Calùra "Il tacere del mondo fu infranto dalle cicale", il tacere.
Narrare non è narrare, narrare è usare un linguaggio immaginifico tale da far sorgere nella mente del lettore assonanze somiglianze scene da film. Un linguaggio ricco di una opulenza quasi sfacciata, un linguaggio che cattura natura e uomini in una malia.
Certo la tematica è quella di una delle sette piaghe d’Egitto, la tematica è una punizione biblica, la siccità, e la grande debolezza degli animali e delle piante dinnanzi alla penuria d’acqua, dinnanzi al caldo cocente, degli uomini rimasti a bere dal succo delle agavi e dalle pale di fichidindia.
Leggendo l’estate di questo anno mi ritornava con la sua crudeltà, con le mie tapparelle abbassate, con la luce fastidiosa e il caldo senza tregua. Si riusciva a passeggiare solo dopo il tramonto, stremati ci trascinavamo sul corso cittadino per una granita di fragole, per una chiacchierata.
All’ombra di un albero casualmente chiamato della merda si consuma lo stillicidio degli abitanti di questo luogo immaginario, di un non luogo, direbbe Marc Augè, anche se per lui i non luoghi erano il simbolo del capitalismo.
Qui è un non luogo di cielo che incombe pesante, di uccelli che scappano, di piante che seccano. Un non luogo privato da uno degli elementi vitali, un non luogo che ci ricorda le pene dell’inferno.
Eppure nonostante ciò la narrazione trasforma e noi leggiamo come fosse una favola, come fosse un film, a me mi raggiungevano flash di Siccità di Virzì, mi ricordano il libro di Rocco Carbone L’assedio, con quella caligine che incombe.
Ma di più c’è qualcosa di biblico, come dicevo prima, che innalza l’opera dagli altri racconti apocalittici e distopici.
C’è poi soprattutto una struttura potente e un linguaggio nuovo, “le donne armate di bocca”, e la magia, le arti misteriose dei racconti delle nonne.
Mia nonna e le sue favole nere, nerissime, i trabocchetti e gli urli nella notte dei fantasmi, delle persone uccise da poco, senza sapere chi sia il nemico.
Un romanzo da leggere per assaporare la grande caducità del nostro passaggio sul mondo essendo noi stessi preda dei fenomeni atmosferici, essendo noi stessi imbelli e come racconta Eschilo nel Prometeo incatenato nudi e impauriti nel mondo.
Ecco leggendo questo libro proprio i primi versi del Prometeo incatenato mi sono ritornati prepotenti. Un libro finalista al Premio Italo Calvino con merito e che riscalderà con Calùra moltissime letture. Edito Rubbettino per la collana Velvet , sono orgogliosa di averlo qui nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo

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