lunedì 19 giugno 2023

La sperta e la babba di Giovanna Di Marco


"Vi è una Sicilia “babba”, cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia “sperta”, cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode." da  Gesualdo Bufalino, “Cento Sicilie” in cui lo scrittore ci mostra le tante anime dei siciliani, un impasto di razze e costumi, un vero luogo ibrido. Anche qui in questi due racconti vediamo due persone diverse per ideologie e valori, due periodi storici la fine dell’‘800 e l’inizio degli ’80 del secolo scorso, due donne, Lucia furba e Concetta socialista di origine albanese.

La Sperta e la Babba, Caffèorchidea editore, è l’esordio letterario di Giovanna Di Marco, e proprio l'autrice nell'intervista rilasciata ad Alessandra Farro per Il Mattino di Napoli ci dice:" Mentre scrivevo, è emerso un altro aspetto del mio passato che parlava un’altra lingua, nel senso stretto del termine. Mio padre apparteneva alla minoranza arbëresh, ovvero alla comunità albanese della Sicilia. Durante la scrittura della storia, mi sono resa conto che ognuno di noi è fatto di store diverse, composte da due entità diverse che si uniscono in noi."

Grazia Pulvirenti fa una bellissima lettura del libro di Giovanna di Marco su Letteratitudine e vi allego il link https://letteratitudinenews.wordpress.com/2023/06/06/la-sperta-e-la-babba-di-giovanna-di-marco-caffeorchidea/

Le due voci evocano e danno forma linguistica e spessore antropologico a due luoghi, Piana degli Albanesi, con la sua comunità arbëresh e la sua lingua primigenia, con il culto greco, e poi con la dedizione alla militanza socialista della babba; le zone di Caltanissetta e Racalmuto, con le sue zolfatare, e poi Palermo, con le sue miserie e grandezze, città dove Lucia decide di espatriare per dare un destino migliore alla propria famiglia."

Io l'ho letto come un dono grande, come un dialogo bello con l'autrice, che mi sembra di conoscere da amica, e con lei ho concluso il viaggio a Palermo, approdo di tanti "pedincretati" così vengono chiamati dai Palermitani doc coloro che arrivano a Palermo dalla provincia o da altre provincie della Sicilia. Sempre il benvenuto è difficile per i nuovi arrivati. 

Ho insegnato in un paese arbëresh e so come hanno a cuore il mantenimento della lingua e delle tradizioni.

Entrambe le storie, al di là delle differenze hanno in comune lo sciupio di esistenze femminili addette alla cura dei figli, figli che morivano, come Lucia ci racconta, e di tante gravidanze, di continue nascite, di oppressione familiare, di condizionamenti. 

Sempre ci chiediamo come sia possibile e solo leggendo ci accorgiamo come sia stato possibile all'interno di un'isola o all'interno di un qualsiasi altro territorio trovare la voglia di esistere malgrado le costrizioni. 

Vicinzino, che poi sposerà Lucia,  per scappare dalla guerra si inietta nelle vene cose strane, così si ammalerà di flebite, poi avrebbe voluto farsi saltare un dito e si sarebbe fatto passare per mutilato di guerra. Non riesce nell'impresa ma il suo motto rimane:

" Meglio signaliato ma vivo." 

Ecco io così avrei voluto dare il titolo al mio pezzo su questo libro, un libro che ama la Sicilia, il suo linguaggio, la sua storia, ma sa quanto abbia chiesto ai suoi abitanti per viverci. 

Meglio signaliato ma vivo è l'arte di arrangiarsi, di farcela ancora in barba al destino, ai potenti che decidono guerre, a chi ignora i bisogni essenziali. 

Ippolita Luzzo 



Giovanna Di Marco (1978), storico dell'arte e insegnante di Lettere. Vive e lavora a Palermo. Suoi racconti sono apparsi su riviste e collettanee.

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