- Ti puzzano i piedi?-
Pubblicato da Ippi il Sab, 14/04/2012
- 13:51
Ti puzzano i piedi? 14- 04- 2012
Ragazzina, a casa mia non c’era più il telefono e nemmeno la televisione.
C’erano stati entrambi negli anni cinquanta, poi il nonno aveva tolto tutto e la mia famiglia era ripiombata nel medioevo.
Pertanto negli anni settanta, io, appena adolescente, guardavo con invidia le mie cugine con televisione e telefono.
Una mia zia, seria ed attenta nella sua vita reale, all’arrivo del telefono a casa sua, subì uno strano fenomeno.
Alzava la cornetta e faceva un numero a caso, poi, dopo aver ottenuto risposta, domandava:- Ti puzzano i piedi?-
Staccava, felice dello scherzetto ed io ero sconcertata che una quarantenne, mamma, adulta, di chiesa, facesse così.
Ora mi spiego. Probabilmente il fatto di sentirsi invisibile e sconosciuta le permetteva di liberare i freni inibitori di una vita troppo controllata ed infelice, non vera.
Mia madre, alla quale io raccontai, mi rispose stizzita, mi rispose che lei non aveva tempo per simili stupidaggini, e che erano proprio scemate.
Era da allora che non sentivo rivolgere la stessa domanda in un contesto simile, fra sconosciuti, fra uomini e donne adulti, seduti, suppongo ad un tavolo di conversazione, su un sito letterario.
La chat pubblica, si chiama
Una meravigliosa opportunità di dialogo fra esseri umani in case disabitate oppure abitate da televisioni urlanti, da uomini ciabattanti, da donne in vestaglia, da pargoli frignanti, da adolescenti irrequieti e sbuffanti, da cani, da gatti, da pappagallini e criceti.
La chat pubblica è facile: ti presenti, non c’è bisogno, chiedi il nome, non c’è bisogno di sapere il nome, vuoi sapere l’età dei tuoi interlocutori, sei forse della polizia? conoscere il luogo da dove parlano, che te frega?
Mancano così i presupposti aristotelici di luogo di tempo di spazio.
Però si può lo stesso conversare, scegliamo un argomento, uno.
Ricordo ancora con nostalgia una bellissima chat con uno di voi, di cui conosco il nome, la città e l’età.
Una chat sui fumetti, da Topolino a Tex, dal Corriere dei piccoli al Mago, a Linus, da Batman a Diabolik. Non si può nemmeno fare così. Sei scema?
Sono scema, sicuramente e rimango a guardare una conversazione così fatta:- eheheheheh, ihihihih,prrrrrr,-
continua così:-ahahah, naaaa, azz.-
Finalmente la prima frase con un nesso logico, una domanda:-Ti puzzano i piedi?
Mi sono rifiutata di rispondere, ho chiuso la chat pubblica e sono rimasta a rimuginare su me che non so tuffarmi ancora nella bellezza di un dialogo sincopatico fatto di eee di aaa di bbb.
Sulla leggerezza e sullo scherzo di una futilità che ci distrae.
Io mi sono solo intristita, ma io non faccio testo, io ho fatto studi filosofici e sono una che ha sempre pensato che esiste la logica, una logica.
Proprio per questo, penso che ci sia una logica in una domanda così:-Ti puzzano i piedi?-
Evidentemente sono solo io a non saperla
Ragazzina, a casa mia non c’era più il telefono e nemmeno la televisione.
C’erano stati entrambi negli anni cinquanta, poi il nonno aveva tolto tutto e la mia famiglia era ripiombata nel medioevo.
Pertanto negli anni settanta, io, appena adolescente, guardavo con invidia le mie cugine con televisione e telefono.
Una mia zia, seria ed attenta nella sua vita reale, all’arrivo del telefono a casa sua, subì uno strano fenomeno.
Alzava la cornetta e faceva un numero a caso, poi, dopo aver ottenuto risposta, domandava:- Ti puzzano i piedi?-
Staccava, felice dello scherzetto ed io ero sconcertata che una quarantenne, mamma, adulta, di chiesa, facesse così.
Ora mi spiego. Probabilmente il fatto di sentirsi invisibile e sconosciuta le permetteva di liberare i freni inibitori di una vita troppo controllata ed infelice, non vera.
Mia madre, alla quale io raccontai, mi rispose stizzita, mi rispose che lei non aveva tempo per simili stupidaggini, e che erano proprio scemate.
Era da allora che non sentivo rivolgere la stessa domanda in un contesto simile, fra sconosciuti, fra uomini e donne adulti, seduti, suppongo ad un tavolo di conversazione, su un sito letterario.
La chat pubblica, si chiama
Una meravigliosa opportunità di dialogo fra esseri umani in case disabitate oppure abitate da televisioni urlanti, da uomini ciabattanti, da donne in vestaglia, da pargoli frignanti, da adolescenti irrequieti e sbuffanti, da cani, da gatti, da pappagallini e criceti.
La chat pubblica è facile: ti presenti, non c’è bisogno, chiedi il nome, non c’è bisogno di sapere il nome, vuoi sapere l’età dei tuoi interlocutori, sei forse della polizia? conoscere il luogo da dove parlano, che te frega?
Mancano così i presupposti aristotelici di luogo di tempo di spazio.
Però si può lo stesso conversare, scegliamo un argomento, uno.
Ricordo ancora con nostalgia una bellissima chat con uno di voi, di cui conosco il nome, la città e l’età.
Una chat sui fumetti, da Topolino a Tex, dal Corriere dei piccoli al Mago, a Linus, da Batman a Diabolik. Non si può nemmeno fare così. Sei scema?
Sono scema, sicuramente e rimango a guardare una conversazione così fatta:- eheheheheh, ihihihih,prrrrrr,-
continua così:-ahahah, naaaa, azz.-
Finalmente la prima frase con un nesso logico, una domanda:-Ti puzzano i piedi?
Mi sono rifiutata di rispondere, ho chiuso la chat pubblica e sono rimasta a rimuginare su me che non so tuffarmi ancora nella bellezza di un dialogo sincopatico fatto di eee di aaa di bbb.
Sulla leggerezza e sullo scherzo di una futilità che ci distrae.
Io mi sono solo intristita, ma io non faccio testo, io ho fatto studi filosofici e sono una che ha sempre pensato che esiste la logica, una logica.
Proprio per questo, penso che ci sia una logica in una domanda così:-Ti puzzano i piedi?-
Evidentemente sono solo io a non saperla
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