sabato 27 febbraio 2016

8 marzo 2016 Donne del Mediterraneo velate e svelate. Con Daniele Natali

Ok 8 marzo 2016,"Una ragazza canterà nella lingua greka, che parlano a Bova" nel dirmi questo Daniele Natali mi informa della  iniziativa e mi fa conoscere questa associazione a Bologna:  ANNASSIM - Donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo


Mi chiama, nello stesso giorno, una scuola di Lamezia Terme  per chiedermi di partecipare ad un 8 marzo di integrazione. La stessa esigenza. 
Integrazione sarà. Un Otto Marzo di integrazione. Per conoscere la migrazione al femminile. Proprio quello che fa Annassim  

Mi documento su questa associazione  e leggo un articolo del 2010:"Alla periferia di Bologna c’è un orto dove accanto a verze, insalata e pomodori crescono, nella terra emiliana, tè marocchino, cardamomo e coriandolo. Nel quartiere San Donato, a due passi dall'Autostrada  del Sole e a qualche chilometro dal centro di
Bologna, gli orti comunali di via Salgari sono macchie verdi fra le case popolari.  Non siamo a Marrakesh o ad Alessandria d’Egitto, ma nella pianura padana. Gli orti occupano circa 15 mila metri quadrati, dove -grazie all'impegno di un gruppo di donne migranti- si sono trovati appezzamenti di terra per le donne arrivate in Italia con il chador. Motore del progetto d’integrazione orticola c’è l’Associazione Annassim, “brezza del mattino”, nata nel 2004 da trenta donne provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo, che si sono aggregate per valorizzare i saperi tradizionali dei migranti. Da qui l’idea del progetto “Coltiviamo/Ci insieme”, presentato due anni fa. Obiettivo: sviluppare un percorso di integrazione culturale a partire dalla terra e dalla sua coltivazione."  
8 Marzo 2016: quest'anno l'Associazione ANNASSIM - (Donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo) con il contributo organizzativo e artistico di Daniele Natali, giovane scrittore, e di Susanna Matikainen, fotografa,  è lieta di invitarvi a ricordare tutte le Donne esemplari delle due sponde del Mediterraneo

Ed eccoci a diffondere da Bologna a Lamezia 
un 8 marzo necessario.
Questo il programma che leggo da Daniele:

Si ricorderanno i 70 anni (1946-2016) dell'omicidio di Giuditta Levato, martire calabrese, le brigantesse, definite "Drude" dal loro nemico o spesso "donne di malaffare", nei verbali di cattura, del Maghreb, le eroine del Popolo palestinese, che sta resistendo ad un'apartheid di ferocia inaudita; le madri negli abissi, le donne migranti mai arrivate a destinazione 

Durante la Giornata, Antonella Selva, presenterà il suo libro "Femministe".
Mentre il giovane pittore e street-artist, Filippo Zoli, dipingerà per noi "in diretta" "grandi donne ricordate sul muro", ai dialoghi si avvicenderanno...
tarantella calabrese, alternative rock, musica unplugged, pizzica, musica palestinese ed italiana, in lingua greka di Calabria ed in Occitano, suonate con strumenti tradizionali 
ospite internazionale sarà l'attivista araba e giornalista della BBC Medio-Oriente, Reem Itani, che sta lavorando per i diritti delle donne nei paesi arabi

L'evento è autogestito e autofinanziato.
SENZA PATRUNI!
Sono passati ormai quasi 100 anni da quell'8 marzo 1917, quando le donne si rivoltarono in massa a San Pietroburgo per chiedere la fine della guerra.
Quella data fu scelta nel 1921 quale la "Giornata internazionale dell'operaia".
Un 8 marzo necessario
Porterò questa testimonianza nella scuola di Lamezia 

lunedì 22 febbraio 2016

La felicità è facile Massimiliano Nuzzolo

Ballando al ritmo del libro. Una lettura battendo le mani sopra i tasti e i piedi sotto il tavolo

Buco Buio Buco e poi di nuovo buco, per il primo racconto, una lettera b che bordata sta in una baleniera a caccia di capodogli.
Pequod, la baleniera da cui prende il  nome la  casa editrice
Rileggo i racconti brevi di Massimiliano, li rileggo con una lente diversa, osservo le lettere che ripetono suoni, bum bum bam. Tutte le b del primo racconto. Quel buco ripetuto. Non a caso. Per risuonare. “Fine della corsa”
Economia di parole continue con la lettera b, un bicchiere ripetuto e un barista che assiste un bicchiere da riempire. Fine della conversazione.
Il maestro e l’allievo, infatti Fine della conversazione, brusca fine.
E con la lettera b ci sta il basket e Belen del mongoloide, la borsetta e il bianco di  Mestre tossica. Boh… Bob
Nel suono che mi riporta a te trovo i Joy Division di Romeo Vernazza.
 La sua, da me molto amata,  “ Cenerentola ascolta i Joy Division” e già immagino vostro dialogo ironico, surreale, e sento le risate liberatorie su ogni b come barba, che barba! Alla maniera della Sandra Mondaini.
 Ho afferrato il senso ma ho perso la sensibilità  dei Joy Division
Nella lettura “L’amore è alieno e fa morire” sta Tommaso Pincio del quale ho letto Panorama, ci sta il bacio, baciare e, bam, muore il cardellino per troppa abnegazione, generosità, muore per credere vero uno stato d’animo.
Piango, più che ridere, mi scendono due gocce ad inumidire gli occhi, sui mille e mille sacrifici dimenticati, sui sacrifici che richiedono vittime, sui sacrifici di coloro che  si immolarono per un capriccio altrui, sia amore o ideologia. Capriccio  volubile.
“Anna e io”, bella Anna, ma non siamo più gli stessi. 
Gli avvenimenti forgiano i nostri sentimenti, li stravolgono, ci impediscono di tornare indietro, ci mutano per sempre.
Leggendo il libro di Massimiliano Nuzzolo sento che il suono del libro, iniziato con le note basse ora si innalza nella commozione del cardellino trafitto dalla spina, nel sangue dello stupro, nei Led Zeppelin di Mario. Una battuta che risuona. Un grande male fatto per gioco.
Il buio resta, vero Massimiliano?
E.T. e la bicicletta, dobbiamo fare avere questo racconto  a Victor e Paola Rambaldi insieme alla battaglia del barone rampante fatta nelle campagne di una estate dell’entroterra campano.Il nonno è come i Rockets, ha un vocoder, ma non voleva dipingersi d’argento.
Il bambino ora scrive, sta suonando l’elettronica, e sento che il ritmo ha raggiunto una sua chimica. 
Nella chiusa delle formule che vorrei saper leggere, lo so, sono formule da dover sapere, avendo fatto quel liceo classico,  l’autore mi decifrerà la sua formula che posso quasi sospettar d’aver capito.
La felicità è la musica di essere svegli  


venerdì 19 febbraio 2016

Dio del cemento Alessandro Pedretta

CRUDELE
Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi

TRA LE DITA 
Ci sono tumori e poi ciliegie/ sonni turpi e veglie vive/ formicolanti incanti e dannate voglie/ e vigile comunque sempre un desiderio/ tale perché non puoi coglierlo/ seppur nascosto tra le dita.

Uno dei tanti inferni, altro titolo dei versi di Alessandro Pedretta che gridano con serietà il destino di tanti. Di troppi. Noi.
Adoro poi questa sua affermazione che faccio mia

SCEMO 
Sono così scemo/ che mi reputo un genio,/ di quelli che si stendono al sole/ sopra i formicai/ e aspettano la mattina/ come una sciagura.

Mi piace la mia vita stesa al sole sopra i formicai, stavo sempre a guardare le formiche sul piccolo terrazzo della cucina. Tutte le estati a guardar formiche. Chi può essere più scema di me? e chi può credersi più genio di me?
Io sono uno di quegli scemi
che ti aspetta ma se ne frega,
che potrebbe ma ha un grande dubbio:
voler credere in questa vita
è un dispetto, un diritto o un’idiozia? 
Adoro Alessandro Pedretta
Pezzo in itinere... riprendo 
L'immagine di copertina è di Alessandro Bertuccioli: il nero, il grigio e il verde di una città cementificata.
Una E che si staglia e che chiede ancora.
Una architettura sempre meno umana, sempre più carcere, sempre più.
Alessandro Bertuccioli in sintonia con i versi di Alessandro Pedretta, mi sembra un unicuum, un solo sentire e ho sfogliato ogni canto di Alessandro immaginandolo abitante di quel luogo disegnato da Alessandro. Stesso nome per autore dei versi e per il  grafico della copertina. 
Sarà un altro il luogo che vorremmo abitare e forse non sarà, per questo il discutere diventa constatazione in una rassegnazione ribelle e viva.
Sembra che Alessandro ci dica: Anche se sarà così, anche se il dio del cemento trionferà, anche se mi chiudono in case celle, gli architetti, i costruttori, la nuova ingegneria dell'infelicità, anche se il cemento avanza, come la lava dal vulcano piano regolatore delle città, anche se anche se anche se 
 io cosa
dovrei
fare?
darmi ragione nel mio torto atavico?
mangiarmi i funghi sulla pelle
o credermi un composto di sano rancore
mentre l’alba, da dietro, mi tende agguati
e io che penso alla luna che si stupra da sé?
Sono attriti di pensiero
con fughe nei solstizi dei turbamenti di ieri,di gioie di domani,
degli enigmi di oggi
penso che cadrò in depressione
o diverrò un dio
devo decidermi entro oggi

e nel non rassegnarsi Alessandro avverte le pareti, il chiuso di un modo di abitudini e di frasi inculcate come panacea al vivere da servi ai margini del sistema capitale che ci chiede l'obbedienza
 Ecco che ci dicono che il mondo
non è poi così male,
basta tagliarsi le unghie
e usare il profumo giusto,
chiedere poco
e sniffare droga
per stare svegli e un poco
incoscienti.

Nulla evoluto

Ed è questa la ragione per cui Alessandro, come chi diverge, ci dice: 
PER QUALSIASI NECESSITA'
SONO DA UN'ALTRA PARTE

Mi piacciono molto questi versi di Alessandro, li  faccio miei nella Litweb, accogliendo il suo pensiero, un pensiero condiviso ed autentico. Noi siamo da un'altra parte, nel regno della Litweb. 
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga.
Versi questi di Alessandro ai quali auguro di camminare e camminare nelle strade fisiche delle orecchie, degli occhi e delle mani chi li leggerà. 
Ippolita Luzzo   




Dio Del Cemento di Alessandro Pedretta  Mora editrice – Edizioni Leucotea Srl - Sanremo 

giovedì 18 febbraio 2016

I grafomani

Poi vi scriverò una lettera                     22-05-2010
 I grafomani
-Cara cugina, poi vi scriverò una lettera- era questo l’affettuoso commiato di un lontano parente di mia nonna dopo una lunga visita, durante la quale lui aveva tanto raccontato.
Era diventato proverbiale a casa mia. Si diceva spesso così quando le cose della vita richiedevano lo spreco di molte parole e non bastavano. 
-Poi vi scriverò una lettera- sornione il nonno ripeteva.
Ed io, in età ormai adulta ho preso a scrivere una lettera al chirurgo che mi operava, all'oncologo che mi aveva preso in cura, ad amiche pazienti, a sorella, mamma, marito, figlio, poco felici, per la verità, i miei cari, s’intende.
Lettera, Letteratura, Letteraturos -  turas - tura esse, stare per fare una lettera, perifrastica attiva del verbo lego, essere sul punto di leggere: è così? Ironicamente mi viene la prima traduzione: Sono sul punto di scrivere una lettera. 
Aiuto! Fermateci.
Hanno ragione i miei cari:- Non scriverci più, non vogliamo sentire, non vogliamo leggere, se dovessi occuparti di come far quadrare i conti non faresti esercizi di fantasia!-
 -Ma ti pagano almeno?- domanda qualcuno. 
Vano il mio tentativo di spiegare quante cose, le tante cose che nella vita si fanno senza che abbiano un valore pecuniario.
Si respira, si guarda, si parla, si mette al mondo un figlio, si ascolta. 
Si possono fare tanti gesti senza un immediato ritorno monetario.
Ma ahimè, sono una snob- me lo posso permettere. 
Ce lo possiamo permettere noi che amiamo la letteratura. 
Preferiamo leggere, annotare sensazioni, perché siamo aristocratici, facciamo parte di una élite.
 Aristos- I migliori della società, nel senso più umile e modesto del termine, coloro che vivono di  letteratura.
Non di solo pane vive l’uomo!



martedì 16 febbraio 2016

Michele Marziani Il pescatore di tempo

Nello stagno piatto del mio PC mi ritrovo a pescare. Ho conosciuto del mondo solo questo lago ed ora allungo il filo, sistemo la canna e all'amo aggiungo qualche frase, convinta di pescare anche io.
"Il pescatore di tempo" di Michele Marziani è appena uscito in libreria, su piattaforme digitali, nella collana "Piccola filosofia di viaggio" Ediciclo Editore
Piccole scuse per fughe verso l'ignoto da "La seduzione dell'avventura"
Scorro ogni titolo  di questa collana e mi fermo sui titoli immaginando il testo, scrivendolo da me. 
Piccola narrazione sui piaceri della cerca da "Lo splendore dei funghi" 
Credo che siano, questi due, gli atteggiamenti miei davanti a questo lago grigio del computer: la cerca e la seduzione con piccolo trattato sulla buona educazione nell'era globale da "Il piacere della gentilezza"
Non faccio recensioni di quel che pesco nel web, mi limito a gustare dal libro "Il pescatore di tempo"
"Da quella vita marginale e trasognata, ritagliava l'alba"
 mi limito a star ferma in "Un territorio misto dove l'attesa conta più del risultato"
anche io esploro con l'occhio della lettrice
"L'occhio esplora a sinistra e poi a destra, sotto il salice proteso. Nel Delta del Po la chiamano l'acqua meschizza ,un po' di mare e un poco dolce. Dicono che lì il pesce sia più saporito. Ma il termine rende bene per tutti gli incontri d'acqua."
e posso affermare insieme a quel ragazzo che 
" Tutto quello che sa del Canada il ragazzo l'ha letto sui libri. A leggere succedono cose strane..."
Aspettando quelle famose uova fecondate in Canada e trasportate nei laghi della Val d'Ossola, mai ordinate, io, al contrario dei pescatori dell'Ossola, mi ritrovo sempre a leggere come una pesca 
"La pesca è un attimo,un lampo,un guizzo, capace di cambiare le sorti del tuo girovagare"
Ma se manca l'acqua non puoi pescare.
Nel desiderio di andarmene" Tutti i luoghi sembrano migliori di quello in cui lui vive" scrivo a memoria la mia vita leggendo e scrivendo di quello che non so.
Leggendo le vostre biografie, le radiografie, le storie di un pescatore di tempo, continuo a pescare letture da fare, assaporare e rileggere, decostruendole.
Piccole storie di pesca in acqua dolce, storia intima di un modo di trascorrere il tempo con un tempo amato, stimato e rispettato.
" Se pensa al tempo passato sulle rive per comprendere, capire, lasciarsi attraversare da quel fiume d'acqua e di pensieri. Per un attimo si sente proprio lui, il pescatore, la trota del romanzo, quella che aveva perso la via del fiume, imprigionata in mezzo al mare in una polla d'acqua dolce"
Firmandomi "la trota del romanzo" impigliata come tanti nel disagio quotidiano ringrazio chi, come Marziani, scrivendo ci ridia l'acqua, il varco per sentire l'odore sulle rive di un fiume di pianura. 
Augurandoci che tutti noi come il ragazzo del libro possiamo comprendere all'improvviso.  




domenica 14 febbraio 2016

Nel lettone dei tuoi nonni- Tindaro Granata


Io ti ricorderò così. 
Un bambino al centro di un grande letto matrimoniale, con i nonni al fianco e un nonno affabulatore che ti racconta e ti racconta e poi una notte ti racconterà perché con la nonna non si parla più da cinquanta anni. 

Sono stati sposati 67 anni e non si sono parlati più da quella notte. 
Io ti ricorderò mentre provi a raccontarci, mimando, quella notte di violenza, mimando la vita difficile. Una vita difficile. 
Dalla Sicilia, da Tindari, il luogo con le dita rosate, da Camilleri che so a memoria (col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa) tu Tindaro, sorridendo alla fine ci regali il tuo incontro con Massimo Ranieri, il suo incuriosirsi al nome ed al paese uguale e poi la tua spiegazione sul pescecane, la canzone di Modugno, su quella storia di amore e morte che arrossa il mare di Sicilia.
Un mare color del vino. 
Io ricorderò i tuoi pantaloni e la  felpa che indossavi quella sera in cui gli attori della compagnia di Ranieri ti sorpresero a fare il cameriere. Eri stato con Ranieri un anno, poi avevi avuto un incidente alla gamba, mal curato, sei stato fermo due o tre anni, non eri tornato al teatro e loro invece di capire ti davano ordini. Porta quello e porta questo. Capricciosi. Sei tornato a casa alle due di notte, hai pianto tutta la notte e quel pianto a fatto ritornare in vita te, i racconti dei nonni, la tua voglia di teatro. 
Come è successo con la rucola da me. Te la voglio raccontare questa. Il mazzetto di rucola stava nel frigo, senza acqua, si era asciugato, appassito, morto, una foglia appiccicata all'altra. Buttiamolo, mi fa la ragazza, ed io invece lo lascio inavvertitamente in un piatto con dell'acqua dentro. La mattina dopo, come te dopo le tue lacrime, la rucola aveva bevuto l'acqua ed era più bella di prima, verde squillante. 
Ricorderò e porterò con me, Tindaro, il tuo abbraccio, la tua bravura, la tua umanità. 
Il tuo bisnonno che ha un brutto male allo stomaco e decide di uccidersi, dopo incontro con medico insensibile che gli ripete "Ma per favore! la salute è roba per ricchi"
la tua bisnonna che sputa sulla tomba del tuo bisnonno, ignara della motivazione del suo gesto e vedendosi abbandonata "botta di sangue" ripete come una maledizione.

Mi ricordo anche mio nonno usare l'espressione "Jetta o sangu" 
Tuo nonno che gioca a carte, da pescatore oramai disoccupato e che cerca e ricerca un lavoro da contadino che non troverà
Tua nonna che parla italiano, tua nonna sposa per amore, e la tua casa con gli zii Gaspare, che ebbe un velo nero, la meningite, e zia Peppina, storpia per una caduta
Sulle note di un valzer  che zia Peppina balla e che tu ballerai,  l'amore per il teatro nasce.
Dalla bisnonna Cuncetta che ti prese in braccio e abbracciandoti ti disse:"Avrai tre doni nella vita:Fortuna, Bellezza e  Sofferenza, perché senza la sofferenza non potrai mai capire cosa siano e cosa farne degli altri doni. Sarà la sofferenza come l'acqua per la rucola. 
Non ho preso appunti, vado a memoria seguendo le immagini come si presentano e ti rivedo qui, nel mio soggiorno, al mio tavolo, che continui a raccontarmi trasformandoti in tutti i tuoi cari, in tutti i tuoi nonni, vecchi, nella zia Mena, la seconda moglie del tuo bisnonno materno, prostituta eppure dolcissima,
e tua nonna MariaRosa che avrebbe dovuto sposare un ufficiale se non avesse incontrato il pescatore. 
Tu cambi viso, postura e ti vesti da sposa per il matrimonio della nonna, con un grande lenzuolo bianco,
e poi diventi vecchissimo con la bisnonna Concetta e il suo scialletto. 
Cercare di fare, ci dici, nei saluti, con gli occhi umidi di felicità,  ricordando le moltissime repliche, più di 150, forse 180, scusami non ricordo proprio tutto. 
So però che quel "cercare di fare" tuo si stamperà sempre più nella mia vita sciupata ed in questi giorni regalati e mi spronerà a vincere una volta di più la difficile vita che sta a sud. Contro la pigrizia.  

Tindaro Granata a Lamezia Terme al Teatro Umberto con "Antropolaroid", scatti di gesti, fotografie dei nostri cari che ci portiamo dentro. 

Nella firma finale il saluto dietro le quinte. Per non sparire una volta di più

 Ph Angelo Maggio e Aldo Tomaino
A San Valentino per Ri-Crii 13 ricreareilSENSOpresente "Antropolaroid" di e con Tindaro Granata.

14 febbraio ore 18.00 Teatro Umberto Lamezia Terme.

sabato 13 febbraio 2016

Nulla è per sempre. Per La bambina celeste

Finisco di leggere il file di un bel libro che uscirà il 3 marzo nelle librerie "La bambina celeste" di Francesco Borrasso e rimango turbata nel racconto. Nelle frasi finali c'è un per sempre che mi appartiene. Appartiene ad un mio lungo diario di viaggio che non avrò mai pubblicato. Questo era uno stralcio.
Lo dedico a Francesco ed alla Casa Editrice Ad Est Dell'Equatore, con i miei più cari auguri.

Nulla è per sempre.
Una frase banale nella sua ovvietà. 
Allora perché noi, umani, continuiamo a chiedere ai nostri pensieri, ai nostri affetti, ai nostri progetti, una eternità inesistente.
Avrei voluto mettere la crisalide sotto una boccia di vetro per impedirle di mettere le ali, di trasformarsi, di essere altro, avrei voluto  per sempre la mia adolescenza, mia mamma giovane, mia nonna che raccontava le favole, mia sorella giocare a basket lanciando il suo pallone contro un divieto d’accesso, avrei voluto,per sempre,sentimenti ondeggianti e sway, come la nota canzone, barcollanti.
-Mi amerai per sempre?-E’ una banalità, ma può essere vera se poi aggiungi-finché sarà possibile-finché avrò vita-finché tu lo permetterai-
Poi si scoprirà che il sentimento è univoco, poi si scoprirà che per sempre è un bellissimo sogno, come un bellissimo tesoro celato alla vista degli altri da portare con noi in  quei pochi istanti di confine tra la vita e la morte, quando attraverseremo la barriera.
Porteremo con noi per sempre pochissimo e moltissimo, nei flash finali; il sorriso di nostro figlio, se c’è stato, la pazienza di mamma, la sollecitudine di sorella, e un grande amore e rimpianto.
Non so proprio per sempre come sarà. 
Le persone entrano ed escono dal nostro spazio vitale dandoci testimonianze diverse.
Come attori, anche noi, pronunciamo battute e andiamo avanti, come attori mal diretti improvvisiamo, poi, ogni tanto, stanchi del logorio di battute stantie e ripetute, scambiamo i logori fogli del copione con altri, già recitati.
Nel cerebrale delle mie costruzioni mentali le parole di libri letti prendono forma e vita, le faccio mie e nel giorno che nasce nuove frasi appaiono confortanti.
Nulla è per sempre, tutto è diverso, e chissà perché mi viene in mente Petra rosa, vista dal siq, dal nostro canyon,  scomparsa, ritrovata, visitata, troppo poco. (Da Viaggio in Giordania di Ippolita Luzzo)

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Gli origami di Piero Bonaccurso

Piero Bonaccurso arriva a conferenza appena iniziata. Pierpaolo si alza e lascia il suo posto. Con l'affetto ed il rispetto di un figlio, certo, ma con il riconoscimento di un ruolo di fondatore del teatrop che spetta a Piero. Dal 1976.
Piero saluta, si siede,  prende in mano il depliant della rassegna e comincia a fare origami. Piega la carta fino a formare una fisarmonica, e nel mio guardare rapita le forme che la carta prende ne leggo una storia troppo antica che vedremo il 21 marzo nelle vesti di Mastro Carta. 
Leggo che  l'origine degli origami giapponesi è strettamente legata alla religione shintoista e la valenza sacrale della carta è anche testimoniata dal fatto che in giapponese la parola carta e dei si pronunciano entrambe kami.
Ricordo quando Piero ha iniziato a fare origami, devo trovare le prime forme che mi regalò.

 Continuo a leggere sugli origami:Il procedimento per la maggior parte degli origami si può suddividere in passi più semplici costituiti da un succedersi di pieghe.
 Le principali sono:piega a valle, ottenuta piegando il lembo del foglio in modo che all'osservatore la piega così ottenuta formi un avvallamento;piega a monte, ottenuta piegando il lembo del foglio in modo che all'osservatore la piega così ottenuta formi uno spigolo;
piega a fisarmonica o doppia piega semplice, costituita da una piega a valle ed una a monte successiva;piega a libro, una piega a valle che coinvolge una parte di foglio già modellata da altre pieghe, che viene così mossa lungo una direttrice come, appunto, se si stesse sfogliando un libro" 
Mi sembra di leggere i suoi pensieri seguendo il suo accarezzare e modellare una carta fragile quanto un'arte, il teatro, sempre in balia di eventi che immiseriscono e rendono difficile qualsiasi voglia di esserci, di proporre, di utilizzare le risorse del territorio per farne elemento trainante e pedagogico. Di insegnamento, di volontà. Lui ricorda la stazione di Nicastro, data a loro in gestione e resa di fatto inutilizzabile da situazioni esterne. 
Nel suo averne viste tante in questi quaranta anni di vita nel teatro, ora ha il suo mondo di carta con cui modellare ogni pensiero e darlo in dono, convinto sempre della purezza e della importanza pedagogica del dare. Pedagogia come insegnamento sacro del non sciupare l'entusiasmo e le abilità di ragazzi ed adulti in un territorio sempre oltremodo sciupato 
Intanto al tavolo con il sindaco stanno Greta Belometti e Valentina Arichetta, collaboratrici e artiste della rassegna.
Giovanna Villella presenta, con la sua consueta professionalità,  la Rassegna Teatro Ragazzi al sindaco raccomandando l'urgenza di far eseguire in tempo tutti i passi necessari affinché non venga dispersa l'opportunità per Lamezia e per il teatro di partecipare a progetti europei.
Il sindaco promette e dimostra grande attenzione. Ci auguriamo che la stessa attenzione e professionalità dimostrata in questa sala ieri mattina raggiunga il funzionario e le stanze degli uffici predisposti.  


Sono alla conferenza stampa per l'edizione 2016 della stagione di Teatro Ragazzi, una rassegna che da 27 anni con la Stagione di Teatro ragazzi  è stata selezionata nel 2013 a livello nazionale, tra le dieci "buone pratiche" del teatro durante un convegno promosso dalla rivista teatrale Hystrio al Teatro di Mantova. 
Pierpaolo Bonaccurso, direttore della rassegna, mostra l'articolo di Mario Bianchi, critico teatrale, autore, regista, animatore, tra i massimi esperti italiani del settore, direttore della rivista online “Eolo” (il sito ufficiale del Teatro Ragazzi italiano) nonché autore del libro-pietra miliare “Atlante del Teatro Ragazzi” (2009, Titivillus Edizioni). 
Una storia lunga questa del teatro a Lamezia, che nasce nel 1976 con Teatrop di Piero Bonaccurso  

venerdì 12 febbraio 2016

La bambina celeste Francesco Borrasso.

"Dipingo da quando sono piccolo; la mia prima immagine
artistica è una tela bianca e la mia mano che direziona le
pennellate blu; forse ero appena quindicenne, forse quel
quadro non l’ho mai finito."
Mi siedo e apro il libro di Francesco Borrasso. Oggi non voglio scrivere nulla, mi dico. Mi fa male il braccio. Sono appena stata ad una conferenza stampa, al comune,  e stasera ho una mostra " La ragione dell'informale" del pittore Alberto Badolato.
Apro il libro ed inizio a leggere. 
Ora sono qui a scrivere.
Coincidenza assoluta, direbbe Domenico Dara, autore del suo
" Breve Trattato sulle coincidenze" che presenterò il 18 Febbraio all'interno della stessa galleria.
Coincidenze vuole che il protagonista del libro sia un pittore, come Alberto Badolato. 
"Per me la vita era quella, le pennellate e le tele; erano
i colori e il potere di dominarli. Ero il creatore di un mondo
in cui vivevano le mie regole, il fondatore di una giustizia
che si manifestava con le sembianze di colori; qualsiasi tipo
di decisione spettava a me, cancellare un disegno, rimuovere
una sfumatura, smorzarla, aggiustarla, intensificarla. È stato
l’inizio che ha reso ancor più pesante, poi, la mia caduta dentro
il vortice della casualità, nella vita reale dove controllo è
una parola che non ha alcun significato."
Mentre parlo e scrivo di coincidenze, l'autore, Francesco, mi risponde, Daniel, il protagonista mi risponde"ci rifletto e capisco che tutto, qualsiasi fase iniziale di un percorso importante dipende
esclusivamente da un solo, unico passo; non da coincidenze,
talenti, impegno, forza, certo sono tutte cose che servono, ma
non bastano; è quel passo, in quel momento, in quell'ora, durante
quei minuti, l’afferrare quel secondo; nemmeno lo sappiamo,
ma quel secondo domato è più importante di tutto." 
Ad est dell'equatore è la stessa casa editrice di "Soli eravamo" scritto da Fabrizio Coscia, altro libro da me amatissimo, Fabrizio sa, quasi al limite dell'ossessione leggente, libro che sta nei primi posti del mio regno della Litweb.
 Dopo " Soli Eravamo" ora leggo Francesco Borrasso con questo esordio di grande umanità. Un amore così grande. Un dolore così grande. Una vita non basta a insegnarci cosa farne del dolore, dell'attimo che viviamo. 

"Alcuni dolori sono semplicemente un pensiero che non riusciamo ad uccidere. Alcune sofferenze ci germogliano dentro la testa, ci afferrano per i capelli e ci costringono a ricordare  com'era quell'inferno in cui eravamo capitati."
"La normalità non esiste; è solo un modo con cui le persone
chiamano i momenti in cui non c’è il dolore"
"Quando vivi un sentimento che tende alla speranza, tutte le cose che ti circondano sembrano più vere, più belle; le persone e gli oggetti sembrano al proprio posto; le case sembrano incastrate nelle loro prospettive; l’aria è la somma di sole ed inverno"
.... non ho finito. 
Mi riposo e riprendo domani a scrivere di te.
Oggi 13 febbraio nel riprendere tutto quel celeste che mi riporta a te
"Per sempre" è un bugia. Non ricordo dove ho scritto anche io questa stessa frase, ma posso ora dire di più su questo racconto ritmato sul dolore di un padre che, nella prova, non regge alla condivisione e gestisce un rapporto unico con la sua bambina celeste. Escludendo la donna amata, la compagna, la mamma. 
Un dolore unico come già sembrava unico il rapporto fra figlia e padre, come sono così spesso i rapporti fra genitori e figli. Unici.
Un racconto con un ritmo familiare, come familiare e conosciuta è la tragedia che incombe in questi nostri anni avvelenati da questa epidemia. Il cancro.  
"Veniamo prima di qualsiasi forma di dolore; per quanto la
sofferenza di un altro essere umano possa appartenerci e diventare
anche nostra è sempre con noi stessi che cerchiamo
una tregua."
"Per un essere umano è difficile accettare che la serie di eventi che hanno preso a innescarsi sotto i suoi occhi siano senza controllo;
è destabilizzante, è doloroso essere impotente."
Nella nostra impotenza leggiamo e scriviamo, piangiamo e ridiamo. 
Una scrittura, questa di Francesco, "sincera come l'acqua di un fiume di sera" mi viene di canticchiare con Bruno Lauzi, una scrittura in cui la realtà è immaginazione, nel volo.
Celeste sia il leggere a ciascuno di noi. Dal cielo dove io abito, Litweb. Un regno senza terra.
Una scrittura disciplinata e scelta questa di Francesco.
Il più bel racconto letto in un  buio inizio del 2016 mi riconcilia con chi ama un testo dipinto di celeste.
Uscirà il 3 marzo in libreria e lo amerete come lo amo io

lunedì 8 febbraio 2016

Uniter in festa con Marcello Comitini e Paola Testa

Una serata teatro, musica, immagini e poesie, in una sala affollata di attenti e partecipi ascoltatori. 
Paola Testa, arpista, era in elegante abito lungo, e Marcello  in camicia a righe bianche blu con maglione a girocollo prugna, elegante anche lui. Aspetto fotografie per confermare mie affermazioni. 
Scherzosamente ho iniziato così per far cessare la commozione della serata, la realizzazione immediata dell'evento, grazie a Costanza FalvoD'Urso che ha introdotto la serata presentando gli ospiti, dopo aver sciolto con naturalezza, nei pochi giorni precedenti, qualsiasi perplessità e ogni problema logistico.
Grande la disponibilità dell'Uniter di Lamezia Terme, associazione che ormai da 27 anni è presente sul territorio e grazie  al suo presidente Italo Leone.

Dare vita agli anni è il motto dell'associazione, ed è lo stesso imperativo di Gabriella Barattia, amica e confidente poetica di Marcello, che ha presentato "Terra Colorata" iniziando con "vivere imparando" e terminando in salmo, cioè dando alle poesie di Marcello preferenza  sui Salmi. 

Poi il rapimento.
Sulle note create da Paola Testa "Recuerdos de la Alhambra - F.Tarrega" come brano iniziale, volavano le parole di Marcello, e di nuovo le note, ed ancora le parole, mentre scorrevano le immagini dei dipinti scelti dall'autore stesso, dipinti di Beatrice Borroni, la maggior parte. 
" Non ho sentito nulla" un attimo di un bimbo palestinese di quattro anni che segnerà la sua vita, poesie come " Il commensale sconosciuto"  "Ogni giorno un inganno" e poi "Danzare"
Tra poesie musica e colori all'improvviso, così mi parve, finì troppo presto il rapimento lasciando il languore di voler sentir ancora.
Dal simbolismo di Verlaine ai segni del nostro del tempo, ogni verso ci ha ricordato che noi siamo e non siamo,
"Io non sono un poeta,
sono un povero illuso
che traccia in parole la vita."

Così Marcello in questo che appartiene ad una sua prima ed introvabile pubblicazione degli anni settanta " Un Ubriaco è morto" e che da Pavese a Caproni, delinea il suo esserci al mondo, con eleganza e discrezione, di lato, senza inseguire alcuna ribalta che non sia l'essere coerenti col proprio sentire. Amando i versi e la poesia. 
Regalando la sua disponibilità ad essere amico e regalandomi i suoi versi affinché io a furia di leggerle le capisca!Ma si può afferrare la poesia e farne un possesso? Giammai... 
Con la gioia immensa di aver potuto apprezzare momenti poetici e musicali che risentiremo applaudendo una volta di più.
  

domenica 7 febbraio 2016

Il carnevale finisce male

Il carnevale va va va


Il carnevale va va va
finisce male va va va
e questa maschera ormai
non serve piuuu'
Agli aeroporti di Roma, a Fiumicino, ci sta la segnalazione del carnevale di Lamezia terme, dice un sindaco, orgoglioso dei carri in cartapesta che da anni gridano dal corso cittadino una festa di pupazzi mascherati. 
Il carnevale di Caterina Caselli. 
Scendo sul corso e vedo due adulti, uno mette coriandoli in testa all'altro, dalla fisionomia dei due e dai gesti potrebbero con la stessa disinvoltura piantarsi una pallottola in testa.
Un corso cittadino  sempre sporco perché non esistono più gli spazzini, non esiste più la macchina con spazzola rotante che lavava le vie della città. 
Cacche di cane e piscio umano sono i profumi di una Multiservizi in coma. Un grande apparato amministrativo per non pulire più le strade della città.
Il carnevale come il capodanno lasceranno il vomito per giorni e giorni.
Intanto la televisione si lancia, con Domenica in, nel tema dell'amore. Salvo Sottile con Paola Perego affrontano con sciatteria l'argomento alludendo solo ad un atto meccanico, di pillole blu oppure rosa, e al possesso di un altro essere, come esibizione di potenza. Non mi meraviglia poi che ci siano in giro tanti atti di perversione e di cronaca nera legati a questo amore così stupido. Una carnevalata.
In piazza San Pietro a Roma, Padre Leopoldo esposto morto con Padre Pio morto. Due morti in piazza esposti all'idolatria dei fedeli, due morti, che sarebbero scappati se avessero potuto. Un anno Santo meno santo di questo non lo avremmo mai immaginato. Un giubileo simile a quello che ebbe Martin Lutero.
Una carnevalata.
Non c'è scampo a questi tempi orrendi nemmeno scrivendo il nostro sdegno. 
Mi giunge notizia che sul carro carnevalesco salì questo anno il sindaco per arringare le folle vestite in maschera, vanificando col suo gesto quel che era la festa del carnevale: i giorni in cui si poteva irridere il potere.
Ora è il potere che sale sul carro
tanto e' sempre carnevale
per chi non ha
le spine dentro al cuore
il carnevale va va va
finisce male va va va
e questa maschera ormai
non serve piuuu'


venerdì 5 febbraio 2016

Ci vorrebbero moltissime come Angela e Chris

Ieri sera Angela Lupia Palmieri organizza in Biblioteca l'incontro con Chris Kalenge

Il libro di Chris, presentato dal professore  Franco Ciriaco che ha dato i riferimenti storici e geografici entro cui la vicenda umana dell'autore e del suo paese si svolgeva, è una testimonianza di guerra, di esilio, di viaggio, di spostamenti fisici e psichici. 
Una testimonianza di studi, di opportunità  che travolgono qualsiasi guerra e fanno diventare la vita di Chris quasi una missione. Far sapere a tutti come sia stata e come sia la tragedia del Ruanda, del Congo, del Burundi, la tragedia di guerre continue alimentate da associazioni di guerriglieri. Da Mobutu a noi, dai confini artificiali delimitati a tavolino da penne di colonizzatori del Belgio, della Francia, dell'Inghilterra, degli Stati Uniti che aiutarono un tiranno ad insediarsi, la terra insanguinata da troppe armi sta. 
"La mia Africa" era per i colonizzatori. "Congo"  di Michael Crichton
Armi e malattie. Danni ingenti della guerra su uomini e sulla terra. 
Dal film "Hotel Ruanda" che riavvolge la pellicola al video che fa vedere Chris stasera, la tensione di svelare a tutti quanta sia grande l'ingiustizia e la sofferenza di un intero continente. Il continente madre. Dall'Africa dove nasciamo tutti. 
Dall'impegno di Angela e di Chris la speranza che il bene possa un giorno affermarsi, che il loro sorriso e la loro fermezza possano raggiungere i luoghi dove si decidono i destini di moltissimi.

Angela ha scelto studi di antropologia che l'hanno portata in Sierra Leone al tempo dell'Ebola.
Chris ha fatto studi di ingegneria e ora dopo un tirocinio presso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni a Bruxelles nel 2010, ed aver  lavorato come tutor accademico allo IUSS fino al 2014, dal 2012 organizza conferenze sulle crisi umanitarie nella regione dei Grandi Laghi in Africa.

giovedì 4 febbraio 2016

Uniter con Tiziana Iaquinta

Uniter ieri sera, mercoledì 3 febbraio 2016,  con Tiziana Iaquinta arrivata da Cosenza a bordo di un monovolume bianco. Bellissimo mezzo che io scorto con mia panda viola fino alla Casa Del Sacerdote, sede dell'Uniter.
L'aspettano in tanti.
Più che lezione Tiziana fa una conversazione di alto livello e nello stesso tempo umana ed  avvolge l'uditorio in un unico corale sentire. 
I soci erano estasiati, nessuno si alzò per allontanarsi, anzi, alla fine non volevano più andare via abbracciati dalle parole di Tiziana. 
Eppure erano state, le sue, parole forti, complesse. L'argomento era il dolore. Come affrontare il dolore con la nostra fragilità. 
Non esiste un guardare in faccia il dolore. Ora solo rimozione si attua, ci dice Tiziana, raccontando di una scuola sempre più impreparata alle debolezze viventi nei banchi, raccontando di mamme che non domandano ai figli eppure fanno mille messaggi. Si rimuove l'incontro con il dolore, con le fratture, con le separazioni, con le ferite e si lascia che sia il tempo a lenire. Il tempo non lenisce niente, incancrenisce e nel darci questo avvertimento racconta ancora come abbia lei affrontato il dolore, come sia nato da un dolore grande un libro " Ciao, Caterina" come abbia lei ripercorso sulla soglia la casa appena lasciata dal papà di Caterina, la loro bimba di cinque anni. 
Nell'impatto con le difficoltà la svolta. 
Sembra il suo di stasera la continuazione di altro bellissimo momento  successo sabato sera con Vittoria De Marco Veneziano, una altra grande testimonianza di svolta.
Nel fare della nostra vita materia commista agli studi amati anche le discipline che poi si insegnano vivono e la scuola non è più solo test e codici. 

La farfalla che appare nelle mani di Tiziana, gioco di movimento, ricorda il titolo del libro di Vittoria de Marco Veneziano " La Farfalla dalle ali spezzate" 
Nel grande desiderio di rivedere entrambe a Lamezia, nel ringraziarle speriamo di  applaudire il monologo, portato sulle scene da Marco Paoli, attore e regista, che si è innamorato del testo
 " Ciao, Caterina" io qui, nel mio intervento alla fine ricordo la responsabilità delle nostre azioni di fronte a gioia e dolore in qualsiasi luogo noi ci troveremo. Essere abili alla risposta, qualsiasi sia la domanda che la sorte oppure i nostri simili ci faranno 





Curriculum scientifico:

  • (1997-2001) Dottorato di ricerca in Modelli di formazione. Analisi  teorica e comparazione – Università degli Studi della Calabria, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
  • (2002-2005) Assegno di ricerca– Università degli Studi della Calabria, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
  • (2010) Ricercatore confermatoin Pedagogia generale e sociale (SSD M-Ped/01)
Ultima pubblicazione 
  • IAQUINTA T.,La fragilità, il silenzio, la speranza. Una pedagogia del dolore per insegnare a costruire la felicità, Aracne, Roma, 2014.

mercoledì 3 febbraio 2016

Ho conosciuto Domenico Dara leggendo questa sua lettera

"A TORINO PIOVE SEMPRE"di Domenico Dara
mercoledì, 29 gennaio 2014 

Non era abituato a ricevere telefonate. Lo squillo si diffuse nelle stanze vuote come un urlo. Afferrò la cornetta esitando. Pronto? Tale Mario Marchetti gli annunciava che era tra i finalisti del premio Calvino. Io? Sicuro? Il signor Marchetti aveva una voce senza età, poteva avere 30 o 100 anni, e questo lo confondeva di più. Non capiva cosa dicesse, nella testa gli scorrevano solo quelle parole, finalista del premio Calvino, finalista del premio Calvino come sottotitoli d’un film muto. Non lo dica a nessuno, concluse la voce senza tempo, più in là verrà contattato dalla nostra segreteria. Forse non si erano nemmeno salutati. 
Sorrise, si guardò intorno:non è un sogno. Sorrise anche qualche settimana dopo, quando, seduto alla scrivania, la segreteria gli telefonò per i particolari. 
La voce gioiosa di Gaia Salvadori era quella d’una ragazzina all'ultimo giorno di scuola: una camera doppia lo aspettava il 19 aprile all'hotel Alpi Resort. Finita la telefonata, il postino aprì il suo breve trattato e trascrisse la coincidenza numero 632:
Gaia mi telefona proprio quando trascrivo
sul quaderno un aforisma da La Gaia scienza di Nietzsche:
Da quando fui stanco di cercare / imparai a trovare."

Avevo mandato un mio manoscritto al Premio Calvino quell'anno e leggevo e rileggevo le lettere dei premiati, di Giuseppe  Catozzella, di Gianni Agostinelli, di Domenico Dara.
Non ho ancora letto i romanzi  degli altri due, ma ho letto il Breve Trattato sulle Coincidenze di Domenico Dara  più di una volta.
Venne quell'anno a Lamezia Terme ed io andai alla sua prima presentazione alla libreria Tavella il 16 luglio 2014.
Andai via leggermente infastidita dal modo in cui uno dei presentatori parlava del libro, chiesi amicizia a Domenico Dara e la sera stessa spiegai il perché fossi andata via, poi, grazie all'informazione di Pasquale Allegro, altro suo relatore, riandai a sentirlo a Jacurso il 6 agosto, serata organizzata da Loredana Ciliberto.
In seguito  ho partecipato a qualcuna  con mio grande entusiasmo. 
Sarebbe bastato che quella sera io non potessi raggiungere Jacurso e non sarei qui a scriverne. Invece quella sera avevo trovato il passaggio da un angelo.
Le coincidenze che creano un sentiero, se avremo possibilità di percorrerlo.

"Era felice, che finalmente era uno scrittore. Non ricordava nemmeno di averlo spedito, quel manoscritto. Di messaggi al mondo ne scriveva ogni giorno, e forse quel libro era un messaggio più lungo, che il suo destinatario se l’era scelto proprio bene, che non immaginava ci fossero lettrici e lettori che potessero restare affascinati dalle sue combinazioni di parole. Tutto alla fine si ordinava: gli uomini, le azioni, i pensieri, ogni cosa compie centinaia e centinaia di giri, si muove, si allontana, sparisce, ma poi, alla fine, tutto si colloca nel suo giusto posto."

 Rileggo sempre con una commozione particolare questa sua testimonianza e non leggo più il mio manoscritto, lo so a memoria.
Conteneva una serie di lettere che avevo scritto, moltissime lettere, che avevo mandato ad un mittente sconosciuto, ad uno scrittore di cui leggevo tutti i suoi romanzi, interagendo con i personaggi dei racconti come se fossero veri. 
Nelle lettere esisteva il tentativo di ricostruire me  stessa attraverso le tante letture amate, i film, le canzoni, i rimandi, i riferimenti che fanno chi siamo. 
Non sapevo ancora che le lettere avrebbero preso il volto del postino di Domenico Dara e del suo tentativo di colmare le mancanze, i buchi della vita, semplicemente riscrivendo le lettere. 
Basterà riscriverle.    





martedì 2 febbraio 2016

Nel cuore della guerra Chris Kalenge


Chris Kalenge  nel 1996 aveva 18 anni e con  la famiglia, padre, madre, due fratelli e quattro sorelle, dovettero lasciare le loro case e iniziare una lunga fuga fra le foreste del Congo, alla ricerca di un salvezza.

La prima guerra della Repubblica democratica del Congo (1996-1997) e la seconda guerra (1998-2003) Battaglia di Kinshasa,  hanno coinvolto molti altri paesi africani, tra cui Angola, Burundi, Ciad, Namibia, Ruanda, Uganda e Zimbabwe.
Il libro di Chris Kalenge "Nel cuore della guerra"  racconta come le truppe governative, le forze ribelli, i mercenari, i bambini soldato, i guerrieri tradizionali, la popolazione, i politici, le ONG e i giornalisti interagiscono nel contesto di un conflitto armato in Africa.
Leggo questo su recensione al libro, e mi scorrono davanti agli occhi le immagini di "Hotel Ruanda", la guerra fra Hutu e Tsuti
Dal palco di Reggio Calabria, a Tabularasa,  contro il pregiudizio universale io ricordai questa guerra.
http://trollipp.blogspot.it/2014/07/tabularasa-oltre-il-pregiudizio.html 
 Da Wikipedia:Il genocidio del Ruanda fu uno dei più terribili episodi della storia dell'Africa del XX secolo. Dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, vennero massacrate a colpi di armi da fuoco, machete pangas e bastoni chiodati, almeno 500.000 persone, secondo le stime di Human Rights Watch; il numero delle vittime tuttavia è salito fino a raggiungere una cifra pari a circa 800.000 o 1.000.000 di persone. Il genocidio viene considerato concluso alla fine dell'Opération Turquoise, una missione umanitaria voluta e intrapresa dai francesi, sotto egida dell'ONU.
La guerra razziale fu uno dei lasciti del colonialismo belga. 
Fu l'amministrazione coloniale del Belgio che, a partire dal 1926, trasformò quella che era una  differenza socio-economica (gli Hutu erano agricoltori, i Tutsi allevatori) in una differenza razziale basata sull'osservazione dell'aspetto fisico degli individui. I Belgi osservarono che i Twa, un terzo gruppo etnico dell'area, corrispondente ad appena l'1 % della popolazione, erano di bassa statura (come i pigmei), gli Hutu di media altezza, e i Tutsi erano di altezza maggiore, con lineamenti del volto e del naso più sottili. E su queste differenze inscenarono la divisione
Così facendo i gruppi si irrigidirono e non fu più possibile cambiare gruppo. I Tutsi divennero i ricchi al potere, gli Hutu i poveri che dovevano subire tutto. Dopo sanguinose rivolte e massacri, gli Hutu, con l'accordo dei belgi, presero il potere nel 1959–1962 e iniziò la lunga persecuzione dei Tutsi.

Giovedì 4 Febbraio, ore 17,30,  a Palazzo Nicotera, Chris Kalenge con il professore Franco Ciriaco parleranno dei motivi per cui si scappa via dalla propria terra. 

lunedì 1 febbraio 2016

Antonella Questa " Vecchia sarai tu!"

Monologo di Antonella Questa.

La vecchiaia è una carogna, diceva spesso mio zio, in età adulta. Mio zio è morto a casa sua, dopo una lunga degenza, immobilizzato in un letto. Lo andavo a trovare e lui, sempre ironico ed affabile, mai si lamentava, anzi mi raccontava aneddoti e ci mettevamo a ridere. 
Ripenso a lui e mi scorrono immagini di vecchiaie diverse. Ci vuole fortuna anche nella vecchiaia, ci vuole quella torcia che la nonna ha con sé, sulla scena,  per fuggire dalla casa di riposo dove la nuora l'ha relegata, dopo una semplice caduta. 
Nella fuga ci vuole fortuna, si rischia altrimenti di essere riportati dentro, ed infatti la nonna viene acciuffata e ricondotta nella detenzione della dipendenza.
Nel letto con le sbarre alte affinché non si possa scendere ed andare al bagno, nel pannolone da dover portare per eliminare fastidi. 
Fra le tre donne, suocera, nuora e nipote, giganteggia la nonna, livellando le altre due alle banalità del contingente.
Cambiando una sciarpa, da usare come scialle, nella casa di riposo, come sciarpa lasciata scivolare sulla spalla, nella nuora, oppure arrotolata intorno al collo nel caso della nipote, Antonella Questa interpreta i tre personaggi e dà loro vita e differenza.
Una sciarpa che è una vita srotolata.
Con i movimenti sincopatici della francese, la nuora, alla ricerca sterile di un piacere narcisistico, con i movimenti frenetici della nipote che vende gelati, gelati di ogni forma e colore, senza contratto e senza tempo, con i movimenti lenti e recitativi di ricordi vivi di una donna che si ribella ad una vecchiaia cosa, diventata oggetto e medicalizzata, lo spettacolo ci fa piangere e sorridere come ogni buon spettacolo dovrebbe.
Nel diniego continuo, che non dovrebbe essere così  la parte ultima del nostro viaggio sulla terra, il monologo finisce con una speranza;
Che si ridia dignità ad una età, ad una casa, ai nostri mobili, ai nostri momenti, ad una affettività derubricata dagli impegni del quotidiano.
Ribellandomi come la nonna, ripenso a Clara Sereni con Una Storia Chiusa" Un anno di vita nella Casa di riposo scorre con tanti flash: sugli eventi temporali e accidentali, interni ed esterni e sulle singole persone, che si raccontano. Intrigante l’espediente letterario che unisce  il filo conduttore del giallo con le dinamiche all'interno di una residenza collettiva." Ripenso a lei che è andata a starci di sua volontà in una Casa di riposo. Questo fa la differenza. La scelta. 
Applaudiamo l'attrice ed autrice del testo per l'ironia e la bravura con cui ha messo in scena la nostra fragilità al divenire del corpo



Giovanna Villella cura con la cooperativa InRete, da sempre, la Stagione di prosa
In questa veste stamattina ha  presenta agli alunni delle scuole superiori di Lamezia Terme lo spettacolo "Vecchia sarai tu", inserito nel programma Vacantiandu, dell'associazione teatrale I Vacantusi.

Sul  sito di Antonella Questa: "Con VECCHIA SARAI TU! (produzione 2012, scritto insieme a Francesco Brandi che ne firma la regia e le coreografie di Magali B.) abbiamo vinto i premi:
Premio Museo Cervi 2012 – Teatro della Memoria
Premio Calandra 2012 come Migliore Spettacolo  – Migliore Interprete e Migliore Regia"