, una lettura e rilettura attraverso i siti: rosso venexiano –ali di carta -la recherche e  cliteum. Una lettura sempre diversa ma sempre curiosa di conoscere  le vicende ma soprattutto i moti  ondeggianti dei protagonisti. Tratteggiati con umanità complice, loro sono diventati subito i miei amici, i miei innamorati, il mio altro. Succede così quando un personaggio è vivo, esce fuori dalla carta e passeggia insieme a noi- Poirot -  Sherlock  Holmes- sembrano  sempre  sulla scena del delitto, così come Paolo è sempre lì a digitare messaggi. Quasi quasi mi presento. Ho esagerato un po’ con lui, ma il tratteggio azzeccato me lo ha reso familiare, così come ho subito difeso la signora Laura e protetto Valentina, le ho dato addirittura dei consigli. Sono bravi ragazzi, sono senza malvagità,sono inconsapevoli ,sono regrediti ,come dice Reds, allo stato puro dell’infanzia, alle pulsioni elementari e ignare di una sessualità corporea. Siamo nel nirvana senza corpi, come i bimbi, ccoccolati nel seno materno, caldo, nutriente, dolce. Niente di più. IL racconto si legge d’un fiato. Scivola veloce,-ma guarda, è proprio così-, ci troviamo a ripetere,-è proprio così-. Questo è lo scritto che arriva, universalizza il momento e tutti possiamo dire- E’ proprio così-Tutti ormai digitiamo, guidiamo con l’auricolare incollato, alcuni, io, con il cellulare in mano, e questo non si fa, i ragazzi lo tengono acceso anche la notte sotto il cuscino. Lo accendiamo, lo consultiamo, sussultiamo, lo perdiamo e ci sentiamo persi. Anche io che per anni mi sono rifiutata di farmi schiavizzare dall’oggetto ora non potrei più vivere senza di lui. Essenziale, imprescindibile, incredibile in così pochi anni una mutazione vertiginosa, un gorgo, appunto, ha scardinato comportamenti, ne ha imposto altri, e ha mutato in modo irreversibile generazioni di età diversissime in una omologazione adolescenziale. Chi potrebbe più tornare indietro a rapporti seri se ora siamo al tempo del cellulare dell’amore gridato nel telefonino ad amici parenti conoscenti figli. Siamo tutti –amore- siamo tutti nella stessa melassa zuccherina, siamo tutti impegnati a dire TVB. I messaggi si rarefanno, puntini sospensivi prima, dopo, alludenti, in eludenti, perché sono espressione di un ‘anima punteggiata, di un’anima allo stato gassoso che lietamente si libra nell’etere. L’Etereo. Il platonico. Lo spirituale. I puntini sospensivi. Che bello! Dovremmo essere riusciti a vivere nel migliore dei mondi possibili, vero Candide? E’ questo il migliore? Un clic. MAH ! Posso dissentire? Come l’uso e l’abuso possono distorcere,  siamo ora ad una patologia,ad una malattia,che droga l’immaginario,che crea un altrove, che trasfigura, che innalza la soglia delle aspettative rendendo la realtà scialba ,deludente,una realtà che non regge il confronto. Così Paolo dopo un anno di messaggi, di telefonate,di cazzate,scusate,consuma un atto naturale,  da morto,per non sciupare in vita  il sogno futile e sciocco  di essere nel libro di Goethe.Non sono queste le affinità elettive! Non è questo l’ amore platonico. Questo è  solo l’amore al tempo del cellulare!!


Con Jane Austen

 


Otto Marzo con Jane Austen dal 2011

Il 16 dicembre 2010 Google il motore di ricerca più diffusa nel mondo dedica il doodle  presente nella homepage a Jane Austen per celebrare il 235° anniversario della nascita. Nel 1995 il film inglese “Ragione e Sentimento” tratto dall’omonimo romanzo ottiene sette nomination all’Oscar e una statuetta per la sceneggiatura alla Thompson che era candidata anche come attrice.  

Nel 2007 il film “Becoming Jane”, tratto in parte da Orgoglio e Pregiudizio, racconta la vita romanzata della scrittrice. Ancora nel 2007 il film “Il club di Jane Austen”,  club letterario creato da cinque donne per consolare Sylvia, abbandonata dopo vent’anni di matrimonio. Decidono di leggere i libri della Austen e di discuterne la trama ogni mese per cinque mesi. Che meraviglia, che dialoghi, altre che “Uomini e Donne” su Canale 5! 

Otto marzo quindi, lei Jane sapeva già tutto, i ritratti delle donne, che la Austen fa, sono formidabilmente attuali. Donne che parlano, consigliano, indirizzano, descrivono, si parlano addosso. A volte si alleano, più spesso si combattono. Gli uomini sembrano comprimari.

La Austen descrive la vita in maniera calma, così come la trova, arrogante nella sua banalità. Veniva naturale a Jane Austen descrivere le persone attraverso i loro difetti,  senza amarezza, lei satireggia sulla assurdità della vita senza desiderare che le cose possano essere diverse da come sono. Era solo una tranquilla signora nubile con a disposizione carta e inchiostro e con questi strumenti ebbe l’ingegno di darci il senso della significatività della vita, al di là di ogni personale simpatia e antipatia, della bellezza e della continuità al di sotto della corrente in superficie.

Jane Austen nasce il 16 dicembre del 1775 nella contea dello Hampshire, la sua è una famiglia molto unita, non ricca ma benestante, tanti figli, Jane è una delle ultime figlie. Nel 1802 un uomo la chiede in sposa, Jane prima accetta ma la mattina seguente rifiuta. Anche lei avrà avuto un amore, un uomo del quale non ha mai potuto parlare, un amore relegato in un angolo nascosto del suo cuore e bandito per sempre.  

A diciannove anni aveva già pronte le bozze di “Ragione e Sentimento” ma solo nel 1811 scrive e pubblica a sue spese anonima, By a Lady, i tre volumi di Sense and Sensibility.

Nel 1813 viene pubblicato Orgoglio e Pregiudizio che raggiunge  una tiratura di mille copie, pagò lei stessa la pubblicazione del primo romanzo e nel 1815 il suo libro venne tradotto in francese. Dopo la pubblicazione dei primi due libri la carriera letteraria di Jane è avviata, ma lei rifiuta la notorietà e la vita di società. Continuerà a pubblicare anonimi i suoi romanzi. Nel 1816 si ammala del morbo di Addison, allora incurabile, e a quarantadue anni muore, la salma riposa nella cattedrale di Winchester. Alla sua morte Cassandra farà sparire tutta o quasi la corrispondenza della sorella, una donna che scrive è pur sempre stravagante e lei lo farà per pudore, per salvaguardare i suoi pensieri più intimi, per proteggerla, ma a noi manca tanto un suo diario segreto che recentemente una scrittrice Syrie James lo ha immaginato e scritto. 

Da allora  i suoi romanzi come fiumi in piena hanno invaso le fantasie dei suoi numerosissimi lettori, le sue donne sono prese ad esempio. Gli uomini da lei valutati per la loro rendita, per la loro posizione, per il loro carattere, un esame dettagliato che li renderà degni dei progetti matrimoniali di splendide fanciulle. Tutte abbiamo letto “Orgoglio e Pregiudizio”

La Elisabeth di Orgoglio e Pregiudizio è la donna intelligente, saggia, è quella che sa portare avanti qualsiasi argomento in modo logico, brilla di luce propria. È la donna femminista e femminile per eccellenza. Nessuna prima di lei, nessuna come lei. Darcy è solo il mezzo per far brillare le sue capacità. Elisabeth è l’unica capace di capire le situazioni e prendere decisioni appropriate, è sempre cosciente di ciò che fa e cerca di agire con razionalità. Non è una ragazza ipocrita e non è interessata al denaro ma sceglierà il suo uomo dopo che comprenderà il carattere positivo e l’onestà. La sua vivacità intellettuale la porta a non sottomettersi alle convenzioni sociali e porta avanti idee proprie

Orgoglio e pregiudizio: Un difetto o una virtù? Gli uomini, penso sono più abituati alla sfida, al predominio, le donne invece cercano di placare gli animi in nome della tolleranza, della  comprensione dei difetti altrui. Non è così? Lei, la Austen, prima di tanti trattati di psicologia ci delinea il difetto di persone orgogliose, con sentimenti implacabili, che sono sempre pronti a pensare male, a detestare il prossimo  perché lo considerano inferiore, Elisabeth riconosce subito il carattere difficile di Darcy e lo fa riflettere, avremmo saputo noi fare altrettanto?

Elinor di Ragione e Sentimento. Emma dell’anonimo romanzo. Fin qui gli esempi positivi.

 Poi ci sono le donne perfide e la Fanny di Ragione e Sentimento è proprio una cognata. Come tante. Troppo simile alle nostre cognate. Ho letto più volte il primo capitolo di Ragione e Sentimento, perché è così reale e vero che sarà capitato anche a voi di sentire o subire un ragionamento così, e agli uomini sarà capitato  nel passato di tornare a casa con una decisione buona e di cambiarla senza accorgersene dopo averne parlato con la moglie! Fanny è la moglie di John, il quale ha tre sorellastre. Il padre in punto di morte gli ha fatto promettere che si sarebbe preso cura delle sorelle e della matrigna donne generose e amorevoli, escluse dalla eredità dello zio scapolo che pure avevano accudito. Ma tant’è! L’eredità era passata direttamente dallo zio a John e al figlioletto di quattro anno di questi. Fanny, moglie di John, non appena terminato il funerale del suocero, arrivò nella casa con figlio e servitù al seguito e senza badare che in quel luogo vi abitavano le sorelle e la matrigna del marito le degradò alla condizioni di ospiti. Lei pensava che nessun legame affettivo potesse esistere tra i figli avuti da un uomo da matrimoni diversi. Qualsiasi proposta John faccia Fanny ha le sue perplessità, addirittura conclude: ”Sono convinta che tua padre non avesse affatto per la mente che dessi a loro del denaro, penso che l’aiuto a cui si riferiva era quello di trovare loro una piccola casetta, mandare omaggi di pesce e cacciagione quando è stagione. E poi che diamine possono volere quattro donne più di questo? Vivranno in modo tanto frugale. La cura della casa richiederà poco o nulla. Non avranno carrozza, cavalli, né servitù, e quasi non avranno ospiti, potrebbero non avere spese di alcun genere, considera solo quanto sia assurda la tua intenzione di dare loro altro denaro. Saranno loro forse a poter dare a te qualcosa.  Tuo padre ha pensato solo a loro, se avesse potuto avrebbe lasciato a loro tutte le fortune del mondo.”

 L’argomento era irresistibile egli si convinse che sarebbe stato inopportuno se non addirittura indecoroso avere per la vedova e le figlie del padre sue sorelle avere più riguardo di quanto suggerito dalla moglie.   

Ah le donne! Rifletto e più rifletto, più penso, che uno specchio  della verità non ci farebbe poi tanto male. Vi vedremmo riflessi avarizia, egoismo, invidia, tutti sentimenti che ci impediscono di essere leggere e ci appesantiscono, tenendoci legate mani e piedi ad un marito che non ci ama più, ad un padre, ad un fratello, perché si sa, un uomo fa sempre comodo e questi sentimenti invece di unirci leggiadre e leggere ci rimandano l’una contro l’altra. Non è rabbia però il sentimento generale che percepisco tra noi è la delusione, deluse da chi credevamo senza macchia, senza paura, deluse da noi stesse, perché non raggiunte le mete che avevamo in mente.  Ecco l’otto marzo, che è anche una bellissima data per me, perché è nato il mio unico figlio, deve essere la nascita della consapevolezza nuova che anche noi a volte sbagliamo, che anche noi a volte dobbiamo chiedere scusa, e lievi senza pesi poter guardarci l’un l’altra.

Forse dovremmo recuperare la ragione di Elizabeth, anche se c’è troppo illuminismo in questa ottimistica fiducia nella ragionevolezza e nel trionfo di questa, oggi che i nostri punti sono incerti, confusi. La ragione non illumina più. Le conquiste fatte dalle donne  hanno permesso a tutte di accedere nelle aule dei Tribunali, nelle sale operatorie, sulle cattedre universitarie. Ma ora una generazione di fanciulle adolescenti, non tutte, per carità con birra in mano e sigaretta in bocca, scimmiottano comportamenti negativi. Evidentemente le conquiste sociali ora devono lasciare il passo alle conquiste individuali. Conquiste che  devono darci la consapevolezza di essere donne senza essere vittime della nostra viltà, da dipendenze amorose, senza accettare il disprezzo di un uomo pure di non perderlo, consapevolezza che stiamo scegliendo noi il nostro giorno perché come diceva qualche tempo fa la pubblicità dell’Oreal “Io Valgo” e voglio rispetto.

Rispetto, verso se stesse, verso i nostri genitori e figli. Non vuol dire accondiscendere, ma tenere una dirittura che implica sacrificio e costanza. La ragione di Elizabeth, di Elinor, la ragione del settecento, ci sia da luce nel nostro fumoso cammino.  

Ippolita Luzzo 


giovedì 18 novembre 2021

Alessandro Cinquegrani Pensa Il Risveglio Terrarossa Edizioni Sperimentali


 Cominciamo dalla fine e ricordiamo un film della Disney dove i cacciatori in un bosco cercano un cervo con le grandi corna. Tutti gli animali nel bosco sono in allarme e si consigliano quasi l'un l'altro di non muoversi, di non cedere allo spavento, di non farsi scorgere. C'è invece chi vola via e viene subito ucciso. 
Alberto, il protagonista del libro, la voce narrante quasi, avrebbe voluto scomparire ma nello stesso tempo sa stare immobile e aspettare che cessi il pericolo nella foresta della vita. 
Chi scompare è Lorenzo, il suo amico, il regista di un film, ed è così che inizia il libro, quasi come era iniziato, ma ora con qualcosa in più che non vi svelerò. 

Sono tante le domande, tanti i temi trattati in questo libro, sull'energia psichica, sul male che è dappertutto, sul tempo che ci modifica, sui personaggi, sulla possibilità di togliere la maschera, sull'ideale che per ognuno di noi è astratto e irraggiungibile. Ho conservato tanti passi e questo voglio riportarlo:" Non è vero che il male è banale, non è vero che il male è solo banale. Il male ha mille facce, penso, ognuna diversa dall'altra" 

Troviamo nel libro il personaggio di Speer, il calcolatore, protagonista del film, e nel continuo compromesso di stare un po' nella luce e un po' nell'ombra, dire molte verità e alcune menzogne può di sicuro impersonare molti e piacere a tanti.

"Questa storia è manipolata, ricordatelo. Non ti fidare di nessuno"

Leggiamo Alessandro Cinquegrani, e continuiamo a seguire le uscite di Terrarossa Edizioni ormai fin dai primi titoli.

Vi rimando alla recensione di Gianluigi Bodi https://www.premiocomisso.it/pensa-il-risveglio-di-alessandro-cinquegrani-come-unincisione-del-piranesi-narrato-con-luso-dellimmaginario-cinematografico/

Alla recensione di Anna Vallerugo https://www.satisfiction.eu/alessandro-cinquegrani-pensa-il-risveglio/

e a queste mie note di lettura, solo pochi appunti su Pensa Il Risveglio, conscia di dover scriverne ancora 

Ippolita Luzzo 


giovedì 11 novembre 2021

Perdere il vizio

Come si può perdere il vizio di fumare così si può perdere il vizio di telefonare, di scrivere, di ridere. Perdere il vizio in fondo è facile, basta non accendere più la sigaretta, basta non ascoltare più la voce del tuo animo, basta  non scrivere più e non riderai nemmeno più 

domenica 7 novembre 2021

L’istinto di narrare a Libriamoci

Scrivevo nel 2019: Incontrerò per Libriamoci a scuola ragazzi di 14 anni e da quando ho ricevuto l’invito sono con la testa con loro, pensando a ciò che si aspettano di sentire mentre sono io curiosissima di sapere da loro come si stanno inventando il loro giorno. Sono nati nel 2005 ed è quasi una mia nascita, lo dico sempre che avrei potuto non esserci più, molti non ci sono più, e a me sono stati regalati questi 14 anni nuovi di zecca. 14 anni di scrittura. 

Ho iniziato a conservare Pezzi proprio in sala operatoria, in ospedale, e poi dopo durante le sedute col folsfox. Da allora ad oggi unica compagnia la scrittura, unica compagnia la lettura. 

Domanderò ai miei coetanei però più giovani, non gravati dalla stasi di anni inutili, cosa leggono per lenire le paure, cosa leggono per distrarsi e divertirsi, cosa leggono per imparare, cosa leggono invece per avere più paura. Chiederò i titoli dei loro libri affinché anche loro poi possano farli a Pezzi, fare piccoli componimenti affettuosi per sentire più loro il libro. 

Siamo nati per narrarci storie, dirò loro, raccontando come ogni sera io quattordicenne raccontavo storie a mia sorella di nove anni per farla addormentare. Lei mi dava un dito della mano e mi faceva sì o no col dito, se la storia era o no di suo gradimento. Mi è rimasto di quegli anni quel sì o no alle mie storie. Chissà cosa le raccontavo! 

Ai ragazzi chiederò se anche loro si raccontano storie e a chi le raccontano, e poi presenterò loro Vinpeel degli orizzonti di Peppe Millanta, Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti, Il gattopardo spiegato a mia figlia di Maria Antonietta Ferraloro. 

Vedremo se l’istinto di narrare è ancora vivo fra i ragazzi nel 2019.

Ippolita Luzzo 

domenica 24 ottobre 2021

Giuseppe

 Giuseppe                                                                   16 Marzo 2012

Giuseppe, il marito di mia cugina,  era alto, bello, intelligente.

A soli trentatré anni era professore universitario di diritto privato, all’università di Bologna.

Era il pupillo di Prodi, era un uomo delizioso.

Pugliese e nello stesso tempo cittadino del mondo, colto, senza far pesare la sue conoscenze,

affabile ed aperto a qualsiasi suggestione, a qualsiasi problematica.

Passionale, irruento, mia cugina spesso frenava, con la sua arguzia e moderazione, gli slanci imperiosi di lui contro i soprusi, le inciviltà, la maleducazione.

Parlare con lui mi piaceva molto e ricordo ancora l’ultima volta, eravamo seduti, io e lui, nel soggiorno di casa sua, in piazza San Vitale, e lui mi disse:- Ippolita, mi hanno letto la mano e mi hanno detto che morirò. Ora.- 

E poi mi aggiunse, sorridendo,- però  io ho comprato una macchina con l’airbag.- 

Io non ricordo cosa risposi, ma  credo nei presagi, credo nelle straordinarie coincidenze, nella fatalità ed in disegni più o meno leggibili se solo volessimo.

Ma non vogliamo e non tutti possiamo.

Giuseppe morì dopo pochi mesi da quella conversazione, con un incidente stradale causato da solo, mentre con la sua automobile prendeva una curva ad alta velocità.

L’auto si capovolse, l’airbag si aprì, lui restò illeso ma non vivo.

Mia cugina trovò il suo testamento, trovò le sue ultime volontà su come voleva essere seppellito nella nuda terra e lei fece tutto quello che lui  aveva scritto.

Mia cugina aprì poi una splendida lettera d’amore che lui le lasciava  testimoniandole un amore che veramente, in vita  aveva avuto per lei, tanto da seguirla a Marsiglia, quando ancora appena laureati, lei faceva la chemioterapia per un tumore al seno .

Lui non la lasciò un attimo ed in Francia, allora in Italia non esistevano queste cure, diede lezioni private a studenti per mantenersi  da vivere e per seguire un amore importante.

Mia cugina guarì dal tumore allora ma non guarì per molto tempo dalla stravolgente notizia che lui non ci fosse più.

Ma lui, nella sua lettera, la pregava di risposarsi e lei dopo anni e anni  incontrò un uomo che si chiama Giuseppe, che  è pugliese, più piccolo di lei di sette anni, e si è risposata ed ha un figlio e la vita va con un marito attento.

Non è il Giuseppe meraviglioso che è andato via per sempre ad una curva, con in macchina  i dolcini per una sua zia  ricoverata in ospedale…

Un uomo che noi tutti abbiamo amato, stimato, e che continua a parlarmi sorridendo di diritto privato, civile, pubblico, continua a parlarmi di affetti veri, di Bari, di orecchiette, di dolci e nuotate, di Erode, ricordi?  Continua a parlarmi  per riconciliarmi con tutti i Giuseppe  che sono quaggiù.

Ippolita Luzzo

Stasera con Mirella e la cascia che ci portiamo dietro 

I miei migliori auguri a tutti i Giuseppe per il loro onomastico , in anticipo, ma oggi la sento così….


lunedì 11 ottobre 2021

Ti ho lasciato

Quando una pianta non riceve più acqua si secca. Lo stesso succede a tutti noi quando ad ogni nostro gesto di generosità viene opposto uno sberleffo, una smorfia di riprovazione. Togliere l'acqua in fondo è facile, chi lo fa nemmeno in colpa si sente, l'altro non muore subito, lentamente si spegne e tutto finisce nel silenzio. 

Stamattina dopo tanto tempo ho deciso di ritornare sui tasti per ricordare a tutte le belle persone che mi hanno tolto l'acqua che non esiste solo una fonte, ma molteplici sono le sorgenti a cui abbeverarsi. 

Acqua copiosa scende stamani dal cielo e poi sorge il sole ad illuminare la pianura di Lamezia Terme, acqua copiosa giunge dal web, dai social. ad invitarmi a tornare sui tasti, dopo tanto tempo, dopo aver lasciato il blog, essermi lasciata seccare inutilmente. 

Ritornare al Regno della Litweb, Ritornare all'Utopia, ritornare a scrivere si può, malgrado coloro che tolgono l'acqua continuino con malcelata ostilità a bloccare le fonti. 

domenica 26 settembre 2021

Francesco Forlani L'estate corsa

 




I principi di Scienza Nuova di Gianbattista Vico: "Che sono gli tre lavori che 
deve fare la poesia grande, cioè di ritruovare favole sublimi confacenti all’intendimento popolaresco, e che perturbi all’eccesso, per conseguir il fine, ch’ella si ha proposto, d’insegnar il volgo a virtuosamente operare, com’essi l’insegnarono a se medesimi; lo che or ora si mostrerà" La fantasia a creare storie per insegnare a se medesimi ci ricorda Francesco Forlani nella Estate Corsa, in uscita il 7 ottobre nelle librerie italiane. 

Frank, il protagonista legge  un’inserzione su Libération, un giornale che nel 1973 annuncia la sua nascita reclamando la restituzione della parola al popolo:Cercasi scrittore in residenza. Vitto, alloggio, rimborso spese, gettone. Durata un anno. Disponibilità a trasferirsi. Seguivano indirizzo mail a cui inviare la candidatura e le referenze richieste"

"Frank non abita lontano dalla redazione di Libé. C’è un autobus diretto dalla rue Monge e se si dà una mossa – per Frank darsi una mossa equivale a una decisione tanto grave quanto imprescindibile – in una ventina di minuti dovrebbe arrivarci. C’è stato due volte in quella redazione; una per discutere con Jean-Baptiste del corso e l’altra in occasione dell’uscita del suo libro che aveva voluto recapitargli di persona. Per accedere ai piani alti bisogna percorrere una rampa a spirale, come quelle dei parcheggi.

Più che un giornale è un’officina delle idee e per quanto lo stampino a Saint Denis e al posto delle macchine da scrivere ci siano comodi computer, si sente l’odore d’inchiostro, lo stesso che ti lascia le dita sporche di grasso come quelle dei meccanici. Lo accompagna una strana euforia mentre raccoglie curriculum, riviste, una rassegna stampa e un paio di copie salvate dal macero e dagli editori" 

Con il protagonista entriamo nelle stanze del giornale e incontriamo i due redattori alla cultura e uno di loro raccomanda a Frank di guardare ai fatti con la giusta distanza. "Certo, quel mix di appartenenza e di estraneità che dà allo sguardo la possibilità di vedere oltre, e soprattutto meglio, il bene che vive in un luogo per fare in modo che chi vi abiti non abbia più dubbi sul proprio stare al mondo. Perché proprio quello è il migliore dei mondi possibili indipendentemente dal fatto che quelle radici non si siano scelte, ma soprattutto da quanto sia magnifica o terribile quella che i più, con una certa enfasi, dicono essere: terra mia” aveva concluso Marongiu."

Frank accetta l'offerta e dovrà andare in Corsica, "Corsica, anello tra le due nazioni. Così la definisce Nicolò Tommaseo" e troviamo Frank in biblioteca a spulciare documenti, dopo aver lasciato Parigi, dopo aver incontrato il vicesindaco di Piana, dopo aver conosciuto la storia che gli è stata affidata. Dovrà trovare l'identità di un morto che era stato inventato trent'anni prima dal sindaco del paese per fermare gli incidenti stradali su un tornante pericoloso. "Il suo giubbotto di salvataggio ancora una volta era tutto in quella frase di Tacito appresa da ragazzo sui banchi dell’università: Fingunt simul creduntque (‘Credevano in ciò che avevano appena immaginato’) Se lo immagino esisto, avevo scritto io una volta in un pezzo, e mi ritrovo a copiarvi stralci e stralci dell'Estate corsa per farvi entrare insieme a me nella storia che Francesco Forlani ci racconta per raccontarci altro, per darci la bellezza dell'indagine, la goduria della lettura, lo sguardo doppio sugli avvenimenti "Ci sono due modi di vedere le cose e le persone. Si possono contemplare, ammirare, riconoscendone un valore superiore, quasi una possibilità di riscatto interiore in una tale esperienza di bellezza o di sublime manifestazione di una presenza tanto inattesa quanto catartica. Ci si sente migliori quando la bellezza diventa un viatico imprescindibile come le parole di un amico prima d’intraprendere un viaggio; lo sguardo allora si lascia fagocitare e allo stesso tempo nutrire e l’estasi è indotta a un’immobilità quasi feroce dei muscoli se non si avvertisse dentro un movimento frenetico dato dal battito accelerato del cuore, il freddo alle ginocchia, le vertigini. Diverso è lo sguardo del predatore perché anticipa un movimento, una sequenza ripetuta mentalmente, un piano d’azione che non lascia adito al fallimento, non ammette sconfitta. In realtà esiste un altro modo di guardare ma si tratta piuttosto di un non vedere, come effettivamente accade alle due donne sedute sulla panchina, molto prese nella conversazione."

Vi affido in lettura un libro godibile e scintillante di trovate, un libro nel quale ritroverete l'estro e il gioco di Francesco Forlani nell'immaginare, nel momento creativo del farsi. Andremo tutti con Frank in Corsica, basterà aspettare il 7 Ottobre in libreria, per Felici Editore

Ippolita Luzzo 







Francesco Forlani è stato direttore artistico del magazine Paso Doble e, a tutt’oggi, della rinata rivista Sud. È redattore di Nazione Indiana e collabora con la rivista parigina L’Atelier du Roman. Ha partecipato alla redazione dei Racconti in bottiglia per Rizzoli-Corriere della Sera. Tra le sue opere pubblicate, in italiano e in francese, Métromorphoses (Le Manuscrit), Autoreverse (L’Ancora del Mediterraneo), Turning doors. La veranda di Montale (Quintadicopertina), Il peso del ciao (L’Arcolaio), Parigi, senza passare dal via (Laterza), Peli (Fefè), Manifesto del comunista dandy e Penultimi (entrambi editi da Miraggi). A Parigi insegna italiano nelle scuole della periferia parigina, esperienza da cui è nato il suo ultimo romanzo scritto in francese, Par-delà la forêt (éditions Léo Scheer).

giovedì 23 settembre 2021

Fouad Laroui Lo Strano caso dei pantaloni di Dassoukine

 


Leggere è una goduria quando si incontrano racconti così piacevoli come questi di Laroui. Splendidamente tradotti da Cristina Vezzaro che ha mantenuto il tono surrealista dell'autore, i racconti ci fanno sorridere con intelligenza e uno dei racconti " Il quarto d'ora dei filosofi" ci riporta alla scuola, ad un incontro fra un alunno, ormai adulto, e una sua insegnante di filosofia, incontrata per caso, ora insieme nella stessa aula dove avvenne il fattaccio. 

Le domande che la filosofia pone e come ognuno di noi le fa sue ritornano nei nostri ricordi.. L'alunno rimprovera all'insegnante di averla angosciato con i "Pensieri" di Pascal sulla breve durata della vita e sull'eterno silenzio negli spazi infiniti. Nel gustoso dialogo poi succederà altro che non racconterò lasciandovi la ricerca intonsa dal mio ridere felice. 

In "Nato da nessuno parte" trovo una situazione a me familiare. Molti, sapendo che scrivo, mi raccontano le loro storie, la loro vita, affinché io ne faccia un pezzo, e questo succede al narratore. Mentre lui sta seduto al bar un giovane marocchino lo avvicina e gli racconta di non essere nato nel luogo indicato dal certificato di nascita e da qui parte una serie di rivelazioni che lo hanno sempre più sorpreso e causato dubbi sulla sua identità. Dubbi che riguardano però anche chi sa con certezza dove e quando sia nato. 

Sono Favole filosofiche, sono parabole? Si chiede il giornale "Le Monde" io credo siano divertissement, soprattutto "Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine" il racconto che dà il titolo alla raccolta. Narra la storia di un uomo, nipote di caid e figlio di primo ministro,  incaricato dal governo marocchino, giunto in Belgio per trattare l'acquisto di una partita di cereali a Bruxelles. Un racconto surreale e felicissimo che andrete raccontando come faccio io dopo averlo letto. Dassoukine arriva a Bruxelles e già in albergo si scontra con un tizio che, inavvertitamente, vedendolo con un piatto in mano, poggiato da un cameriere sbadato, lo scambia proprio per un cameriere. 

La notte faceva caldo e dalla stanza al piano terra la finestra è aperta. I pantaloni spariscono e la mattina dopo la ricerca di un paio di pantaloni lo porterà ad indossare i pantaloni da pagliaccio. Vedrete. 

Le sorprese della lettura sono veramente tante, e con il narratore anche noi sentiremo quel "radicamento dell'erranza" che non prescinde dalla memoria delle origini e ci pone sempre alla domanda su chi noi siamo. 

Un libro bellissimo a cominciare dalla copertina e dal profumo.

Un libro Del Vecchio Editore 

Ippolita Luzzo



Fouad Laroui: Scrittore marocchino, è nato a Oujda, al confine con l'Algeria, nel 1958. Ha studiato al liceo francese di Casablanca e in Francia come ingegnere, presso la prestigiosa École Nationale des Ponts et Chaussées di Parigi, conseguendo un dottorato in materie economiche. In passato ha lavorato nel settore minerario a Khouribga, una delle aree estrattive del Marocco più conosciute al mondo, mentre oggi divide il suo tempo tra Amsterdam, Casablanca e Parigi. Ha pubblicato varie opere di narrativa, tutte segnate da uno humour pungente e da un'innata attitudine al racconto, tra le quali: Un anno con i francesi (2015), in cui a tenere banco è lo choc culturale di un giovane marocchino che scopre la visione del mondo dei francesi; La vecchia signora del riad, tradotto in Italia nel 2020 e vincitore del Premio Goncourt; Le tribolazioni dell'ultimo Sijilmassi (2020); Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine (2021).   

mercoledì 15 settembre 2021

Giovanni Tizian Direttore artistico di Trame Festival


 Primo settembre 2021 Trame 10 Festival dei libri sulle mafie  ore 20: " Domani" Come nasce un giornale con Giovanni Tizian, Emiliano Fittipaldi, Nello Trocchia. Si discute di giornalismo d'inchiesta, del tempo per fare un'inchiesta, della possibilità di fare un'inchiesta, e delle ripercussioni sulla carriera di un giornalista per l'inchiesta fatta. Le denunce che vengono fatti ai giornalisti per mettere a tacere inchieste scomode, e come il nostro sistema giudiziario non preveda di far pagare chi denuncia i giornalisti e poi perda la causa. Sarebbe questo un buon sistema per mettere un freno alle denunce come mezzo per impedire che si sappiano corruzioni e ricatti. 

Parlano Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian ricordando le inchieste passate, nei giornali dove era possibile denunciare l'esito di ricerche. 

Difficile fare giornalismo ma

e su quel ma si ritorna a sfidare i tempi di transizione e trasformazione, si ritorna a sfidare la crisi del giornale di carta, e si propone una nuova testata giornalistica con l'intento di riprendere il mestiere della stampa, il Giornalismo d'inchiesta.

Seduta fra il pubblico ascolto Emiliano, Giovanni e Nello, nella felicità di vedere ancora quanto entusiasmo e serietà abbiano, quanta competenza e voglia di verità, quanto siano credibili, quanto riescano ancora a dare senso al giornale, a leggere un giornale.

Desidero far conoscere a tutti voi Giovanni Tizian Direttore artistico di Trame Festival

"Giovanni Tizian a Domani è capo servizio e inviato cronaca e inchieste. Ha lavorato per L’Espresso, Gazzetta di Modena e ha scritto per Repubblica. È autore di numerosi saggi-inchiesta, l’ultimo è il Libro nero della Lega (Laterza) con lo scoop sul Russiagate della Lega di Matteo Salvini. 

Laureato in criminologia presso l'Università di Bologna, ha iniziato pubblicando su «La Gazzetta di Modena» le sue prime inchieste, con cui nel 2012 ha vinto il Premio per i giornalisti di provincia "Enzo Biagi". Sempre nel 2012 gli sono state assegnate la menzione speciale al "Premio Biagio Agnes" e la Colomba d'oro per la pace. Al giornalismo ha affiancato l'impegno civile e sociale, collaborando con "daSud", l'associazione antimafia con sede a Roma costituita nel 2005 da giovani emigranti meridionali che non hanno intenzione di lasciare le loro terre in mano alle cosche."

 Vado a spulciare la biografia a casa, vado a vedere e dietro la persona scopro la storia di suo padre, bancario che mentre da Locri, sua sede di lavoro,  rientra a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria la sera del 23 ottobre 1989 viene ucciso.

Trovo un'intervista di Anna Foti e voglio riportare qualche stralcio:" Il 23 ottobre 1989, a colpi di lupara, veniva assassinato tuo padre, Peppe Tizian mentre da Locri rientrava a Bovalino dopo una giornata di lavoro. Quanti anni avevi? Cosa ricordi o cosa ti è stato raccontato di quella sera?

Avevo 7 anni, ricordo poco e niente. Immagini confuse, una nebulosa di ricordi. Ricordo che mi è stato raccontato subito come un incidente, poi la verità. Terribile.

Peppe Tizian, un funzionario di banca che non si è piegato al malaffare mafioso. Un esempio di integrità. Un uomo per bene che, come tanti (troppi!) per la sua rarità assurge, quando è troppo tardi per onorarne e difenderne la vita, ad eroe. Ma secondo te, tuo padre era un eroe o un uomo per bene. Come vorresti che fosse ricordato?

Come un lavoratore normale, non credo negli eroi (in questo pese gli eroi servono solo a liberare la collettività dalle responsabilità e dall’impegno quotidiano, come dire: “tanto ci pensano gli eroi a salvarci, noi possiamo stare tranquillamente a guardare’’). Vorrei che fosse ricordato come Peppe Tizian, padre, lavoratore, uomo, con i suoi sogni, i suoi ideali, i suoi sbagli, il suo impegno.

Quella sera la tua vita è cambiata e forse anche il futuro che avresti scelto. Tu oggi racconti la ndrangheta nella tua attività giornalistica. Ormai emiliano di adozione, hai drammaticamente ritrovato anche lì il fenomeno mafioso. Come sei arrivato scegliere questo mestiere e perché hai scelto di occuparti proprio di mafia?

Ho iniziato quando mi sono accorto di alcune logiche che regolano la vita economica anche in Emilia. Il favore, la corruzione, gli incendi dolosi, le minacce, la cocaina. Mi sono chiesto chi stesse dietro a tutto questo. E piano piano con la Gazzetta di Modena abbiamo iniziato a raccontare il potere dei clan in Emilia, e al nord. Potere che non porta il nome solo di ‘ndrangheta, ma anche di clan dei casalesi.

Rischi la vita, come l’ha rischiata e drammaticamente perduta tuo padre. Perché pensi che valga la pena di onorare la funzione sociale del giornalismo fino a questo punto?

Quando ho iniziato a scrivere non credevo di dovere arrivare a questo punto per continuare a lavorare. Ma questa è l’Italia. Un Paese che mal sopporta l’informazione, la libera informazione. Onorare la funzione sociale del giornalismo vuol dire innanzitutto raccontare quello che costringe il nostro Paese in questa immobilità. Stretto tra corruzione e mafia. Quella funzione sociale non la si onora perché viene assegnata una scorta, ma si onora lavorando assiduamente per contribuire alla formazione di una coscienza collettiva, credo che il giornalismo e l’informazione possano essere uno strumento a disposizione dei cittadini con i quali essi possono leggere la realtà che li circonda. Spetta a loro poi chiedere conto alle Istituzioni. Spetta a loro boicottare i locali di cui scriviamo negli articoli e li indichiamo come mafiosi.

Ti sei mai sentito solo nel dire la verità? Le verità hanno un prezzo o un valore?

Solo mai. Siamo in tanti e altrettanti hanno creato una rete senza precedenti, una rete che chiede diritti, regole, giustizia. E verità. Senza verità non ci può essere giustizia. L’Italia dei misteri ha bisogno di sapere, di conoscere, chi l’ha ridotta così. Credo sia un valore fondamentale per una democrazia vera."

 Il valore della conoscenza, la voglia di giustizia, i diritti che spettano ai cittadini, sono le basi del mestiere di uomo e di giornalista che Giovanni Tizian ci ha trasmesso in questi cinque giorni di Festival vissuti intensamente. 

Un grazie moltiplicato per mille, diecimila, centomila, milioni di lettori al giornalismo vero e alle persone vere come Giovanni Tizian dal Regno Della Litweb augurale

Ippolita Luzzo