martedì 19 dicembre 2023

Paolo Zardi La Meccanica dei corpi

 


Di ritorno dai racconti di Paolo Zardi.

L’era della dignità borghese Fantasmi Non passa invano il tempo Il risveglio Il Signor Bovary

L'era della dignità borghese sta in una famiglia come tante dove ci si ritrova nei gesti “ alle 12:45 il pranzo era in tavola. Il padre spezzò il pane e versò il vino” ed è subito De Andrè Il pescatore, ed è subito il Vangelo di Luca. Veniamo risucchiati da ciò che diceva Tacito " la principale causa di miseria è il desiderio di ricchezza; dopo duemila anni, anche lei stava crollando sotto il peso della sua smodata ambizione."

Raccolgo appunti "La vita non era altro che un interminabile elenco di ricordi e dettagli trattenuti con una forza disperata.” 

Racconti sulle conseguenze del nostro agire, almeno il primo e l’ultimo. Sembrano inezie ciò che fa la giornalista inventando il caso del pedofilo davanti la scuola Maria Goretti, sembra un’inezia la scappatella coniugale del direttore di banca, il signor Bovary.        Poi si viene invasi dai fantasmi, da chi c’è anche se ormai non abita più con noi. È andato via il nostro mondo, i vicini di casa, il quartiere, le abitudini. Scomparsi. Li sentiamo vicini ma sono lontani.                                                                                        Piango con un padre che cerca suo figlio Leonardo e guardo con mestizia a quell’uomo che rincontra dopo moltissimi anni  un suo compagno di scuola e bevendo bevendo rivede l’Annunciazione.  Nel risveglio un uomo muore e ritorna. Scende per fermare una aggressione e lui viene aggredito. Si risveglierà cambiato.               La scrittura di Paolo migliora sempre anche un semplice canovaccio e ci precipita nell’attesa, nella suspense. Si leggono con suggestione perché seducente è il suo scrivere. Ci porta con lui con la sua immaginazione legata ai nostri sensi. 

Mi piace lasciarvi con lui, con fantasmi, con la sua scrittura che ci avviluppa e ci affascina


"Fantasmi: Il passato traccia la propria esistenza sopra qualsiasi cosa capiti a tiro: sui fogli di carta, nelle volute del cervello, nella morfologia delle montagne, sopra le foto che sbiadiscono giorno dopo giorno, sulle pareti delle grotte dove pallidi pigmenti raccontano storie di uri e cacciatori, nella luce che arriva dalle galassie dopo viaggi durati miliardi di anni. Lascia impronte ovunque, segni che si sovrappongono a segni più antichi."

 "C’è una calamita piazzata davanti a tutti, e tutti andiamo in quella direzione, ciechi e sordi a ogni distrazione. Dopo il matrimonio, lui e Luisa non avevano parlato dell’ipotesi di avere figli. Li avevano avuti come per istinto: il sole sorgeva, le persone morivano e due esseri umani mettevano al mondo altri esseri umani, accecati dal miraggio di un luminoso futuro, in qualche modo obnubilati. Fossero andati a processo, avrebbero potuto invocare l’incapacità di intendere e di volere, e sarebbero stati assolti. Ovunque regna questa attrazione inspiegabile verso la vita: l’eccitazione di poter creare qualcosa dal nulla, un potere dai tratti divini"

Paolo Zardi nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 

sabato 11 novembre 2023

Note a Margine Nicola Piovani a Lamezia Terme

Eccoci per la stagione teatrale AMA Calabria a Lamezia Terme, 10 novembre 2023, Teatro Comunale Grandinetti con  "Note a margine" il Premio Oscar Nicola Piovani, pianoforte e Marina Cesari, sax – Marco Loddo, contrabbasso – Vittorino Naso, batteria e percussioni, disegni Milo Manara

Nicola Piovani inizia con la colonna sonora del film  La notte di San Lorenzo dei Fratelli Taviani, con la memoria è un dovere e dedica la colonna sonora del film a tutti gli smemorati, cercando quasi il conforto del pubblico, affinché la storia del nostro paese non venga travisata, manomessa e dimenticata e continua con un ricordo di Mario Monicelli regista del film Speriamo che sia femmina, film del 1986.

 Monicelli portava in tasca sempre un giornale, come mio padre, come tutti quelli di una generazione che era cresciuta con un solo giornale e ora vedeva quale grande opportunità fosse la democrazia, trovare nelle edicole molte testate diverse.

 Anche qui Piovani ci invita alla lettura dei giornali, a tornare ai giornali, a saper dare spazio alle diversità e alla riflessione. Sono i due punti che stanno molto a cuore a Nicola Piovani: Memoria e conoscenza, insieme alla musica, musica che ci riporta Caro Diario di Nanni Moretti, La voce della Luna di Federico Fellini. 

Nel rievocare amicizie e uomini racconta l'aneddoto su come lui e Fellini  fossero rientrati nel centro di Roma dalla Tuscolana con una deviazione fantastica. Federico Fellini chiese di essere accompagnato facendo una strada nuova, una scorciatoia, ma quella strada finiva in uno spiazzale abbandonato solo che la fantasia del regista lo vedeva popolato da luci e situazioni immaginarie. Scorciatoie della fantasia, l'ho subito chiamata anch'io.  Così anche la sera dopo avrebbe voluto quasi ripetere l’esperienza.

 Continua a parlarci di amici cari carissimi, come Vincenzo Cerami, al quale dedica la sua musica, e poi a Fabrizio De André e con  Il pianino delle meraviglie parte da Good morning Babilonia dei Fratelli Taviani, e fa la dedica a tutti i pianisti che hanno accompagnato i film muti eseguendo le stesure. 

Siamo poi passati ad alcuni pezzi dedicati alla mitologia greca ed ha raccontato il mito crudele di Narciso condannato a morire se si fosse visto in uno specchio, in una pozza d'acqua, ed il mito delle sirene, di Partenope.


Al termine altra riflessione di grande testimonianza civile, ricordando qualcuno che disse "Tutto ciò che non passa in televisione non esiste" ha rivendicato l'importanza della musica dal vivo, degli spettatori dal vivo, del teatro e del vedersi in una "inesistenza" che ci piace al di là dello schermo televisivo 

A fine serata noi siamo andate dal maestro Nicola Piovani per raccontargli della sirena Ligheia. In note a margine aveva dedicato alla sirena Partenope un pezzo musicale dopo aver parlato delle sirene.

 Secondo la tradizione raccolta nelle Argonautiche orfiche (V secolo d.C.), le tre sirene, Partenope, Ligea e Leucosia, sfidano le Muse, per un peccato di ubris e vengono battute nel canto da Orfeo, per la disperazione si buttano in mare, dove vengono trasformate in scogli. I loro corpi vengono trasportati dal mare, Ligea finisce a Terina, Leucosia a Posidonia e Partenope alle foci del fiume Sebeto, dove poi fu fondata Neapolis. 

Anche Ligea avrebbe meritato una sua presenza sul palco, diciamo noi nel salutarlo nei camerini del teatro dove eravamo rimasti ormai in pochissimi insieme ai musicisti del Conservatorio. Chissà che in Note a margine non aggiunga la sirena che ha fondato Terina ora Lamezia Terme!

Ippolita Luzzo 

mercoledì 8 novembre 2023

Nando Brusco Tamburo è Voce all'Uniter



Stasera grande serata inziale dell'anno 2023/2024 per l'Associazione Culturale Uniter di Lamezia Terme. I tamburi di Nando Brusco raccontano con la voce del musicista la storia della Calabria, alcune storie, raccontano il rumore del mare, le sue burrasche, il soffio del vento, dello zefiro, la nascita delle città e le prime lotte contadine, l'emigrazione. Ignazio Butitta dice che un popolo diventa servo quando gli tolgono la memoria e la lingua. 

Nando Brusco racconta la storia del pescatore che il giorno 24 giugno giura fedeltà al capo ciurma. Quel giorno si forma la ciurma della nave che andrà a pescare e giurare fedeltà vuol dire appunto affidarsi al comandante. Ora sentiamo i rumori del mare in burrasca e le parole magiche pronunziate dai pescatori mentre la tempesta infuria. La tempesta è qui, la sentiamo. Sentiamo anche le donne dei pescatori che sentendo infuriare le onde fanno strani segni in aria, cercano di domare i venti con le parole. 

Ci racconta la storia di zefiro, il vento di ponente, la storia di Capo Zefiro dove alcune donne dall’oriente sono arrivate e ci piace pensare a queste donne, come quelle donne con le ceste piene di pesci risalivano sui monti e poi  narra la leggenda della fondazione di Locri Epizefiri, la città della poetessa Nosside

Una Calabria complicata, diceva Corrado Alvaro e questa Calabria poi era una terra di ingiustizia e di miseria ma anche di coraggio. Erano anni che Angiolina Mauro, Giuditta Levato e gli altri contadini chiedevano pane e lavoro e ora sembravano che potessero. E racconta i fatti di Melissa, il 29 ottobre del 1949. Poca cosa si ottenne e la gente di Calabria iniziò ad emigrare sempre più numerosa, dal 1949 agli anni settanta sono andati via quattro milioni di calabresi. In tutto il mondo fino in Argentina, nel Nuovo Mondo, fino a San Salvador.

Poi c'erano quelli che restavano e venivano privati di tutto, di memoria, se non fosse rimasta l'educazione a raccontarsi delle nostre nonne. Con una sorta di Animazione ante litteram le nostre nonne ci hanno raccontato e tramandato favole nere, filastrocche, indovinelli e scioglilingua, e nel gioco finale della figlia del re che ha perso l'uccello ritrovato da un uomo brutto vecchio e "zallarusu" tutti giochiamo con Nando Brusco, tutti giochiamo con l'indovinello del mugnaio che fa così: Se avessi acqua berrei vino, acqua non ho e bevo acqua. Non vi dirò cosa significa perché dovrete tutti andare a sentire Nando Brusco e i suoi tamburi. 

I tamburi sono per lui dei figli e finisce lo spettacolo con il più piccolo, un tamburo piccolissimo, un tamburo caputosta come tutti i calabresi, con questo Nando intona la strina di saluto perché "quandu u gallu scuatula la cuda" allora è ora di andare via.

Un grazie grande a Nando Brusco  e all'Uniter da tutto il pubblico e da tutta la Litweb

Ippolita Luzzo   

martedì 5 settembre 2023

Profughi Dieci storie vere raccontate da Piergiorgio Paterlini


 Mi ricordo di aver richiesto io questo libro fuori commercio, non si acquista in libreria ma si fa richiesta su mail e lo manderanno a chi vuole conoscere storie di migranti accolti nel Comune di Reggio Emilia.

Il libro nasce all'interno del progetto Siproimi ex Sprar del Comune di Reggio Emilia gestito dalla cooperativa Dimora d'Abramo a dieci anni dalla nascita del progetto.

Luigi Codeluppi, presidente di Dimora d'Abramo cura la premessa al libro, spiegando la nascita di questa raccolta di testimonianze tra il 2019 e il 2020, e poi alla pubblicazione con Refugees Stories. Si sono creati video e interviste che hanno coinvolto i rifugiati ospiti del progetto. 

Siproimi significa Sistema per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati  e in Italia è stato istituito per legge nel luglio 2002 come Sprar e poi Siproimi dal 2018,

La legge ha purtroppo modificato alcuni aspetti come l'abolizione della protezione umanitaria e ha ridimensionato le potenzialità di inserimento sociale dei migranti non solo dei rifugiati ma anche dei richiedenti asilo. 

Nella provincia di Reggio Emilia sono attivi quattro progetti.

Nella introduzione Piergiorgio Paterlini ci racconta come sia stato coinvolto dal progetto essendo già lui col suo primo libro uno scrittore che vuole dare voce agli invisibili. Essere raccontati, lui ci dice, essere raccontati correttamente e diventare correttamente visibili equivale al diritto di vivere. 

Un libro testimonianza, dove parlano i protagonisti, un libro parlante e le storie sono tutte a lieto fine, come le fiabe, o almeno quasi come le fiabe. Sono dieci storie per la maggior parte di minorenni che scappano, scappano per sopravvivere.

Dal Mali B.S. comincia a scappare a 11 anni, vuole studiare ma la scuola non esiste nel suo piccolo villaggio vicino al fiume. Deve andare in città da solo, lo prende in consegna un uomo su un carretto e dopo cinque ore di cammino al buio il bambino viene lasciato dove passa l'autobus. Il bambino finalmente dopo altre sette ore di viaggio giunge in città e non trova nessuno ad attenderlo. Non può nemmeno ritornare indietro perché non ha la somma necessaria e comincia a camminare a camminare finché non verrà ospitato e sfruttato altri quattro anni. Quando ha 15 anni scopre che la sua mamma non è la sua mamma, e che suo padre era uno famoso ma era morto, era morta la madre e lui non aveva nessuno più al Mali. Parte per la Libia, poi scappa dall'inferno della Libia e sbarca a Lampedusa. Infine giunge a Reggio Emilia. Ha studiato, è diventato metalmeccanico, vorrebbe continuare gli studi ma aspetta di avere i documenti a posto e si augura di poter studiare. 

Vorrei raccontarvi le dieci storie come quella di Shakawat Hossain dal Bangladesh anche lui già a nove anni si trova capofamiglia, essendo morto il padre. Anche lui scappa e la madre paga per farlo scappare, per farlo scappare in Libia dove c'è l'inferno in terra. Ho l'incubo della Libia io e leggendo le testimonianze ancor di più mi atterrisco. Adesso lui è scappato dalla Libia e gli piace molto l'Italia, un paese tranquillo, dice. Ora ha 18 anni ed è rinato in Italia. 

Sarebbe bellissimo che conosceste la storia dei tuareg, la storia di Saman, dal deserto del Tuareg, o le storie dal Congo, dalla Gambia, la storia di Aliou Toure dal Mali, a lui hanno bombardato la casa, uccisi i genitori nel 2012. 

Lui quasi non vedente  è riuscito a scappare. Lui è un musicista ed è in Italia da quattro anni, ha 25 anni, è fuggito ed ha attraversato il Niger e poi la Libia. Ha visto morire di sete un suo compagno e poi resta quattro anni nell'orrore della Libia. Come sia possibile che esistano atrocità legali come in Libia mi sembra assurdo ma magari anche se di meno le atrocità stanno dappertutto!

Finalmente arriva a Reggio Emilia e non ha più paura. 

Leggo e rileggo e se vi metterò mail affinché le loro parole vi giungano. Ringrazio Piergiorgio Paterlini, sensibile scrittore che sa come sia vero che la scrittura può diventare un grimaldello per scardinare pregiudizi, una bellissima opportunità per conoscere, una consolazione e un riscatto. 

Il libro si può richiedere a  segreteria@dimoradabramo.it.

Dal mio post su facebook "Mar Rosso - 2  collana ideata da Piergiorgio Paterlini.

Dare voce agli invisibili. Piergiorgio Paterlini intervista e poi trasforma il tutto in un dialogo fra chi viene intervistato e noi. Noi così siamo l’altro, l’altro che ascolta la storia dal raccontata dal protagonista. Alcuni ragazzi giovanissimi che sono scappati dall’Africa e sono giunti in Italia, perché per loro l’Italia è il bel paese. Storie terribili di miserie e di guerra, il bel popolo dei tuareg che viene decimato, storie che finiscono bene per fortuna, almeno queste, storie che amerete conoscere se ne farete richiesta. L’edizione è fuori commercio, una lettura utilissima per dissipare ogni razzismo, ogni pregiudizio. Siamo tutti fratelli."

Ippolita Luzzo 

lunedì 7 agosto 2023

Francesco Permuniam Tutti Chiedono Compassione


S-Confini è una collana di attraversamenti e smarrimenti diretta da Fabrizio Coscia per Editoriale Scientifica. Sei i titoli precedenti: da Andrea Di Consoli Tutte queste voci che mi premono dentro, a Luca Doninelli Panico, passando per Francesco Borrasso Isula, Fabrizio Coscia Nella notte il cane, Renzo Paris Il picchio rosso, Rossella Pretto La vita incauta.

Mi piace ripetere i titoli per evidenziare le scelte tra un diario di viaggio e  un taccuino di appunti, andando oltre i generi letterari, sconfinando proprio. 

Sconfinando Permuniam  trova il suo modo per ritrovare frammenti pubblicati trent'anni fa e appunti di un reportage fotografico in Polesine con Mario Dondero avvenuto tra il 2012 e il 2013. 

Trova posto infine l'intervista che Antonio Gnoli fa a Permuniam uscita sulla Repubblica il 24 gennaio 2013 proprio per testimoniare l'incontro con Mario Dondero. 

La seconda parte di questo libro si chiama L'angelo di Dondero e racconta come Francesco Permuniam abbia chiesto a Mario Giacomelli prima e poi ad altri fotografi di ritrarre i luoghi che furono teatro della Resistenza polesana, Giacomelli non se la sentiva, non voleva aggiungere i suoi fantasmi a quelli di Permuniam ed anche altri fotografi rifiutarono.

"La memoria e l'oblio si sa trovano il loro punto di equilibrio nell'immagine fotografica" ma proprio quando Francesco Permuniam aveva perso le speranze ecco arrivare Mario Dondero con la sua Leica. Così Francesco può realizzare la promessa che un 25 aprile di molti anni prima, da liceale, aveva fatto ai morti della Resistenza. 

Vengono ritrovati i 42 cittadini fucilati davanti la casetta di un barbiere del polesine perché i fascisti non riuscivano a debellare i partigiani di quella zona. Ma bisogna leggere le pagine che scrive Permuniam per sapere la crudeltà, l'incredibile inanità di ciò che è avvenuto. 

Tutti chiedono comprensione, oramai e i fatti storici vengono ridisegnati per farli accettare,  o meglio Tutti chiedono compassione:  è questa una frase di Augusto Monterroso in Opere complete. " Tutti raccontano interminabilmente la loro storia, tutti chiedono compassione" 

Nella prima parte Permuniam riflette su il circo delle nevi, sulla neve artificiale sparata per consentire agli sciatori di divertirsi, su Una cosa ovvia e Nell'immane vocio della sera. Sono pezzi intimi e non, e soprattutto nei pezzi intimi  ci stiamo tutti, tutti noi ci sentiamo dimenticati. Io scrivo proprio per non essere dimenticata da me stessa, per avere una traccia. E nella noncuranza del tempo forse gli amici confondono chi noi siamo stati.

 Vi riporto ciò che Francesco scrive universalizzando il nostro rammarico "Più di un amico ha dimenticato il mio numero di telefono. E qualcuno perfino il mio nome... Messo in disparte dalla noncuranza del tempo, forse mi confondono con un altro che io fui, tanti anni fa." 

Vi invito a leggere e troverete In memoriam quanto richieda apprendistato lo scrivere, quanto non sia stata una passeggiata arrivare a scrivere e a riscrivere per ristrutturare un testo. Un apprendistato grazie all'incontro con Andrea Zanzotto e Maria Corti. 

Amatissimo Francesco Permunian in Tutti chiedono compassione. Microstorie, direi pezzi. Stupendamente in linea con tutti noi che leggiamo lui nel Il Regno della Litweb. 

Ippolita Luzzo 

lunedì 17 luglio 2023

Sognare l'architettura di Sacha Fornaciari


Dedicato a suo nonno architetto: "Gli scritti che compongono questa raccolta presuppongono alcune idee che avrebbero con ogni probabilità reso perplesso il nonno Pelloni, uomo dei Lumi, scienziato, costruttore di ponti e fortezze. Presuppongono innanzitutto che l’architettura possieda una valenza metafsica e che sia per questo connaturata al sogno. Presuppongono che la millenaria storia dell’architettura, delle arti e delle tradizioni del costruire costituisca un luminoso «non-dove», un mundus imaginalis all’interno del quale i moderni architetti possono (debbono?) dialogare con infinite schiere di opere, progetti, architetti e artefici di ogni tempo. Presuppongono di conseguenza che, oggi come in passato, il fare architettura possa (debba?) divenire un’avventura spirituale oltre che intellettuale."

Leggiamo questo delizioso libro sulla storia dell'architettura come sogno, come incanto, seguendo il mondo come volontà e  rappresentazione, seguendo le mani sottili degli architetti chini sul loro tavolo di disegno a segnare linee, a immaginare città, quartieri, ospedali, scuole, ordine e armonia e leggendo io conservo "Álvaro Siza Vieira, portoghese e fra i più importanti architetti contemporanei,  nell’introduzione ai suoi Scritti di architettura: «Per me l’esempio, nel pensare all’architettura, è sempre venuto dagli scrittori, e tra di loro i Poeti, artefici competentissimi del regesto e del sogno, abitanti della solitudine» Il fare architettura, come il fare poesia, è innanzitutto attività dello spirito, e perciò ineluttabilmente connaturato alla solitudine e al sogno. È per questo, credo, che molti architetti e molti poeti sono insonni" 

Scrivo sempre che la degenerazione del nostro vivere decentrato sia anche colpa di progetti che hanno distrutto e desertificato i centri storici di paesi e città dislocando in orribili periferie senza piazze e senza servizi, in orribili periferie senza armonia una popolazione infelice e senza identità e mi ritrovo nelle parole di Renzo Piano "Scrive Renzo Piano in Giornale di bordo (Passigli, Firenze 1997) che l’architettura è un’arte socialmente pericolosa, perché è un’arte che si impone alla comunità. Un brutto libro si può non leggere, una brutta musica si può non ascoltare, ma il brutto condominio davanti a casa lo vediamo per forza. La cattiva architettura, prosegue Piano, «impone l’immersione totale nella bruttezza, non dà scelta all’utente, e questa è una responsabilità grave, anche nei confronti delle generazioni future»."

Con nelle mani Le città invisibili di Italo Calvino, libro da me amatissimo e a volte imposto come libro di testo ai miei alunni, con negli occhi la città di Giovanbattista Alberti seguiamo il cambiamento nel tempo dell'uso dei materiali per costruire e il cambiamento di ciò che vuol dire oramai città: rifiuti, traffico, rumore, quasi un incubo. 

Ho seguito anch'io cantieri, sceglievo le mattonelle delle case in cooperativa, vedevo nascere nuclei abitati dove prima c'era campagna, ascoltavo le strane richieste dei committenti. Mio marito aveva un'impresa edile e prima lui aveva trascorso anni a disegnare in uno studio di architetti essendo geometra.

 So quindi di cosa parla Sacha Fornaciari in queste pagine ricchi di rimandi storici e filosofici, so cosa vuol dire il costruire con la calce e con la pietra e colgo la differenza fra le piccole chiese campestri di una volta e le asettiche chiese in costruzione nei nostri tempi senza fantasia "Esistono, in Italia e in Europa, migliaia e migliaia di piccole bellissime chiese campestri che, immerse nel verde, attendono con impazienza la festa del loro santo titolare, sovente l’unica occasione dell’anno in cui fra le loro mura ben costruite si sentono risuonare i canti delle liturgie." e nel ricordare i lavori di restauro Sacha ci racconta del restauro della casa di Pierluigi Cappello, poeta amatissimo, paraplegico per un incidente d'auto, e nel chiudere questi miei veloci appunti su un libro che vi consiglio e che amerete mi piace chiudere con i versi di Rilke "Ma in sogno a volte percorro con lo sguardo dalle fondamenta al culmine d’oro del tetto tutto il tuo spazio E vedo i miei sensi creare e plasmare gli ultimi fregi." I versi di Rilke metafora della ricerca di Dio da parte dell’uomo, nella costruzione che accomuna l'opera del creato alla attività dell'uomo.

Ippolita Luzzo 

Christiano Sacha Fornaciari, architetto, è nato a São Paulo del Brasile nel 1962. Si è laureato all’Istituto universitario di architettura di Venezia, dove è stato allievo di Massimo Cacciari per gli studi di estetica e di Franco Rella per gli studi di letteratura artistica. Componente della Consulta per l’arte sacra dell’arcidiocesi di Udine, si è perfezionato in Architettura e arte per la liturgia presso la Facoltà di sacra liturgia del Pontificio ateneo Sant’Anselmo in Roma.

venerdì 7 luglio 2023

Giuseppe Semeraro Apocalisse Apocrifa


Giuseppe Semeraro Apocalisse apocrifa. 

Dagli Affreschi di Galatina, qui sono suddivisi nei seguenti cicli pittorici, prendendo come guida la loro collocazione, topica, partendo dall’ingresso centrale e procedendo verso l’abside il ciclo dell’Apocalisse, sulle pareti e sulla volta della prima campata; Lungo le pareti della prima campata e in controfacciata sono affrescate le Scene dell'Apocalisse, che costituiscono il ciclo più vasto di tutta la chiesa. Esse introducono la narrazione nelle vele della prima campata, evocando i temi più importanti e le principali allegorie dell'Apocalisse di Giovanni. 

Secondo l'esegeta francese Paul Beauchamp "la letteratura apocalittica nasce per aiutare a sopportare l'insopportabile".

Seguendo la numerazione nella Bibbia il 7 indica completezza, per cui l'enumerazione di 7 esempi rappresenta la totalità. 

 In Apocalisse apocrifa sette sigilli, versi sul dramma e la tragedia, versi di pensosa adesione alla apocalisse come rivelazione, versi simbolici. 

Nel Prologo "Ho avuto fame, ho avuto sete, "eppure " questo è il canto di chi spera, di chi conosce la giustizia dell'attesa, il canto dell'eterna pazienza, di chi aspetta l'inizio nella fine.

I Sigillo - Babilonia "i suoi giardini muoiono d'inedia, urlano le sue prigioni, chiude i suoi porti, spranga le porte allo straniero. 

nel mentre seccano i suoi prati , le sue ville, è tempo del travaso, è tempo che ogni cosa trabocchi di bene.

Ogni sigillo da Babilonia a Le anime, La morte, Mare, Soldati, La Bestia, Dio, inizia con immagini terribili ma termina con il bene a trionfare. Per un attimo eterno tutti sentimmo il bene fummo tutti stelle appese al cielo

e nell'Epilogo la vittoria. Sarà la fine che scriverà un nuovo inizio, sarà un'apocalisse di nascita. Mi sembra di risentire Tiziano Terzani qui 

E poi leggiamo Altare materno e Canto notturno di un migrante nell'Asia riecheggiando Leopardi e con Leopardi diciamo "Più felice sarei candida luna se imparassi a far tacere questa speme"

Noi con Giuseppe nel nostro canto

Ippolita Luzzo 



Giuseppe Semeraro (Pezze di Greco, 1973) vive a Lecce. È attore e regista, fondatore della compagnia teatrale Principio Attivo Teatro con la quale ha realizzato diversi spettacoli. Ha pubblicato La Cantica del Lupo (2004), Due parole in croce (2015), A cosa serve la poesia (con Gianluigi Gherzi,  2017), La manutenzione della solitudine (2019), A cosa serve la poesia, un diario (2019),  Requiem per gli ulivi (2020), Da qui a una stella (2021), Mappa dei luoghi selvatici (con Gianluigi Gherzi, 2022).Il testo dell’Apocalisse Apocrifa ha debuttato sotto forma di spettacolo nella Cattedrale di Santa Caterina a Galatina con le musiche originali del compositore Giuseppe Gigante che ora è un testo pubblicato da Les Flaneurs.


mercoledì 21 giugno 2023

Pasti caldi giù all'ospizio


Pasti caldi giù all'ospizio a cura di Roberto Addeo
  Transeuropa 

" Il titolo di questa antologia mi è stato proposto da Giovanni Succi, che non finirò mai di ringraziare. Pasti caldi giù all’ospizio, omaggio al compianto Simone Cattaneo" legando da subito anziani nelle case di riposo con un brodo di pastina per cena e i giovani che ancora non sanno. Così scrive Roberto Addeo nell'introduzione e continua 

"In proposito, esaustive le parole di Succi: «E che valga anche come monito: con la scrittura in versi, novantanove volte su cento la prospettiva sarà quella e, anzi, se davvero un ospizio poi ci sarà ancora, sarà una gran cosa. Una bella tavolata di brodini caldi sarà tutto grasso che cola.»" 

Una antologia di autori che va dalla prosa alla poesia e raccoglie varie suggestioni: citando a caso gli autori già letti e altri conosciuti grazie a questa raccolta potrei ricordare Antonio Bux, Ilaria Palomba, David La Mantia, Vincenzo Pardini, Ivan Crico, Franz Krauspenhaar, Davide Bregola, Sergio Daniele Donati, Matteo Fais, Alessandro Corso, Pasquale Allegro, Letizia Cuzzola. 

Da Davide Bregola vorrei riportare un incipit per dire che questa è una raccolta che va oltre ogni regionalismo, ed oltre lo sbarramento dell'età, e con lui e con tutti noi va il nostro no ai tempi e a questo tritatutto che sembra sia diventato il capitalismo come mercificazione di ogni prodotto umano, compresa la creazione, l'arte, la poesia. 

  "NO Tornerà di moda anche la vita, e allora non ci ricorderemo più com’era prima. Tornerà la ruggine sulle nostre cancellate, sulle inferriate, sui selfie fatti al mare. Le passeggiate. Mandiamoci dei meme augurando sofferenze, vegliamo tutto il giorno le mosche sulle mani. I fiori in plastica hanno profumi inebrianti. Attacchi di panico costanti. C’è un uomo sullo schermo, dà lezioni di morale. Cambia inflessione in base alla platea: diventa veneto, campano, calabrese per timpani abituati a obbedire. Convenzioni."

La raccolta fatta da Roberto Addeo è molto altro, soprattutto il lavoro di intercettare e non disperdere la voglia di dialogo e di conoscere fatto con disponibilità e attenzione per una casa editrice molto interessante. Transeuropa edizioni rifondata nel 2003 da Giulio Milani, e voglio proprio ricordare poche righe per farvi conoscere come si possa resistere all'usuale e scegliere invece sentieri non battuti, come diceva Laborit " la sigla editoriale Transeuropa ha accresciuto di anno in anno il proprio catalogo, passando dalle 3 pubblicazioni del 2004 ai 20 titoli proposti nel corso del 2008, i 26 del 2009, i 33 del 2010, i 40 del 2011. . La storica attenzione della casa editrice per il nuovo, l’inedito, il diverso e il non catalogato in ambito narrativo, si è nel tempo estesa alla poesia e alla saggistica di proposta – mai trattate in precedenza – raggiungendo importanti collaborazioni con pensatori di fama internazionale come René GirardGianni Vattimo e Slavoj Žižek."

E chiudo ritornando a Simone Cattaneo che dopo aver servito pasti caldi giù all'ospizio si infila un cappello di carta e va a giocare per centrare un doppio sei e poter comprare un alone di sole e un po' di colore. Anche noi ci auguriamo di centrare un doppio sei e forse già lo abbiamo fatto se siamo qui a scriverne insieme

"Appena terminato di servire pasti caldi giù all’ospizio/mi infilo un cappello di carta con le orecchie foderate di pecora e/mi imbuco nel solito bar ad osservare fumi grassi attraversare/le finestre a forma di rombo e i feti sottoaceto nei vetri./Tre Negroni e due Campari e poi di corsa fin dietro il vecchio ufficio postale/dove ormai solo cinesi e egiziani giocano a dadi/sperando di centrare un doppio sei che mi permetta di comprare/ogni alone di sole/e qualsiasi milligrammo di colore."

(da Made in Italy, Simone Cattaneo, Atelier, 2008)

Ippolita Luzzo 



lunedì 19 giugno 2023

La sperta e la babba di Giovanna Di Marco


"Vi è una Sicilia “babba”, cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia “sperta”, cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode." da  Gesualdo Bufalino, “Cento Sicilie” in cui lo scrittore ci mostra le tante anime dei siciliani, un impasto di razze e costumi, un vero luogo ibrido. Anche qui in questi due racconti vediamo due persone diverse per ideologie e valori, due periodi storici la fine dell’‘800 e l’inizio degli ’80 del secolo scorso, due donne, Lucia furba e Concetta socialista di origine albanese.

La Sperta e la Babba, Caffèorchidea editore, è l’esordio letterario di Giovanna Di Marco, e proprio l'autrice nell'intervista rilasciata ad Alessandra Farro per Il Mattino di Napoli ci dice:" Mentre scrivevo, è emerso un altro aspetto del mio passato che parlava un’altra lingua, nel senso stretto del termine. Mio padre apparteneva alla minoranza arbëresh, ovvero alla comunità albanese della Sicilia. Durante la scrittura della storia, mi sono resa conto che ognuno di noi è fatto di store diverse, composte da due entità diverse che si uniscono in noi."

Grazia Pulvirenti fa una bellissima lettura del libro di Giovanna di Marco su Letteratitudine e vi allego il link https://letteratitudinenews.wordpress.com/2023/06/06/la-sperta-e-la-babba-di-giovanna-di-marco-caffeorchidea/

Le due voci evocano e danno forma linguistica e spessore antropologico a due luoghi, Piana degli Albanesi, con la sua comunità arbëresh e la sua lingua primigenia, con il culto greco, e poi con la dedizione alla militanza socialista della babba; le zone di Caltanissetta e Racalmuto, con le sue zolfatare, e poi Palermo, con le sue miserie e grandezze, città dove Lucia decide di espatriare per dare un destino migliore alla propria famiglia."

Io l'ho letto come un dono grande, come un dialogo bello con l'autrice, che mi sembra di conoscere da amica, e con lei ho concluso il viaggio a Palermo, approdo di tanti "pedincretati" così vengono chiamati dai Palermitani doc coloro che arrivano a Palermo dalla provincia o da altre provincie della Sicilia. Sempre il benvenuto è difficile per i nuovi arrivati. 

Ho insegnato in un paese arbëresh e so come hanno a cuore il mantenimento della lingua e delle tradizioni.

Entrambe le storie, al di là delle differenze hanno in comune lo sciupio di esistenze femminili addette alla cura dei figli, figli che morivano, come Lucia ci racconta, e di tante gravidanze, di continue nascite, di oppressione familiare, di condizionamenti. 

Sempre ci chiediamo come sia possibile e solo leggendo ci accorgiamo come sia stato possibile all'interno di un'isola o all'interno di un qualsiasi altro territorio trovare la voglia di esistere malgrado le costrizioni. 

Vicinzino, che poi sposerà Lucia,  per scappare dalla guerra si inietta nelle vene cose strane, così si ammalerà di flebite, poi avrebbe voluto farsi saltare un dito e si sarebbe fatto passare per mutilato di guerra. Non riesce nell'impresa ma il suo motto rimane:

" Meglio signaliato ma vivo." 

Ecco io così avrei voluto dare il titolo al mio pezzo su questo libro, un libro che ama la Sicilia, il suo linguaggio, la sua storia, ma sa quanto abbia chiesto ai suoi abitanti per viverci. 

Meglio signaliato ma vivo è l'arte di arrangiarsi, di farcela ancora in barba al destino, ai potenti che decidono guerre, a chi ignora i bisogni essenziali. 

Ippolita Luzzo 



Giovanna Di Marco (1978), storico dell'arte e insegnante di Lettere. Vive e lavora a Palermo. Suoi racconti sono apparsi su riviste e collettanee.

giovedì 20 aprile 2023

Anna Vallerugo SatisfictionBook Una Bellezza vertiginosa


 Anna Vallerugo, giornalista e traduttrice, è redattrice di Satisfiction  "la prima rivista di critica letteraria che rimborsa i libri consigliati. Satisfiction è la prima rivista gratuita, ma mai scontata.  Ogni giorno, da anni, propone inediti di grandi scrittori classici e contemporanei. Oltre a centinaia di recensioni, sempre aggiornate, e decine di rubriche tenute dalle maggiori firme del panorama critico e narrativo italiano." 

Ideata da Gian Paolo Serino, Diretta da Gian Paolo Serino e Paolo Melissi, Anna Vallerugo fa parte della redazione. 

 Il volume comprende oltre cinquanta recensioni e saggi brevi scritti tra il 2015 e il 2021 per la rivista di critica letteraria  tra le più note in Europa per avere ospitato grandi firme della critica italiana e la pubblicazione di centinaia di inediti di importanti scrittori del presente e del passato.

La Rivista letteraria è nata vent'anni fa e nel corso degli anni ha raccolto intorno a sé una schiera di collaboratori fra cui Anna Vallerugo, una delle più lette e preziose collaboratrici, dice Paolo Melissi nella sua prefazione alla raccolta. Ricorda infatti come della recensione su Luciano Bianciardi La Vita agra in poche ore si giunse a quarantamila visualizzazioni, un vero proprio record. Nel libro sono presenti anche sei recensioni apparse sulla rubrica "Punto di svolta" che ora credo non ci sia più. 

Anna ha recensito, fra gli altri, I famelici di Davide D'Urso, Alessandro Cinquegrani Pensa il risveglio, Raffaele Mangano La Colpa, Daniele Petruccioli La casa delle madri, libri di cui ho scritto anch'io, non certo con l'intento di farne recensioni, ma solo come un tuffo, come un atto d'amore verso la lettura. Recensioni sono quelle di Anna che indaga sullo stile, sulla struttura del testo, che analizza e ci ridà la comprensione del lavoro creativo dello scrittore. 

Dico sempre che ora vediamo troppe recensioni sui libri, non sono ovviamente recensioni, sono pareri, sono chiacchiere fatte per parlare di un libro, invece se si vuole sapere come dovrebbe essere una recensione allora è bene che leggano questo libro. 

Negli anni Anna Vallerugo ha parlato e scritto sia di autori grandissimi ma anche di esordi letterari, di autori che abbiamo amato insieme dando loro fiducia: Francesca Borrasso La bambina celeste, Martino Ciano Zeig, Crocifisso Dentello Finché dura la colpa. 

Nel leggere i nomi di tanti autori presenti qui nel blog Il regno della Litweb mi rendo conto che dovrei citarne ancora moltissimi e ciò mi conferma che con Anna abbiamo uno stesso terreno di riferimento e di ciò sono orgogliosa, non per nulla insieme facciamo parte della giuria del Premio Brancati. 

La Casa Editrice Arkadia, sempre attenta a pubblicare scritture sorprendenti, penso per esempio a Michele Zatta con Forse un altro, scritture di grande qualità artistica, non per niente molti dei loro libri vengono candidati in prestigiosi premi, ora con questa pubblicazione dimostra quanto sia valido il lavoro continuo di piccole e medie case editrici indipendenti per preservare l'originalità di espressione e la creatività propria del genio italiano. 

Le case editrici di cui Anna ha scritto sono moltissime ed ovviamente sono presenti anche le grandi come Einaudi, Bompiani, Feltrinelli, ma soprattutto troviamo perle dell'editoria come Miraggi, TerraRossa, Inschibboleth. 

Ma farei un torto a non nominare tutti quindi vi rimando al libro di Anna Vallerugo ora accanto a me, ma da tempo ormai un manuale da consultare dovrebbe essere per chi si accinge a fare la critica letteraria come si deve. 

Ippolita Luzzo 

domenica 16 aprile 2023

Ad Argo il cane di mia sorella

 L’unico cane che io abbia mai amato   29 maggio 2012

Si chiamava Gala, come la moglie di Dalì, come la compagna di Paul Eluard, Galatea, la donna amata da entrambi, la donna donna una donna tu sei…La musa delle loro opere.

Era un setter bianco con le macchie arancioni, finito fra le mie braccia, piccolo, ammalato di gastroenterite, la malattia che decima i cagnolini se non si interviene in tempo.

Per lei imparai a fare le punture ai cani eh, gli esseri umani si sono sempre rifiutati di farmi da cavia, per lei imparai a fare le flebo 

Per lei imparai a condividere con un cane passeggiate ed esigenze.

Non ero abituata, io solo una gatta bianca avevo avuto nell’infanzia, una gatta amatissima con la quale litigai quando lei uccise il cardellino che avevamo in gabbia.


Il mio cane diventò una bellissima cagnetta, affettuosa e felice fino a quando non passai di ruolo in un lontano paese del crotonese.

Io in esilio, lei agli arresti.

Mia madre tentò di tenerla ancora ma non fu possibile, non avevamo giardino e la cagnetta fu data

Ne rimanemmo straziati, mia madre dopo tempo andò a trovarla dal signore che la ospitava e tornò in lacrime.

Gala aveva saltato felice per tutto il tempo della visita… piango ancora ora, piango perché io non riuscii ad andare, non avrei potuto portarla con me  nei paesi assurdi dove poi insegnai 

Gala è morta, morta infelice in un luogo dove fu tenuta come un cane… letteralmente, come tengono qui i cani, alla catena, come tanti uomini ancora vivono e fanno vivere alla catena.

Mi rinnamorai  dopo moltissimi anni del primo cane di mia sorella,  Spillo, un labrador, affettuosissimo, un cucciolo, un amore, perduto in un attimo.

Quell’anno il natale lo passai nel garage di mia sorella a fare la flebo a Spillo, anche lui con una enterite fulminante, odiando i veterinari che non riuscivano a salvarlo.

Morì mentre io facevo la flebo.

Da allora non riesco più a guardare un cane con trasporto e Argo lo sa.-

Argo è il nuovo labrador di mia sorella.

Occhi verdi come mia nipote, pelo fulvo, arancio, elegante, calmo, mi saluta, ma io

-Argo, perdonami- mi rivolgo a lui- Tu non c’entri-

-Ti prego-


Qui con Argo https://www.facebook.com/AngelozziComunicazione/videos/561408487843168

16 aprile 2023 e riprendo questo pezzo stasera dopo tanto tempo, intanto Argo ha 15 anni e nel salutare salutiamo tutti i nostri cani, gatti, tartarughe, pesciolini rossi, tutti gli altri esseri viventi che hanno fatto parte della nostra casa

Ippolita  Luzzo 


sabato 25 marzo 2023

Piero Balzoni Vita degli anfibi


"Alla fine di settembre c'era stato uno scroscio di pioggia come non si vedeva da mesi e una parte del solaio, quella in cui una volta si lavorava il caglio, era venuta giù." stiamo in un caseificio dismesso e finiremo in un caseificio dismesso. Qui arriverà dalla Sicilia un ispettore nuovo con i baffi e la giacca sgualcita per fare le indagini sulla scomparsa del padre della bambina.

L'ispettore si chiama Domenico ed io rimango a tampinarlo mentre lui segue la pista dei debiti, di un'amante, per trovare il motivo di una scomparsa.
Dentro il lago e sull’altalena che va in alto e poi leggendo Vita degli anfibi di Piero Balzoni si scorda il tempo anzi diventa tutto attesa. Ho vissuto la lettura come un giallo, una scomparsa, una indagine, in casa della bimba presente al momento della scomparsa del padre arrivano gli investigatori ma non chiedono nulla a lei. Mi sembrava riecheggiare Simenon e ad ogni colpo di scena ad ogni movimento sospetto, ad ogni ritrovamento ero sempre ad aspettare la scoperta decisiva. Nulla più vi dirò se non che la voce narrante è proprio della bimba presente sul luogo della scomparsa e che essendo in alto lassù su un’altalena spinta dal padre nulla di più sa. 

"e il giorno in cui alla fine pensavo di aver capito che cosa fosse successo davvero, dove fosse mio padre e dove avremmo dovuto cercarlo dall'inizio, ero stata io a doverle chiedere scusa" dice la figlia alla madre, entrambe rimaste nell'assenza di un padre una, di un marito, l'altra. 

Dopo tre mesi di pioggia c'era stata una primavera corta e intanto il tempo avvolge oggetti e situazioni con una patina di polvere. sento l'assenza nell'aria, sento l'impossibilità di scoprire ormai cosa sia successo e quando noi lettori ci siamo arresi ecco che la vita ci sorprende sempre. 

Ci abituiamo alle mancanze e alle tante assenze, cresciamo invecchiamo nel tempo e intanto come gli anfibi ci trasformiamo, e rimarremo anche noi a ridere come le rane chissà. 

Leggetelo e cercatelo in libreria, già in ristampa è. Sono sicura che un film a breve diventerà

Ippolita Luzzo 



Piero Balzoni è nato a Roma, il quindici maggio del 1980. Regista e sceneggiatore per il cinema e la televisione, nel 2005 si è laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Roma la Sapienza. Vincitore del primo premio Minerva d’Oro al festival La Città in Corto con il cortometraggio “I tre lati del cerchio”, e del premio Roma Videoclip 2009, finalista al festival di Cinecittà Holding. Ha realizzato documentari, cortometraggi, spot e videoclip per diverse produzioni italiane. Dal 2010 collabora con la Taodue Film.

 Filmografia dal 2000:

2021 » doc Caput Musicae: tra centro e periferia, Omnia Vincit Musica: sceneggiatura

2015 » Chiamatemi Francesco - Il Papa della Gente: sceneggiatura (collaborazione)

2013 » doc Autobiografia dell'Università Italiana: regia, soggetto, sceneggiatura

Questo il suo romanzo d'esordio nel 2015 “I buoni romanzi li scrive gente che non ha paura” sosteneva George Orwell e Piero Balzoni non ha di certo avuto paura di osare con il suo romanzo d’esordio, Come uccidere le aragoste (Giulio Perrone editore, pp. 230, euro 13). Un immaginifico viaggio metropolitano, all’insegna della logica e del surreale, in cui il dolore e la sete di giustizia diventano visionarietà."

lunedì 13 marzo 2023

Stelle meccaniche di Alessia Principe

 


Chissà dove sarà finita quella fiducia nel futuro! Chissà! Il mondo per come lo conosciamo o pensiamo di conoscerlo ci rinvia sempre più verso la distopia, una descrizione o rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro in cui viene presagita un'esperienza di vita indesiderabile o spaventosa. Ed anche la fantascienza si basa su una narrazione con ipotesi  tecnico-scientifiche e  conseguenze sulla società e sull'individuo terribili. I personaggi, oltre che esseri umani, possono essere alieni, robot, cyborg, mostri o mutanti; la storia può essere ambientata nel passato, nel presente o nel futuro. Ma non è più fantascienza ormai. La distopia e la fantascienza,
 entrambi questi generi letterari derivano dall’utopia: il primo seguendo una discendenza diretta, il secondo, per alcuni, come una forma di degenerazione. 

Utopia è immaginare un mondo migliore ma "al sostanziale ottimismo vittoriano sulle possibilità del futuro della borghesia in ascesa (un ottimismo da apertura d’epoca, sia pure con le bivalenze della rivoluzione industriale) si è sostituito, nel nostro secolo, un atteggiamento culturale e mentale molto più differenziato e problematico" dice  Daniela Guardamagna, "Analisi dell’incubo. L’utopia negativa da Swift alla fantascienza". 

Leggo con attenzione romanzi che trattano storie come Stelle Meccaniche di Alessia Principe, romanzi dove il sole non c'è più, si è spento il sole e la stella artificiale Meti si è spenta anch'essa, potremmo dire.

 Uomini e donne sono pezzi, sono usati come pezzi di ricambio, sono ormai un misto di tecnologia e umanità. La Terra è dominata dagli Arcolai che domina sui  Resti, i ricordi. Inquietante futuro visto con gli occhi di due ragazzi Tito e Giosuè.  

Benché in un mondo distopico incontriamo Miriam " Ogni rientro nel suo corpo era come aprire la porta di casa dopo una lunga assenza e scoprire il proprio odore cha solo gli altri riuscivano a cogliere... I sentori domestici continuavano a esplodere come bombe subacquee nella testa, e lei li sminuzzava e li rimetteva al loro posto. E metteva a posto se stessa." Stelle meccaniche

"Miriam scrisse la storia di Eva sul suo diario. Lei scrisse: Sono stata Eva. Ventidue anni dentro di lei… Il tempo è un filo di bava che si allunga su e giù"

Giosuè, Tito, come essere amici essendo rimasti circuiti di connessione. Resti di Rebecca, di Aristide, Noè, intanto a prua sta, la sua nave Nimrod ondeggia al molo 13G. Una nave entropica lunga ventidue metri

"Il tempo è un’ossessione e i ricordi l’anestesia della morte. Siamo Resti di Tempi più universali." mi dice Alessia 


Stelle meccaniche di Alessia Principe lette a casa di mia madre mentre ci scaldiamo al caminetto. La casa è antica, fa parte di un complesso del settecento, del barocco calabro, mia madre si avvia a compiere cento anni e ormai anch’io sono aggrappata a ciò che ci sembrava bello fosse del futuro. Siamo resti. Testimonianze di ciò che si trasforma inesorabilmente. Stelle meccaniche è un romanzo di fantascienza, mi è sembrato riecheggiare Asimov, mi sono ricordata la fantascienza letta negli anni settanta, ma qui la fantascienza diventa distopia, diventa ciò che è ormai la realtà. Se leggo di resti, non posso fare a meno di pensare ai migranti, a chi è morto stipato in un camion, a chi è morto annegato sulle spiagge di Cutro, a chi deve raccogliere pomodori a tre euro al giorno ed essere schiavo di un padrone, ai moltissimi residui di una civiltà involuta. Distopica. Alessia ci racconta di corpi costruiti con residui di cavi, con innesti, di corpi dove anche i ricordi vengono resettati, ricomposti e chissà cosa si ricorderà se anche il ricordo è manipolato. 
Mi chiedo cosa resterà, come sopravvivere al disastro senza perdere umanità, mi chiedo ma già il chiedere mi sembra un atto pretestuoso. 
Nel Regno della Litweb, pura astrazione mentale abbiamo anche noi i nostri pezzi, pezzi di ricambio, pezzi che urlano e pezzi che sorridono, "Assicuriamo con una bugia un sottile equilibrio: L'utile resta, l'inutile va riciclato" con le parole del dottore Sarastro  a Giosuè rimaniamo a leggere "Qualsiasi istante avrebbe cambiato il corso degli eventi, ma le cose sono andate in un certo modo. Perché le cose vanno sempre avanti, Giosuè, e vanno sempre come devono andare. Tu non puoi cambiarle. Nessuno può."  e poi  dopo che succedono le peggiori cose, sembra una saggezza antica, dimenticare per sopravvivere. Dimenticare è anche il modo in cui tutti gli uomini sono sopravvissuti. Non possiamo torturarci all'infinito.
Nel Regno Della Litweb intanto sta Alessia Principe con Stelle Meccaniche. "Stelle che non smettono mai. Quelle vere." 

Ippolita Luzzo 



giovedì 9 marzo 2023

Il cadavere di Nino Sciarra non è ancora stato trovato di Davide Morganti


 "I fratelli Sciarra, siciliani trapiantati a Napoli, sono morti. Un uomo ha il compito di entrare in casa e recuperarne i corpi. Uno dei cadaveri viene trovato subito; dell’altro non c’è traccia. Oltre la soglia dell’abitazione, cianfrusaglie accatastate, cicche di sigarette, spazzatura, cibo avariato e libri. Soprattutto libri. L’uomo viene inghiottito dalle stanze in cui vaga senza requie e si perde nelle pagine di autori dimenticati." Questa la cornice in cui si muove la voce narrante, colui che deve recuperare il corpo fra tante stanze. Non è infatti una casa ma una villa, una villa buia e pericolante di Lago Patria, in provincia di Napoli.
 

“La letteratura è uno strano cimitero, mette dentro vivi e morti e a stento si riconoscono.” 

Cominciamo il viaggio, entriamo. Leggendo Il cadavere di Nino Sciarra incontro i libri viventi. Anche Davide Morganti sente il muoversi dei libri, il fruscio, il respiro e mentre cerca il cadavere in realtà continua il suo dialogo con i libri, con autori di qualche decennio fa.  Mi arrendo alla fascinazione della lettura, della letteratura e solo lui, solo Davide farò parlare mentre lui parlerà con tutti i libri che incontra. 

Romualdo Romano, e poi  Satta “la vita eterna come uno scialle nero. “Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti risusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale. È quello che ho fatto io in questi anni, che vorrei non aver fatto e continuerò a fare perché ormai non si tratta dell’altrui destino ma del mio”

 “ Nino Di Maria,  e Ciuffettino ”Sono libri crudeli, che vogliono distruggermi, sono cattivi con gli uomini che li hanno abbandonati, quando parlano fanno dei suoni strani che mi tormentano; lascio che vadano via, non hanno ancora intenzione di farmi del male.”

 E poi trovo Coccioli, e dopo Coccioli  il libro di Marangolo "Un posto tranquillo, storia di turbamenti e di guasti, di giovani illanguiditi e spaventati dal mesto morire in provincia. Ma perché le cose si dimenticano? Perché resta così poco di quello che facciamo? Perché il resto sparisce stritolato dalla morte? I libri scompaiono come gli uomini, travolti dal tempo e dagli uomini stessi, non c’è troppo spazio per noi che viviamo quel tanto per passare subito; si va avanti, avanti c’è posto, noi andiamo via e altri prenderanno il nostro posto; il bel libro di Marangolo è disincantato, non si aspetta nulla, sta tra i morti e non si lamenta, il titolo e il nome dell’autore diventano lapidi su una sepoltura.” Sono alla stanza undici

Stanza undici: Ma perché le cose si dimenticano? Perché resta così poco di quello che facciamo? Perché il resto sparisce stritolato dalla morte? I libri scompaiono come gli uomini, travolti dal tempo e dagli uomini stessi, non c’è abbastanza spazio per noi che viviamo quel tanto per passare subito; si va avanti, avanti c’è posto, noi andiamo 

via e altri ci sostituiranno; il bel libro di Marangolo è disincantato, non si aspetta nulla, sta tra i morti e non si lamenta, il titolo e il nome dell’autore diventano lapidi su una sepoltura.

Di silenzio è fatto anche il mar Mediterraneo, con i suoi morti e le sue navi, con le sue rive strette, con il suo dolore e la sua speranza, è un mare-muro in certi momenti; ne scrissero nel 1932 due scrittori, Luigi Motta e Calogero Ciancimino, in uno dei tanti libri che hanno scritto, dal titolo Il prosciugamento del Mediterraneo, in cui preannunciavano l’essiccazione del bacino, con un abbassamento del livello del mare tale da avvicinare le coste siciliane a quelle del Nord Africa. Anche loro spariti senza alcuna considerazione, sepolti sotto le vite dei vivi, considerati appena degli scribacchini che avevano provato a fare fantascienza, senza riuscirci. Intanto, però, il Mediterraneo davvero si sta prosciugando, per lasciar posto ai morti.

Da qualche parte pile di libri stanno crollando e il loro rumore co- pre tutto. Comincio a odiare i libri, i libri non servono a nulla, hanno solo reso l’uomo infelice; chissà le loro pagine quante parole conten- gono: miliardi miliardi e miliardi che mi fanno sentire un minuscolo, insignificante archivista. C’è molto erotismo nel romanzo di Zvete- remich,  Zveteremich consegnò a Feltrinelli Il dottor Živago di Pasternak, dicendogli di pubblicarlo perché era un capolavoro, ma il mondo non sa più nulla di questo studioso italiano.


"Le Intermittenze sono un’intercapedine tra noi e quello che non vediamo, un mistero in controluce di cui non mi ero mai accorto prima di entrare in questa casa; non le vede quasi nessuno e chi le indica è preso per pazzo, per profeta, per imbroglione, per visionario: c’è troppa carne nelle nostre vite, troppo sangue che copre la Verità"

e le stanze che ho attraversato, credo siano quindici poi mi pare venti, poi settanta; è difficile distinguerle perché le porte spesso sono rotte o nascoste dalla Congerie. Chissà da quanto tempo mi trovo qui. Un libro se ne sta a pancia sotto, come un insetto capovolto, coperto da una strana cenere, ha pure l’impronta di una scarpa: Autobiografia di un picchiatore fascista di Giulio Salierno, non è certo un romanzo ma un’autobiografia cruda di un segretario fascista, dura, scritta con una lingua che non ne vuole sapere di fare bella figura. 
"La Congerie è qualcosa di così confuso, immenso, sterminato in cui ti muovi ma solo per non cadere e che esiste da sempre e Boine prima di me l’aveva vista. E la presenza dei libri moltiplica la sua natura e non è detto che Dio sia ordine che voglia ordine. Chissà dov’è sepolto Boine, chissà a quanti anni è morto. Calcinacci mi sono caduti addosso, roba da poco, però finalmente ho sentito un rumore non provocato da me. Confesso che sono stato seduto su un triciclo mentre finivo di leggere un romanzo, anzi non so bene come chiamarlo, un libro di Mario Pomilio, pure lui cattolico come Boine. Il quinto evangelio si chiama quello che ha scritto, un librone di lettere, eresie, apostasie, digressioni, leggende, frammenti e un militare americano alla ricerca del vangelo perduto, il quinto. Chi ha mai scritto un libro così?

Onore alle armi a Davide Morganti. Come davanti una battaglia chi perde con onore ha l'onore delle armi, così Davide in questa guerra perduta contro la dimenticanza di moltissimi autori della letteratura italiana ci consegna questo splendido libro che avrà l'onore delle armi, il riconoscimento della sua grande bellezza. La memoria da tenere. Io ho fatto parlare Davide qui nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo  

venerdì 3 marzo 2023

Dal 2016

 Leggo da quando ho imparato a leggere. Scrivo da quando ho avuto una penna in mano. Come tutti voi. Nel procedere degli anni e dei compiti corretti mi bastano poche pagine di un libro per leggerne il valore o la scarsità. Sono altrettanto critica con le frasette che compilo io, sul mio blog, ogni volta che ne ho voglia. Non ho scritto un libro. Non saprei. Ogni tanto raccolgo i miei pezzi dal blog e metto un titolo. Riconosco la saggezza di mio figlio che mi sorregge nel confermarmi l'illusorio giudizio sui libri.  -----Mamma, lui mi disse, le persone non leggono il libro, leggono il nome dell'autore. Omaggiano l'autore non la cavolata che ha scritto. Tu sei oppure hai un nome? No. Allora potresti essere bravissima e nessuno se ne accorgerebbe. Pronti ad applaudire qualsiasi idiota abbia un titolo- e su questo non ci piove. Ma è perché non sanno e non amano leggere che applaudono indistintamente? Credo che sia così. Chi applaude i nomi e non il contenuto non ama il libro. Non sa leggere

giovedì 16 febbraio 2023

Stefano Bonazzi Titanio


 Titanio

"Il titanio, il metallo più resistente e più “forte” in assoluto, è  conosciuto per la sua resistenza alla corrosione, quasi pari a quella del platino, e per il suo alto rapporto tra resistenza e peso. È leggero, duro, con bassa densità. Allo stato puro è abbastanza duttile, lucido, di colore bianco metallico."

Stefano Bonazzi dedica al titanio il titolo del suo romanzo, titanio deve il suo nome ai Titani della mitologia greca, figli del cielo e della terra e costretti a vivere tra le fiamme e tra le fiamme è stato il protagonista del libro e da titano resiste alle fiamme. 

Pubblicato da Alessandro Polidoro Editore per la collana Perkins nel luglio 2022 proprio durante un'estate caldissima e infuocata il libro ha molto da dirci e ne consiglio la lettura a chi fa del leggere un riflettere sul mondo adolescenziale, sui rapporti fra genitori e figli, sul male e sul bene vicino e lontano, su abusi perpetrati e nascosti. 

“Il male è una cosa semplice” e “La cosa più semplice del mondo” rileggerò questo racconto di Stefano con in testa i miei vicini di casa che chiudevano il figlio in uno sgabuzzino per punizione. Lo so perché questo ragazzino era coetaneo di mio figlio. Anche mio figlio però asserisce spesso di chissà quali violenze io abbia perpetrato ai suoi danni, o suo padre, e certamente a me sono più chiare le torture imposte dal padre che non quelle che gli avrò imposto io. 

Rifletto dunque pur nella differenza delle situazioni su quanto i genitori tutti possano essere dei mostri, poi certamente qui nel racconto sono mostri effettivi ma chissà perché! 

Titanio è un racconto che prende per la sua drammatica realtà, nell’esasperazione del fuoco che brucia tutto ci sta la terribile edilizia che produce mostri abitativi, ci sta il continuo inquinamento di falde acquifere e di aria ammalata di diossina per i fumi di copertoni bruciati e su tutto un inquinamento spirituale fatto di nulla e di violenza, fatto e strafatto di droga coltivata e vendita, data da mangiare anche al figlio.

Senza pietà il racconto si apre in una stanza d’ospedale dove il ragazzo deve riprendersi da terribili ustioni. Poi inizia a raccontare ad un educatore e la verità si svelerà alla fine.

 Il male è semplice è una grande verità e Stefano riesce in Titanio a farci riflettere sull’orrore della genitorialità e sull’orrore dei luoghi. Poi però in tanto orrore sembra che l’educatore riesca a portare un’ apertura e a far entrare uno squarcio di luce. Un ritmo incalzante invoglia a leggere e uno stile personale ci dona l’autenticità della scrittura. 

Un racconto da segnalare e da far amare per la grande carica umana che si percepisce nel leggerlo, nel costruire una situazione immaginativa che possa lenire lo sconforto e la solitudine. 

I mostri non sono più i veri mostri, vivendoci vicino i mostri sono altro, sono i familiari o i vicini, sono il prossimo prossimo, sono il viverci dentro chiuso in uno spazio ostile. 

Inspiegabilmente e surrealmente le istituzioni e il carcere mi sono sembrate il luogo più sicuro e il compito dell'educatore serve a tutti noi per avere la certezza che qualcuno alla fine ci ascolterà come succede a Franz.

Un grande applauso a Stefano Bonazzi per la sensibilità e per la ricerca, per aver saputo, pur nell'orrore della storia, darci la speranza


Ippolita Luzzo 

sabato 4 febbraio 2023

Licia Giaquinto Cuori di nebbia


 Licia Giaquinto aveva già pubblicato i suoi racconti nel 2007 ma ora trova una nuova vita con  TerraRossa Edizioni  casa editrice che nasce con "l’idea di provare a seminare parole fuori dai tracciati consueti. 

"Opere significative, divise in due collane, entrambe di narrativa: Fondanti riproporrà, in una nuova edizione rivista, romanzi recenti ormai introvabili di autori che hanno rinnovato il panorama letterario; Sperimentali accoglierà opere inedite capaci di affrontare temi attuali attraverso una ricerca stilistica originale." questo troviamo scritto come presentazione sul sito di TerraRossa Edizioni.

 Libri curatissimi nella scelta dei materiali e nella cura grafica a partire dalle splendide copertine create da Francesco Dezio. 

Segnalato da Giuseppe Girimonti Greco, sempre attento a sentire i libri veri e autentici, Cuore di nebbia mi giunge per diversi incroci amicali, addirittura ho conosciuto Licia anni fa non direttamente ma tramite una mia amica che per caso si era seduta ad un bar vicino al suo tavolino a Bologna, da allora ho seguito il suo spendersi per il recupero di zone abbandonate come Aterrana in provincia di Avellino un borgo storico, un contesto dai colori d’altri tempi, una comunità da scoprire e valorizzare, nel cuore dell’Irpinia, luogo dove Licia ha trascorso infanzia e adolescenza prima di trasferirsi a Bologna. 

Cuori di nebbia è invece ambientato nella Padania, nella terra ricca, almeno io credevo prima di leggere questi racconti, con esistenze al limite di immensa povertà di spirito.  


La via Emilia mi appare un mondo perso, tagliato da una strada provinciale su cui passano i tir, accanto alla Ferrari di Maranello. "I camionisti si fermano dalle prostitute per un po’ di riposo, giovani ragazze dell’est arrivate dopo la caduta del Muro. È un’Italia consumata, ma ancora offesa. Nella storia di provincia, si incrociano il perbenismo, la noia matrimoniale, il voyeurismo, l’inganno, Chernobyl, la pedofilia, l’eroina, la cartomanzia (nel personaggio secondario più bello forse dell’opera, Donna Crisantema), l’omicidio, l’anoressia, l’hikikomori. Malattia mentale in tante forme, spesso quella delle deviazioni sessuali. È un romanzo strabordante di dolore, che si fa acuto proprio perché ciascuno dei protagonisti vive innocentemente dell’idea di essere nel giusto. La società, il loro lavoro, le loro vite dimostrano che purtroppo non c’è redenzione e scelta, il destino diventa qualcosa che sempre finisce per tradire, ingannando, distruggendo i sogni di ciascuno. Eppure, ci si affeziona ai vinti, agli insoddisfatti che si trovano a maneggiare qualcosa di più grande di loro." questo  è ciò che scrive Alessio Barettini su Senzadieci, ma sono tante i giornali che hanno accolto con recensioni attente il libro di Licia Giaquinto. 

Benvenuta al Nord, mi scrive Licia e io questo Nord lo trovo ancora più terribile del Sud, il suo vivere più misero, lo spreco delle esistenze ancora più amaro. Mirella, Natascia, Patrizia, e poi Filippo, Nicola, Francesco, Mirco, se questo è un uomo, mi viene da scrivere con Primo Levi, se questa è umanità. 

Licia Giaquinto riesce a portarci dove non vorremmo andare, a vedere ciò che non vorremmo vedere ed a provare una pietà per ogni sciupio di sogni, di desideri, delusi definitivamente. 

Ippolita Luzzo 



Licia Giaquinto è nata in Irpinia, dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, ora vive a Bologna. Ha esordito nella narrativa con Fa così anche il lupo (Feltrinelli 1993), a cui sono seguiti È successo così (Theoria 2000), Cuori di nebbia (Dario Flaccovio 2007, ora riproposto da TerraRossa Edizioni), La ianara (Adelphi 2010), La briganta e lo sparviero (Marsilio 2014). Ha scritto anche testi teatrali, l’ultimo è Carmine Crocco e le sue cento spose. È ideatrice e anima dell’associazione Aterrana – Ater Ianua che vuole contrastare il degrado e lo stato di abbandono del borgo storico di Aterrana (Av).

giovedì 2 febbraio 2023

Rossella Pretto La Vita incauta

 

Leggendo Rossella Pretto nel suo viaggio sulle tracce della tomba di Macbeth e seguendo una messinscena realizzata dalla Compagnia dei Quattro con il testo tradotto dal nonno Elio Chinol, anglista e appassionato di Shakespeare noi con il libro La vita incauta siamo avvinti dalla tragedia una volta di più.

La tragedia di William Shakespeare, la trama storica viene riportata dal filosofo Boezio, in una cupa Scozia d'inizio Basso Medioevo si è appena conclusa una guerra e un sergente  riferisce al re Duncan di Scozia che i suoi generali, Macbeth, barone di Glamis, e Banco, hanno appena sconfitto le forze congiunte di Norvegia e Irlanda, guidate dal ribelle Macdonwald.

In una notte buia e tempestosa, per dirla con Snoopy, Linus e Lucy,  tre Streghe si incontrano in presenza di Macbeth e Banco, nella brughiera e profetizzano loro che Macbeth diverrà re mentre Banco  sarà il capostipite di una dinastia di re. La profezia trasformerà Macbeth da uomo leale in assassino. Come si cambia! E poi la follia del potere tutto involge.

Con Rossella Pretto che scrive:" Non mi sono mai chiesta in quale periodo dell'anno si svolgono le vicende di Macbeth ma lo posso intuire.. Sarà autunno inoltrato, inverno.. Chissà che vita vita fanno quelli che abitano queste lande, chissà che vita facevano quelli che le abitavano centinaia di anni fa. Me lo chiedo come non lo sapessi, come non sapessi che vita faccio, rintanata nello studio. La differenza sta nelle chiusure .. un tempo che mi inchioda alla sua dispersione" nella sua confessione sui nonni bravissimi, e su di lei che come nel libro di Hanry James "La bestia nella giungla" riconosce l'evento eccezionale quando è ormai passato. infatti tutto il libro è un interrogarsi sul libero arbitrio, sul destino, su ciò che noi responsabilmente possiamo. Nel Macbeth il sapere il futuro lo distrugge, lo fa diventare assassino, perché l'attesa diventa impossibile da reggersi. 

Un libro curatissimo e che ci invita alla riflessione come tutti quelli scelti dalla collana S-Confini diretta da Fabrizio Coscia per Editoriale Scientifica. 

Un libro diario di un viaggio, un libro diario di studi amatissimi, "C'é sempre un segno in attesa di essere leggibile" e a Forres al castello dell'apparizione mentre ascolta la guida lei si gira e sente anzi vede e sa di aver ora "iniziato questo viaggio alla ricerca dell'aderenza, ecco, ora posso dire che ha tutta l'aria di esserlo" Aprire la porta ai propri fantasmi. 


Leggendo il libro mi sovviene un'altra messinscena recente di Alessandro Serra con lo spettacolo Macbettu  Siamo in Scozia oppure in Barbagia, siamo dappertutto, dove a qualcuno viene promesso, viene pronosticato un futuro da re e tutto cambia. La situazione sfocia in tragedia dopo il dono avvelenato delle streghe. Uno spettacolo nello spettacolo, ridere ridere di ciò che le streghe faranno sul palco, ridere dei dispetti che si fanno, del loro camminare, quei passettini corti e veloci che ricordano i giochini a molla da caricare e far muovere sul tavolo, quegli sputi veri, quelle scope agitate al solo scopo di sollevare polvere,  gli uomini maiali grufolare nello scifo e il fantasma di Banco calpestare il pane sardo sul tavolo imbandito da Macbeth. Ed eccolo Macbettu, piccolo piccolo,  abbracciato alla moglie alta, abbracciato all'ambizione. Un Macbettu capace di riflettere sul male e perciò ancora più tragico in queste parole: "La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si dimena durante la sua ora sul palcoscenico, dopo non se ne sentirà più nulla. Una favola narrata da un idiota, piena di rumore e furia, che non significa nulla"

Ippolita Luzzo 

Rossella Pretto è laureata al Dams di RomaTre con una tesi sulla traduzione del Macbeth curata da Elio Chinol per la ‘Compagnia dei Quattro’, ha proseguito la sua formazione con esperienze in campo recitativo e teatrale. Il suo primo poemetto, Nerotonia, anch’esso ispirato al Macbeth, è uscito nel 2020 (Samuele Editore). Con Marco Sonzogni ha curato Memorial di Alice Oswald (Archinto 2020) e Speranza e Storia. Le quattro versioni sofoclee di Seamus Heaney (Il Convivio Editore, 2022). Ha curato inoltre La Terra desolata di T.S. Eliot per la riedizione della traduzione di Elio Chinol (InternoPoesia 2022). È presente in alcune antologie, con sue poesie e traduzioni. Suoi articoli sono apparsi su «Alias-Il Manifesto», «Poesia», «L’Ottavo», «Journal of Italian Translation», «Studi Cattolici» e «L’Estroverso».

martedì 17 gennaio 2023

Giacomo Sartori Fisica Delle Separazioni

Scrivo questa mio pezzo ascoltando Canzone di Adriano Celentano, con in testa "quando siamo alla fine di un amore soffrirà soltanto un cuore perché l'altro se ne va" e saper gestire una separazione comporta effettivamente gli otto movimenti nei quali Giacomo Sartori scandisce le tappe di un evolversi del sentimento amoroso fra due persone.  

Il punto di vista maschile del personaggio narrante sembra a me molto più interessante  che la canzone di Shakira, in testa agli ascolti in questi giorni, in cui lei racconta il tradimento del suo compagno e la fine del loro amore, cantando al mondo tutto che lui abbia scambiato un Rolex per un Casio, in tema di orologi, o una Ferrari per una Twingo, come se fosse un'automobile l'amore che sostituisce l'altro. 

Fisica delle separazioni inizia proprio a raccontarci cosa mancherà dell'altra che va via, e invita i delusi e gli abbandonati all'arte di dimenticare. Dimenticare sembra quasi un imperativo anche se poi nei nuovi rapporti che nascono ci si ritroverà a parlare di "un amore ormai troppo lontano" e qui mi sovviene Luigi Tenco con il suo Lontano Lontano e "qualche cosa negli occhi di un altro ti farà ripensare ai miei occhi... e lontano, lontano nel mondo una sera sarai con un altro e ad un tratto, chissà come e perché ti troverai a parlargli di me di un amore ormai troppo lontano"

Fisica delle separazioni in otto movimenti sembra un libro insostituibile in momenti in cui quasi tutti siamo passati, e il terzo movimento Chi lascia chi, ci invita quasi a conoscerci "La nuda verità è che non sappiamo quasi nulla di noi stessi, e ancora meno degli enigmi viventi che incrociano o condividono il nostro percorso: compresi gli esseri che ci sono più vicini e che amiamo. Passiamo il tempo a fingere il contrario, a cercare di illuderci che conosciamo noi stessi e gli altri, e teniamo le redini della nostra esistenza, ma non è così"

Ho messo molte orecchiette a questo libro bellissimo bellissimo, e nel mentre che siamo impegnati a Diagnosticare le vere ragioni cerchiamo di monitorare le parole quelle parole che all'inizio di una relazione sono "fiumi di parole" ed alla fine diventano parole mute, che rimandano a rancori e incomprensioni "ed improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto" finendo con Mina che ci canta La voce del silenzio.

Giacomo Sartori nel Regno della Litweb con un libro amatissimo e non ci separeremo facilmente da lui. 

Ippolita Luzzo