domenica 29 settembre 2019

Cortesie e Scortesie

Nella relazione che terrò dovrò prima chiarire e chiarirci su ciò che per noi sono le cortesie e le scortesie e poi delimitare il discorso alle cortesie e scortesie negli ambienti degli scrittori, delle associazioni culturali, dei blogger, nell'ambiente libro, per intenderci. Cortesie e scortesie nel variegato mondo delle persone che scrivono, male o bene, che parlano male o bene, insomma nel luogo dove non ci sarebbe da aspettarsele mai. 
Partiamo dal significato di Cortesia: Il complesso dei requisiti che rendevano idoneo alla vita di corte e ne costituivano il carattere essenziale: si compendiava nelle virtù della gentilezza e della generosità, ed era uno degli elementi fondamentali dell'educazione cavalleresca: fu tanto a dire cortesia quanto uso di corte (Dante); Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori, Le cortesie, l'audaci imprese io canto (Ariosto). E dalla Treccani cortesia. - Parola-chiave della civiltà medievale, aveva però già allora un significato consunto nella trita realtà quotidiana (" gentilezza di modi ", " urbanità ", " benevolenza ", " generosità ", " onesto e virtuoso operare " e affini):  a testimoniare la fatale involuzione o l'impoverimento di un termine così pregnante e impegnativo.
e quindi Scortesia: Palese mancanza di educazione e di gentilezza nei rapporti umani, atto, comportamento scortese.
E parliamo dunque di invidie e calunnie, del desiderio di voler danneggiare un altro, così, solo per antipatia, o perché si ritiene che possa far ombra.
Una volta, uno di voi mi consigliò di non frequentare una mia amica bravissima perché avrebbe potuto farmi ombra! Va da sé che io lo guardai sorpresa e sconcertata e continuai a frequentare la mia amica onorando il proverbio di unirmi e scegliere i migliori di me, per imparare.  
Sono poi dell'avviso che siamo tutti migliori, cioè abbiamo tutti belle qualità, diverse, certamente, però ognuno possiede delle abilità. 
Un altra volta una professoressa mi chiese un pezzo e aggiunse: Voglio proprio vedere se mi farai un pezzo, Tu che lo fai a Cani e Porci!" Rimasi basita e arrivata a casa, sul social, attaccai a chiedere se quel suo comando imperativo e la sua asserzione in effetti non le si ritorcesse contro. Se avessi fatto un pezzo anche a lei avrei confermato cosa? di farlo implicitamente a cani e porci, come lei aveva affermato ed io in effetti non mi sarei mai sognato di pensarlo. Beh, era sicuramente un'uscita infelice, se ne fanno tante senza volerlo. Nel libro di Grazia Cherchi, Basta Poco per sentirsi soli, lei ne racconta tante. Tantissime scortesie che ci fanno ormai l'effetto di uno spillo oppure fiaccano la volontà di scrivere. Credo che fiaccare l'entusiasmo dell'altro sia proprio ciò che si prefigge lo scortese. 
Così riflettiamo con lei, seguendola nei suoi ritratti di incontri con poeti, scrittori, editori, lei si occupava di editing, di accompagnare e scoprire autori, e seguiamola a far di ponte in tante iniziative, a suggerire i nomi da invitare, a seguire gli autori, e ad essere poi scavalcata, una volta che l'autore o chi ha raggiunto l'obiettivo non ha più bisogno di lei.  Lei non viene più ricordata, ormai il ponte è dietro le spalle, lei ormai non serve più. La smemoratezza è una delle prime cause delle scortesie? Quello che più sorprende poi è la coazione a ripetere. Certo che la persona che fa una scortesia poi ne fa due o tre o più, diventa la cifra del suo agire, scorda e non ha consapevolezza del suo agire che a lei sembra immacolato. 
Così nel corso degli anni, dopo essersi vistasi tolta da direttivi dove pensava ancora di far parte, solo sentendo la presidente che dall'alto del palco diceva tutti i nomi dei componenti tranne il suo, dopo aver subito l'ostracismo di alcuni giornalisti che si rifiutavano di fare articolo su ciò che lei proponeva, lei, Grazia Cherchi concludeva  e commentava  con la sua ironia feroce sulla piccolezza dei mediocri. 
Dopo le analisi però ognuno di noi, in ogni nostro ambito, deve vedere tutto ciò come un'opportunità. "Basta poco per sentirsi soli" ed è così che mi sono sentita io quando qualcuno mi ha chiesto:- Come stanno i tuoi contatti?- Volendo ridurre in un solo momento tutto ciò che di più bello mi sia accaduto in una somma di contatti chissà come avuti. 
Vorrei raccontarvi come. spinta dalle scortesie locali, io abbia trovato stima e spazio nelle riviste nazionali. A Lamezia ho contribuito alla nascita di un sito online di notizie e poi me ne sono andata perché spazio non vi era più per me. Non ha importanza, perché lo spazio negato al proprio paese porta inevitabilmente alla fuga nel web 
  

Intervista a Gianluca Barbera su Pangea

Sono 2049 le visualizzazioni sul mio pezzo del maggio 2019  per il libro di Gianluca Barbera, Marco Polo. 
Dopo di allora, su Pangea, l'intervista e la lettura di Magellano, il libro precedente di Gianluca. 
http://www.pangea.news/gianluca-barbera-intervista-ippolita-luzzo-marco-polo/ 
Libri di un grande rigore storico e di una immensa e potente immaginazione.
Gianluca Barbera sarà a Lamezia Terme a parlarne con gli alunni del Liceo Classico la mattina, e il pomeriggio in libreria, giorno 24 Ottobre. 
Nel mentre lo aspettiamo, mi piace riportare, qui sul blog, la mia intervista, già pubblicata dalla rivista letteraria Pangea che vi invito a leggere in tutte le sue interessanti proposte. W Pangea http://www.pangea.news/gianluca-barbera-intervista-ippolita-luzzo-marco-polo/ 

“FACCIO DI TUTTO PERCHÉ IL LETTORE NON SI ANNOI. FIN DA PICCOLO HO VIAGGIATO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO CON LA MENTE, COME IL PERSONAGGIO DI JACK LONDON…”: IPPOLITA LUZZO CERCA DI IPNOTIZZARE L’INAFFERRABILE GIANLUCA BARBERA (ERGO: MARCO POLO)
Pangea
Posted On Luglio 09, 2019, 10:07 
Marco Polo intorta meglio. Intervista del Regno della Litweb con Gianluca Barbera

Ippolita Luzzo:- Intortare: coinvolgere, compromettere. Imbrogliare, abbindolare, far opera di persuasione per convincere, sembra oggidì di grande attualità. Tutti intortati da fake news, tutti intortati e convinti a urlare, ad essere rabbiosi. Per fortuna esiste un altro modo di intortare ed è quello della letteratura sui viaggi immaginari nei libri, nel fantastico mondo della storia, e quel coinvolgimento ci porta non a urlare ma a vagare felici. Già con Magellano, tra i finalisti del Premio Acqui Storia, e poi con Marco Polo (Castelvecchi, 2019), Gianluca Barbera ci intorta felicemente. La prima domanda è proprio questa. Come e con che lievito si prepara una torta letteraria?

Gianluca Barbera:- Partirò dal terrore che ho di annoiarmi, nove romanzi su dieci mi tediano terribilmente e siccome voglio bene ai lettori faccio di tutto perché non si annoino, imparino qualcosa (ammesso che si possa insegnare qualcosa agli altri, visto come siamo difettosi noi stessi) e si pongano delle domande. Cerco dunque di creare mondi nei quali farli entrare quasi in uno stato di sogno, di dimenticanza: una dimensione mitica che ci rimanda alle narrazione primigenie, da Omero in poi: perché se la realtà diventa qualcosa di solido contro cui sbattiamo la testa nel presente, nel futuro ciò che resteranno sono le storie, i miti, le narrazioni, perciò io prendo Marco Polo, e alla maniera di Salgari lo faccio incontrare con il leggendario Vecchio della Montagna, capo della setta degli assassini, e vedo che succede; oppure lo trasporto al cospetto della mitologica Arca di Noè, sul monte Ararat, e scateno l’inferno.

Ippolita Luzzo:- Nel Regno Della Litweb Marco Polo è giunto il 30 maggio 2019 raccontandomi tutto con sincerità “A giorni ero atteso in una delle corti più blasonate d’Italia, dove sarei stato accolto come un re d’Oriente, altro che ortaggi! Da lì ripartirò, signori miei, poiché non c’è sviluppo che non sia già in potenza…”. Nel mio regno e da regina ho subito apprezzato il racconto dell’illustre ospite e d’altronde chi ero io a poter dubitare di un racconto? Se una cosa si racconta diventa vera, crediamo ciò in letteratura, e sono diventati veri tanti topos, da L’isola del tesoro al Regno Della Litweb, così veri da interagire e dialogare con personaggi storici veri o presunti tali. Nella delizia del racconto quali sono i topos che amiamo in un racconto? Quali quelli amati da Marco Polo?

Gianluca Barbera:- Nel romanzo accadono centinaia di cose, almeno un paio ogni pagina, in un vorticoso susseguirsi che sfida la resistenza del lettore: miti pagani, racconti biblici, credenze sufi, teogonie, cosmogonie: e dunque pilastri che reggono templi senza poggiare sul pavimento, brocche di vino che si sollevano dal tavolo e come guidate da un filo invisibile giungono in volo nelle mani degli ospiti a banchetto, montagne che si spostano da sole, laghi nei quali non si va mai a fondo e sulle cui sponde una volta l’anno i pesci si ammassano per lasciarsi pescare, cascate poderose il cui frastuono rende sordi e ciechi, fate morgane ingannevoli, donne dalla pelle dura e dolce le cui carezze non si potranno mai più dimenticare, serpenti rivelatori, fulminee apparizioni come quella dell’araba fenice, ma anche storie legate a Gesù, a Maometto, a Buddha: perché in Oriente (così credevano gli uomini dell’epoca) tutto è possibile e la logica comune non vale più.

Ippolita Luzzo:- Sto leggendo Jonathan Gottschall L’istinto di narrare e lui ci dice a pagina 174 “La narrativa di una vita è un mito personale. Ogni resoconto è una narrativa accuratamente modellata, colma di dimenticanze strategiche e significati abilmente elaborati”. Una storia di vita è una finzione narrativa estremamente utile. Non a tutti riesce però. Ecco perché solo alcuni avranno il privilegio di andare lontano come Marco Polo o Magellano, come Gianluca Barbera o me da regina di un regno che non esiste, senza sfiorare il ridicolo ma convincendo gli altri, certi della costruzione letteraria. È un privilegio, vero? di sicuro un’abilità, costruire storia anche e soprattutto su noi stessi? Pochi riescono vero?

Gianluca Barbera:- Ciascuno di noi possiede un dono, un talento: si tratta di avere la fortuna di scoprire qual è. Fin da piccolo io ho viaggiato nello spazio e nel tempo con la mente, come il personaggio del Vagabondo delle stelle di Jack London. Da grande ho cercato di sfruttare questa mia abilità, questo mio dono. Scrivo di ciò che mi riesce bene; e se qualcuno mi chiede di occuparmi di temi che non mi sono congeniali dico di no. Ma lo ripeto: tutti abbiamo un qualche talento, coltiviamo quello senza intestardirci in cose che non ci appartengono

Ippolita Luzzo:- Nel mio blog, nato nel 2012, in modo fortuito e giocando sul nome dal mito la regina delle Amazzoni, sono diventata la regina della Litweb ed è un personaggio che ha vita propria, quel giardino ben coltivato di cui parlava Tabucchi in Dietro l’arazzo. Qui, nel mio blog, Marco Polo è stato letto raggiungendo migliaia di visualizzazioni benché e forse proprio perché anche lui si trova a suo agio in un regno che non c’è. Vero? Così scrivo di lui nel blog “Sembrano Le mille e una notte, sembra Sherazade, sembra mia nonna narrare ogni sera storie lunghissime e che non finivano mai. Chi racconta ha già il potere di tenere incatenati tutti alla storia e questa è la bravura di Gianluca Barbera, del quale voglio leggere anche Magellano, suo precedente libro e atto teatrale interpretato in questi giorni da Cochi Ponzoni, a Milano, con successo. Poco importa se è un Marco Polo in crisi di identità, infatti a furia di narrare la sua storia lui perde i confini fra il vero e il falso e come succede spesso non sa più chi lui sia”. A dir la verità chi potrebbe dire con sicurezza chi lui sia?

Gianluca Barbera:-Sì, tu hai creato un tuo mondo dotato di solida realtà, così come io ogni volta che scrivo un romanzo invento da capo un nuovo mondo: si tratta di fare in modo che quel mondo immaginario diventi particolareggiato, vivo, reale come quello in cui viviamo quotidianamente. Io cerco di creare mondi nei quali vorrei vivere, mettendo in scena personaggi che vorrei incontrare e situazioni nelle quali vorrei trovarmi: per lo più situazioni da sempre sognate, fin dai tempi della mia infanzia. Anche Stevenson era di questo avviso, anche lui andava in cerca di una tale reinvenzione del mondo: in questo e in molto altro sento di somigliargli. Così come quasi ogni libro che scrivo è un omaggio a Salgàri (anche se Marco Polo è prima di tutto dedicato a mia moglie).

Ippolita Luzzo:- Nel Regno Della Litweb applaudiamo ai bravi per davvero, nel segno di Boezio, nella consolazione della filosofia, nel vero che sarà vero anche in un racconto di dove tutto è possibile e come dici tu “la logica comune non vale più”. Sarà questo fuggire via con Marco Polo, sarà il bellissimo uso del nostro pensiero, come compagno, a non farci diventare monotematici, a non farci diventare sciocche macchine di comportamenti ripetitivi. Evviva dunque lo spazio che tu, Gianluca, abiti ed evviva il nostro regno della fantasia, il regno dove si trova la nostra più bella letteratura. Una letteratura amica. La meraviglia negli occhi di Aristotele e la meraviglia nei nostri occhi. Forti di tutto ciò questi tempi sguaiati non ci avranno. Evviva Salgàri, anche da me amatissimo e riscatteremo Salgàri. Hai letto Demetrio Paolin Non fate troppi pettegolezzi? Ecco noi non facciamo troppi pettegolezzi ma vogliamo di nuovo che i racconti di fantasia, come Marco Polo, siano il balsamo per questi tempi feroci.

Gianluca Barbera:- Grazie per le belle parole, e ora se mi permetti io scompaio per lasciare il posto a Marco Polo (mio alter ego), che vi verrà incontro, vi prenderà per mano e vi porterà via con lui, in un altro mondo, ad anni luce di distanza. Buona lettura.

E dal Regno della Litweb è tutto. Vado via con Marco Polo e Magellano 

Ippolita Luzzo

“E se non puoi la vita che desideri” ho sempre fatto di questi versi il mio breviario, la mia preghiera. Ho poi accettato l’emarginazione di vivere non solo in una periferia della periferia ma anche in un Lametame di atroce mediocrità, “nell’asfittico spazio del destino” dove nessun giornale, nessuna radio, nessuna televisione, mi ha offerto di collaborare. Ebbene anche in situazione di grande difficoltà l’immaginazione è sempre volata libera e ha fatto i viaggi più fantastici. Ed ora mi trovo qui a ricevere a casa Magellano e Marco Polo, mi trovo ad aspettare Gianluca Barbera a Lamezia ad ottobre, tutto questo grazie a Kavafis e allo smisurato amore verso la letteratura.


E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.


Constantinos Kavafis



sabato 28 settembre 2019

Lidia Paola Popolano Rinascite

"Le persone non cambiano, si rivelano." 
Leggo e conservo dai tuoi racconti, avuti in anteprima e ora accompagnati in libreria appena ho avuto la notizia che sono stati pubblicati.
Non so se sia un diario, uno zibaldone di pensieri, bozzetti e frammenti, so però che si seguono e si leggono come se ci appartenessero. 
Esiste sicuramente un filo conduttore che ci lega, dai ricordi dell'infanzia, alle relazioni amicali, dal voler parlare di uomini e donne che noi stimiamo e vorremmo fossero conosciuti da tutti, al grande amore verso la letteratura. Questo è tutto ciò che ci accomuna e ci fa sentire quella comunità di anime che si incontrano. Lei ci regala sprazzi, attimi, visioni di tempo, di ciò che ha conservato, ne fa dono. 
"La mamma che canta e tutto canta con lei" scopriamo che la mamma è un ricordo della bimba di otto anni, e " Voglio ricordarti così" dedicato a chi ha preso il posto della mamma, andata via troppo presto.
" La spiaggia deserta che mi dà la giusta distanza" e ricordi la Fossey, affinché tutti ricordino lei, una zoologa statunitense che ha 
dedicato gran parte della sua vita all'osservazione e allo studio dei gorilla. Dian Fossey fu assassinata la sera del 26 dicembre 1985 nella sua capanna a colpi di panga, un bastone usato dai bracconieri per uccidere i gorilla.  Farley Mowat, il biografo di Fossey, ha scritto nel suo libro Woman in the Mists, che  la morte della studiosa è da attribuire a chi in Ruanda non aveva interesse alla salvaguardia dei gorilla o chi vedeva in Fossey una minaccia alla  attività turistica della regione
" Nel paradiso perduto dentro di noi incontriamo una rete di anime che ci tendono le mani. Nel paradiso perduto possiamo rivivere le nostre esperienze e perdonare. Nel paradiso perduto possiamo imparare persino a perdonare noi stessi. Ed è la cosa più difficile"
Sono pensieri sparsi che si susseguono, pensieri sull'amicizia, desiderata, rispettata, il trovarsi fra amici, e pensieri sulla casa abitata, nella " Serenità del caos", e pensieri su cosa sia realtà di un singolo individuo, da cosa venga creata, nell'immaginario. 
" La realtà sarà superiore a qualunque aspettativa, perché tu in realtà conosci già il tuo futuro. Il futuro già c'è perché esiste il destino."  
Ogni cosa è intrecciata  e quando arriverà il presente tu lo riconoscerai. Mi piace che ciò di cui si era parlato, ciò di cui si era pensato possa essere un atto del presente, del momento continuo di un cogitare. 
Nella somiglianza delle nostre elaborazioni c'è "la capacità di comprendere il ritmo delle azioni silenziose" e con questa stupenda immagine di comunicazione voglio salutare il libro, con la felicità immensa di essere io la prima a parlarne nel regno inesistente della Litweb, dopo la prefazione recensione di Davide Grittani che di Lidia scrive: "Non è una narratrice, perlomeno
non nel senso più profondo e consapevole del termine. Forse più una distillatrice di versi. Lo si capisce dalle continue incursioni della poesia nella sua prosa, dal fatto che molto spesso la narrazione ceda il passo all'estasi, l’atmosfera delle parole all'incanto dei periodi
sospesi" ed ancora "Ma proprio la consapevolezza di non poter reggere la perfezione di un racconto compiuto, la
dannazione di un romanzo esemplare, consentono a Lidia Popolano di accamparsi in una terra di mezzo in cui allestire una propria dimora provvisoria eppure eterna" 
Una specie di campo d'accoglienza per richiedenti asilo, ci dice ancora Davide Grittani e noi lettori concordiamo, ben felici di far parte di questo mondo senza età, della chimera che si chiama letteratura. 
A grandi cose con Rinascite 
Di Lidia Paola Popolano continuiamo a seguire i suoi pensieri, le sue sceneggiature, le sue poesie. Finalista in molti concorsi nazionali, Lidia ha da tempo conquistato il suo posto in Litweb. 
Ippolita Luzzo 

mercoledì 4 settembre 2019

Le scortesie come opportunità

Fin quando non ci fiaccano inesorabilmente, le scortesie possono essere un modo come un altro per insegnarci a reagire.
Parlo delle scortesie che supponiamo di ricevere perché di quelle che facciamo noi verso altri, in modo volontario o involontario, nemmeno ci accorgiamo, nemmeno se, chi ha ricevuto da noi la scortesia, riesce a dircelo.
Noi allora negheremo di aver mai avuto quell'atteggiamento, di aver noi scaricato per prima, di aver noi voluto quell'incarico o aver noi voluto apparire al posto dell'altra. 
Noi mai abbiamo fatto sgarberie! Noi mai. 
Va da sé quindi che se interrogheremo chiunque se avrà mai fatto sgarberie nessuno ne confesserà e ci resterà quindi il dubbio di vivere in uno strano paradiso di gentilezza ed educazione e di non esserci mai accorti di ciò. 
Non è così però, visto che in tanti si lamentano di ricevere scortesie, alcune pesanti, come la mancata corresponsione finanziaria di un lavoro, altre meno percepibili ma altrettanti gravi, come il mancato riconoscimento per la risoluzione di un progetto, il mancato riconoscimento per aver creato un evento e favorito contatti e conoscenze. 
Siamo dunque al guado per capire chi mai farebbe queste scortesie se nessuno se ne confessa artefice e in tanti vediamo continuare a saltare e a cancellare proprio quella mano che li ha favoriti. 
La mano dimenticata, la persona dimenticata, colei che ha avuto l'idea, rimane così a rimuginare in solitaria malinconia di aver ricevuto un torto. 
Quanti stanno a rimuginare! Se io lo domandassi qui chissà quanti saprebbero dire di aver ricevuto sgarberie da colleghi, da suoceri e cognati, da fratelli e sorelle, perfino dagli stessi genitori, da mariti o mogli, da amiche e altro.
Forse gli unici che non ci hanno fanno e non faranno sgarberie sono proprio quelli che consideriamo nemici perché la scortesia è proprio un gesto di chi non ti aspetti, di chi ti è più caro, di chi ti fidi, di un intimo, di un socio, di un compagno e non un gesto di un nemico, perché in quel caso te lo aspetti e sei più guardingo. 
Dunque alcuni gesti scortesi ci possono fiaccare proprio perché vengono da un ambiente dove si opera, dove si ripone fiducia e si condividono idee, ci si confronta e ci si lega di affettività, convinti che noi saremo al loro fianco nella realizzazione di ciò in cui credevamo insieme. 
Se si vive e si scegli di vivere nel ruolo pubblico delle relazioni con gli altri poi tutto si amplifica e dal mio osservatorio raccolgo moltissime lamentele: C'è chi si è tanto dato da fare per un evento e poi se lo vede sfilato dalle mani oppure chi non solo non viene riconosciuto ma deve subire che si diffondano strane dicerie e maldicenze totalmente infondate sulla sua persona.
Un vero martellamento.  
Nel continuo lavorio di una mente allenata al ragionamento però non deve mancare il momento della decisione, del non farsi travolgere dai gesti altrui, dai sussurri e grida che inavvertitamente si intercettano e diventano scortesie verso la nostra persone.  
Tutto quindi gira nella giostra umana, nella commedia umana, direbbe Balzac, o nella bestia umana alla Zola, insomma nulla di nuovo sotto questo cielo per dirla con Mogol e Battisti, cantata da Mina. 
Resistere Resistere Resistere sembra che ci dicano scrittori e cantanti, visto che proprio nell'ambiente letterario o sedicente culturale le scortesie allignano, crescono e si riproducono con la facilità degli incontri e la piacevolezza degli scontri.
Ippolita Luzzo