martedì 24 febbraio 2015

Elena Ferrante al Premio Gomorra

Riflessione semiseria sulla candidatura al premio Strega della Ferrante, autrice oppure autore semisconosciuto. Oppure gruppo di autori. Chissà!

Saviane propone candidatura di Elena Ferrante al Premio Strega, famoso premio citato in un mio famoso post: Noi vinceremo il Premio Strega

Da questa riflessione sui social  si divaga, come sempre succede in qualsiasi riflessione a gruppi sparsi, e dopo aver trovato accordo su candidatura della Ferrante entriamo nel merito se un autore viva nel suo libro e quindi molto interessante è conoscere lui, l'autore.
Io credo nella forma d’arte come relazione quindi scrivo: Io invece sono affascinata dalla vita dell'autore. Parole di Sartre


Gian Paolo Serino:Ippolita vedrai che sarai soddisfatta. Se il mondo editoriale continua così, pur ormai vicinissimo al "The Crack Up" ( scomodo il Francis Scott Fitzgerad dei tre articoli pubblicati nel 1936 su "Esquire" e che puoi trovare in Italia da Adelphi), troverai gli scrittori in libreria al posto dei libri. Tiri un cordino ( ombelicale) e Ti raccontano la loro vita wikipedia
Ippolita Luzzo Certo poi può esserci questo eccesso ma leggere un libro attraversa sempre la vita di chi l'ha scritto. Il lettore legge anche quello. Un libro non è una cosa

Mi risponde una donna così:-  Beh, sarebbe come dire che a teatro gli attori si presentano con il regista accanto oppure la Nutella accompagnata da Ferrero

Metterò in anonimo per  poter postare questa golosità, assemblando, lei,   opera d’arte unica, come può essere un libro, a vasetti di Nutella, tutti uguali, quella sugli attori poi me la spiegherà che io non ho capito.
Il regista dirige e crea ed è con gli attori, proprio dentro, ti direi.
Così io darei Premio Gomorra a chi accetta anonimato, a chi scrive in anonimato, a chi trama in anonimato. La trama. Certo che siamo contro tutti gli eccessi di presenzialismo, siamo per moderazione e virtù, ma tutto questo dire è responsabilità. Sempre. Ed ogni autore, nella narrazione,  scrive se stesso, Cocteau lo dice. Come me.





domenica 22 febbraio 2015

Screditare gli altri- Etica Nicomachea tre

Etica Nicomachea 3

Il pettegolezzo – Maggio 2011

Nell'etimologia delle parole il loro significato appare chiaro, chiarissimo, quel che rimane oscuro è il compito che le parole hanno, il fine per cui vengono dette. Cerchiamo di studiarne almeno l’etimologia .
Pettegola: nello zoo faunistico la pettegola è un uccello di palude dal becco molto lungo, dalle zampe slanciate e sottili, nell'etimologia la parola risale probabilmente al Veneto – vien da peto? incontinenza verbale? suono che esce dal petto? pettinare?. Sicuramente riportare, far conoscere in modo da suscitare curiosità futile, insistere su fatti e persone mettendo in  relazione gesti e parole in modo leggermente  e lievemente malevole, un taglia e cuci per rimodellare un vestito, mettere a posto l’orlo, lo sbieco, la piega di un altro, un operare chirurgicamente per dissezionare un avvenimento, un episodio, una persona, che resta nuda davanti all'uditorio. – Per chi ti vuole male anche con sette sottane la carne ti pare! – dice un saggio proverbio. L’occhio non indulgente vede il difetto, la magagna, sempre. Il pettegolezzo non è mai chiacchiera interumana, come la chiamava il mio professore di teoretica, necessaria per creare comunità, ma un atteggiamento a volte lesivo e diffuso. Eppure – Io non sono pettegola – dicono tutti così. Sembra che nessuno lo sia, nemmeno la gentile e carina signora, incontrata per caso stamani, che mi sta raccontando la malacreanza di una donna che io non conosco. Non ho mai incontrato nessuno che mi confessasse di essere pettegola, invidiosa, avida, acida, cattiva. Mai. Mai nessuno mi ha raccontato un suo probabile difetto, una sua minuzia, un – forse sto sbagliando anch'io – mai. Eppure esistono questi atteggiamenti; vuol dire forse, che me compresa, l’universo intero è sbagliato, tranne le mie conoscenze? Riprendo in mano l’etica Nicomachea, che parla di rispetto, di alterità, di riconoscenza, nel senso di conoscersi, cosa conosciamo infatti noi degli altri e di noi stessi? Cosa conosciamo oltre il potere di spesa, lo stipendio, il conto in banca, l’automobile, il gioiello peraltro già superbamente imitato, cosa conosciamo oltre il pettegolezzo delle corna, dei tradimenti, delle infamie, con i quali rigiriamo i nostri discorsi?   Certo, a volte, poi indugiamo impietosi su qualche bella e dolorosa malattia, su qualche disgrazia e come siamo buoni! Che dispiacere! L’etimologia ci soccorre sempre, perché non si ha misericordia, cioè non si porta al nostro cuore la voce dal sen fuggita – il pettegolezzo.

Il pettegolezzo però non è calunnia, maldicenza, no, è piuttosto il tentativo di far conoscere la vera identità  dell’altro, ignota finanche al soggetto stesso, é un modo ideale per insinuare un dubbio nell'opinione altrui sull'immagine che un’altra persona vuole dare di sé. E’ una tensione morale, un desiderio di verità, di ristabilire seconda la parlante ciò che è giusto, ciò che è riprovevole. Si pensa erroneamente che se sappiamo trovare il difetto nell'altro abbiamo già messo a posto i nostri, screditare gli altri dà a noi che parliamo un senso di onnipotenza e di amor proprio, perché noi siamo sicuramente migliori!

Poi li confidiamo ad un’altra, in segreto,-Questo posso dirlo solo a te- oppure -Lo sai solo tu- per creare complicità, intimità, con un argomento che non riguarda entrambe. 
Se ci si fermasse sulla soglia della maldicenza, il pettegolezzo sarebbe solo un rumore, un suono, un saluto. 
Un modo carino e simpatico per avviare il motore della conversazione, un occhio colorito e attento sul variegato mondo dei nostri simili. Un divertimento. Solo distrazione. 
Anche di Aristotele se ne diceva delle belle, solo pettegolezzi. 
Il pettegolo, lui diceva, è un serpente con la lingua biforcuta. Esagerato! Di cosa si potrebbe parlare infine? 
Ippolita Luzzo 

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano


Portami un punto di vista-  La cecità ci renderà  liberi. Liberi di immaginare la linea dell’orizzonte. La solitudine e la cecità. 
L’attesa ci lega ad una sedia con un corda corta. L’attesa di una vita per dover dire no. Attendere, prego.
Dalle molteplici associazioni che si affollano nella mente e continuano a dialogare su Patres
Mercoledì delle ceneri
Con Goethe
Se vuoi possedere quello che i padri ti hanno dato, se vuoi possedere l'eredità, devi riconquistarla.

Dovrei andare alle ceneri, ora, dovrei ricordare momento in cui si entra in Quaresima, secondo liturgia cristiana.
Dovrei, eppure resto qui, incollata ad un testo, ad un atto teatrale già visto e di cui mi ero spesso ripromessa di scrivere.
Ho in cartella, sul tavolo, “ Gli uomini mangiano i pesci” scritto da Anna Vinci e Giovanna Casadio, altra terribile storia su un mare “cangiato”.
Una volta era gli uomini a mangiare i pesci, ora sono i pesci, la spigola, a mangiare uomini, cacciati dalle loro terre, in fuga,  ribaltati in mare da carrette, gusci stracolmi.
In Patres quello stesso  mare è avvelenato. Da chi? Dagli Innominati che si fischiano come gli uccelli per chiamarsi e ogni tanto si sparano.
Nel dialogo, con noi spettatori, un figlio cieco, legato con una corda ad una sedia, sta in una stanza vuota. Aspetta, quel figlio, è
 un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
 Ritorna, fra noi e loro, il mare, questa volta sporco, maltrattato, luogo di furti, di scambi, di rotte, in cui la malavita organizzata ha perpetuato uno scempio. Lo scempio dei rifiuti buttati, delle scorie avvelenate. Un mare che muore ogni giorno, bagnando spiagge tristi.

Nel parlato, fra figlio e padre, il racconto del lavoro dei pescatori, del tirare le reti, del tempo della passa, delle stagioni dei pesci, ogni pesce ha un suo mese. Si intrecciano qui i due atti teatrali, di Anna Vinci e di Saverio Tavano, il femminile di due donne amiche  lì, qui il maschile di un legame familiare fra due uomini.
C’è fra queste due scritture una scena simile sul momento della confidenza di una sessualità travisata,  uno scangio.
  Da  inizio in cui si raffigura l’attrazione  con una bambola gonfiabile oppure con maliziosi accenni, nelle  due rappresentazioni, al momento vero in cui   il sesso è racconto.
Patri:- Chi ti piaci a tia?-
 Figghiu:- Mi piaci quannu mi cunti i stori. Quannu mi cunti i stori iu ci viu, viu tutti i culuri, viu tuttu chillu ca tu mi cunti, sientu l'adduru, sientu i rumuri.-
Il momento in cui il padre racconta al figlio di come si trovò impigliato in una storia non sua, di come fu lui ad individuare il punto più profondo per lasciare nel mare una puzza mortale.  Solo nel racconto  lui prenderà consapevolezza e andrà via, allontanandosi dal figlio che testimonia, con ciò che sa,  una colpa.
Onora il padre. Quale padre? Ci chiediamo. Noi tutti Telemaco, figli di epoca senza padri, non responsabili, ciechi di una cecità civile che ha deturpato il fuori e il corpo, ammalandoci.
Patres di Saverio Tavano, interpretato da Vetromilo e Natale, ci lascia  nella stanza insieme al figlio che riprende a leggere un mappamondo immaginario per trovare coordinate smarrite.
La memoria la rabbia la speranza



Il salto di Saverio ad occhi chiusi e vista ottima

 “Patres”, regia e drammaturgia di Saverio Tavano, in scena Dario Natale e Gianluca Vetromilo per la produzione della Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili e col supporto della Regione Calabria. Premio contro le mafie del MEI 2014, Premio al  Festival Inventaria 2014 Roma, secondo premio al Festival Teatrale di resistenza - Museo Cervi (RE) 

In alto dettaglio dal Polittico Griffoni di Francesco del Cossa 
gentilmente visto con gli occhi  di Luciano Marabello. 
Tutte le ceneri che ci porteremo in capo sono ceneri che idee bellissime ci faranno vedere. Portami un punto di vista. 
Dai luoghi del possibile



giovedì 19 febbraio 2015

Caro Alberto Angela

Caro Alberto Angela ab urbe condita


 Pompei ed Ercolano: Eruzione del 79 d.C
Silla, Lucio Cornelio (lat. L. Cornelius Sulla). - Uomo politico e generale romano (138-78 a. C.). 
Lucio Settimio Severo (Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) fu un imperatore romano dal 193 alla sua morte.
Ascolto annoiata una tua supposta divulgazione su storia di Roma, che spazia senza limiti e confini dalle liste di prescrizione al tempo di Silla, alla legge sull’ereditarietà estesa alle donne, dal libico Settimio Severo, diventato imperatore come Obama, in un impero non razzista, solo classista, un impero americano che dava ad ognuno dei suoi cittadini, civus romanus, speranza e  futuro, anche uno schiavo poteva  diventare liberto e poi imperatore.
Tutto questo tuo meraviglioso dire si appiccica agli scavi di Pompei nel tuo tour di promozione vendita libro che mi sembra abbia uno scopo lodevole: Salvare un  affresco.
Qualsiasi insegnante, presente in sala, avrebbe spiegato meglio e con meno approssimazione. Cosa stai dicendo? Dal 50 Avanti Cristo fino al 250 Dopo Cristo Cecilia Metella donna imprenditrice, molto amica di Tullia, figlia di Cicerone, ma no, ma no pettegolezzo è. Infatti non lo hai detto. Abbiamo ascoltato un impero occidentale che dovremmo andare a ristudiare tanto è sfaccettato, lungo, diversificato.
Non ti abbiamo chiesto l’impossibile. Solo di Pompei ed Ercolano dovresti parlare, visto che di questo scrivi, con la passione di divulgare.
Salvando le conoscenze che hai, sicuramente, sciorinato nel tuo libro, sul bacio come etilometro,  sulla splendida biblioteca nella Villa dei Papiri, sede di un centro di filosofia, sui rotoli di papiro salvati dal fango di Ercolano, che privandoli di ossigeno impedì la vita dei batteri, sul racconto di Plinio il giovane fatto a Tacito, parecchi anni dopo, per ristabilire onorabilità e verità su  suo zio, Plinio Il vecchio, capitano delle navi accusato di non aver salvato i cittadini, come Schettino.
Nel momento in cui ti fermi solo su quegli anni acquisti credibilità, con racconti di ville di 20.000 metri quadrati, a gradoni,  costruite a ridosso e sfruttando le mura di fortificazione intorno ad Ercolano o Pompei, non ho capito, con vista sul mare, sul borotalco che seppellì Pompei, sul Garum,  una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato, Kosher, senza molluschi e crostacei…
Sicuramente interessante è la frase con cui hai iniziato la conversazione con gli alunni:- Un piccolo indizio può capovolgere una teoria consolidata negli anni-
Per questo bisogna fermarsi su un singolo episodio, perché lezione sia, altrimenti si rischia di leggere la storia dei nostri ultimi quattrocento anni come hai fatto stamani con i quattrocento anni dell’impero romano.

Appunti, solo appunti.
La sciarpa verde agli ultimi giorni di Pompei

mercoledì 18 febbraio 2015

Biografia di uno scrittore

18 settembre 2011
Adesso che ne so di più                                        
Sono sempre due o tre le cose che so di te.
Una data di nascita, una famiglia con quattro figli maschi, tu il secondo, scomoda posizione, peggio del terzo, una famiglia borghese, perbene, una buona famiglia, i due nonni magistrati, e le nonne? il papà non sappiamo, la mamma egocentrica, cattolica osservante, forse troppo, una famiglia un po’ soffocante, da cui fuggire, tranne la nonna, unica e sola, tranne la nonna, amata e persa, troppo presto sempre.
Una fuga da tutto, dai fratelli, piatti e scontati, dal paese, troppo bello, troppo chiuso, dalla mamma, dalla bigotteria.
Via via via andare via per sempre e non tornare più mai più.
Strada facendo, ti sei detto, tu vedrai, e giovane e invecchiato, ti sei detto, tu vedrai. -ma che cos'è che ci fa andare avanti e dire non è finita- …la spes  ultima dea- perché domani sia migliore.
Adesso che ne so di più  so di una laurea in filosofia, di una tesi sull'esistenzialismo, sul femminismo, sugli addii.
Come ci si lascia, perché ci lasciamo, cosa lasciamo a chi lasciamo
E la chitarra, la musica, forse qualche composizione, e poi la  comune, il 68, gli ideali, l’amore, l’eros, di nuovo l’amore, di nuovo, ancora  e la palude. 
Perché?
Le città, per ora ne so solo tre o quattro: Bergamo, Ragusa, Torino, Milano, me ne mancano cinque.
Ma dovunque si vada, dice Kavafis, sempre la città ti verrà dietro, la tua città. Dovunque andremo.
Viaggiare resta bellissimo - come vivere più e più volte.
A trent'anni, non so, succede qualcosa che spegne tutto il fuoco, tutto l’ardore, tutti i sogni.
Un ottundimento, uno smussamento delle punte, un livellamento. A tanti è successo.
Un intorpidirsi  dei  sensi  come i rospi  messi a bollire nell'acqua lentamente e lentamente privati da soli, senza accorgersene, della possibilità di fare quel maledetto salto fuori dalla pentola, per salvarsi. Da Paulo Coelho -Il vincitore è solo-
L’ho sempre raccontata  questa storia, conoscerla non ci salverà.
Le letture non hanno mai salvato nessuno.
19 settembre
Per un uomo che mi ha scritto tante volte, quanto nessun altro, per un uomo che mi ha consigliato, incoraggiato, aiutato, io continuo a dire grazie con un accenno di biografia. Manca ancora tanto, le favole della nonna, gli amici più importanti, le scelte, le situazioni brutte belle, quella volta che ti sei sentito un verme, quella volta che ti sei sentito un superman, mentre il mondo non si è fermato mai un momento e tutto si perdeva.
Spariva all'improvviso il situazionismo, Reich e l’antifamilismo, gli angeli sopra Berlino, Basaglia e i manicomi, l’amore di una  donna, come un vecchio ritornello che nessuno canta più.
Spariva all'improvviso il fumo, l’extasis, l’erba e gli arancioni.
Spariva all'improvviso un padre, un desiderio, un sogno di una vita per dover dire no
Che fai sotto le stelle... chi vuoi dimenticare… socchiuse gli occhi e volle andarsene e sparire.
Un doppio sogno-Eros-immaginazione- trasfigurazione-il gorgo della perdizione.
Un doppio sogno-con l’altro-il rifrangersi di aspettative su una riva sconosciuta.
Doppio sogno.
E scrivere scrivere… per continuare a sperare- per vivere- per sognare sempre
E non finisce qui
Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma  questo sogno, sia tranquillo da bambino sia che puzzi del russare da ubriaco... perché volete disturbarmi se io forse sto facendo un viaggio alato sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale  in volo
Questa era la mia colonna sonora, la vedo bene anche per te, per tutti coloro che riescono a sognare vivendo.
Una biografia di uno scrittore, un tentativo di tracciare  le suggestioni che lo hanno spinto a scrivere - l’amato Baudelaire il canto eterno del viaggio, dell’andare per vedere, il canto di Ulisse, il canto errante di tutti noi sperduti con gli occhi nell'immensità. Baudelaire - Goethe, il mio doppio, lo stesso cielo, immodesta ma dico lo stesso sentire- la ricerca dell’assoluto nella molteplicità dei rapporti - Pirandello- Uno, nessuno e centomila  Pirandello ne ha per tutti -e Lou Salomè che tu ami e io no.
Montagne, scaffali, tavoli di libri, sfogliati, amati, prestati, perduti.
Libri che faranno altri libri, che si moltiplicheranno, perché sono cresciuti in noi e vorranno vivere prepotentemente.
Come il soffio vitale si fa largo anche nella costrizione.
Come un raggio di sole.
Ippolita Luzzo

martedì 17 febbraio 2015

Di quel viavai… Nell’arenaria di Franco Araniti

 Nell'Arenaria

Roccia detritica costituita da elementi sabbiosi cementati più o meno tenacemente- arenaria compatta o sbriciolata grossolanamente come la scrittura di ciottoli vari sparsi fra prosa e poesia di un cammino scomodo.
Impegno politico, lotta sociale, ingiustizie e momenti individuali espressi con rude e partecipata presenza; una rudezza franca e risoluta nei fra(m)menti “ Di quel viavai sono segnato” scrive Araniti nel Prologo
Risalgo  alle sorgenti del Calomeno senz’acqua/secchi farranchi e massi stanchi… parole e pietra vivono tra i fiori della ginestra
Mi porto dietro il suo gentilissimo dono, da giorni, il dono della fiducia e dell’ascolto, e rileggo sottolineando e intrecciando col mio quotidiano i suoi pensieri. “ Sui treni scrivo poesie per condensare il tempo/ che non passa mai: mentre il fuori/ al finestrino che velocissima/mente scorre, è lento/e la distanza allunga, oltre i miei pensieri.
Intreccio di vite che non ci appartengono più, nel momento in cui le raccontiamo, intrecci di momenti di tutti e di sofferenze individuali… “versi raschiati
Nel cammino aspro e irto di una crescita dal Prologo al D’amor maturo  sento, comunque, il ribollire nell’acido, o, almeno, così mi pare”
“Devo anch’io urlare, ma non posso” lamentò il poeta…
Affidare al foglio l’immortalità, scrivere col sangue e poi svegliarsi.
Ho pensato anche io all’immenso dispiacere di vedere tutti i miei pezzi dispersi, un giorno ho strappato tutto e non mi sono sentita triste, ne sono stata sollevata, li ho riscritti e continuo a scrivere, leggera e consapevole che anche questi saranno persi come gli altri.
Resta però incredibile il dono della relazione con l’altro, il filo che lega uomini in conoscenza all’intrasattu. “ U cuntu cu campa è Buendìa che risale la nostra discesa. “L’azzurra sorgente dell’Acheronte” di Emilio Argiroffi che amiamo entrambi, unico e solo, amato e scordato.
“ Poesia che…
Giorni per giorno ti perdo
Negli istanti delle altre cose da fare
Mi passi per la mente
E non ho tempo per raccoglierti
… ti svegli al suono di una memoria
E svanisci profumo non fissato”
Come avremmo mai potuto noi salutarci da VertigoArte, scambiarci i nostri racconti, la stima, se non con l’ausilio di un racconto? Il filo, una gugliata,  è infatti argomento della mostra.
E stamani ricordando le città invisibili di Calvino “A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.”
Luca Marmo, sindaco di Piteglie, comune di Pistoia,  sta scrivendo questo su facebook, rispondendo ai miei fili con fili nuovissimi:- Sul VOIP. Pensa com'è intricato il mondo!-
Mai avrei creduto possibile che io potessi intrecciare miei pensieri con te, con Luca, con moltissimi altri, avviluppati nella bellissima arte del racconto.
Così “ quando la paura ti morde/e nell’angoscia ti sperdi/ ricorda/ tuo nonno Melo mio padre/che a sette anni appena/si è smarrito nell’Aspromonte
Ricorda tuo nonno Melo mio padre/che non hai mai conosciuto/
Quando ha capito che i suoi ricordi/giorno dopo giorno cadevano come foglie/ancora nell’estate…ha pianto… riconoscendomi dopo sette anni bui da un lampo della mente
Quel lampo, caro Franco, illumina le nostre letture, quello che  scriviamo per una esigenza vitale, come atto d’amore verso i libri amati, verso la storia e gli ideali in cui abbiamo creduto, verso quegli affetti individuali che vivono e compongono il nostro stesso tessuto corporeo, il nostro DNA.
Non possono morire, è un viavai…d’amore.

                                                                                  Ippolita Luzzo

   


amico immaginario



  
L’amico immaginario
I bambini  nei loro  primi giochi costruiscono un amico immaginario. La mamma li sente parlare, domanda e loro rispondono di  essere insieme a Mario, Giovanni, di essere insieme ad un amico. Poi si diventava adulti, una volta, e si scordava l’amico  dei giochi fantastici. Una volta  le tappe dell’auxologia erano stabili. Ho studiato psicologia dell’età evolutiva -trenta e lode – Ho vinto un concorso per l’insegnamento, ho partecipato  a seminari sull’argomento. Una volta si diventava adulti. Quando ancora non esisteva il cellulare, il computer, internet. Noi eravamo adolescenti, giovani. Lo spartiacque fra il prima e il dopo credo che siano stati gli anni novanta. Venti anni. Gli anni dei puntini sospensivi. Gli anni della metamorfosi.  Nella metamorfosi un giovane di nome Lucio vuole trasformarsi in uccello per poter volare ma per una sostituzione si trasforma in asino. Un asino sempre uomo. Quante peripezie! Credeva di volare e non vola. Apuleio dove sei stato, cosa hai fatto mai, -dimmi -cosa vuol dire essere un uomo  ormai! Ma quante braccia ti hanno stretto tu lo sai per diventare quel che sei!  Oh non importa tanto tu non me lo dirai !Siamo arrivati al canticchiare davanti un bancone di un supermercato, alla posta, facendo il pieno al distributore di benzina, scribacchiando qua e là pensieri in libertà. Apuleio  fu accusato di aver sedotto e derubato la moglie ricca ereditiera, dopo averla incantata con un filtro magico. Lui fece una brillantissima difesa di se stesso  al processo… ed ebbe l’assoluzione, come  lui tutti gli uomini vengono assolti dalla stessa accusa. . La seduzione -un giro- un gorgo appunto. Ma che bello!
 Apuleio come Platone –che bello.! La seduzione, il momento della freccia che scocca, il momento senza coscienza, simbolico, il mistero e la trasfigurazione in tutti noi che brancoliamo nelle nebbie di un mondo che va. Che va che va che va Ma dove va?