Tutto il
vino che ho vissuto. Da astemia
Lunghi
filari, negli anni settanta, cantavano al sole i grappoli amati, magliocco,
malvasia, greco e terracina, filari bianchi e neri, nella campagna dei miei.
Nella vigna
le donne riempivano panieri di vimini,
ed il mio compito era di riaccompagnarle a fine lavoro a Maida, il loro
paese.
Vendemmia coi piedi a pestare
quegli acini, ed il torchio, la pressa e le botti di rovere. Di tante misure.
Ogni botte il suo vino.
Poi la
grande sconfitta, nessuno vinse in quella guerra, il vino non si vendeva, non
si sapeva vendere, nessuno lo voleva e si offriva quasi regalato ai grossi
rivenditori che lo usavano per tagliare, diceva papà, le schifezze vere.
Costretti, avvenne la grande estirpazione di
vigneti autoctoni l’impianto di produzione diretta, uva scadente, incoraggiata
dalla regione Calabria, che diede soldi ai suoi vignaioli per distruggere il
tesoro che avevano.
Due mondi-
Lucio Battisti.
Voglio quel
mondo che non esiste più.
Guardo
Danila Lento, giustamente orgogliosa di produrre vino con il magliocco, ascolto
Stefania Mancuso, spostata su anfore e cratere, su corredo che dimostra una
lunghissima storia di trasporto e produzione del vino, una storia offesa dalle tante scellerate decisioni in
anni passati.
Negletta e
vilipesa la campagna è stata, difficile la vita di proprietari e contadini, di
operai e venditori insieme, difficilissima, troppe competenza in una sola
figura e tutto sparì.
Ora Slow
Wine rilancia eccellenza, dignità e sentore, con antenne fatte di relazioni
umane, sul vino, in generale e sul vino calabro che tanto ha sofferto.
Presentazione
di Guida Slow Wine 2015 a Palazzo
Nicotera stasera, Lamezia Wine Fest quarta edizione.
Giancarlo
Rafele ha curato la parte relativa alle aziende calabre che fanno vino, buono,
pulito e giusto.
Dei 223
additivi che sono permessi per fare vino ci auguriamo che ne usino cinque, quelli
che bastano, puntualizza Danila, e Giancarlo chiede vi siano
etichette obbligatorie su ogni
bottiglia.
Il vino è un
vivente, il vino ha un volto, diceva il mio papà, ogni botte dà un sapore e un
profumo diverso per tempo e per legno. Non vini ingessati, ogni vino è unico,
continua Giancarlo Rafaele, contro omologazione, contro massificazione.
Sembra di
sentire papà e mio zio, ed allora cosa ci vinse? Il litigio, sicuro, fra
coltivatori, lo sparlare, il non esser coesi, non aver fiducia.
Valorizziamo,
come fa lui, ora i Cirò boys, i ragazzi di Cirò che hanno riportato il loro vitigno, valorizziamo Librandi ed il
moscato di Saracena, e poi ancora fino al Greco di Bianco.
Vado a
memoria non ho preso appunti, non ricordo i premi, ma non ha importanza, conta
soltanto quell’entusiasmo che avremmo dovuto avere negli anni settanta e che
ora vedo negli occhi e nei gesti dei protagonisti della serata.
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